Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: hiromi_chan    22/08/2013    10 recensioni
Un drago decaduto propone una sfida a Merlin e Morgana: il primo dei due che riuscirà a portargli il cuore umano di un Principe dei Draghi si vedrà esaudito un desiderio come ricompensa. In occasione del duello si aprono nuovamente le porte che collegano il regno della magia con la Terra. Merlin si lancia nella sfida per poter mettere piede nel mondo delle misteriose creature umane e dare una svolta alla sua vita, mentre Morgana ha in serbo dei piani più oscuri.
L'ignaro Arthur, erede al trono inglese, viene coinvolto nella gara come bersaglio diretto. Ma come possono gli stregoni, che per natura non conoscono l'amore, riuscire a catturare un cuore umano che palpita e prova emozioni? E se poi Morgana decide di fare le cose in modo letterale e di riportare a casa quel cuore su un piatto d'argento, cosa farà Merlin?
Era profondamente egoista, l'amore degli esseri umani. Pretendeva di possedere il cuore dell'altro, pretendeva di possederlo tutto, alienando da esso qualunque altra cosa non appartenesse a quel sentimento.
[Merthur]
ATTUALMENTE IN REVISIONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Drago, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Cuori Masticati

 

 

 

“Se so che cos'è l'amore, è per merito tuo.

Te ho potuto amare, te solo fra gli uomini.

Tu non puoi misurare ciò che significhi.

Significa la sorgente in un deserto, l'albero fiorito in un terreno selvaggio.

A te solo debbo che il mio cuore non sia inaridito,

che sia rimasto in me un punto accessibile alla grazia.”

(Narciso e Boccadoro, Herman Hesse)

 

 



Capitolo 1: Il Duello del Drago

 

 

 

È solo che... è solo che qualche volta vorrei...

 

Una testa scattò di lato, capelli scuri leggermente mossi dal movimento nel vento. Tutti i sensi si rizzarono. Lo sguardo saltò lontano: campo di grano duro, campo di edera fresca, altro grano, coltivazioni di erbe per sortilegi, casa di un fattore, rifugio degli eremiti alchimisti e, alla fine della vallata, casa sua, e sua madre che si affacciava alla finestra rotonda sventolando un lenzuolo candido.

Niente di strano.

 

È solo che... è solo che io...

 

Gli odori erano gli stessi di qualche secondo prima, gli stessi che si erano potuti sentire durante quel mese, sicuramente per tutta quella stessa stagione, per non dire in tutte le estati che avesse mai vissuto. Era così che andavano le cose – l'aveva saputo dall'inizio che andavano così e che forse avrebbero continuato ad andare così fino alla fine del mondo.

Ancora, nulla di nuovo o di anomalo.

 

È solo che qualche volta... vorrei...

 

La mano passò tra le spighe cotte dal sole, le accarezzò piano. Davvero non sembrava esserci niente di diverso dal solito (tutto come al solito, sempre e solo come al solito), la terra taceva.

Però qualcuno parlava. Una voce stava parlando.

 

È solo che qualche volta... vorrei... solo ogni tanto... non sempre...

 

Occhi blu nel cielo azzurro. Orecchie tese ma, di nuovo, la natura non rispondeva alla sua domanda. Le fronde lontane tacevano. Gli uccelli migratori lo ignoravano. Merlin si voltò indietro – nel movimento gli girò un po' la testa e incespicò sui suoi piedi.

 

È solo che qualche volta, solo ogni tanto, non sempre... vorrei non essere così.

 

“Hai detto qualcosa? Will? Hai parlato tu?” gridò Merlin all'amico che camminava avanti a lui di qualche metro.

“Non ho detto niente! Perché?” disse Will, facendosi strada a fatica tra l'erba alta del campo.

“No, è che mi era sembrato...”

Lo sguardo attento di Merlin vagò ancora intorno a lui; la sua curiosità era stata smossa e non si sarebbe acquietata tanto facilmente. Dopotutto, quella era la prima volta che non riusciva a individuare da dove provenisse una voce nella natura. Era chiaro che qualcuno, qualcosa, aveva parlato, ma Will non aveva aperto bocca. E la flora e la fauna si erano messe apparentemente in combutta per coprire chiunque fosse stato a lasciarsi scappare quelle parole sussurrate nella brezza. Un bisbiglio pacato, rassegnato. Una richiesta d'aiuto, forse?

“Insomma, mi chiami e poi ti nascondi?” disse piano Merlin. “Non puoi fare tanto l'insistente e poi decidere di non mostrarti.”

Chiunque fosse stato il proprietario della voce, oh, doveva avere un bel caratterino, Merlin se lo sentiva. Ma nemmeno lui scherzava: adesso che aveva trovato la sua novità, non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente. “Mi hai chiamato tu, quindi so che tornerai a cercarmi,” sorrise soddisfatto alle nuvolette bianche che puntellavano il cielo. “E se non lo farai tu, prima o poi troverò io il modo di imbattermi di nuovo in te.”

“Ehi, Merlin!” vociò Will, richiamando la sua attenzione. “Non è tua madre quella che sbraita qualcosa laggiù?”

Merlin guardò dove l'altro aveva indicato. Come prima, a occhio nudo non vedeva nulla, quindi il suo sguardo, per riflesso naturale, diventò ambrato. La sua vista corse e corse e corse in avanti per metri in mezzo ai campi di grano, d'edera, sorpassando la casa del fattore e il rifugio degli alchimisti, fino a che non incontrò la figurina di una donna che muoveva le braccia sventolando il lenzuolo per farsi notare.

“Mamma!” urlò Merlin, saltellando e facendo a sua volta enormi cerchi con le mani nell'aria.

