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Autore: Noruwei    21/08/2013    6 recensioni
Fatto di cronaca di una periferia locale: ragazzo si suicida annegandosi nella vasca.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ChibiMuff © [21/08/2013]

Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono alla sottoscritta, Questa storia non s'ispira a elementi reali. Questa storia non ha alcun fine lucrativo, ma è stata scritta per mera distrazione personale ispirandomi per i personaggi a fatti di cronaca reali(stici).
Tutto qua.

 

 

 

 

LO CHIAMAVANO RICK (CON LA KAPPA)

 

 

 

 

This is the way you left me,
I’m not pretending.
No hope, no love, no glory,
No Happy Ending
Wake up in the morning, stumble on my life
Can’t get no love without sacrifice
If anything should happen, I guess I wish you well
A little bit of heaven, but a little bit of hell.

[Happy Ending, Mika]

 

 

Lo chiamavano Rick. Rick con la kappa, all'inglese, anche se il suo nome era Riccardo, senza nessuna kappa. Aveva un bel suono, spigoloso, come i suoi zigomi. Rick.
Rick era magro, slanciato, ascoltava i Beatles e i Rolling Stones. Come la canzone. Com'è che faceva, già? “C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones.”. Di chi cazzo era?
Ma non aveva importanza, non davvero.
Rick non era bello, aveva tratti particolari, lo sguardo profondo che sembrava sempre guardare lontano, e il sorriso sincero. Alle ragazze piaceva. A Cristina piaceva. Persino a lui piaceva Rick.
Non erano mai stati amici. Erano andati vicino a diventarlo, però, quindi era come se lo fossero stati. Un po'.
La verità era che non lo conosceva bene.
Sapeva che andava matto per il Beatles e i Rolling Stones, che canticchiava le loro canzoni nell'intervallo, sapeva che aveva quella mania di mordicchiarsi il labbro quand'era nervoso e che non guardava mai una persona negli occhi quando parlava.
Però sapeva che lo chiamavano Rick. Rick con la kappa, all'inglese, anche se il suo nome era Riccardo, senza nessuna kappa.

(Poi morì e le persone semplicemente smisero di chiamarlo.)

 

 

*

 

Il locale era piccolo, sembrava un bar normale e lo era, a dir la verità, un bar normale. Uno di quelli con gli sgabellini metallizzati, che trovi vicino alle scuole, con la tizia dietro il bancone che mastica una cicca (probabilmente rubata) e ti fissa spazientita, abituata alle avances di studenti senza alcuna speranza.
Sempre a voler dire la verità Giovanni odiava quel bar, odiava il chiasso, le chiacchiere futili e la musica del cazzo che mettevano.
«Una birra» bofonchiò alla Tizia Della Cicca. La Tizia Della Cicca in realtà si chiamava Gabriella però non è una cosa importante quindi la chiameremo semplicemente La Tizia Della Cicca con le lettere maiuscole.
La Tizia Della Cicca lo fissò per un paio di secondi. «Ce l'hai l'età, ragazzino?»
E lo sapeva bene che l'età non l'aveva.
Si corresse, stringendo i denti: «Una coca-cola». E si levi dalle palle, stronza. Non gli importava che stesse solo facendo il suo lavoro.
La Tizia Della Cicca gli diede le spalle, lasciando volteggiare la coda di cavallo. Giovanni le lanciò un'occhiata al culo, distratta, probabilmente il padrone del locale sceglieva Le Tizie Delle Cicche proprio per quel requisito. O forse se le scopava, chissà, dava loro il posto e dopo una settimana le licenziava per qualche futile motivo.
La Tizia Della Cicca cambiava ogni lunedì. La settimana scorsa si chiamava Rossana, a Giovanni lei piaceva perché, sì, masticava una cicca però sorrideva e aveva una risata bellissima, squillante, di quelle che entrano nella testa e non escono più. Invece Gabriella aveva sempre il muso, come se avesse calpestato una merda.
Le ragazze nel tavolo vicino parlavano.
«Tu lo conoscevi?»
«Quello morto, intendi? Gli avevo parlato una volta per chiedergli una penna».
«Sul serio? Com'era?»
«D'aspetto? Carino. E gentile. Però si vedeva che non era del tutto normale».
Che stronzate, pensò Giovanni.
Rick era normale, era- Rick. Ed era morto.
«Era un tuo amico?»
Alzò lo sguardo, La Tizia Della Cicca lo guardava, sopra il bancone c'era un bicchiere di Coca-cola. «Era un tuo amico? Quel ragazzo» ripeté.
Giovanni stava per dire di farsi i cazzi suoi, poi però annuì. Era suo amico? Non ne era sicuro. Era il fidanzato di Cristina, qualche volte erano usciti nello stesso gruppo, ma non era certo che si sarebbero potuto definire amici.
La Tizia Della Cicca continuava a guardarlo, masticando la sua cicca, come da copione. Un fottuto copione.
«L'anno scorso è morto mio padre, a gennaio». Giovanni, quello, non lo sapeva. «È stato un periodo orribile», sembrò esitare qualche secondo, poi riprese il bicchiere di coca-cola dal bancone. «Aspetta».
Tornò con la birra, gliela porse. I suoi occhi rimanevano piatti, senza emozioni.
«Non dirlo al mio capo, okay?»
«Grazie.»
«Di niente. Ora però vai a sbronzarti da qualche altra parte, non voglio casini durante il mio turno.»

