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Autore: Hoel    22/08/2013    8 recensioni
"Giurami [...] che al mio ritorno, vivi o morti, ci sposeremo!"
***
Si dice che l'Amore vinca ogni cosa, perfino la Morte. Anche se è proprio da essa, che lui verrà a reclamarti ...
[KisaIta e NaruHina - accenni di SasuSaku e InoSai]
Genere: Horror, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akatsuki, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Itachi/Kisame, Sai/Ino, Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg | Contesto: Nessun contesto
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Rieccoci qua!

Iniziata in Germania e terminata a Venezia, mi sento molto in sintonia coi personaggi di questa storia, che pure loro si sono fatti un bel viaggetto e, nel caso di Naruto, pure un bel bagnetto (come la sottoscritta di tanto in tanto).

Mi scuso per l’abnorme ritardo con cui questo epilogo arriva, ma la sintesi non è mai stata la mia specialità e poi si sono messe di mezzo le vacanze, fornendomi la pausa necessaria per trovare finalmente il modo di concludere questa storia. Teniamo incrociate le dita! XD

Ora che siamo arrivati alla fine, vi confesserò che avevo in mente un finale molto più drammatico, ma … che volete, già mi ero sfogata con le terrible endings in un’altra mia storia, non me la sentivo di fare un immediato bis … Inoltre, la mia consulente personale sa essere mooolto persuasiva … ;-)

Mi dispiace battere la parola The End, un po’ perché mi accomiato dai personaggi – mi ci affeziono, alas – un po’ perché mi mancheranno i bellissimi commenti che mi hanno sempre spronato a migliorare capitolo dopo capitolo.

Ringrazio quindi tutti i miei lettori e recensori, in particolare: Cucciola Blu; April88; Mary Uchiha, Lady_Loire e Sagitta72. Le cui recensioni risponderò a breve, in quanto di recente non ho avuto molto accesso al mio computer. Sappiate però che le ho sempre apprezzate!

Ringrazio poi: Sagitta72, Arya; Selly_Luna; MalandrinaElly; e Holy96 per aver messo questa storia tra le preferite.

Ringrazio: 11 Novembre, Babel, Arya e ShoKei89 per aver messo questa storia tra le ricordate.

Ed infine, ringrazio: 11 Novembre; Itanuno; Angel_Dark_Light; April88; Black_Thunder; Cucciola Blu; Iris1996, LaDyDeBbs, Lady_Loire, Mary Uchiha, Phoenix17, Serenere98, Sophie Charlotte e Titticullen4ever per averla messa tra le seguite.

Se qualcuno avesse voglia di lasciare una piccola recensione di commiato, faccia pure, siamo aperti 24/7! XD

 

 

 

 

 

 

H.

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24 Giugno 2037

 

 

Uzumaki Tadja si contemplava estasiata davanti allo specchio, lisciando le pieghe del suo abito da sposa e assaporando coi polpastrelli la morbidezza della seta e i ghirigori dei merletti del pizzo chantilly. Si sistemò vezzosamente infastidita una ciocca ribelle dietro l’orecchio, ammiccando al riflesso ridente di una sposa pronta ad unirsi all’uomo che ama.

Ce n’era voluto di tempo, accidenti accidenti!, per persuaderlo, ma alla fine Sabaku Gaara si era deciso a parlare con suo padre e, in seguito alla conversazione più ostica che i due giovani avessero mai sostenuto in vita loro, finalmente avevano ottenuto la benedizione paterna e Gaara, tra la commozione generale, aveva estratto dalla tasca il prezioso pegno preparato per Tadja - un anellino d’oro bianco con annesso un diamante – assieme alla solenne promessa di convolare a nozze e di appartenersi per tutta la vita, finché morte non li avrebbe separati.

A quel pensiero, di solito così scontato da sorvolarci allegramente sopra, un piccolo brivido freddo smorzò il sorriso altrimenti raggiante della fanciulla, la quale si voltò, certa di aver avvertito una presenza alle sue spalle.

“Porta male vedere la sposa prima delle nozze!”, esclamò ad alta voce la giovane, voltandosi di scatto.

Niente.

Nessuno.

Era completamente sola nella sua cameretta.

Eppure, eppure …

La finestra era sempre stata aperta?