Will lo guardò divertito. Anche i suoi occhi, ovviamente, rimasero ancora per qualche secondo splendenti del colore dorato della magia. “Che pagliaccio che sei! A volte mi chiedo se davvero non tieni presente che tua madre non possa vederti a quella distanza, se non te lo ricordi sul serio oppure se ci fai apposta.”

Come se fosse mai possibile dimenticare che la propria madre, in un mondo di stregoni, appartenesse alla cerchia dei pochi che non potevano usare la magia. No, ovviamente Merlin non lo scordava mai, neanche per un attimo. Ma si era sempre comportato come se in realtà non fosse stato così, come se Hunith fosse stata perfettamente alla pari di qualunque altra strega. Perché infatti lo era e anzi, date tutte le sue qualità di splendida donna e madre, era di certo superiore a molti altri. Di sicuro era una delle persone più meravigliose e meritevoli che Merlin avesse mai conosciuto.

Poi... non gli piaceva affatto quando qualcuno si prendeva il diritto di sminuire o giudicare chi gli era diverso. Di sentirsi superiore tanto da poter estraniare qualcun altro.

Dato che l'ultima cosa che Merlin desiderava era vedere sua madre in qualche modo ostracizzata dalla comunità magica, era lui stesso il primo a non trattarla come se non ne facesse parte. Gli era proprio impossibile digerire l'idea che la sua mamma potesse cadere in balia di un qualcosa dal quale nemmeno Merlin avrebbe saputo proteggerla: lei sentiva il sentimento. Lei provava il sentimento vero. Merlin invece no, e da questi pericoli non avrebbe mai potuto tenerla al sicuro.

Nessuno stregone avrebbe mai potuto immaginare cosa significasse trovarsi nella condizione di Hunith, nessuno.

Merlin ci aveva sempre pensato, però, e nel corso degli anni era diventata un'abitudine radicata in lui il trattarla come fosse stata una strega; come se i suoi occhi avessero saputo guardare lontano, quando invece lei non sapeva farlo poiché sentiva.

Non avrebbe saputo come spiegare bene queste sue ragioni a Will, semplicemente per il fatto che ogni tanto nemmeno lui sapeva spiegarle bene a se stesso. Quindi si limitò ad ammiccare, il sopracciglio alzato con aria significativa e il sorrisetto furbo di repertorio. “Ohi! Non ho considerato la cosa solo per un attimo. Stare con la testa tra le nuvole non ha mai ucciso nessuno,” gli disse. Mentendo un po'. Ma solo un po'.

“Alla lunga ucciderà me e Hunith!” sbuffò Will. “A proposito, che le hai combinato stavolta?”

“Non ne ho la minima idea!” Merlin rise, appoggiando la mano sulla spalla dell'amico. Da lì prese lo slancio e lo superò di corsa. “Andiamo a sentire cosa vuole! E chi arriva ultimo... non lo so, chi arriva ultimo fa qualcosa per penitenza!”

“Ma quanti anni hai, Merliiiiin?” si sgolò Will, anche lui subito in azione per tenergli testa.

A casa di Merlin ci arrivarono qualche minuto dopo, senza fiato per le risate e la corsa. Hunith stava venendo loro incontro trafelata, le guance arrossate. “Tesoro,” annaspò quando raggiunse Merlin, aggrappandoglisi ai gomiti.

Lui la sostenne senza smorzare il sorriso. “Mamma? Giuro che non ho fatto niente!”

“No, no! Merlin!” La donna si sistemò il fazzoletto che le raccoglieva i capelli attorno alla testa, si schiarì la voce e tirò fuori dalla tasca del grembiule una pergamena un po' spiegazzata. Da quella pendevano sigilli in ceralacca colorati di verde e rosso. “Proclama reale. Arrivato poco fa direttamente dalla residenza della Regina del Lago – ci sono i sigilli, vedi. Per te,” annunciò con solennità.

“Per me?” Merlin si sentì per un attimo frastornato. Perché mai un proclama reale dovesse essere diretto proprio a lui non lo sapeva; perché mai fosse stato siglato dalla Regina, di quello ne sapeva ancora meno.

Rapidamente ripercorse con la memoria le cose che aveva fatto negli ultimi giorni; eppure era sicuro di non aver combinato alcun danno! Arrivare perfino a dubitare di se stesso non era incoraggiante, certo, ma che ci poteva fare? In genere era uno stregone in gamba. Ogni tanto gli capitava di commettere qualche errorino, ma solo perché i suoi stessi incantesimi lo sorprendevano per l'intensità che emanavano, scappandogli poi dalle mani in modo buffo e imprevedibile.

Insomma, era successo di rado e Merlin non se n'era mai preoccupato veramente. Doveva essere perché era nel pieno della giovinezza e non aveva mai amato, e il suo cuore non era intaccato, quindi la sua magia era al massimo grado di intensità. Almeno così avevano detto un paio dei sacerdoti più anziani dell'Antica Religione.

Ma adesso, un avviso reale? Forse il pescivendolo era andato a lamentarsi direttamente coi sovrani perché Merlin il mese prima gli aveva accidentalmente fatto esplodere la bancarella al mercato... eppure si era scusato così tanto.

“Insomma, vuoi legge questa lettera?” sbottò Will, una vena tra l'esasperato e il preoccupato nel tono.

