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Autore: Be Only One    22/08/2013    1 recensioni
" La vita non è che un'ombra in cammino; un povero attore, che s'agita e che si pavoneggia per un'ora sul palcoscenico e del quale poi non si sa più nulla. E' un racconto narrato da un idiota, pieno di strepito e di furore, e senza alcun significato "
                                                                                   -William Shakespeare-
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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5.
Mio padre non era in casa quando entrai. Mia madre, invece si, mi aspettava seduta in cucina con la testa fra le mani, i capelli solitamente puliti e ordinati, erano sparsi e sporchi e pareva molto stressata appena mi vide disse solo:
<< Perchè l'hai fatto ? >>.
Io avrei voluto darle un sacco di motivi: Perchè ero arrabbiata con Emily, perchè ormai ho ventiquattro anni e posso fare cosa voglio,etc...
Ma invece non risposi e mi sedetti al tavolo. Lei mi guardò sconsolata.
<< Tuo padre non ti vuole più vedere. So che li passerà, ma tu non devi farlo più. Sarebbe questo il ringraziamento che hai per la tua famiglia? Hanno rubato il telefono a tua sorella ed è dovuta venire a casa da sola alle tre perchè non ti trovava più >>.
<< Non lo sapevo. Io non mi ricordo, mi sono svegliata a casa di Riccardo, ma prima di questo non ricordo nulla >>.
<< Complimenti >>.
<< Mamma scusa, giuro non volevo è stato più forte di me >> cercai di giustificarmi.
<< Sparisci dalla mia vista, vai a dormire che è meglio >> mi disse in tono freddo.
Mi alzai e andai in camera mia. Mi misi velocemente un pigiama e dentro il letto. Che giornata bizzarra. Potevo però anche lasciarglielo un numero di telefono. Va be, sarei andata a casa sua tra un paio di giorni con la scusa di riconsegnarli i vestiti puliti.
Mentre fantasticavo su cosa gli avrei detto, qualcuno busso leggero alla porta. Speravo che fosse mia madre che mi venisse a chiedere scusa per l'atteggiamento di prima e invece no, era Giorgia.
<< Ti dispiace? >> mi chiese.
<< No, no, entra pure >>
<< Non riesco a dormire allora avevo pensato che magari potevamo parlare >>
<< Certo >> risposi lasciandole un po' di spazio nel letto.
Lei si sedette. << Dove sei stata stanotte ? >>
<< Vuoi la verità ? Ho dormito vicino ad un cassonetto e poi è venuto il mio sole che mi ha portato a casa sua mi ha fatta dormire farmi una doccia e mangiare >> dissi tutto d'un fiato.
<< Scherzi ? E chi sarebbe il tuo sole ? >>
<< E' un ragazzo bellissimo che si chiama Riccardo >>
<< Wow... peccato che io non abbia passato una serata così favolosa ieri >> mi disse abbassando lo sguardo.
<< Bè siamo arrivate poi io ti ho persa di vista e sono rimasta sola c'erano dei ragazzi che mi parlavano, ma la musica era troppo forte ed io non li sentivo. Erano troppo appiccicati e sai, io soffro di claustrofobia e li ho spintonati via, non riuscivo più a respirare e sono uscita. Avevo il cellulare in tasca e e quando ero fuori volevo cercare di chiamarti, ma in tasca il cellulare non c'era più ed io sono stata presa dall'ansia. Mi avevano rubato il cellulare. Ti ho cercato ovunque, ma non eri da nessuna parte. Allora, ormai erano le tre presi la macchina e tornai a casa. Non c'era una buona accoglienza ad aspettarmi. >>
<< Mi dispiace. Poi con il cellulare, come fate ? >>
<< Domani ne vado a comprare uno nuovo>>
<< E papà, è tanto incazzato con me ? >>
<< Abbastanza, ma io pensavo di peggio quindi consolati >>
<< La mamma? >>
<< No, ma che dici ? Lei ti ha sempre difeso.. e vedrai a papà passerà come le altre volte >>
<< Non so cosa farei senza di te >>
<< Anche io ti voglio bene, sorellona>>.
Si avvicina e mi abbraccia. Giorgia è il genere di sorella che tutti vorrebbero avere.
<>
<< Allora notte >>
<< Notte >>
Giorgia scese in punta di piedi dal letto e si diresse verso la porta mi diede un ultimo sguardo prima di sparire.
Io nella notte fonda appoggiai la testa al cuscino e piano piano mi lasciai sprofondare nel sonno pensando al mio sole.
Mi svegliai da un clacson insistente. Mi alzai dal letto ancora stanca e mi avvicinai alla finestra, volevo aprire la finestra ed insultare quel cretino che faceva quel caos all'alba, ma quando aprii la finestra le parole mi si troncarono in gola.
C'era Ricky con un mazzo di girasoli in mano appoggiato alla sua macchina che mi guardava sorridendo.
Alle sue spalle il sole stava nascendo in un'alba spettacolare colorando il cielo nero di un giallo vivace. Ma per me, non esisteva nient'altro che lui. Era lui, il mio sole e bruciava tutto intorno a lui. Irradiava una luce ed uno splendore che non poteva essere paragonabile a nessuna alba.
<< Dai dormigliona, preparati e scendi che oggi ti devo portare in un posto >> mi urlò.
<< Tu sei pazzo>> gli risposi, ma mi stavo già preparando.
