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Autore: VociPerdute    21/08/2013    0 recensioni
Una divagazione (più o meno) fantasy per il compleanno di Robert... Happy Birthday, Anàm Cara
Genere: Fantasy, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Plant
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ecco. Sono morto, e questa è la mia punizione per l’eternità.” pensò Robert, guardando la scalinata splendente che si perdeva nelle nuvole.
 
Era sul palco, stava cantando con tutta la sua passione, felice, quando improvvisamente aveva avuto una lieve vertigine. L’aveva ignorata, pensando “ora passa, berrò un sorso di the…”. Poi, un altro capogiro più forte, e nelle sue orecchie la musica si era trasformata in un ronzio fluttuante, ed era precipitato in un nulla silenzioso profumato di rose. Buio...
 
Ora si trovava lì, ai piedi di quella scala, che appariva esattamente come l’immaginario dei fans l’aveva disegnata, alta, bianca, circondata di siepi rigogliose, che si perdeva nelle nuvole; esattamente come lui aveva iniziato ad odiarla, tanto tempo prima.
Alle sue spalle solo un muro di nebbia buia, gelida, che fluttuava in spirali maligne; se avesse provato ad entrarci, probabilmente non avrebbe neanche trovato terreno a sostenere i suoi piedi.
I suoi piedi… calzavano stivaletti chiari di pelle di serpente, che di sicuro non aveva indossato quella mattina, e neanche una qualunque mattina degli ultimi quarant’anni…
 Si guardò stupito le gambe scattanti fasciate da jeans scampanati, e poi le braccia, lisce e muscolose, così come il petto e il ventre piatto, lasciati scoperti dalla camicia aperta. Si toccò i capelli, e le mani gli si riempirono dei boccoli folti e morbidi che aveva iniziato a rimpiangere da un po’ di tempo.
La sensazione di sgomento durò solo un istante, subito soffocata dall'euforia di riavere il suo corpo giovane e scattante: dopo tutto, aveva ancora così tanta energia che, se solo il fisico l'avesse supportato, sarebbe ancora entrato negli alberghi facendo le capriole.
Dalla cima della scala proveniva una musica... strana, soffusa, ipnotica: si rese conto solo in quel momento di averla sentita fin da subito, così sommessa da passare inosservata in mezzo a tutte le emozioni provate, eppure parte integrante delle emozioni stesse.
Era così particolare, antica, magica... doveva assolutamente trovarne la fonte.
Così, senza più nessun altro pensiero o ricordo, si slanciò sulla scala, superandone i gradini a quattro a quattro.
Ormai era tanto in alto da non vedere più il punto da cui era partito, quando tra le siepi che lo circondavano sentì un fruscio, come se qualcuno lo stesse seguendo. Si fermò ansante, ed ascoltò.
Da qualche punto appena sopra di lui, tra le fronde profumate mosse da una brezza indefinita, bisbigli sommessi, voci sottili, come se dei bambini lo stessero seguendo tenendosi nascosti.
Bimbi!
Il fiato gli si spezzò in gola, e, mentre uno strano tremito gli si diffondeva nelle vene e nel cuore, gli sembrò di sentire chiara la risata argentina che si portava da sempre incisa nell'anima.
 E, in risposta, una giovane voce maschile,  gentile ed allegra, anche quella mai dimenticata.
Venivano dall'alto; così, anche se le ginocchia gli si piegavano ed il fiato gli faceva groppo in gola, riprese a correre su per i gradini, dietro a quei suoni amati e terrificanti.
E finalmente arrivò in cima.
La scala finiva nel vuoto; nel pacifico cielo notturno una ragazza sedeva su un trono di marmo antico, eretto su un frammento di roccia che sembrava il resto di un mondo distrutto, fluttuante nel vuoto. Aveva lunghi capelli così chiari da sembrare bianchi e grandi occhi scuri, come polle d’acqua nel profondo del bosco. Attorno a lei, civette bianche volavano in cerchio, alzandosi dai rami delle siepi.
Lo guardò, e gli sorrise con dolcezza. "Eccoti..."
Lui riprese fiato, piantato a gambe divaricate davanti a lei, dritto come un fuso.
La conosceva, eppure non avrebbe saputo dire dove l'aveva vista prima; guardarla era come ricordare una ninna nanna ascoltata da bambino, e lo riempiva di calore e sicurezza.
"Cos'è questo?" chiese, indicandosi con un gesto vago " Dovrei essere un vecchio, e guarda, invece..."
Lei sorrise: " E' quello che sei davvero dentro di te.... il resto è solo la buccia.... La tua anima ha sempre vent'anni, e qui appare nella sua vera forma"
"Qui... cos'è?"
" Quello che i vostri scienziati ora chiamano multiuniverso... qualcuno lo chiama aldilà, ma non è un termine tanto esatto. Non è oltre il vostro mondo, ma, in un certo modo, accanto..."
Lui guardò i gradini sotto di lui, le siepi fruscianti " Ho sentito la voce di un bambino..." disse esitante.
Lei lo fissò, seria " Non affligerti più: non ti è stato tolto per tua colpa, ma per evitargli una sofferenza maggiore"
"Che cosa intendi," disse lui con voce strozzata " che mio figlio è morto per il suo bene?"
Lei sospirò "Vedi, a volte si fanno degli errori... Vi vengono dati quando ancora non è il momento... A volte li desiderate così tanto... E lasciarli significa condannarli ad una sofferenza senza speranza... Così, quando si può, li si riprende..." la sua voce si abbassò, ancora  più dolce, e triste " Lui era troppo per quel tempo... troppo intelligente, troppo sensibile... il vostro mondo non l'avrebbe capito, l'avrebbe ferito, umiliato, tormentato fino alla pazzia... Solo ora cominciano a nascere bambini come lui... piccoli geni, che cambieranno il mondo, se glielo lascerete fare... Ma allora... Credimi, il dolore che hai provato nel perderlo sarebbe stato niente in confronto di quello che avresti provato nel vedere il suo..."
Lui deglutì: "C'era anche un uomo..."
Lei annuì " Neanche quello è successo per tua colpa... Era deciso così, per lui...Sì, forse avresti potuto dire qualcosa in più, fare qualcosa in più, ma non sarebbe servito... Neanche le persone che amava di più hanno potuto fermarlo... Anche lui non era pronto per il vostro mondo... Non è riuscito a sopportarlo, vedi...e, paradossalmente, ha abbandonato per sempre coloro che più amava proprio perchè non poteva sopportare di abbandonarli."
Lui la guardava, e finalmente la riconobbe: i capelli di fili d'argento, le dita pallide e sottili, le civette posate  sulle sue spalle e ai suoi piedi, e , sul petto, una grande ruota d'argento.
"Tu sei la Morte" disse pacato "Sei venuta a prendermi."
"Dunque temi tu la Morte, Robert Anthony Plant?" Lei allungò le sottili dita fredde ad accarezzargli il bel volto
"Non ancora" gli sussurrò "Non è ancora tempo, per te. Hai ancora molto lavoro da fare. Guarda!" e gli voltò il viso verso l'alto.
Sospesi nell'universo ruotavano i pianeti; ognuno di loro aveva colori magnifici; ognuno di loro, nel proprio moto, produceva una musica sommessa, meravigliosa. L'unirsi di tutte le melodie creava la musica misteriosa che aveva spinto Robert fin lassù, e permeava tutto il cosmo.
"Questo è quello che gli antichi chiamavano la Musica delle Sfere..." spiegò la Signora Bianca, mentre lui fissava affascinato il movimento dei cieli " Erano più saggi di voi, avevano già capito, mentre voi cominciate a comprendere qualcosa solo ora... "
"E' magnifico..." sospirò lui, socchiudendo gli occhi per godersi quella splendida melodia, "L'Universo canta... Ma io cosa c'entro? Sono così piccolo...Sono solo un cantante..."
"Tutti i Mondi sono sorretti dall'energia, e l'energia è un insieme di vibrazioni... E cos'è la musica, se non vibrazioni? Vedi? Non avevate torto a pensare che la musica potesse cambiare il mondo, proteggere le persone, e creare magia.  Capisci ora? Tu, e i tuoi amici, quelli di un tempo, e quelli di ora, con la vostra musica fornite nutrimento ai Mondi, e non solo in questa dimensione, ma in tutte le altre, che sono collegate... L'Universo ha ancora bisogno di te, di voi,  soprattutto adesso che il buio si espande dovunque... Quindi, mi spiace, ma non è ancora finita per te: devi ancora andare avanti, cantare ancora, correre per le strade che ti si aprono davanti. Cosa ne dici di altri vent'anni?"
 