Beh, era il caso di chiuderla, nevvero?

“Ah! Sei tu! Santo cielo, mi hai spaventata!”, sospirò Tadja assai sollevata, mentre stendeva le braccia e si apprestava a serrare la finestra – aveva sempre fatto così freddo? - sennonché la voce alle sue spalle, soave come un dolce zefiro primaverile e al contempo più gelida della bora invernale, le sussurrò malinconica l’orecchio:

 

Posso raccontarti una storia?

 

 

“Tadja? Sei pronta? Su, bambina mia, ti stiamo tutti aspettando! Non vorrai mica far attendere Gaara più del dovuto, spero? Dai, che sennò scappa!”, la richiamò scherzando sua madre, Uzumaki Hinata, bussando alla porta ben serrata. Non ricevendo risposta, la donna si risolse ad entrare forzatamente nella stanza della figlia, preoccupata per quell’insano silenzio, foriero di tristi ricordi. Solo per amore di suo marito aveva acconsentito, quasi cinque lustri fa, di tornare a vivere a Villa Nakano, sebbene la notte ancora giurasse di scorgere, nei lunghi corridoi ovattati dai tappeti, sinistre ombre, leggiadre come il vento che ingravidava le tende.

“Tadja, tesoro, ti senti bene? Tadja, che succ- … Oh mio Dio, no!”, gridò Hinata, tappandosi la mano e barcollando all’indietro alla terribile vista offertale, non appena mise piede nella camera da letto della sposa. “Naruto! Tadja! Oh mio Dio! Ma perché? Me lo avevate promesso!”, prese a ridere, attirando di conseguenza l’attenzione degli ospiti al pianoterra, in particolare lo sposo, il quale corse istintivamente verso la fonte di quella risata sconquassante.

Giuntovi infine, Gaara rimase dapprincipio pietrificato sul posto, per poi sciogliersi anch’egli in una calda risata. “Il lupo perde il pelo ma non il vizio, signora Hinata, si rassegni!”, la consolò, proteggendo col palmo della mano gli occhi alla vista della sua futura moglie in abito da sposa e del suocero che, seduti sul canapè, si stavano scodellando una ciotola di ramen a mo’ di segno di buon augurio.  

“E dai, Hinata!” , protestò Naruto a bocca piena. “Non vorrai mica negare ad un povero papà l’ultimo ramen con sua figlia, spero?”

“E raccontarmi la storia dietro la Ballada della Sposa Mancata”, aggiunse la loro figlia, addolcendo le ultime parole al ricordo di quella favola della buonanotte, che suo padre, in barba a quelle tradizionali, soleva narrarle prima di spegnere la luce, sistemarle il suo corvetto di peluche e rimboccarle le coperte. Niente di male, quindi, l’estremo congedo dall’infanzia. Peccato che Hinata, a giudicare dall’occhiata sulfurea che lanciò al consorte, non la pensava ugualmente, anzi, lo pigliò per un orecchio e lo trascinò fuori dalla stanza di Tadja.

“Naruto, razza di delinquente”, borbottava, “Quante volte ti ho ripetuto che non voglio mai più sentire quella ballata? Specie in questo giorno? Sei proprio uno scemo, un beota, una testa quadra, un cervello da gallina in gelatina …” e via così, fino al pianoterra.

Tadja si sposò il giorno del solstizio d’estate, perché secondo la saggezza popolare di Suna, la città natale di Gaara, chi si sposava a giugno festeggiava come minimo le nozze d’oro.

Quando a marzo aveva comunicato questa sua decisione ai genitori, i signori Uzumaki Naruto e Hinata, per poco quest’ultimi si erano visti  sfumare la prospettiva di festeggiare il loro di cinquantesimo anniversario di matrimonio, poiché la data prescelta dalla coppia – il 24 del mese – aveva risvegliato nel nuovo patriarca della famiglia ricordi non propriamente allegri e un doloroso batticuore. Si era limitato quindi a lanciare alla consorte una breve occhiata, quei segreti lampi d’intesa visiva in cui solgono indugiare madre e padre quando certi argomenti tabù vengono inconsapevolmente menzionati dagli ignari figli.

