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Autore: AgelessIce    20/08/2013    1 recensioni
Sottospecie di sequel della mia vecchia fanfic "Nightmare"
Dal testo:
“Akira?”
La chiama, notando ch,e con ogni probabilità, lei non si era accorta della sua presenza.
E la sente, lei. Si accorge che è lì. Eppure è come se non realizzasse immediatamente, concentrata nel dosare correttamente gli ingredienti necessari ai suoi dolcetti alla vaniglia. Ha bisogno che siano leggeri, i suoi pasti. O quell’ingordo del ragazzo finirebbe con lo star male, per l’enorme quantità di cibo che ingerisce. Lo sa bene, questo.
Emette un verso d’assenso, comunque, meccanicamente. Non presta realmente attenzione. Non si accorge nemmeno che la ragazzina le ha parlato con la sua voce, e non tramite la tavoletta che usa di solito.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Todo, Megumi Yamamoto, Tadashi Karino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wakes up after the nightmare

Nessuno, tra i ragazzi della SA, osa mai anche solo pensare di invadere il territorio di Akira.
La sua cucina, ad esempio, è come un tempio sacro che solo a lei è concesso di visitare. Un luogo che non può essere profanato.
Nemmeno Tadashi considera l’idea di dirigersi in quel luogo senza il consenso della sua proprietaria. Consenso che ovviamente non ottiene mai, non importa quanto insista.

Eppure… Eppure quel giorno Megumi ha una domanda da porle, e sa che se aspetterà oltre non avrà più il coraggio di fargliela. E poi ha bisogno che lei sia sola, quando le risponderà.

È per questo che entra nella cucina della serra senza alcuna esitazione, appena arrivata alla S.A.

Muove i primi passi sicura, cercando di individuare l’amica. E non appena la scorge, di spalle, intenta nella preparazione di chissà quale dolce, tutta la sua spavalderia crolla miseramente, e le si avvicina incerta.

“Akira?”

La chiama, notando ch,e con ogni probabilità, lei non si era accorta della sua presenza.

E la sente, lei. Si accorge che è lì. Eppure è come se non realizzasse immediatamente, concentrata nel dosare correttamente gli ingredienti necessari ai suoi dolcetti alla vaniglia. Ha bisogno che siano leggeri, i suoi pasti. O quell’ingordo del ragazzo finirebbe con lo star male, per l’enorme quantità di cibo che ingerisce. Lo sa bene, questo.

Emette un verso d’assenso, comunque, meccanicamente. Non presta realmente attenzione. Non si accorge nemmeno che la ragazzina le ha parlato con la sua voce, e non tramite la tavoletta che usa di solito.

E Megumi sospira, stringendo le sue mani assieme, abbassando leggermente la testa, permettendo alla frangetta corta di nascondere il leggero rossore che le imporpora le gote.

“Come… come ci si accorge di essersi innamorati per davvero?”

Chiede, chiudendo gli occhi, mentre per un istante il volto pallido del ragazzo le invade la mente.

E solo a quel punto Akira si accorge realmente di lei. Sgrana gli occhi, stringendo la presa sul ripiano in marmo, per poi asciugarsi le mani su un panno leggero, che teneva lì vicino, e girarsi completamente verso l’amica.

Si appoggia al ripiano, sorreggendosi con entrambe le mani, e rivolge tutta la sua attenzione all’adorabile intrusa.

“Perché mi fai questa domanda, Megumi?”

Le chiede, guardandola con curiosità ed una sorta di affetto materno assieme, ravvivandosi i capelli con un gesto veloce della mano.

Ed effettivamente, in quel momento, potrebbe davvero assomigliare ad una giovane madre premurosa. Il grembiule, di un bel viola candido, imbrattato leggermente di farina e crema alla vaniglia, e la fronte scintillante di piccole gocce di sudore, le conferiscono un’aria calda ed amorevole.

“Ecco, io…”

Comincia, giocherellando con le punte delle sue stesse dita, alzando lo sguardo limpido nuovamente sulla figura slanciata che le è di fronte.

Però Akira la interrompe, sorridendo debolmente ed inclinando leggermente il busto in avanti.

“Yahiro, giusto?”

Domanda, senza nemmeno aspettare una risposta, per poi chiudere gli occhi e ritornare alla sua posizione originale, dando nuovamente le spalle alla ragazza.
Un tempo si sarebbe preoccupata terribilmente, sapendo uno dei suoi angeli nelle mani di quell’uomo.

Ha creduto per anni che tutto quello che lui cercasse di fare, fosse rovinarle la vita. Tenerla lontana da tutto e tutti, farla apparire come un mostro agli occhi di chiunque. L’ha capito tardi, che tutto quello che voleva, era proteggerla. Lo ha capito tardi, che ogni azione di Yahiro aveva un senso. Che non voleva solo farle un malefico dispetto. Semplicemente, ingenuamente come solo un bambino può fare, non voleva che soffrisse. Per nessuna ragione al mondo.
A conti fatti, è un buon amico. Il migliore, probabilmente.
Megumi è in ottime mani, lo sa, ora.

“In realtà, non sono tanto sicura di come dovrei rispondere a questa domanda. Non è come diagnosticare una malattia, in fondo. I “sintomi” non sono mai gli stessi, non si presentano mai due volte allo stesso modo.”

Afferma, raccogliendo le idee, mentre riprende nella preparazione dei suoi dolci.

“Ad alcuni capita di avere le tipiche farfalle nello stomaco. Che più che farfalle, tra l’altro, assomigliano a dei pugni. Una scarica violenta e repentina di pugni. Altri non riescono più a pensare chiaramente, a formulare frasi di senso compiuto. Altri ancora avvertono il cuore accelerare terribilmente, quasi come se stessero per avere un infarto. Ma queste sono cose che probabilmente sai già, no? Quelle tipiche frasi da cliché che si leggono sui romanzi rosa, che sono descritte in quelle belle fiabe di principesse.”