Merlin prese la pergamena dalle mani della madre (mani nodose che avevano lavorato molto), la aprì per bene e una calligrafia arricciata e puntinata comparve sotto i suoi occhi, come se uno scrivano invisibile la stesse tracciando in quel momento. Lesse ad alta voce di volta in volta le sillabe che apparivano. Ad ogni parola completa che pronunciava sentiva uno strano tuffo al cuore, e una sensazione inaspettata, una vertigine sconosciuta ma non spiacevole, lo trascinava via. “La vostra sovrana, la Regina del Lago, ordina che vi rechiate alla Caverna dei Mille Giorni non appena avrete ricevuto questo avviso formale. Un nuovo Duello del Drago si terrà dopo molti anni. Il Grande Drago ha espressamente richiesto la presenza di due contendenti: lo stregone Merlin di Ealdor e la strega Morgana delle Terre Desolate. Loro e solo loro dovranno presentarsi alla Caverna. Se diserteranno, non dovranno risponderne ad altri se non direttamente al Grande Drago.” Alla fine pronunciò le ultime parole fiocamente, la voce consumata come un lumino che non aveva quasi più nulla da bruciare.

“Dio mio, Merlin!” Hunith si coprì la bocca, restando senza fiato.

“Questa è roba grossa!” esplose Will, dando una pacca sulla schiena a Merlin. “Ovviamente la regina se ne lava le mani! Pure laggiù sotto il lago nel loro castello di cristallo immacolato devono avere una paura matta di quel vecchio sputa fuoco! Allora, Merlin, ti toccherà andare subito alla caverna, credo?”

Merlin alzò un sopracciglio alla volta degli altri due presenti. La regina che si metteva come intermediaria per consegnare un invito ad entrare nella caverna proibita, giaciglio dell'ultimo drago rimasto ancora in vita? Un duello del drago e lui, proprio lui era stato scelto tra tanti come contendente. Strana storia. Storia curiosa e... affascinante.

A nessuno sarebbe mai piaciuta l'idea di trattare con un drago, soprattutto con uno rinchiuso per decenni in una caverna a contare i giorni rimasti che gli scivolavano via come le squame dalle sue ali – probabilmente era un drago piuttosto arrabbiato.

Eppure, proprio perché era una cosa che non sarebbe capitata forse mai più, la prospettiva si faceva maggiormente attraente. Le dita di Merlin tremarono un po' sulla carta. Non era uno a cui piaceva seguire a testa bassa gli ordini che gli venivano imposti. Tuttavia, sotto uno spesso strato di imprudenza sorprendente e cocciuta, il suo spirito di auto-preservazione era sempre ben presente.

La ruga che oscurava la fronte di Will e la morsa che aveva chiuso l'una nell'altra le mani ruvide e belle di sua madre gli facevano pensare che la situazione fosse abbastanza seria per prendere in considerazione l'idea di non fare bravate.

Ma quello spirito di auto-preservazione era nascosto da strati e strati e strati di curiosità genuina. E, più che l'autorità che gli stava imponendo di far visita a un signor gran drago, era pressante la voglia di sapere perché. Merlin buttò fuori la tensione con un qualcosa a metà tra un sospiro e un sorrisetto. Si leccò le labbra, ammiccando a Hunith per risollevarla dalla preoccupazione. “Allora, cosa... cosa si porta a un padrone di casa che vive letteralmente in una caverna, mamma?”

“Merlin...”

“Andrà tutto bene, non mi mangerà mica! Sono troppo magro, in caso avrebbero scelto una vittima sacrificale più in carne come Will.”

L'amico sbuffò una risatina incrociando le braccia. Hunith si portò una mano alla fronte come per aiutare la testa a sorreggere un peso fin troppo gravoso, mentre Merlin prendeva a trotterellare toccando cose a casaccio, in preda a un'euforia sbadata. “Be', pare che mi aspetti una bella avventura!” disse, e suonò fintamente distratto anche a se stesso. Articolò subito dopo un muto “non ti preoccupare” diretto a Hunith.

La donna gli rivolse quel suo sguardo particolare da mamma, quello carico di un miscuglio esplosivo di tristezza e dolcezza e di una qualche altra cosa che Merlin non poteva ben definire. “Come se mi fosse possibile non preoccuparmi per te,” soffiò, talmente piano che il ragazzo vide solo muoversi la sua bocca senza udire alcun suono.

 

 

 

ʘ

 

 

 

Così, Merlin si mise subito in cammino, diretto alla Caverna dei Mille Giorni. Poiché questa si trovava oltre il bosco che separava la zona centrale del Regno dalle Terre Desolate, gli ci vollero diverse ore per arrivare (ad ogni ora il suo corpo vibrava di più per l'emozione, come non succedeva Merlin non sapeva dire da quanto).

Proprio per la sua posizione liminare, il luogo era stato scelto come giaciglio per ospitare l'ultimo drago; se non fosse bastata l'ubicazione stessa a scoraggiare i curiosi non autorizzati a una gitarella di piacere, ci avrebbe pensato la conformazione del posto a far scappare via i più coraggiosi. Non che ci fosse qualcosa di particolarmente spaventoso in quella valletta d'edera semi-circondata dall'abbraccio roccioso di un piccolo rilievo. La caverna, però, era un luogo proibito; la stessa valletta era apparentemente deserta e sembrava che persino gli animali preferissero stare alla larga da quella conca di terra.

C'era qualcosa, nell'atmosfera tutta intorno: un filtro, un velo che ti si posava direttamente sopra gli occhi e scoloriva i toni del paesaggio, in modo che ogni cosa sembrasse vagamente immersa in una tela di seppia opaca.

Nel bel mezzo di un silenzio innaturale, il primo soggetto che si parava davanti agli occhi di un visitatore era la caverna. Non sembrava più di una scavatura nel panorama naturale. Eppure, Merlin sentiva provenire da lì certe vibrazioni che gli imprimevano nella testa strane immagini, come se in realtà tutto quel luogo non fosse stato altro che un graffio enorme in un quadro, opera di una divinità dotata di artigli giganteschi.

