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Autore: Dea Elisa    21/08/2013    1 recensioni
Raccolta di brevi ff non in ordine cronologico né logico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Zucchero

 

«Gandini, ho bisogno di una donna.»

Sollevi gli occhi dagli appunti di Ettore, incredula della dichiarazione di Malosti.

«E la stai cercando qui?» domandi, rigirando la penna tra le dita. Lo guardi con stupore, facendogli notare come ti considerasse sotto ogni punto di vista eccetto quello di donna in senso stretto.

Malosti chiude la porta, poi ti rivolge un sorriso storto. «Sto piangendo dal ridere» ti informa.

«Anche io sto per piangere. Di commozione, però.»

Riccardo ti raggiunge e si siede accanto a te, non prima di aver trascinato per due metri una sedia a terra, provocando uno stridio insopportabile.

Fai una smorfia.

«Ti dà fastidio tutto, Gandini.»

«Da che pulpito.» Unisci le mani sul tavolo. «Dunque?» lo solleciti.

«Mercoledì è il compleanno di Dario.»

«Ti ha chiesto un motorino?»

«Non sarebbe ancora vivo, se lo avesse fatto.»

«Dai, Riccardo, sono le esigenze di tutti i ragazzi della sua età… autonomia, fiducia…»

«Dovrete prima passare sul mio cadavere.»

«Come sei drastico.» Chiudi il quaderno, dopo aver scarabocchiato qualcosa. Quindi gli rivolgi tutta l’attenzione cui agognava. «Allora, perché sei qui?»

--- 

«Non mi dire che, con tutti i programmi di cucina che impazzano in tv, non hai ancora imparato a fare il pan di Spagna.»

Scartabelli i vari armadietti della cucina di Riccardo, lucida e affatto usurata, segno indistinto della sua poca propensione a passare ore tra i fornelli. Faresti cambio con la tua anche oggi stesso: il cucinino che ti riserva il tuo appartamento si sta nascondendo dalla vergogna.

«Non guardo la tv. E non guardo i programmi di cucina. Roba da donne annoiate.»

«Allora ci vediamo domani. Io personalmente ho un sacco di faccende da sbrigare, invece. Tipo dormire, anziché passare la notte a farti da aiuto pasticcere.»

Riccardo ti trattiene per un braccio, con la sua solita delicatezza da bisonte. L’anta che stai per richiudere sbatte in un tonfo, dopo che il gesto di Malosti ti ha impedito di accompagnarla sino in fondo. Notando la tua espressione indisposta, molla la presa e tenta con le parole.

«È tuo dovere assicurarti che l’operazione vada a buon fine e che non coinvolga spargimenti di sangue o esplosioni.»

Alzi le sopracciglia. «Mi stupisce che tu possa ammettere di non essere in grado di fare qualcosa.»

Riccardo ti si accosta, quasi a sfiorare i tuoi capelli. Ti irrigidisci, come se un’ape ti stesse calcolando come ammissibile preda. E non trovi le differenze tra le due situazioni. «Sono molte di più le cose che so fare» ti parla all’orecchio, sussurrando quasi fosse una dichiarazione indecente.

Sussulti, assecondando la leggera tachicardia. «Ecco la modestia del Malosti che conosco.» La tua voce trema, mentre sollevi gli occhi a incontrare i suoi.

«E di cui non faresti a meno.»

«Come siamo boriosi, oggi» gli tieni testa. «Mangiato pane e arie?»

Malosti si scosta, lasciandoti spazio a sufficienza per poter riprendere a respirare regolarmente.

«La tizia della mensa mi ha rifilato l’insalata coi pomodori.» Appoggia le mani al bancone della cucina, sorreggendosi come un sacco senza vita.

«A te non piacciono i pomodori» continui l’argomentazione.

Ruota il capo fissandoti, l’espressione cupa.

«Che c’è?» allarghi le braccia, assumendo un’aria innocente.

«Tu sai troppe di cose di me.»

Socchiudi le labbra pronta a ribattere, ma lo stupore non ti consente la giusta obiettività.

--- 

«Venti minuti?!» ti domanda sconvolto, gridando in modo inverosimile per sovrastare il ronzio delle fruste elettriche.

«Ti consiglio di cambiare braccio, ogni tanto, se vuoi prevenire un’epicondilite.»

«Le infiltrazioni me le paghi tu» continua ad urlare, benché non siate al centro di un cantiere edile.