Lo chiamavano Rick.
Ora era Il Ragazzo Che Si Era Suicidato.

 

 

*

 

 

This is the hardest story that I’ve ever told
No hope, or love, or glory
Happy endigs gone forever more
I feel as if I feel as if I’m wasting
And I’m wastin’ everydayThis is the way you left me.

 

La notizia era in prima pagina della periferia locale. “Ragazzo muore. Si parla di suicidio”. L'articolo era tutto al passato. Riccardo De Santis frequentava, era fidanzato con, poi parole sparse come ragazzo normalissimo, genitori in lacrime, notizia sconvolgente. Le solite cose che si aspetta di leggere in casi di cronaca come quelli.
L'avevano trovato annegato nella vasca da bagno. Giovanni sapeva che avrebbe dovuto smettere di leggere, buttare via la Periferia e comprarsi un Topolino, però non riusciva a fermarsi. In paesi come quelli non succedevano quel genere di cose, c'era stato, okay, qualche caso di quindicenne incinta, ma quello mai. Giovanni fissò la foto, in alto a sinistra, dove Riccardo (Rick, Rick era il suo vero nome per loro) sorrideva, gli occhi luminosi. Nell'articolo non c'era scritto nulla d'importante.
Non c'era scritto che amava i Beatles e i Rolling Stones, non c'era scritto che si mordicchiava sempre il labbro quand'era nervoso e non c'era scritto che non guardava mai nessuno negli occhi. C'era scritto di Riccardo, non di Rick.

Cristina lo fissava. Aveva gli occhi rossi dal piano. Era la sua fidanzata, dopotutto.
«Che ne pensi?»
Quando aveva suonato al campanello era venuta ad aprirgli così, ancora in pigiama. Anche lei non se l'era sentita di andare a scuola, come lui. Aveva tutto il trucco colato e le lacrime ancora sulle guance, i capelli scompigliati di chi aveva passato la notte a rigirarsi nel letto.
Giovanni rimase in silenzio. «È un buon articolo».
«Cosa ne pensi sul serio, Gio». Però non era arrabbiata, sorrideva. Era un sorriso un po' triste, un po' malinconico, il sorriso di chi è morto.
Giovanni esitò. «Probabilmente lui l'avrebbe odiato.»
«L'ho pensato anch'io.» E aveva preso una delle birre che lui aveva comprato, portandola alle labbra. «Ci sarà il funerale dopodomani. Non sono sicura di volerci andare, sarebbe come-» s'interruppe, per un attimo Giovanni pensò che avrebbe incominciato a piangere, invece si riprese «Come ammettere a me stessa che è morto sul serio. E che non tornerà».
E che non tornerà.
Alzò lo sguardo su di lui, asciugandosi gli occhi e bevendo un altro sorso di alcool. «Tu ci andrai?»
«Ci andrà tutta la scuola».
«Tu vorresti andarci?»
«Non lo so, io-» Sorrise. Si chiese se anche il suo di sorriso sembrasse un po' quello di un morto. Uno nell'anima. «Non abbiamo mai parlato più di tanto, ciò che ci legava eri tu. La sua ragazza e la mia migliore amica. Lui era-» Non riusciva a trovare le parole.
«Era speciale».
«Già, esattamente. Però era allo stesso tempo uno qualunque. È così strano parlare di lui al passato, vero?».
Cristina annuì, poi lo guardò. Per un attimo gli sembrò che avesse gli stessi occhi svuotati dall'emozioni di La Tizia Della Cicca.
«Posso dirti una cosa stupida, Gio?»
E lui annuì.
Avrebbe preferito non farlo.

