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Autore: V a l y    21/08/2013    2 recensioni
Essere un Turk non è bello, si vive nell'ombra e nella paura della gente. Essere un Soldier, invece, è come diventare un paladino della metropoli. Il Soldier ha un'uniforme blu oltremare e una cintura placcata e lucente. Un Turk, invece, ha un vestito scialbo e scuro. Non ha rifiniture, non ha accessori. È la veste nera di un cattivo.
{ Tseng, Zack, accenni di Aeris }
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tseng, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core
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[N.D.A.] Non odio Zack. Non me ne volete per questa fic: ho solo preso in considerazione i pensieri di Tseng, prendetevela con lui.
Immaginarlo morire d'odio per Zack è più divertente (e credo realistico) che trovarseli BFF nel Crisis Core.

***


Ha una pistola nella fondina. Otto proiettili, due sono già stati usati qualche ora prima, in un vicolo fumoso dei Settore 6 massacrato dai murales, nell'ombra dei tetti scalcinati di Midgar. Uno dei tanti dove quando c'è del sangue la gente lo dimentica subito.
Ha ancora sei proiettili, pronti per colpire sei parti del corpo diverse, e sono tutti punti mortali. Ha la mano nella giacca. Basterebbe allungare le dita. Riuscirebbe a prendere la pistola, premerebbe il grilletto in meno di un secondo. A volte è stato semplice. A volte ha ucciso quando le vittime meno se lo aspettavano. Facevano altro, come chiacchierare, leggere, scrivere, fumare, bere un alcolico.
Come Zack: ha un bicchiere di bourbon con ghiaccio tra le dita, e non sa che Tseng, seduto di fianco, ha una pistola con sei proiettili e una mano nella giacca.
È incauto, e un Soldier incauto è un pericolo per la Shin-Ra. È ingenuo e sempliciotto. Crede che tutti gli siano amici, e che a tutti interessi quello che dice. Straparla. È un animale rumoroso. Tseng odia il rumore. Odia la sua voce e odia sentirlo parlare di sé.
Ma Zack continua, anche se vede che Tseng non lo ascolta e guarda altrove, con la faccia di chi vorrebbe essere in un qualsiasi altro posto. Per Zack quell'impassibilità è solo il riflesso di una personalità schiva e introversa. Non vede mai oltre l'idea che si è fatto del suo collega, oltre gli occhi sottili che mostrano un odio manifesto.
“Dai, stavolta ti offro io da bere,” butta lì improvvisando una pacca sulla schiena. Tseng non dice nulla. Forse da brillo la sua insopportabile voce gli arriverà più ovattata.
Ma al quinto bicchiere non succede nulla. Zack è ancora lì a parlar del suo lavoro, le sue missioni, la gente che salva - tutti quanti, nomi, cognomi, distretti in cui abitano, figli e nipoti di questo e quello. Ma non parla mai della gente che uccide. La ignora come l'odio di Tseng?
Poi parla delle gare di moto. Parla della sua Buster Sword, troppo pesante, un casino di chili da portarsi dietro. Dice che preferirebbe mille volte essere un Turk, così l'unica cosa che deve portarsi è una pistola. Poi scoppia a ridere e ritorna a bere.
Tseng sa che non è vero. Essere un Turk non è bello, si vive nell'ombra e nella paura della gente. Essere un Soldier, invece, è come diventare un paladino della metropoli. Il Soldier ha un'uniforme blu oltremare e una cintura placcata e lucente. Un Turk, invece, ha un vestito scialbo e scuro. Non ha rifiniture, non ha accessori. È la veste nera di un cattivo. Un Soldier ha un'arma vistosa e muscoli in bella vista. Per questo per molte è irresistibile. Zack parla spesso di donne. Dopo il settimo bicchiere succede sempre.
Parla di tutte quelle che si è scopato, quelle che arrossiscono e non regalano neppure un bacio, quelle timide e quelle straniere. Dice che le ragazze di Costa Del Sol hanno una pelle dorata e lisca, e sono allegre e spensierate. Ma a Midgar ce n'è una varietà più disparata, per questo sono interessanti, non sai mai quali ti capitano.
Ce n'è una strana, sempre chiusa in chiesa, a prendersi cura delle piante. A vederla sembra una suora, invece è aperta e attacca subito bottone; una figa da paura che potrebbe avere chiunque ma sta sempre sola.
“Perciò ci penso io,” dice Zack sorridendo come a dire “se hai capito cosa intendo”.
Tseng ha una pistola e sei proiettili. Li ha usati con gente che neppure conosceva, ma a uccidere chi si odia è mille volte più facile. Figurarsi uno come Zack Fair, pomposo dongiovanni dai muscoli gonfiati e il cervello di un microcefalo. È insipido e parla a vanvera. È sempliciotto e scontato.
La pistola scivola dalla sua giacca. La canna è puntata sul Soldier. Zack alza le mani, tossendo e sorridendo come uno che si sta pisciando addosso dalla paura ma fa di tutto per nasconderlo.
“Oh, ehi, amico, che fai?” chiede, e nonostante la situazione pericolosa riesce a mantenere la sua stupida allegria cronica.
Tseng odia immaginarlo fare il cretino con lei, toccarla, baciarla, spogliarla, sedurla con quel suo modo di fare tribale e infantile. Odia che lei possa ridere alle sue battute, che possa ritenerlo simpatico o anche lontanamente piacevole. Ci sono sei punti sul corpo di Zack, e sono tutti mortali.
Ma il sangue freddo che contraddistingue Tseng gli fa esalare un respiro lungo e rilassare i muscoli.
“Mi hai detto che mi avresti offerto tre bicchieri,” dice a Zack pacatamente. “È da più di mezz'ora che aspetto il terzo.” Zack ride e sospira insieme. “Quando li fai tu gli scherzi son sempre pesanti, eh! Certo che voi Turk avete proprio il pallino per le armi...”
Ride un'altra volta, e parla di nuovo di sé. Tseng finge di ascoltarlo: al sesto bicchiere il cervello riesce davvero ad allontanarsi dal presente.
Odia ogni cellula di lui, ma ama ancora troppo lei per vederla soffrire.
  
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