In quel momento, Merlin non era l'unico ad ammirare quel tempio singolare: Morgana la strega era già lì. Se ne stava ritta davanti all'ingresso della caverna, ed era... spigolosa. Non sarebbe stato quello il primo aggettivo che la maggior parte delle persone avrebbe usato per descriverla, ma Merlin sapeva quello che diceva: la conosceva. Erano più o meno coetanei, avevano frequentato insieme la scuola di magia e anche se Morgana alla fine dei corsi era andata a vivere lontano da Ealdor, ai confini del regno, gli era successo a volte di incontrarla per le vie della capitale durante le giornate di grande festa.

Forse qualcosa aveva spinto Morgana verso uno splendido e altezzoso isolamento nelle Terre Desolate, ma doveva esserci una vena narcisista nel suo carattere che non le impediva di fare mostra di sé di tanto in tanto al grande pubblico. I dettagli più vistosi del suo aspetto rimanevano per sempre marchiati a fuoco nella memoria di chi la incontrava anche solo per una volta. Non c'era nessuno in tutto il mondo della magia che non avesse presenti le sue labbra sempre rosse e quell'ipnotizzante gorgo di grossi ricci scuri contro la pelle diafana.

Tuttavia, a Merlin non sfuggiva che oltre la sua immagine definita ci fosse qualcosa in lei di veramente inafferrabile. Vuoi che fosse lo sguardo difficile da catturare, o magari la sensazione che un vulcanico universo ribollisse dentro la sua ammaliante persona. Merlin non sapeva che cosa glielo facesse pensare, solo, poteva sentirlo. C'era una sorta di connessione tra loro, un canale di comunicazione a doppio filo. Così come lui intuiva che Morgana fosse in grado di nascondere alla maggior parte degli altri gli aspetti più profondi del suo animo, la strega era perfettamente consapevole che quel filtro di auto protezione fosse poco utile con Merlin.

Lo stregone a volte si era chiesto se anche lei riuscisse a sentire quel qualcosa – un'ispirazione, un pensiero che volava nell'atmosfera e che li rendeva, in un certo senso, somiglianti e legati l'uno all'altra.

Forse era proprio ciò che in quel momento Morgana stava pensando, mentre valutava Merlin da sotto il cappuccio verde che le copriva quasi tutto il piccolo viso. Ma il mento di Morgana era puntato in alto e la sua espressione assolutamente spigolosa (davvero, non si poteva dire altrimenti).

“Finalmente l'altro invitato ha fatto la sua apparizione,” disse piano, il tono vibrante e basso. “Merlin... ti stavo aspettando.”

“Io – scusami per l'attesa,” buttò lì lui, “ho fatto più in fretta che potevo. Ma è stata una sorpresa, vero? Voglio dire, chi avrebbe mai immaginato sarebbe potuta succedere una cosa del genere proprio a noi? Poi, non sapevo se fosse il caso di portare un pensierino al nostro cavernoso ospite,” scherzò. “Tu...”

“Vuoi dirmi che non avevi sentito nulla?” tagliò corto Morgana. Le sue parole tese sferzarono l'aria intorno a loro. “Non avevi notato proprio nulla di strano in giro che ti facesse venire qualche sospetto?” continuò, formulando la domanda in modo che risultasse solo vagamente interessata. Non si trattava di una ragazza cattiva, no. Morgana era solo maleducata in modo aggraziato. E terribilmente piena di sé.

Merlin tentennò su una gamba. Certo che una cosa strana l'aveva notata: la voce smorzata che l'aveva messo in allarme prima, in mezzo ai campi. Ma quanto di tutto ciò era saggio rivelare a Morgana? Oh, davvero, non era una cattiva ragazza; però stavolta c'era un drago di mezzo, e i draghi erano imprevedibili e a volte sapevano essere manipolatori, e Morgana... be', aveva delle inquietanti affinità con i draghi.

“Ah, be', non saprei... non mi pare di aver notato nulla. Non mi ricordo, eh, eh! Ma dove avrò la testa...”

“Gli anni passano ma tu resti una costante,” sogghignò lei. “In fondo non mi stupisce molto, ma pensavo che almeno avrebbero chiamato due persone dello stesso livello.” Ora era chiaramente più rilassata.

Merlin era sicuro che anche la strega avesse udito qualche voce misteriosa, altrimenti non gli avrebbe posto proprio quella domanda, ma omettere una piccola parte di verità era stato sufficiente perché Morgana si sentisse un gradino superiore a lui. Riponeva a tal punto fiducia nelle sue capacità oppure era fin troppo predisposta a sottovalutare quelle di Merlin?

“Basta tergiversare, vogliamo entrare?” disse lei sbrigativa, voltandosi di botto verso la caverna che distava pochi passi da loro.

“Ai suoi ordini,” le fece strada lo stregone, inchinandosi esageratamente. “Oh...” Il sorriso gli morì un po' sulle labbra quando si accorse che l'entrata era sbarrata da un enorme masso di pietra dura. Eppure era certo di non averlo visto, prima... sicuramente si trattava di una magia di camuffamento.

Per un attimo, Merlin si chiese come avrebbero potuto fare per oltrepassarla. Sarebbe stato inutile tentare di farsi strada con incantesimi distruttivi: a occhio, doveva trattarsi di un incantesimo superiore lanciato forse da qualche sacerdote dell'Antica Religione.

Un formicolio di attesa elettrizzante gli salì fino alla testa e l'istinto gli suggerì di poggiare una mano sulla roccia. Morgana fece lo stesso.

Delicatamente, lui saggiò la superficie e la interrogò col pensiero. “Siamo venuti qui su richiesta del grande drago. Come possiamo fare per entrare?” Allora Merlin percepì delle vibrazioni sotto le dita, onde che pian piano si dipanavano armoniosamente da quel centro verso le pareti esterne, toccando il legno degli alberi adiacenti, spingendosi sempre più lontano. Come quando si tirava un sassolino in un lago e si formavano tanti cerchi sull'acqua, loro erano proprio nel mezzo, le orbite magiche che gli sbocciavano tutt'intorno.