Cristina si accese la sigaretta, lottò per qualche secondo con l'accendino, poi inspirò con lentezza. In silenzio, sotto i suoi occhi.
«Puoi ridere se vuoi». Ma sapevano entrambi che non l'avrebbe fatto. «È una cosa stupida, sul serio». Si riavviò i capelli con la sinistra, però aveva smesso di piangere. «Lui non mi ha mai amata, non davvero».
Giovanni la fissò.
Cristina sorrise, con dolcezza. «Deve sembrarti strano. Eravamo la coppia perfetta, vero? Almeno all'apparenza. Lui cercava sempre di mostrare... il suo lato migliore quando c'eri tu. Sono convinta che tu gli piacessi più di quanto gli piacessi io. Puoi ridere, ora».
Lui non rise.
E Cristina continuò a parlare, come a se stessa. «Non l'avevo mai notato prima che mi chiedesse di uscire. Era un martedì e mi aspettò davanti alla nostra classe. Disse “ciao” ed io “ciao, ci conosciamo?” e lui disse che no, non ci conoscevamo, ma che avrebbe voluto conoscermi. Sorrideva, aveva il sorriso più bello che avessi mai visto. Non era il genere di ragazzo con cui uscivo di solito, no, aveva quell'aria da intellettuale e- matura, lo trovavo attraente. Ho incominciato a pensarci dopo il terzo appuntamento, la prima volta che mi baciò. Non parlava con me come si parla con la ragazza che ti piace» fece una pausa, si morse il labbro. Lo faceva anche lui, pensò Giovanni. Lo sta facendo come faceva lui. «Ci fidanzammo poi, durante l'estate. Ti ricordi il giorno in cui lo conoscesti?»
Sì, lo ricordava.
Era luglio, dovevano uscire come al solito in gruppo e Cristina l'aveva chiamato chiedendogli se poteva portare con sé il suo ragazzo.
“Da quando hai un ragazzo?” aveva chiesto, aggrottando le sopracciglia.
“Da una settimana. Riccardo hai presente? Della IIIA. Quello-”
“No, ho presente chi è. Portalo, se vuoi, basta che non dia fastidio”.
E non l'aveva fatto. Il primo ricordo che Giovanni aveva di Rick era la sua stretta, gentile. Rick era tranquillo, intelligente e aveva sul serio il sorriso più bello del mondo. Mio padre è un dentista, aveva spiegato, e lui era scoppiato a ridere, senza sapere nemmeno il motivo.
«Quel giorno lui non aveva occhi che per te, sembrava quasi che fossi io la terza incomoda». Cristina si lasciò cadere sul letto e Giovanni non riusciva più a vederla in viso. «Voleva solo... solo che tu lo guardassi» mormorò «e tu lo accontentavi sempre. Anche dopo quel giorno. Ogni volta che uscivamo insieme. Tu parlavi con me, però guardavi lui e lui guardava te, come due calamite, capisci?»
Non capiva.
Cristina si era issata su, lo guardava negli occhi però allo stesso tempo non lo guardava. Era persa nei suoi pensieri.
«Vorrei riuscire a odiarlo per questo. A odiare te. Però io vi amo troppo, entrambi. E la cosa più brutta sai qual era?» Buttò via la sigaretta, con un gesto noncurante. Era ubriaca, capì. «Che tu non te ne sei nemmeno reso conto di ciò che lui provava per te. Ed ora lui è morto».
Ed ora lui è morto.
Annegandosi nella sua vasca da bagno.

 

 

*

 

 

This is the way that we love,
Like it’s forever.
Then live the rest of our life.