Una quindicina di minuti dopo mi ritrovavo nella sua macchina con il mazzo di girasoli in mano a chiedermi dove mi stesse portando.
<< Dai, dimmelo >> lo supplicai ancora una volta.
<< No, è una sorpresa >> mi guardò ridendo.
<< Uffa sei venuto a prendermi all'alba e pretendi che io non dica nulla >> borbottai.
<< Mi piace quando borbotti, mi fai ridere >> mi guardò sorridendo.
<< Eh dai! Cosa ti costa dirmelo? >> riprovai.
<< Tra cinque minuti. Siamo arrivati quindi pazienta >> mi ammonì.
Io sbuffai ed annusai i girasoli.
<< Bravo che hai preso i girasoli, le rose non mi piacciono troppo classiche e romantiche >>.
<< I girasoli sono come te del resto, non sei proprio la classica ragazza, sai ci siamo conosciuti che tu eri ubriaca fradicia e dormivi vicino ad un cassonetto non è proprio il massimo. In teoria, avremmo dovuto incontrarci in un parco mentre io correvo e tu potavi le rose >> si mise a ridere.
<< Dai, ti prego >>.
Si fermò in un parcheggio.
<< Dai scendi siamo arrivati >>.
Io fremevo dalla curiosità.
Scesi dalla macchina e guardai un grosso cartello: ZOO.
<< Non ci credo, mi hai portato allo zoo ? >> chiesi stupefatta.
<< Si cosa ne pensi ? >>
<< Bè, wow >> riuscii solo a rispondere.
Lui mi prese per mano e mi accompagno all'entrata. Un ometto grassoccio faceva da bigliettaio. Aveva lunghi baffi a manubrio ed era pelato mi ricordava il circo. Trattenni a stento una risata.
<< Due biglietti per mezza giornata >> gli disse Ricky.
<< 15 euro >> bofonchiò il vecchio.
Ricky pagò in contanti e lui disse << Buona giornata a voi >>.
Entrammo nello zoo. Era all'aperto ed era enorme c'erano gabbie ovunque e vasche. Io obbligai Ricky a portarmi a vedere un esibizione dei delfini. Gli spalti erano enormi e al centro c'era una vasca enorme dall'acqua cristallina dove si rispecchiava il sole. Era pieno di gente di tutte l'età. Dai due anni ai novanta tutti acclamavano le addestratrici che facevano saltare i delfini. Farli fare delle piroette. Mi sorprese un'addestratrice particolare che nuotò insieme ai delfini e si fece buttare in aria da loro.
La mattinata passò molto in fretta. Andammo a vedere il rinoceronte, i rettili dove io dovetti scappare quasi subito per la paura che i vetri si rompessero, le giraffe a cui diedi da mangiare, i leoni, le pantere dei bellissimmi felini aggrazziati, ma micidiali insieme, gli struzzi, ma gli animali che in assoluto mi sono piaciuti di più erano le scimmie.
Era l'ultima gabbia ed io mi avvicinai a loro con calma e le osservai mangiare una banana. Una scimmia mi notò e mi venne vicino io per divertirmi , feci la mossa dello scimpanze grattandomi l'ascella e la testa e lei mi imitò. Ricky scoppiò dal ridere e mi prese in giro tutto il giorno. Mi comprò anche un lecca lecca enorme. Non so mi sentivo una nuova Alice con lui, un Alice più matura e responsabile, mi piaceva questa nuova Alice.
Lui era il sole che mi illuminava dalle tenebre.
Lo osservai mentre si metteva al volante della sua auto.
Aveva i capelli scuri leggermente spettinati e sulla fronte una goccia di sudore. Gli occhi azzurri erano tondi e controllavano che la chiave fosse inserita bene. Le labbra erano arricciate in un mezzo sorriso. Era bellissimo non riuscivo a capire come potesse anche solo guardarmi tutta quella perfezione.
La macchina partì con un tonfo e lui procedette sicuro sull'asfalto. Guardavo fuori dal finestrino quando sentii una musica diversa. Classica.
<< Ma questa è 'Per Elisa' di Beethoven ? >>.
<< Si, la conosci? >> mi domandò stupito.
<< Certo chi non la conosce? Da piccola la suonavo col pianoforte >>. Dissi ricordandomi di quelle lezioni infinite che poi avevo concluso in due anni.
<< Wow anche io l'ho suonata, mio padre era il capo della banda e mi faceva un po' di lezioni private >>.
Che invidia. Tutte le fortune doveva averle lui.
Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da quella musica. << Siamo arrivati, Elis >> riaprii gli occhi.
Si in effetti ero davanti a casa mia.
<< Ah >> riuscii solo a dire.
Era già tutto finito? Dovevo già lasciarlo? Era durato tutto così poco.
<< Che ne pensi, se stasera ti invito a cena ? >> mi chiese.
Io mi girai a guardarlo grata che me lo avesse chiesto fissai i suoi occhi azzurri.
<< Si, ne sarei molto contenta >> le parole mi uscirono da sole dalla bocca.
Volevo fare più la preziosa, ma il suo sguardo sincero mi ha fatto sputare fuori la verità come un rospo.
Sorrise.
<< Allora a stasera >> mi disse.
Scesi dalla macchina e li dissi << Si a stasera >>.
Lui se ne andò sgommando sull'asfalto e io rimasi a fissare il vuoto dove un minuto prima c'era lui.
  
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