“Non è un po’ presto? Perché non vi sposate in primavera? Magari ad aprile o a maggio del prossimo anno! Come sapete, qui nel giardino fioriscono certe magnifiche rose …”, aveva tentato Hinata di temporeggiare, servendo un tea che non venne accettato da nessuno e che fu costretta a riappoggiare sul tavolino.

“Perché non vi sposate affatto?”, aveva al contrario decretato Naruto, assottigliando gli occhi e fulminando il suo futuro genero, Sabaku Gaara, il quale dal canto suo non gli diede neppure la soddisfazione di una replica, reclinando solamente il capo e fissandolo con la medesima imperturbabile sufficienza di chi si trova dinnanzi ad un babbuino danzante col tutù.

Questa conversazione era avvenuta nel gazebo del giardino di Villa Nakano, nel primo soleggiato pomeriggio dopo settimane di pioggia incessante.

L’edificio appariva totalmente trasfigurato nel suo ritorno agli antichi fasti, grazie alla cura certosina di Naruto, non appena vi rimise piede in un nebbioso settembre di venticinque anni addietro. Affari urgenti lo avevano trattenuto a Kiri fino ad allora, i quali coincidevano col suo ritrovamento mezzo morto sulla spiaggia e un ricovero coatto, visto che il giovane commissario, una volta ripresosi a furia di respirazioni bocca a bocca di una procace bagnina e stufo di ripeterle che stava assolutamente bene, non venne da quest’ultima rincorso per tutto il bagnasciuga, da essa stordito e trascinato all’antico ospedale nel centro storico in camicia di forza, dove venne sottoposto ad un infernale giro di controlli che portarono alla rimozione delle tonsille e della sua appendice infiammata, giusto perché, come affermato dallo stesso Naruto, se il trenta era fatto, bisognava fare pure il trentuno. Saputo per caso della sua ubicazione in seguito alla clamorosa fuga, la dottoressa Tsunade si era chiesta, nel frattempo che chiamava Hinata per informarla della novità, quale motivo avesse spinto il commissario Uzumaki a scappare dall’ospedale di Konoha per finire in  quello di Kiri, famoso per la sua magnifica vista sul mare e i tentavi poco ortodossi di farlo fallire per utilizzare lo stabilimento come hotel di lusso. Arrivata al capezzale del fidanzato insieme alla sorella minore e al cugino, Hinata s’era molto presa cura di Naruto, vezzeggiandolo quando si rifiutava di sottoporsi alle analisi e intimandogli di non infastidire con la sua testardaggine i medici e gli infermieri, ma mai accennando agli eventi che li avevano separati e spinti a ritrovarsi in tutt’altro posto che il loro nido d’amore e ciò infastidiva non poco il biondo, il quale avrebbe preferito di gran lunga sfogarsi con la sua fidanzata e conoscere la sua versione dei fatti. Hinata, ogniqualvolta egli accennava alla villa e ai suoi previi abitanti, si limitava a scuotere il capo, sussurrando un: Non ora, caro e ficcandogli in bocca un pezzo di mela, frutto assolutamente detestato da Naruto che lo ingoiava schifato, neanche fosse stato un rospo a scivolargli giù per l’esofago. Finché un giorno, davanti alle insistenze del giovane, la mora, sospirando a lungo, gli aveva rivelato il suo intimo cruccio:

“Non possiamo sposarci, Naruto. Non subito, almeno.”

Chissà perché, il biondo se l’era quasi aspettata.

“Io …”, aveva ripreso Hinata, guardandosi vergognosa le unghie laccate di fresco. “Ho bisogno di tempo. Per dimenticare. Non riesco a …”

“Ti aspetterò”, l’aveva interrotta allora Naruto, fissandola dolcemente e pur tuttavia non osando sfiorarla, poiché la vedeva così fragile, di cristallo e poi ben sapeva quanto quello non corrispondesse ad un addio, bensì ad un arrivederci. “Prenditi tutto il tempo che ti occorre. Sarò sempre lì ad aspettarti”, l’aveva rassicurata, ridendo ironico per il modo in cui i giochi s’erano capovolti rispetto al passato, lui ad attendere lei e non l’incontrario com’era avvenuto ai tempi del loro innamoramento.

