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Autore: Therainsmelody    22/08/2013    2 recensioni
Abby ha problemi con il padre che la tratta come una serva;
Cara vive una vita agiata ma è insoddisfatta di se;
Nicholas ha un terribile e oscuro passato;
Lucas non fa che preoccuparsi per gli altri;
Ethan cerca solo di salvare il fratello dalla loro disastrosa famiglia
e Alan di scoprire il segreto che suo padre gli tiene celato da anni.
Sarà una lettera a dare inizio a quella che verrà ricordata come
la più grande rivelazione di segreti a cui la piccola cittadina di Wahoo abbia mai assistito,
ma la verità arriva sempre con un prezzo.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1- Abby

Lucas mi fissava in silenzio, sembrava mi stesse valutando, il che da parte sua era normale, io rimasi ferma in attesa:
<< Mi piace come sei vestita oggi, l’abbinamento di colori è fantastico. >>
<< Lo vuoi far sapere a tutti? >>
<< Cosa? >>
<< Che sei gay. >>
<< Certo che no! >>
<< Allora fossi in te non parlerei di abbinamenti di colori e vestiti, non sono cose prettamente maschili. >> lui scoppiò a ridere, eravamo cresciuti assieme, ci eravamo sempre detti tutto per questo io ero una delle poche persone a sapere la verità, anche se a me sembrava palese: Lucas era omosessuale.
<< Ok, la smetto di parlare di argomenti femminili. Pensi che ce la faremo ad arrivare in orario oggi? >>
<< No, almeno che Cara non sia pronta entro due minuti. >>
<< Venti minuti fa ha detto che le servivano solo cinque minuti. >>
<< Tendenzialmente i suoi cinque minuti durano mezz’ora. >>
<< Arriveremo in ritardo anche oggi. >> lo decretò con convinzione mentre appoggiava la testa sulla mia spalla, il che non è affatto semplice visto che lui è molto più alto di me. Il quel momento il portone della villa più grande e costosa di Wahoo si spalancò sotto la forza di una ragazza alta e snella, dai lunghi capelli biondi, piccoli occhi azzurri e un sorriso capace di accecare chi ne venisse colto impreparato. Saltò di netto i tre scalini che la separavano da noi, come ci riuscisse con i tacchi per me restava un mistero, e ci abbracciò investendoci con il suo costosissimo profumo di rose:
<< Hey ragazzi! Avete visto? Sono in orario! >>
<< Già è un miracolo, probabilmente ora nevicherà in estate! >>
<< Abby non essere così crudele! >>
<< No, Lucas, ha ragione ma si sa che essere perfetta ruba parecchio tempo. >> scoppiammo tutti a ridere, il bello è che Cara ci credeva davvero, pensava di essere perfetta eppure non era se stessa: i capelli erano tinti, il suo colore naturale era un castano leggermente più chiaro del mio; nemmeno gli occhi erano azzurri, portava delle lenti a contatto, il loro vero colore era simile a quello dei capelli; senza contare i quintali di trucco che aveva sulla faccia ma era mia amica e io le volevo bene.
<< Forse è il caso di muoverci, per una volta potremmo riuscire ad arrivare in tempo. >> iniziammo quindi a correre verso la scuola: giù per la discesa che ci conduceva lontano dal quartiere ricco, attraverso stretti vicoli che puzzavano di marcio e morte nel quartiere malfamato, sino alle “case nuove” come le solevano chiamare anche se ormai erano lì da vent’anni. In una di quelle case, la numero sette per precisione, abitava l’ultimo componente di quelli che consideravo i miei migliori amici: Nicholas Lewis. Non serviva bussare alla sua porta, lui sapeva esattamente quando uscire, quasi ci spiasse dalle finestre, con tendine ricamate a mano da sua zia, di casa sua. Ci venne incontro sul vialetto lastricato al centro del il piccolo giardino fiorito che precedeva la casa sorridendo:
<< Ciao ragazzi! Oggi abbiamo deciso di compire un miracolo, arriveremo prima del suono della campanella! >> poi spostò lo sguardo su di me e parve arrossire un poco
<< Ciao Abby. >> ci incamminammo per la via principale della cittadina, la scuola si trovava a solo un quartiere di distanza. Lucas si avvicinò al mio orecchio e ridendo mi sussurrò:
 << Ciao Abby. >> tentando di imitare la voce di Nicholas, cercai di non scoppiare a ridere ma, soprattutto, cercai di non arrossire. Quando avvistammo i cancelli della scuola in lontananza l’istinto prese il sopravvento e iniziammo a correre a perdifiato, lo facevamo tutti i giorni, non eravamo tipi da arrivare in tempo alle lezioni, io non riuscivo nemmeno a ricordare se fosse mai successo in passato. Una volta varcata la soglia Cara si mise a strillare e saltellare come una pazza:
<< Ce l’abbiamo fatta! Ce l’abbiamo fatta! Siamo entrati prima della campanella! Whooooo! >> alzò i pugni al cielo con fare vittorioso, manco avesse vinto la medaglia d’oro nello sprint sui cento metri, e ci abbracciò di slancio continuando a urlare di gioia. Le persone nel corridoio ci fissavano come se fossimo matti e infondo non avevano tutti i torti ma a noi piaceva così, la normalità non era nelle nostre corde.