La roccia che chiudeva l'ingresso oscillò, avanzando a poco a poco verso Merlin e Morgana. I due fecero qualche passo indietro mentre quella rotolava di lato, producendo un rumore ferruginoso da marchingegno antico.

“Facile... bastava solo chiedere permesso,” disse Merlin a Morgana, puntando le mani sui fianchi.

Lei roteò gli occhi al cielo, le labbra rosse piegate in una smorfietta fascinosa.

Nel giro di una manciata di secondi l'ingresso fu libero. Tuttavia non si vedeva assolutamente nulla di cosa ci fosse all'interno dell'antro; un buio troppo fitto e quasi palpabile, sicuramente opera di un incantesimo, bloccava la visuale di Merlin. “Prima le signore,” disse a Morgana.

“Dopo di te, insisto,” fece lei, indicandogli la strada col braccio.

“Allora...” Merlin si morse le labbra aride, gli occhi che si facevano più vispi e attenti, i sensi messi in allerta. Tre passi e l'oscurità lo inghiottì.

Immergersi lì dentro fu un tuffo in qualche cosa di pungente e appiccicaticcio e estraneo e forse un po'... malevolo. Lo stregone non fece in tempo ad andare oltre che sentì una massa indefinita rotolargli tra i piedi. Inciampò trattenendo il respiro, un assurdo senso di vuoto gli chiuse la gola per una frazione di secondo. “Ah! Tutto bene, tutto bene,” disse poi a voce alta, tirandosi su mentre lisciava i pantaloni spiegazzati. “Uh, ci è mancato poco.”

“Su che cosa hai inciampato?” chiese Morgana, pratica.

Merlin si abbassò di nuovo, tastando il pavimento dissestato. “Su... due comodi bastoni, a quanto pare?” e riemerse con due oggetti legnosi dalla forma allungata tra le mani.

“Due torce, immagino.”

“Oh! Ci stanno dando il benvenuto,” realizzò Merlin. Poi allungò il braccio alla sua destra per passare una delle due torce a Morgana.

“Prima magari dovresti accenderle. Io sono dall'altra parte, comunque,” disse lei, un ombra di divertimento nella voce.

Merlin fece una risata secca e subito i suoi occhi brillarono di magia. Due fiamme si alzarono dalle punte dei bastoni, stagliando nell'oscurità ovali di luce fioca. Davanti a loro si apriva una lunga galleria di cui non era possibile individuare la fine. Non c'era altro da ammirare se non qualche pietra sparuta e oscura che spuntava dalle pareti rocciose.

Morgana gli sfilò un bastone dalle mani e senza dire altro si incamminò, il mantello verde mangiato per una metà dal buio e per l'altra dal chiarore del fuoco. Merlin la seguì; stavano attraversando una notte priva di luna con nient'altro che una candelina in mano. L'aria era salmastra e si imprimeva sulla pelle in modo invasivo, dando l'idea che ci avrebbe lasciato a vita il suo marchio umido sopra. L'unico rumore che si sentiva era il tonfo sordo dei loro stivali che battevano sul suolo, intervallato dai loro respiri regolari. Merlin inspirava, Morgana espirava e il battito accelerava un po'.

“Riesco a sentirti sorridere,” ruppe il silenzio la ragazza. “Tutto questo ti diverte così tanto?”

Merlin guardò il mantello di lei che gli ondeggiava davanti, pensando. In realtà sì, quasi si stava divertendo. Perché si trattava di qualcosa di sconosciuto, di eccitante, qualcosa di nuovo e chissà che sarebbe potuto succedere tra qualche secondo, chissà dove li avrebbero portati i loro piedi, chissà che cosa avrebbero trovato ad attenderli a dieci, venti, trenta, mille passi da lì?

Il fatto era che a Merlin piaceva tutto ciò che andava al di là delle sue conoscenze. Si sentiva inesorabilmente attratto verso qualunque scappatoia improvvisa gli si parasse davanti.

Ultimamente si era sentito così diverso... Tutto quello che aveva intorno lo conosceva già: le abitazioni, le persone, gli uccelli migratori, i papaveri che spuntavano come grosse gocce rosse ai lati dei campi secchi, tutto. Non c'era niente che non conoscesse, nessuna forma che non sapesse rievocare a memoria nella sua mente quando chiudeva gli occhi, nessun nuovo incantesimo da imparare dai libri.

Ma allora per quale motivo tutto ciò che gli era così familiare lo faceva sentire così... estraneo? Merlin aveva iniziato a pensare che forse era lui ad essere diverso. L'aveva percepito bene le ultime volte che un qualche incantesimo gli era scappato dalle mani, quando era rimasto colpito dalla sua incontentabilità e non era riuscito a trattenerlo.

Poi la bancarella del pescivendolo del mercato era andata distrutta, lui si era scusato ed era tornato a testa bassa a casa e si era rifugiato sotto le coperte e... per uno straniante momento, quella non gli era sembrata più casa sua. Il letto era sempre stato così corto? Le pareti sempre così strette intorno a lui?

Non gli piaceva sentirsi diverso. Così com'era per sua madre, la stessa cosa valeva per lui. Non gli piaceva l'idea che una persona potesse improvvisamente sentirsi scardinata dalla sua stessa vita e per qualche motivo ne venisse esclusa. Non gli stava bene, no.

“Merlin?”

La voce di Morgana lo distolse dai suoi pensieri. Doveva essere rimasto qualche minuto di troppo in silenzio. “Io... dicevamo? Sì. Sì, trovo tutto questo abbastanza divertente.”