Robert si girò verso di lei, ed incontrò invece gli occhi terrorizzati di Patty, china su di lui, che era sdraiato sul divano del camerino "Cos'è successo?" ansimò, ritrovandosi addosso il peso del suo corpo invecchiato.
"Sei svenuto... " rispose lei, con un moto di sollievo sentendolo parlare "Ci hai fatto morire di spavento..."
Accanto a lei si avvicinò un bel ragazzo che indossava l'uniforme dell'unità di soccorso, con una cartellina in mano "Bene, " disse cordialmente "si è ripreso... come si sente? Mi può dire il suo nome per esteso, per favore? La sua data di nascita? Si ricorda cos'è successo?"
"Sì"avrebbe voluto dirgli lui " sono salito in Paradiso e ho visto il mio Destino", ma sapeva che quelle domande servivano solo per valutare le sue condizioni, così rispose docilmente quello che volevano sentigli dire.
"D'accordo," disse il giovane medico " Non è successo niente di grave... un piccolo sbalzo di pressione... probabilmente il caldo, le luci del palco...un po' di stanchezza...  ora è tutto regolare. Magari cerchi di bere un po' di più... e di riguardarsi un pochino anche... Purtroppo, i venticinque anni son passati..."
"Sì, ma i settanta non ci sono ancora..." rispose Robert con un sorriso ironico, alzandosi a sedere.
"Bravo! E' proprio questo lo spirito giusto!" Il ragazzo lo guardava con occhi pieni di affetto, come tutti quanti intorno a lui. "Vada ancora avanti così..."
Gli porse la mano, che Robert strinse con vigore "Certo che vado avanti... Altri vent'anni mi vanno benissimo!"
 
 
 
                                                                                                          



                                                                                                                                    
 
 
 
 
Questa fanfiction non è a scopo di lucro. I personaggi appartengono a sé stessi e le canzoni ai rispettivi ideatori e detentori di Copyright.
  
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