 

A Rick piaceva nuotare.
Gli venne in mente in quel momento, calciando i ciottoli della strada, mentre si allontanava – mentre scappava – dalla casa di Cristina. L'aveva lasciata lì, raggomitolata nel letto, a piangere. Come un codardo.
Erano gli ultimi giorni di agosto. Erano andati tutti in piscina, quella del Circolo. C'erano anche Giorgio, il fratello di Cristina, perché aveva la macchina e aveva acconsentito a portarli, e Lucrezia, la ragazza con cui usciva lui in quel periodo. Era un po' strana, piena di piercing, diceva di essere “punk” perché ascoltava Avril Lavigne.
Giovanni annuiva, convinto, finché ci stava poteva ascoltare chi cazzo voleva.
Quel giorno c'era il sole, doveva essere un venti-qualcosa, non ricordava. Lucrezia e Cristina erano sulla sdraio, parlavano e ridevano. Rick si era tuffato nell'acqua, quando era riemerso aveva i capelli tutti bagnati.
Indossava un costume blu. Perché l'aveva notato?
«Gio, ti tuffi o no?».
L'aveva spruzzato con l'acqua e lui aveva risposto con un vaffanculo prima di essere trascinato dal piede.
«Cazzo, è gelida!»
«Alle volte ti comporti come una mocciosa. Non è così fredda» aveva sghignazzato Rick. Giovanni l'aveva guardato, negli occhi, non sapeva cosa ci avesse letto Rick in quegli occhi.
«Che c'è?».
Cos'aveva pensato? Non lo sapeva. Forse che Rick era bello (e lo era, a modo suo, lo era davvero) o forse si era domandato come sarebbe stato baciarlo. La sua mente doveva aver ripudiato quel pensiero, scacciandolo in un angolo.
«Niente».

Una settimana dopo aveva scaricato Lucrezia.
Voleva mettergli Smile come suoneria.

«Oggi non sei andato a scuola» disse sua madre, quando arrivò a casa. Non era una domanda. Lo guardò, mordendosi il labbro. Giovanni odiò quel gesto. «Il ragazzo che si è suicidato... era tuo amico, vero? Ho visto le foto sulla Periferia».
Giovanni non rispose.
Salì le scale, buttandosi sul letto, come Cristina. Però le lacrime non uscivano, erano bloccate. Come se una parte di lui fosse morta con Rick.
(Era tuo amico?)
Finalmente iniziò a piangere. Pensò a Cristina, a Rick, al suo corpo immerso nella piscina e poi nella vasca, a tutto.
E pianse.

 

 

*

 

 

I feel as if I feel as if I’m wasting
And I’m wastin’ everyday
This is the way you left me
But not togheter.

 

«Com'era il funerale?»
«Come un funerale».
La Tizia della Cicca lo fissò. «Hai marinato anche oggi la scuola».
«Già» ribatté.
«Hai l'aria di uno che ha passato una notte insonne».
Gli vibrò il cellulare, era Cristina. Un messaggio. Mi dispiace per ciò che ho detto ieri. Perdonami.
«Si è scoperto come mai si è ammazzato?» domandava intanto la Tizia Della Cicca. Era stranamente loquace, quel giorno. Di solito lo trattava come se non vedesse l'ora di levarselo dai piedi.
«No».
Se l'era chiesto anche lui.
«Tu non ci sei andato a quel funerale, vero?»
Non rispose. Chiese invece: «Com'è morto tuo padre?»
La ragazza sorrise.
«Cancro ai polmoni. Lasciò mia madre con un sacco di debiti, se non altro però smisi di fumare».
Si fissarono in silenzio, diffidenti come due gatti randagi.

«Quando finisci il turno?»
«Mi stai chiedendo un appuntamento?»
«Forse».
«Non esco con i ragazzini».
Lui aveva alzato le spalle e Gabriella gli aveva lanciato un'occhiataccia. «Dovresti insistere, di solito è così che fanno gli uomini veri».
«Stronza».
«Tu sì che sai come conquistare una donna, ragazzino».
Il turno, però, quando lo finiva glielo disse, alla fine.



 

Lo chiamavano Rick. Rick con la kappa, all'inglese, anche se il suo nome era Riccardo, senza nessuna kappa.
Poi morì e le persone semplicemente smisero di chiamarlo.

Aveva sedici anni quando si lasciò affogare nella vasca.

 

 

 

 

   
 
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