Ridacchia flebilmente, non riuscendo ad impedirsi di paragonare la sua storia a quelle fiabe.

Lei non è mai stata una splendida e dolce principessa. Tadashi non è mai stato il classico principe algido ed impavido.
Lei non era prigioniera di una matrigna cattiva, o magari un drago. Lui non l’ha salvata, cavalcando il suo cavallo bianco.
Lei era incatenata in quell’incubo per bambini, tra buone maniere e finti sorrisi. E quella di lui era una semplice bicicletta, non un purosangue.

E quando lei è stata rapita, da un mostro ben diverso da quelli di quelle storie, lui non è corso a salvarla prima che fosse tardi. Lui non ci è riuscito, non l’ha trovata.

Rabbrividisce leggermente, al ricordo di quella vicenda, e si stringe nelle spalle per un istante, mentre i suoi occhi vengono oscurati da un velo di malinconica amarezza.

Però lui è rimasto al suo fianco, mentre lei urlava e cercava di allontanarlo. Mentre la sua mente continuava ad accusarlo di crimini mai commessi.
È rimasto, ed ha incassato ogni colpo sorridendo. Come ha sempre fatto.

Si è presentato sotto casa sua, con la sua solita aria allegra ed ingenua, e le ha platealmente chiesto di picchiarlo.
Un principe non si comporta in questo modo. Una principessa non accoglie a quel modo una tale richiesta.

Invece lei l’ha picchiato davvero. Con tutta la forza che aveva in corpo. E lei è una donna forte, non una femminuccia da strapazzo.

“Tu… tu come hai fatto a capirlo?”
Chiede allora Megumi, dopo qualche secondo di silenzio, inclinando la testa ed osservandola con curiosità, affiancandola per poterne scorgere il profilo.

“Io? Oh, io non sono un buon punto di riferimento, angelo mio.”

Esclama, arrossendo, dopo un attimo di esitazione.

“Sai, Megumi, il mio è un caso particolare. Già da bambina gli volevo bene. Lo ammiravo. Non saprei dire con certezza quando quell’ammirazione è diventata qualcos’altro.”

Afferma, girando il volto verso di lei e sorridendole serena.

“Tra un pugno e l’altro, immagino. Colpire lui era improvvisamente diverso che colpire chiunque altro.

La mia pelle, al suo contatto, ha cominciato a bruciare. Il calore a diffondersi rapidamente per il corpo, fino a colorarmi stupidamente le gote. E poi… Le sue parole hanno cominciato ad avere un peso differente. A fare il bello ed il cattivo tempo.”

Ride, con una risata cristallina che è difficile sentire da lei, che non udiva da tantissimo tempo.

“Che stupida, eh?”

Chiede retoricamente, con ancora l’eco della risata sulle labbra.

“Comunque, non so quando me ne sono resa conto. Semplicemente, ad un certo punto, lo sapevo. Come se lo avessi amato da sempre.”

Il rossore sul suo viso si intensifica, mentre la sua voce si affievolisce.

Afferra la teglia sulla quale aveva riposto con cura i dolcetti, e rapidamente la inforna, dirigendosi poi ai fornelli per poter preparare il thé.

“Saranno arrivati anche gli altri, perché non vai ad avvisarli che qui ho quasi finito?”

Chiede, chiaramente per cambiare argomento, mentre si procura il necessario.

E Megumi non se lo fa ripetere due volte, allontanandosi con il sorriso sulle labbra. Quello era un lato di Akira che non veniva a galla poi così spesso. Che permetteva di intravedere solo ai suoi angeli, in rare occasioni.

***

“Akiraa, non è giusto! Perché lei può entrare nella tua cucina ed io invece no?”

Esclama Tadashi, spalmandosi sul tavolo, per rianimarsi non appena la ragazza vi depone sopra il vassoio stracolmo di prelibatezze.

“Perché si. E non osare toccare quel cibo prima del mio tesoro, chiaro?”

Esclama, stringendo un pugno ed arricciando leggermente il naso, corrucciata.

Solo a fine giornata, quando tutti gli altri se ne saranno andati da un pezzo, gli consegnerà il sacchetto di dolci alla vaniglia. Gli mormorerà un “ti amo” veloce, con l’aria imbarazzata di una bambina, per poi colpirlo con forza, a causa della sua espressione soddisfatta da pesce lesso. E se ne andrà via tutta arrabbiata, procedendo con i pugni chiusi ed il mento alto, camminando rapidamente e con passo pesante. Però lui lo vedrà, il sorriso che le illuminerà il volto, accompagnato dal solito rossore, quando lui esclamerà un “ti amo anch’io” sincero.
Lei rallenterà, continuando a fingersi offesa, permettendogli di raggiungerla. E lui l’accompagnerà a casa personalmente. Si assicurerà che sia al sicuro, prima di dedicarsi ai suoi dolci.

Lo sa lui, lo sa lei. Perché è così che funzionano le cose, tra di loro.
Perché riescono ad amarsi anche tra un livido ed un dolcetto.

 



Salve a tutti!
Non so quanti di voi hanno presente la mia vecchia fanfic, comunque, avevo promesso un sequel, così eccolo qui. So che non è esattamente quello che vi aspettavate, ma vabbè xD
Mi è venuta in mente durante un viaggio in macchina, tant'è che il foglio su cui l'ho scritta sembra un manoscritto degli antichi egizi~
Spero apprezziate!
A presto <3
  
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