Hinata gli diede un bacio e da quel momento non si rividero per i successivi due anni.

Periodo di tempo che non fu assolutamente sprecato dal giovane a piangersi addosso: dimesso da Kiri in ottima salute, con qualche organo in meno e con una perfetta padronanza del dialetto locale, Naruto aveva ripreso il suo posto nel suo ufficio, riaccolto da amici e colleghi col medesimo stupore che riservarono Marta e Maria alla vista di Lazzaro fuoriuscito dalla tomba col suo putente sudario addosso.  E il colpo di grazia avvenne nell’udirlo blaterare di ritornare a Villa Nakano e riprendere i lavori di restauro.

“Sei un demente”, aveva soffiato Kiba, gli occhi fuori dalle orbite.

Naruto, per tutta risposta, aveva scrollato indifferente le spalle, oramai abituato a simili complimenti.

La ristrutturazione di Villa Nakano lo aveva sollevato dal peso della solitudine, giacché ogni giorno, terminato il suo turno lavorativo, v’era sempre un angolo da risistemare, un mobile da disinfestare dai tarli, una siepe da rimodellare, una lapide da rinominare e ciò lo aiutava a non pensare ad Hinata, la quale, prima di partire per la sua terapia spirituale, gli aveva recapitato una dolce e-mail di commiato. Naruto neppure la lesse, cestinandola e bofonchiando: “Spero che non mi ritorni pelata e vegetariana a furia di ritrovare se stessa.” Nondimeno, aveva onorato per i primi due mesi i gentili inviti dei suoi quasi-suoceri e quasi-cognata, venendo a pranzare da loro la domenica. Dopodiché, smise di visitare gli Hyuuga e si dedicò anima e corpo a Villa Nakano, la quale rifioriva lentamente, come un ammalato sopravvissuto ad un delicato intervento chirurgico. Si scoprì in seguito, che il biondo aveva perfino cancellato i numeri telefonici della famiglia di Hinata e quando Neji, incontrandolo per caso in piazza la Vigilia di Natale, gliene chiese il motivo, Naruto replicò serafico: “Se tua cugina vuole ricominciare daccapo, padrona lei. Quindi, da adesso noi non ci conosciamo più.” Neji spalancò la bocca sconcertato e la diceria che il commissario Uzumaki Naruto non solo fosse scemo, ma addirittura pazzo furioso si disperse per tutta Konoha, tant’è che i criminali pensarono subito di festeggiare gozzovigliando impunemente, per essere poi prontamente arrestati da Naruto e la sua squadra, il primo che si chiedeva che accidenti avesse preso alla gente per blaterare simili cacche di piccione nei suoi confronti. “Tanto scoglionarsi”, grugniva al Ramen Ichiraku. “Tanto scoglionarsi per la loro sicurezza ed ecco come vieni ripagato: dandoti del beota demente! Che fottitura, averlo saputo mi sarei dedicato ad un allevamento di porcellini d’india!” Poi, però, con la flemma olimpica di chi aveva compiuto il viaggio dall’Aldilà all’Aldiqua, si risolse che decisamente i konohagakuriani erano dei gran rompipalle pettegoli e che trascorrere il suo tempo libero a contemplare il fiorente giardino di Villa Nakano lo rilassava di più, appagandolo.

Nessuno aveva mai osato ventilargli l’ipotesi di dimettersi dal suo posto di commissario, ma ciò non gli impedì, da scemo e pazzo furioso, di beccarsi l’ulteriore onorificenza di scemo pazzo furioso e eremita. Questo finché tornò Hinata, la quale, ripresasi dallo choc che l’aveva per poco spedita nel reparto rianimazione per triplo infarto, accettò di buon grado l’idea di sposarsi col suo Naruto, un po’ meno di tornare a vivere a Villa Nakano. Cupi pensieri che si sciolsero come neve al sole il giorno in cui nacque Tadja, la loro, a causa di tristi circostanze, unigenita figlia, ma non per questo i due ebbero mai di che dolersi.  E di fatti, nonostante la giustificata ostilità iniziale, Naruto fu costretto a far buon viso a cattivo gioco e cedere la sua preziosa figliola a “quel sozzo bifolco d’un sunagacino!”