 
La scuola ha la brutta abitudine di annoiare gli studenti ma la nostra scuola era superiore: ci distruggeva letteralmente! Gli insegnanti erano tutti ultrasessantenni sulla via della pensione; parlavano in modo sbiascicato e incomprensibile, anche nella remota ipotesi in cui qualcuno volesse seguire la lezione rinuncerebbe dopo neanche un minuto, annaspando tra parole incomprensibili e termini che sembravano provenire dall’elfico antico. Per non parlare poi della nostra pausa pranzo: durava solo mezz’ora, avevi giusto il tempo di mangiare e ritornare alla monotonia della tua aula senza riuscire a scambiare due parole con i tuoi amici, veramente terribile! Senza contare che non ho ancora accennato ai gabinetti, quelli sì che facevano schifo, l’unico utilizzo pratico che ne veniva fatto era ficcarci la testa dei poveretti che finivano sotto le grinfie del gruppo dei “bulli” della scuola capitanato da quel senza-cervello di Ethan McKaine: non lo sopportavo, nessuno lo sopportava in realtà ma tutti si guardavano bene dal dirglielo in faccia, tutti tranne Cara. La campanella dell’ultima ora suonò, meno male che il lunedì finivo presto, gettai l’astuccio e i quaderni nello zaino senza badare se si erano rovinati o meno e mi fiondai fuori dall’aula, nessuno era più veloce di me quando si trattava di fuggire. Uscii dalla scuola e mi sedetti sulla nostra solita panchina ad aspettare, dopo qualche minuto Cara fece la sua uscita trionfale seguita da un manipolo di ammiratori che la imploravano in ginocchio di concedergli un appuntamento, lei mi raggiunse e si sedette al mio fianco, notando che i ragazzi non accennavano ad andarsene o anche solo a zittirsi gli fece un cenno con la mano e, con la voce più dolce e zuccherosa che le avessi mai sentito, disse:
<< Ragazzi vi prego, mi serve un po’ di tempo da sola con la mia migliore amica. Sareste così gentili da lasciarci sole?  >> Si passò una mano tra i capelli, fece svolazzare le sue lunghe ciglia e sorrise dolcemente verso gli ammiratori che risposero all’unisono:
<< Certamente Cara! >> prima di dileguarsi nel cortile.
<< Mi sto ancora chiedendo come ci riesci. >> lei sorrisi beffarda
<< È tutta questione di fascino ma non è bello come sembra, sono piuttosto seccanti. >>
<< Perché lo fai allora? >> la vidi arrossire sotto lo spesso strato di fondotinta, era una cosa assai rara, Cara non arrossiva, mai.
<< È solo che … insomma … c’è questo ragazzo che, diciamo, mi piace ma … >> non le lasciai finire la frase perché ero troppo sorpresa, lei non inseguiva nessuno erano gli altri a dover inseguire lei, il fatto che le piacesse un ragazzo era una novità
<< Che cosa?! Ti piace un ragazzo? Chi è? Dimmi lo conosco? >> la fissavo in attesa, ero così curiosa, lei invece indugiava mordicchiandosi le unghie perfettamente curate e pitturate di un tenue rosa pastello, dopo qualche secondo, che a me parve un secolo, si decise a parlare:
<< Certo che lo conosci, è sempre stato il tuo migliore amico. >> Che. Cosa. Aveva. Detto? Non poteva essere vero, avrei dovuto accorgermene, avrei dovuto dissuaderla dell’innamorarsi di lui fin dall’inizio ma i miei pensieri erano sempre stati altrove, su di un altro fronte amoroso.