“No, Merlin, ti stavo dicendo un'altra cosa. Non lo senti questo strano odore?”

Solo dopo essersi concentrato, il ragazzo si accorse di avere le narici piene di una penetrante puzza di zolfo. A meno che la caverna non nascondesse un cuore sulfureo, quella doveva essere l'inconfondibile traccia della presenza di un drago. A mano a mano che avanzavano, l'odore si faceva sempre più pressante e, di conseguenza, il signore della grotta più vicino. Il vago pensiero di un arrosto a base di spiedini di stregoni iniziò a sfiorare la mente di Merlin.

“Che c'è, stai sudando freddo?” lo provocò Morgana, puntandogli addosso la luce della torcia con una veemenza che lo fece sobbalzare.

“No... anche tu sei piuttosto magra. Si tratterebbe di un pasto troppo asciutto per sfamare un drago.”

Morgana ghignò. “Ci siamo quasi. L'aspetto delle pareti sta cambiando, e anche la terra sotto i nostri piedi.”

Merlin cercò di mettere meglio a fuoco ciò che aveva intorno; in effetti, la pendenza del terreno si stava tuffando sempre più vertiginosamente verso il basso, e sassi scuri in rilievo si infittivano sulla roccia. Puntando la fiamma in su, vide che grappoli di pietre misteriose stavano appese sopra i loro nasi come pipistrelli addormentati. Fu proprio per fissare quelli che non sia accorse della forma scoscesa in cui improvvisamente sprofondava la strada. Quando si sentì mancare una base sotto i piedi, Merlin perse l'equilibrio e rotolò via per qualche metro come un sacco di patate. La torcia gli scappò dalle mani spegnendosi, e il ragazzo si ritrovò steso di schiena in un mare di oscurità. Rimase immobile per qualche istante, sentendosi un idiota, mentre la sua testa galleggiava in un piccolo dolore sordo.

Poi, una zaffata calda e umida, improvvisa, spiacevolissima. Il viso di Merlin fu istantaneamente madido di sudore. In un secondo solo sgranò gli occhi cercando di vedere con la magia, ma, constatata l'inutilità della cosa, recuperò la torcia fortuitamente finita all'altezza delle sue caviglie e schizzò in piedi. Ondate di un fumo caloroso continuavano a bagnarlo a intervalli regolari mentre il suo respiro si mescolava in quello che, ne era certo, era il fiato del Grande Drago.

Merlin sussurrò l'incantesimo, le sue parole un crepitio in un falò quasi esaurito. La fiammella sulla torcia si riaccese e il cranio gigantesco del drago apparve davanti alla sua faccia. Ragazzo e drago rimasero bloccati come due statue per un lungo momento che parve privare Merlin di ossigeno, di qualunque tipo di cognizione di tempo o di spazio. Gli occhi gialli e ferini della creatura gli rimandavano l'immagine delle sue pupille, e fu forse un po' sorpreso di trovarle dilatate da un qualcosa che era più simile allo scoramento che alla paura.

Il fiato Merlin lo stava trattenendo lo stesso, insieme a una smorfia di aspettativa che stava lì lì per piegargli le sopracciglia e la bocca. Il rimbombo leggero di passi affrettati gli suggerirono l'arrivo di Morgana. Lui percepì distintamente la sua presenza entrare nel quadro, dilatando i bordi di quel frammento di singolarità che aveva appena condiviso con il drago.

Questi, adocchiata la strega, allontanò il muso dalla traiettoria di Merlin e si distese verso l'alto in modo maestoso, tanto che la luce delle loro fiammelle risultò troppo fioca per illuminarlo tutto.

Era come una figura esageratamente grossa che usciva da una cornice rotonda. Ma la cornice si allargò senza alcun preavviso quando il drago soffiò due lame di fuoco sulle loro torce. Le fiamme divamparono di magia, il ragazzo sobbalzò e l'intera caverna risplendette sotto l'influsso dell'opera dell'animale.

Merlin si lasciò scappare un “oh” per la sorpresa – la gola in cui veniva inghiottita la caverna era molto più grande e alta di quanto non si fosse aspettato.

Le squame dell'essere millenario rimandavano riflessi di fiamme, però la cosa più inaspettata era che le pietre oscure che avevano visto finora si stavano solo in quel momento rivelando per quello che erano: diamanti chiari, chiarissimi, che pendevano dal soffitto e sbucavano dal terreno, circondandoli ovunque. Il loro baluginio straniero rifletteva il fuoco alternandolo a schegge di verde, rimandando forse il colore del mantello di Morgana, oppure... era possibile che emanassero luce propria? Come se qualcosa scaturisse direttamente da dentro di essi?

“Stregone Merlin di Ealdor,” tuonò il Grande Drago, facendo scattare la testa di Merlin verso di lui come una molla. La sua voce gutturale e tagliente era quanto di più inumano avesse mai sentito. “Strega Morgana delle Terre Desolate!” continuò a chiamare perentorio.

“Siamo noi, Grande Drago,” rispose Morgana, ferma e sicura.

“I due contendenti hanno dunque risposto alla chiamata del Duello del Drago,” disse e, per un attimo, a Merlin parve che ci fosse qualcosa di simile al compiacimento nella voce dell'essere. “Uno di voi sarà colui al quale andrà il merito di preservare l'esistenza della mia nobile specie. Uno di voi due salverà la mia vita, aiutandomi a cancellare la maledizione che ha sterminato la mia razza e che ora incombe su di me, logorandomi da dentro.”

Merlin deglutì.