«E ruota bene quelle fruste. Movimenti ampi e circolari» lo istruisci, gesticolando sopra la ciotola con il composto.

«Sei scandalosa, Gandini.»

Boccheggi, ritirando le mani e uscendo il più in fretta possibile dal suo campo visivo, ma continuando a sentire addosso il suo sguardo divertito. Ti rifugi dietro la porta del frigo, cercando un diversivo per sviare la conversazione.

«Dove hai messo la panna?»

Di male in peggio.

«Quale panna?»

«Quella che ti avevo detto di comprare per la torta.»

«Merda.»

Merda.

---

Appollaiata sullo sgabello dell’isola della cucina, lasci ciondolare una gamba, le dita a tamburellare sul ripiano. E Malosti a guardarti, incurante degli schizzi di impasto dovuti alla sua disattenzione.

«Domattina butto giù dal letto il proprietario del negozio di alimentari qui sotto.»

Sbadigli, poggiando la fronte sul bancone. «Siamo di turno, Riccardo» gli ricordi, con voce sommessa e stanca, senza veramente porre attenzione alla sua esposizione minuziosa sul numero e il contenuto delle ricette che aveva compilato per il salumiere del quinto piano nel corso dell’ultimo anno.

Malosti interrompe il suo resoconto magistrale e con la sua voce si quieta anche il brusio delle fruste elettriche.

La casa torna a immergersi nel silenzio profondo della notte, quello che, una volta raggiunto, si ha timore di infrangere, se non per augurarsi sogni d’oro.

Riccardo sospira inarcando le spalle per sgranchirsi. «Che disastro» mormora, studiando la scena che si manifesta dinnanzi a lui. «Non avevi detto che avrebbe triplicato di volume?»

Butti l’occhio nella ciotola. Il composto ti osserva con disprezzo, a dimostrare una cosa sola.

«Avevo anche detto che non eri capace.»

«Mezz’ora che giro quell’affare…» inizia a lamentarsi.

Ti sporgi sul bancone e con un dito raccogli un po’ del contenuto del recipiente.

«No, non farlo!»

«Temi per la mia salute?» gongoli mostrando qualche smorfia esagerata mentre assaggi. Ti volti ad appoggiare la schiena, dandogli le spalle. «Riccardo…»

Ti raggiunge in un attimo, attendendo qualsiasi tua reazione con apprensione.

Tu sorridi.

«Giramenti di testa? Vista annebbiata? Nausea? Dolore epigastrico?»

Ti avvicini fino quasi a sfiorare il suo corpo, mentre lui rimane stranamente immobile, stralunato a soppesare ogni tuo gesto. «Fossi in te» esordisci, picchiettando un dito sul suo petto, «prenderei in seria considerazione l’idea del motorino.»

Malosti ti ferma la mano, stringendola tra le proprie.

«Te l’ho mai detto che non do mai retta alle donne?» sogghigna.

«Fai male» dici, osservando l’intreccio delle vostre dita, che Riccardo si affretta a disfare.

«È venuto così male? Ho seguito le tue istruzioni alla lettera: non è colpa mia se la professoressa non è capace a elargire il proprio saper-»

«Ci hai messo il sale, Malosti.»

Riccardo scoppia a ridere, di fronte alla tua sconfitta serietà.

«Probabilmente perché la mia vita si sta addolcendo troppo, Gandini» ipotizza, scandendo il tuo cognome come tu hai fatto con il suo.

Sposta il peso da una gamba all’altra, barcollando verso di te. Avverti il freddo del marmo del bancone dietro la schiena, a impedire ogni altro tentativo di fuga.

«Dovresti provarti la glicemia, allora, perché dimostrerebbe il contrario» prendi tempo, incerta delle sue intenzioni.

«Sei sempre così demolitiva.»

«Parla chi ha messo sottosopra tutta la cucina senza risultati.»

«Sei stata tu a insistere perché provassi io. Ricordalo, la prossima volta.»

«La prossima volta non ci sarà, perché passerai in pasticceria.»

«Ne sei sicura?»

Annuisci con convinzione, accennando un sorriso.

«Potrei comprarti con qualche giorno di permesso, un paio di cambi di turno…»

«Perché invece non ti arrendi?»

«Perché non sono un codardo.»

Stringi le labbra. «D’accordo. Sentiamo: cosa vuoi che faccia, per soddisfare il tuo ego?»

Gli occhi di Riccardo s’illuminano. «Oh, tante cose, Gandini.»








   
 
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