<< Stai parlando di Lucas? >> lei mi guardò stupita e poi ridendo aggiunse:
<< Chi se non lui? >> Oh, accidenti! Questo sì che era un bel casino, Cara non sapeva e pensavo non avesse mai neanche riflettuto su quell’ipotesi. Sarebbe stato un disastro!
<< Ma, sì, insomma … ne sei proprio sicura? >> nella mia testa ripetevo “no,no,no,no” come un mantra ma guardando la faccia di Cara e il sorriso stampato sulle sue labbra non potevo che essere felice per lei, non l’avevo mai vista così radiosa.
<< Certo che sono sicura e dopo avertelo detto ne sono più che certa. Ho intenzione di dichiararmi! >>
<< Cosa?! >> il suo sorriso si affievolì leggermente, e ora cosa le avrei detto, non potevo certo dirle di non farlo senza svelarle il segreto di Lucas ma non potevo nemmeno restare a guardare
<< Sì, lo so che per te è impensabile. Credo che il verbo “dichiarare” non faccia nemmeno parte del tuo vocabolario ma dovresti farlo anche tu. >> Cosa? Io non avevo nessuno a cui dichiararmi o almeno non avevo intenzione di dichiararmi a nessuno, che argomento spiacevole ma almeno non stavamo più parlando di lei e del suo amore per i gay.
<< Dichiararmi a chi? >> sbuffai esasperata
<< A Nicholas, mi sembra ovvio! >> abbassai lo sguardo sulle mie unghie, era un bel po’ che non le limavo
<< Smetti di osservarti le mani e rispondimi! >>
<< Che ti devo dire? Non so come tu abbia potuto pensare una cosa simile, lui non mi piace! >> Cara rise con la sua voce cristallina e armoniosa, ogni ragazzo nel giro di duecento metri si voltò a guardarla con un sorriso ebete stampato sulla faccia
<< Certo, come no. Lui ti piace e parecchio, oserei dire, in più che ci perdi? Lui è cotto di te! >> abbassai nuovamente lo sguardo e arrossii
<< Non credo di piacergli … >> Cara si trattenne dal ridere di nuovo
<< Ciao Abby. >> anche lei con l’imitazione di Nicholas, se a Lucas piacessero le ragazze sarebbero la coppia perfetta
<< Smettila di prendermi in giro! >> aprì la bocca per replicare ma poi la richiuse e il suo sguardo si fece serio, mi voltai per vedere cosa avesse attirato la sua attenzione, non era facile distogliere Cara Williams dall’argomento “ragazzi”. Mi ritrovai a guardare una scena già nota, una specie di deja-vu tipico di chi va nella stessa scuola per molti anni: Ethan McKain che se la prendeva con un ragazzino del primo anno, Cara lo odiava e ancora di più odiava gli scontri impari. Si alzò di scatto e si diresse contro Ethan, lo colpì in pieno viso con un pugno, lui ovviamente non se lo aspettava:
<< Smettila di prendertela con quelli più piccoli di te, Ethan McCoglione! >> lui si rialzò, una mano era sul viso e copriva il naso grondante di sangue mentre l’altra era stretta a pungo, pronta a colpire ma nemmeno lui si sarebbe abbassato a tanto, non avrebbe picchiato una ragazza
<< Levati dal cazzo, barbie, questi non sono affari che ti riguardano! >> vidi le labbra di Cara contrarsi in una smorfia di disgusto, sapevo cosa stava per fare e a Ethan non sarebbe piaciuto.