Il quale, ironia dalla sorte, lo stava salvando dalle pinze vendicatrici di sua moglie.

“Mamma! Dai …”

“Signora Hinata! Non ce lo ammazzi … Non oggi, almeno! Chi porterà, altrimenti, Tadja all’altare?”

“Aiuto, m’accoppa! Gaara, levamela di dosso! Perché ti vuoi sposare? Sei così ansioso di rovinarti la vita?”

“Ah, canaglia! Dunque ti ho rovinato la vita, eh? Vieni un po’ qua, che ti concio per le feste, caprone!”

“Basta voi due! Finitela!”

Ma non si cessava di ridere in quella soleggiata mattina del 24 giugno 2037, il cui vento ancora fresco s’intrufolava giocoso nelle finestre spalancate, vagando incuriosito per le stanze ora luminose e decorate con delicata leggiadria, accarezzando il mobilio e scostando, dispettoso, gli oggetti la cui lieve consistenza li rendeva assai propensi a lasciarsi da lui spostare. Giunse per ultimo nella camera abbandonata dal festante gruppetto, alitando il suo augurio di fortuna tra le coperte sfatte, la vestaglia abbandonata frettolosamente sulla sedia e scompigliando le pagine di due diari dalle fragili pagine avvizzite e pacchi di foto legati coscienziosamente con uno spago, un piccolo regalo che Naruto ci teneva a cedere alla figlia.  

 “Avete perfettamente ragione, signor Sasuke”, cadde una pagina strappata da uno dei due diari. “Chiunque, nella sua vita deve affrontare il mostro dell’Odio, quel pauroso cavaliere che avanza brandendo lo scudo del Rancore e la spada della Disperazione. Anch’io l’ho provato, sapete, quando la varicella si portò via il mio bambino.”

“Un’immagine molto poetica, signora Namikaze.”

“Chiamatemi pure Mayra, signor Sasuke. E no, non è poetica. È realistica. Chi non ha mai odiato i nostri cari per averci abbandonato? Per aver tradito il nostro affetto? E quanto soffriamo quando ci lasciano definitivamente, per sempre, scomparendo coi nostri sogni? Le nostre aspettative? Ebbene, è in questo momento buio che il nostro tiranno viene sfidato a duello dal suo nemico più temuto, colui che soccorre chi rimane, chi non è potuto partire, che deve ancora vivere in questo mondo e fronteggiare l’Odio: è Amore. Non, però, quell’amore sciocco e carnale e romantico e mellifluo, che si nutre di superficiale sensualità. No, è l’Amore armato che para i fendenti della Disperazione con lo scudo della Speranza e penetra nello scudo del Rancore con la spada della Gioia, le sue armi sono esse. Perché noi siamo stati amati dai nostri cari defunti e anche se li abbiamo odiati, non possiamo negare, neppure dal profondo del cuore, che per un attimo, seppur fuggevole, li abbiamo a nostra volta tanto amati.”

E sopra il caminetto della stanza ora di Tadja ma appartenuta in passato ad Itachi stava appeso il suo ritratto assieme al fratello Sasuke, non più mutilato dal profondo squarcio sulla tela che li aveva divisi, bensì adesso un tutt’uno, bello e vivido come doveva essere stato il giorno in cui il pittore aveva appoggiato il pennello, esclamando: Voilà, terminato!

Si era rotta finalmente la maledizione di Villa Nakano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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"L'Amaro Caso di Villa Nakano"


The End 

 

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Se non ci si è accorti, ve lo dico io: il Prologo e l’Epilogo sono uguali in certi punti, poiché volevo dare l’idea di un cerchio che si chiude, un cammino di accettazione e redenzione che ha potuto oltrepassare la cecità dell’odio e della vendetta.  Spero di non avervi dato la sbagliata impressione d’essere una bacchettona moralista, ma sono dell’idea che nella vita se si accettano i momenti belli, bisogna saper fronteggiare anche quelli brutti e che non è mai tardi per chiedere sia aiuto che perdono.

In ogni modo, adesso possiamo stappare la bottiglia di champagne per festeggiare la fine, tenendone da parte un po’ per la nascita di altre storie in questo fandom!

Grazie a tutti che voi che mi avete seguito!

Alla prossima, ciao!

 

  
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