Il motivo per il quale sulla loro terra i draghi erano andati scomparendo gettava le radici in una delle guerre tra creature magiche lontana millenni dalle loro teste – quando gli stregoni erano decisi a impadronirsi di tutte le terre emerse anche a costo di strapparle agli esseri che veneravano, e quando i draghi non avevano alcuna intenzione di condividere ciò che ritenevano di loro proprietà.

Maledizioni congiunte scagliate dai druidi più potenti avevano ucciso a fatica centinaia di draghi, fino a che di quella razza, che ormai aveva dichiarato la resa, non erano rimasti che pochi esemplari.

Una maledizione, però, una volta scagliata è quasi impossibile da sciogliere. E così i draghi superstiti da divinità della guerra si erano tramutati in specie in estinzione. Ogni drago era stato confinato in un luogo lontano e nascosto ad aspettare lo scadere dei suoi giorni, una sentenza di morte annunciata.

Nessun mago si era mai ritenuto capace di cambiare il destino di quelle nobili creature. Tutti sapevano, d'altra parte, che era molto più comodo continuare a venerarle quando quelle erano rinchiuse alla fine del mondo.

Ma un drago, uno solo, era vivo ancora oggi, vivo e temuto da chiunque, poiché era impossibile non conservare un grande timore per chi era stato in grado di resistere così a lungo al tempo e a una maledizione. Quel drago aveva chiamato Merlin e Morgana affinché lo liberassero dalle sue catene. Ma una volta liberato?

“Una volta che la tua vita sarà salva, che cosa farai?” Merlin non riuscì a trattenersi dal chiederlo; l'immagine di spiedini di stregone era tornata a invadergli parte del cervello. Del resto, aveva genuinamente voglia di saperne di più di tutta quella faccenda.

Il drago schioccò la coda gigantesca a terra. “Non temete, poiché pur riacquistando le forze non riuscirei mai ad ottenere una vendetta per la mia razza, lo so bene. Il mio unico desiderio è poter continuare la mia vita al di fuori della caverna. La vostra regina sa tutto: lei mi ha fatto da intermediaria.”

Fidarsi? Non fidarsi? Una gocciolina di sudore bagnò la tempia di Merlin – forse era il caldo o tutta quell'umidità, ma più probabilmente la tensione.

“Vi proverò che potete fidarmi di me,” disse il drago, e allora Merlin ebbe la spiacevole sensazione di venire invaso, come se quell'essere avesse acquisito la capacità di vedergli dentro quando prima l'aveva fronteggiato occhi negli occhi. “Come segno della mia onestà, a voi e solo a voi svelerò il mio vero nome.”

Un'esclamazione secca scappò a Merlin, mentre Morgana si mosse quasi impercettibilmente sul posto. Il drago faceva su serio: imparare le parole segrete delle cose significava saper padroneggiare la magia. Allo stesso modo, sapere il vero nome di qualcuno equivaleva a conoscerne la vera natura, identificarne la vera sostanza. Conoscendo il vero nome di qualcosa, si poteva perfino arrivare a possederla. Certo, Merlin non avrebbe mai saputo come fare ed era sicuro che lo stesso valesse per Morgana, dato che si sarebbe trattato di una magia da sacerdote dell'Antica Religione.

Tuttavia, era qualcosa di assolutamente potente e significativo; era come se il drago stesse scoprendo loro un fianco, mostrando volontariamente una sua debolezza.

Senza alcun preavviso, l'animale inspirò forte, protendendosi un po' all'indietro come per immagazzinare quanta più aria possibile. Per un attimo sconcertante, Merlin credette che avrebbe sputato addosso a loro una fiammata infernale e quasi sembrò che fosse così quando aprì le fauci; ma invece che del fuoco, dalla bocca gli uscì un grido cupissimo che fece tremare ogni cosa, Merlin e Morgana compresi. “Kilgharrah!” ruggì l'animale in una folata d'aria secca.

Le torce si spensero per un secondo, oppure erano gli occhi di Merlin ad essersi chiusi, non lo sapeva. Il silenzio tintinnò nella caverna; una parola segreta era stata svelata, un patto era appena stato siglato da tre individui, e da lì si poteva solo andare avanti, il ragazzo lo percepiva.

Quel solo fatto lo faceva già sentire così... nuovo.

Allora come procedere, cos'altro andava detto e chiarito prima di lanciarsi avanti? “In che cosa consiste il duello?” chiese Merlin in fretta.

Kilgharrah si accigliò, un briciolo di sorpresa nello sguardo affilato. “La curiosità in te è più grande del rispetto o di qualunque timore, giovane stregone.”

“No no no no, io volevo...”

“Ma,” ruggì ancora il drago, interrompendolo con forza. “Tale è la portata dell'evento che ogni tua sete di sapere verrà saziata.” Fu strano il modo in cui lo disse, come se in realtà avesse voluto speziare la frase di una vena sibillina.

Merlin si chiedesse a quale dimensione delle cose Kilgharrah si stesse in realtà riferendo.

Egli però non gli diede tempo di pensare oltre, perché continuò a parlare. “Colui il quale riuscirà nell'impresa a cui vi chiedo di partecipare verrà ricompensato grandemente: dalla mia magia sarà esaudito un suo desiderio, qualunque esso sia. Sebbene la mia specie sia stata quella sconfitta, i draghi hanno accesso ad alcuni rami della magia che agli stregoni sono sconosciuti. Sono sicuro che non ci sia bisogno di ricordarvelo.”

Morgana a quel punto rizzò palesemente la schiena; se prima di allora si sarebbe potuta definire circondata da un'aura di elegante di stacco, con quella promessa Kilgharrah si era appena guadagnato la sua completa attenzione. La cosa fece sorridere Merlin per un attimo. La curiosità di Morgana era stata catturata, quindi la competizione sarebbe stata di certo accesissima. Tuttavia fu ciò che Kilgharrah disse subito dopo a destare ancora di più l'interesse del ragazzo, l'ingrediente che finalmente lo accese del tutto.