<< Ma davvero? Risposta sbagliata! >> lo colpì in pieno con le sue scarpe tacco dodici nelle parti basse, un urlo soffocato scappò dalle labbra di lui mentre si accasciava a terra, su quelle di lei invece spuntò un sorriso trionfale, si voltò scuotendo i suoi lunghi capelli biondi e tornò a sedersi al mio fianco. Dalla sua posizione a raso terra Ethan non faceva che imprecare e maledirla
<< Uno di questi giorni te la farò pagare cara, Cara! >> io risi
<< Bel gioco di parole per uno con il quoziente intellettivo di un’ameba! >> anche lei rise
<< È la prima volta che ti prendi gioco di lui Abby, pensavo ne fossi spaventata come tutti gli altri. >>
<< Sì, ma questa scena era troppo divertente per non aggiungerci il tocco finale! >> entrambe scoppiammo a ridere nuovamente finché non mi accorsi che Nicholas e Lucas si stavano avvicinando, mi ricomposi, spostai alcune ciocche di capelli dietro l’orecchio e mi liscia la gonna. Mi girai in direzione di Cara, lei fece lo stesso e all’unisono ci chiedemmo:
<< Come sto? >> misi una mano sulla bocca per non ridere
<< Stai benissimo. >> mi rispose
<< Anche tu. >> quando mi voltai nuovamente verso l’entrata i ragazzi ci avevano raggiunto
<< Allora, chi è stata? >> chiese Lucas osservando Ethan che si reggeva palle e naso doloranti
<< E lo domandi pure? È stata Cara. >>
<< Modestamente. >> disse lei sorridendo
<< Andiamo a casa? >> domandò invece Nicholas, sembrava parecchio agitato
<< D’accordo >> risposi, Cara si alzò di scatto battendosi un mano sulla fronte
<< Che stupida! I miei genitori vengono a prendermi in limousine, mi spiace ragazzi ma devo proprio scappare! >> così dicendo corse via, oltre il cancello della scuola, dove una lunga macchina nera pareva attenderla da un po’, com’è che non ci avevo fatto caso? Noi tre invece ci incamminammo sulla strada principale del quartiere vecchio, una strana sensazione mi colse all’improvviso, come se avessi degli occhi puntati addosso. Mi voltai spaventata e incrociai lo sguardo di Alan, uno del mio stesso anno con cui non avevo mai parlato, durò solo qualche secondo poi distolse lo sguardo, eppure la sensazione di disagio non mi abbandonò anzi più cercavo di dimenticarla più la rivivevo nella mia mente, quegli occhi ambrati così simili ai miei si erano come stampati nella mia memoria. Non sarei riuscita a cancellarli mai più.
<< Ehi Abby? Ci sei? >> di colpo tornai alla realtà, Lucas mi stava sventolando una mano davanti alla faccia per vedere se reagivo, la bloccai e mi girai nella sua direzione
<< Scusa ero sovrappensiero, dicevi? >> con uno strattone liberò la mano e si strofinò il polso leggermente arrossato dalla mia stretta
<< Se domenica ti va di andare a vedere la partita di Nicholas, io vado. A cosa stavi pensando? >>
<< Certo che ci sono, chiederò anche a Cara. >> indugiai un attimo prima di aggiungere
<< Alan mi fissava, quel ragazzo è inquietante! >>
<< Tutto qui? È solo strano lascialo perdere. >> le parole di Lucas mi rassicurarono e il mio cuore smise di battere all’impazzata. Continuammo a camminare in silenzio per altri cinque minuti poi Lucas ci salutò, era arrivato a casa. Restavano due minuti di strada fino alla rotonda, due minuti interi solo io e Nicholas, ero così imbarazzata, mi tornò in mente il discorso di poco prima tra me e Cara. No, non dovevo pensarci, non avevo voglia di arrossire davanti a lui, dopo neanche un minuto ruppe il silenzio
<< Emm Abby, ecco io …  >> altro silenzio imbarazzante, ma chi è che l’aveva inventato? Sarei stata capace di andare lì e strozzarlo con le mie mani
<< Tu cosa? >>
<< Io … volevo solo dirti che … >> Oddio, non vorrà dirmi quello che penso stia per dirmi! Ti prego, fa che mi sbagli!
<< Mi piace come sei vestita oggi … sì, ecco >> tirai un sospiro di sollievo
<< Grazie, sei il secondo che me lo dice oggi. >> una leggera espressione d’infelicità passò sul suo volto ma non feci in tempo a domandargliene il perché che parlò di nuovo
<< Eccoci alla rotonda, bene, buona serata, divertiti! >>
<< Con mio padre? Non penso proprio! >> mi salutò con un cenno della mano e continuò dritto, verso le case nuove, io invece svoltai a destra, sulla strada mal asfaltata che conduceva al municipio, la casa di mio padre, il sindaco di Wahoo.