“In occasione del duello verranno aperte di nuovo le porte per il Mondo Riflesso.”

Il mondo delle creature opposte. Il mondo degli esseri senza magia, gli esseri che però sentivano. Il mondo degli uomini.

Merlin non credette alle proprie orecchie. Era sempre stato affascinato dalle storie sulle creature umane... erano così diverse, così impossibili, così sconosciute, che aveva sempre avuto una gran voglia di saperne di più. Fino ad allora si era trattata di una mera utopia: le porte che collegavano i due mondi si aprivano solo per occasioni particolarissime, e così gli esseri umani non erano mai rimasti che personaggi di storie di fantasia per lui.

Erano passati vent'anni dall'ultima volta che qualcuno aveva potuto avere accesso al Mondo Riflesso. Adesso però si presentava l'occasione! Merlin voleva andarci. Oh, sì, ci sarebbe andato. Il duello, il nome del drago e tutto il resto erano cose interessanti, ma questo sì, Merlin voleva farlo davvero. Questa sì che era un'avventura che gli avrebbe aperto sul serio nuove strade.

Lo stregone guardò di sbieco Morgana; anche lei sfoderava un'espressione compiaciutissima e il suo viso sembrava meno pallido del solito.

“Solamente nel Mondo Riflesso c'è una cosa che ha il potere di spezzare la mia maledizione,” disse Kilgharrah, e Merlin si schiarì la voce perché finalmente si era arrivati al succo.

Ora avrebbe saputo qual era la chiave che gli avrebbe aperto la porta di un nuovo inizio.

“Il duello consisterà in questo: il primo che riuscirà a riportami ciò che vi dirò dal Mondo Riflesso avrà la vittoria”

“E dunque, Kilgharrah? Cosa dovremo riportarti da lì?” lo sollecitò il ragazzo, mordendosi le labbra.

“Il cuore di un Principe dei Draghi. Un cuore umano di un Principe dei Draghi.”

Morgana trattenne rumorosamente il respiro.

La testa di Merlin scattò verso di lei in cerca dei suoi occhi, ma all'improvviso quelli se ne stavano nascosti sotto al cappuccio e sembravano non avere intenzione di mostrarsi, una volta tanto.

Merlin tornò a fissare il drago; non sapeva che espressione stesse facendo in quel momento, non sapeva più nulla nemmeno di sé. Sentiva il proprio viso come si sente addosso una maschera di cera, la torcia che scivolava un po' dalle sue dita.

 

 

ʘ

 

 

Dall'altro capo dell'esistenza di Merlin, separato da lui da un mero specchio d'acqua, nascosto in un'ombra nel Mondo Riflesso, così lontano eppure così vicino, stava Arthur Pendragon.

Ora vociava qualcosa a qualche cameriera, ora si infuriava con qualche valletto, ora usciva senza la scorta, non stava attento, rimorchiava un'avvenente stellina al club dei figli di papà, veniva fotografato, finiva in prima pagina. Poi tornava a casa, desolato e desolante, un unico commento asciutto e spinoso di suo padre che era la peggiore delle lavate di testa: “Quando crescerai? Non è in questo modo che si comporta un principe.”

Allora si chiudeva nelle sue stanze, Arthur, gridando l'ordine tassativo di non venire disturbato. Tende tirate, oscurità ovunque, si buttava a peso morto sul letto. “Lo so che non è in questo modo che si comporta un principe,” diceva alle pareti da sotto il reticolo delle sue braccia. “È solo che qualche volta, solo ogni tanto, non sempre... vorrei non essere così.”

Ma invece era sempre così, ed ad ogni fallimento che collezionava nel suo patetico album, il cuore gli sembrava diventato piccolo piccolo. Stropicciato a più mandate, ridotto a brandelli, quanto ancora avrebbe potuto resistere? E dopotutto, lui che se ne faceva di un relitto simile?

Non serviva a niente cercare di colmare il vuoto coi sorrisi, i bei servizi stampa e una o due relazioni di convenienza. Arthur lo sapeva: nessuno mai avrebbe voluto le schegge di un cuore masticato come il suo.

 

 

 

~

 

 

 

Salve a tutti e grazie a chi è riuscito ad arrivare fin qui! Torno dopo molti mesi a pubblicare qualcosa grazie alla merthur, una coppia stupenda che ho conosciuto da poco e che in breve tempo ha scalato la mia top ten personale. Adoro questi due idioti, hanno un sacco di potenzialità e grazie a loro dopo un buon annetto sono riuscita a riprendere a scrivere con passione. Comunque, cosa sono questi “cuori masticati” che trovate nel titolo? Innanzitutto si tratta di una piccola citazione a uno dei miei libri preferiti, “Il castello errante do Howl”: la protagonista del romanzo crede che il mago Howl sia senza cuore, metaforicamente e letteralmente, e che si cibi dei cuori di giovani fanciulle per rimediare alla mancanza... Quindi quando va nel suo castello si aspetta di trovare da qualche parte nascosti i resti dei famosi cuori di fanciulle masticati...
Poi, ovviamente, è “masticato” ed acciaccato il povero cuore di Arthur... e non sarà solo il suo a passarne delle belle (niente paura Arthur, nonostante tu non la pensi così ci sarà un sacco di gente che vorrà portarti via il tuo cuoricino).
Che cosa rappresenta un cuore umano per gli stregoni, e perché sapere che la prova del drago consiste proprio nel riportarne uno ha scioccato i nostri duellanti? Questo lo scoprirete nel prossimo capitolo ^-^

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: hiromi_chan