 
Spalancai l’imponente portone in legno e lo richiusi, con un cigolio alquanto sinistro, alle mie spalle. Nella casa regnava il silenzio più assoluto, forse mio padre era fuori per questioni di lavoro. Mi recai in cucina: misi due fette di pane a scaldare; preparai un piatto ed un coltello; presi la marmellata dal frigo e aspettai che il pane fosse pronto. Quando presi in mano la prima fetta mi bruciai le dita, scottava terribilmente
<< Ahi! Accidenti, odio questo tostapane! Quel bastardo a tanti di quei soldi che potrebbe comprare una casa nuova se lo volesse eppure eccomi qui con il tostapane che cuoce il pane come gli pare! >> raccolsi la fetta caduta a terra e la gettai nella spazzatura, presi l’altra con più attenzione e la posai sul piatto, ci spalmai sopra una buona dose di marmellata e mi spostai in soggiorno per gustarmela davanti alla televisione. Dopo neanche cinque minuti sentii dei rumori provenire dall’entrata: qualcuno stava aprendo la porta, spensi in fretta la tv e mi pulii dalle briciole di pane. Quando mio padre entrò mi squadrò da capo a piedi e sospirò demoralizzato
<< Non ci siamo Abigail, quante volte ti ho detto di non mangiare davanti alla televisione? >>
<< Ma io non stavo … >>
<< Stai zitta! >> istintivamente strinsi le braccia sul petto, quando urlava mi faceva paura
<< Ora pulisci! >>
<< Abbiamo una donna delle pulizie per questo. >> risposi indignata
<< Come scusa? >> lo sapevo che aveva capito, mi stava solo dando l’opportunità di cambiare versione e scusarmi, probabilmente era di buon umore, peccato che io non avevo intenzione di scusarmi
<< Ho detto che abbiamo una donna delle pulizie per questo. >> mi fissò rabbioso
<< Certo ma tu non sei superiore a lei e ora muoviti! Pulisci questo schifo, stupida ragazzina! >> andai in cucina, presi scopa e paletta dall’armadio e tornai in sala. Lui mi osservò per tutto il tempo che mi fu necessario a raccogliere le briciole dal tappeto e dal divano, quando tornai indietro feci per salire le scale ma lui mi bloccò afferrandomi il polso
<< Non rispondermi mai più con quel tono di voce, intesi? >>
<< Con quale tono di voce esattamente? >> sapevo che si sarebbe arrabbiato ma non m’importava, poteva urlare quanto voleva, se solo provava a picchiarmi l’avrei denunciato alla polizia e lui sapeva che le mie non erano minacce vuote, l’avrei fatto, nessuno mi avrebbe creduto perché lui era il sindaco e tutti lo credevano un brav’uomo, ma io l’avrei fatto e gli avrei lasciato una piccola macchia indelebile sul suo curriculum da cittadino modello. La sua reputazione immacolata era la cosa a cui teneva di più, addirittura più della sua stessa vita e io l’avrei rovinata, anche se di poco, in eterno.
<< Con questo tono da saputella! >> il polso cominciava a farmi male
<< Lasciami andare. >> mollò la presa, io feci qualche altro scalino poi mi fermai indecisa, mi voltai nuovamente nella sua direzione e aggiunsi:
<< Ci serve un tostapane nuovo, questo fa schifo. >> alzò una mano come per colpirmi, poi parve ripensarci e si fermò, non mi disse se avrebbe provveduto a comprarne uno nuovo ma capii da sola che non gliene importava nulla, come tutto quello che dicevo sarebbe stato dimenticato nel giro di un’ora ma vederlo andare via arrabbiato e insoddisfatto era abbastanza per me, al tostapane avrei pensato poi. Raggiunsi la mia stanza e chiusi la porta a chiave, nel caso John avesse deciso che infondo voleva farmela pagare e io di certo non volevo rendergli le cose facili, avrebbe dovuto sfondarla quella porta per entrare. Mi sdraiai sul letto sospirando, non ero mai andata d’accordo con mio padre, ultimamente poi andava sempre peggio, sarei dovuta scappare ma dove? Wahoo è una piccola cittadina e quando colui che ti cerca ne è il sindaco non ti ci puoi nascondere, nemmeno in casa dei tuoi amici. Avrei dovuto andarmene lontano, se solo avessi avuto il coraggio l’avrei fatto, se qualcuno si fosse offerto di partire con me sarei andata, se Nicholas avesse bussato alla finestra dicendo di volermi salvare dalla mia terribile sorte io gli avrei detto di sì, senza esitare neanche un secondo, tra le sue braccia mi sarei sentita al sicuro, ne ero certa. Forse Cara aveva ragione, forse dovevo dichiararmi: infondo ero innamorata di lui da ben tre anni.

Spazio Autrice
Bene eccomi qui con una nuova storia! :) Non la sto scrivendo da sola ma in collaborazione con Abbysullivan
Spero vi piaccia, aspetto le recensioni! :)
   
 
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