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Autore: DK in a Madow    23/08/2013    5 recensioni
La donna era una statua di sale. Perfettamente immobile, non un dettaglio del suo abbigliamento che stonasse con la sua figura eretta e impassibile. Era l’immagine di un dolore così sublime da sembrare impercettibile.
Eppure, soffriva.
Genere: Drammatico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Roger Waters
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,
ma solo mille papaveri rossi.
(La guerra di Piero – Fabrizio de André)

Scent of magnolias, sweet and fresh,
Then the sudden smell of burning flesh.
(Strange Fruit – Billie Holiday)

In the bottom of our hearts we felt the final cut.
(Southampton Dock – Pink Floyd)









Il molo del dolore.


Southampton, 1943

Il mare era calmo, grigio specchio di un cielo che la mandava giù a dirotto. Acqua dentro acqua e le gocce di pioggia rendevano la superficie del mare una tavola ruvida, un prato sbiadito spazzato dal vento.

Il tutto presumeva un addio.

Il molo del porto di Southampton, ormai distrutto dalle bombe, era affollato, quasi quanto il giorno in cui salpò il Titanic, ma la gioia di allora era annegata insieme alla nave inaffondabile e, dopo circa trent’anni, un’altra nave andava incontro a un destino crudele, dritta nelle fauci di un’Europa matrigna e nazista, lontana dalle braccia tenere e soffocanti di mamma Inghilterra.

Un’altra mamma era lì, molto più forte, protettiva e audace della vile Inghilterra.

Con quale coraggio una pecora manderebbe il suo agnellino nelle fauci di un lupo? avrebbe chiesto retoricamente, mentre reggeva dritto e immobile un ombrello azzurro, coprendo la propria testa e quella del bambino che le stava accanto, fissandosi le scarpe, ma soprattutto quella del fagottino che teneva in braccio. Suo figlio, su questo non c’erano dubbi. Non che l’altro non lo fosse, ma il piccolo era la sua copia sputata e dormiva beatamente, le labbra socchiuse che s’increspavano agli angoli per via delle guance paffute.

La donna era una statua di sale. Perfettamente immobile, non un dettaglio del suo abbigliamento che stonasse con la sua figura eretta e impassibile. Era l’immagine di un dolore così sublime da sembrare impercettibile. Eppure, soffriva. Suo marito era su quella nave che si perdeva all’orizzonte, piccola come un puntino, ma visibile. A quel punto, la folla si era dispersa, lasciando solo il lugubre terzetto e una piccola figura inzuppata. Sul molo di legno, poco distante dalla rocciosa madre, sedeva una bambina coperta, si fa per dire, da un vestitino di cotone di un rosa depresso e da un paio di sandali estivi ai piedi.

Per Dio, è Novembre! pensò la madre voltandosi improvvisamente a guardarla. Si chiese chi fossero stati quegli sciagurati genitori che lasciavano una creatura così fragile (ed evidentemente malnutrita) sotto una pioggia incessante e per di più mezza nuda, che cercava di scaldarsi usando le manine intorpidite, strofinandole sulle braccia.

La madre storse il naso e deglutì pesantemente. Poi, fece cenno al primogenito di prenderle la mano e lentamente si avvicinarono alla piccola creatura abbandonata dal mondo.

- Chi sei? – chiese la madre quando fu vicina alla bambina. La voce risultò aspra quasi quanto la domanda che formulò, eppure era quello l’unico modo che conosceva per essere comprensiva e dolce.

- Maggie, s-signora. – tremò la piccola, battendo visibilmente i denti. Era pallida, le labbra viola e la fronte coperta dai lunghi capelli neri che gocciolavano incessantemente.

- Che cosa ti è successo?

Una minuscola falange si sollevò nella pioggia, indicando un puntino nel mare – Papà.

- È partito anche lui? – chiese ancora la madre, questa volta con un nodo in gola, percependo qualcosa di più nella sua domanda. Quando ha detto “anche lui” sapeva di non riferirsi solo a suo marito, ma a qualcuno che aveva intrapreso un viaggio più lungo e senza ritorno.

- Sei sola?

La bimba annuì e sembrò ancora più piccola. John, il primogenito, guardava sua madre e Maggie, chiedendosi cosa stesse per accadere. Il più piccolo del quartetto, sorrise nel sonno.

- Ora non lo sei più!

Una lacrima si confuse con le gocce di pioggia che incorniciavano le piccole guance di Maggie. Una lacrima piccola rispetto alla speranza che sentiva crescere nel minuscolo petto.

- Vieni con me. – disse mamma roccia, porgendole una mano e, quando Maggie l’ebbe afferrata, la trascinò sotto l’ombrello, lontana dalla pioggia. Lontana dal molo del dolore.

***

Lontano, pochi mesi dopo, un proiettile sferzò l’aria.

L’odore d’erba si mescolò a quello del sangue e del piombo. Un albero di magnolia doveva trovarsi nelle vicinanze, perché c'era anche il suo profumo fresco e vivo.

Un corpo cadde morto in un’immensa distesa di papaveri, i quali crescevano imperterriti nonostante il freddo di febbraio. Qualche ora dopo, un soldato raggiunse il compagno con gli occhi fissi spalancati contro il cielo. Glieli chiuse, dentro di sé e sulle labbra una promessa, mentre un nodo gli stringeva la gola.

- Tornerò, Eric, ce la farò. - Eric voleva tornare a casa, ma morì in terra straniera – Lo giuro su Maggie, Eric!

Il giovane vedovo si rizzò sulle gambe, fucile in mano.

Si allontanò, con quella promessa che, nel profondo del cuore, bruciava come il taglio finale.























Angolo dell’autrice.
Salve. ^^’
Bene, siamo allegri, eh?
Non c’è nulla da fare. A me, Southampton Dock fa piangere sangue e prima o poi dovevo scriverci qualcosa.
Infatti questa non è una storia. È “qualcosa”. Non saprei definirla nemmeno io.
Ringraziate solo tutti i santi del paradiso che io non abbia scritto su Paranoid Eyes, altrimenti davvero avrei gettato la sezione in una fossa. :’D
Ehm, niente, ho cercato un po’ d’informazioni storiche riguardo Southampton, ma ne ho trovate poche e un po’ confuse. Magari il padre di Roger non è nemmeno partito da lì, ma dato che la storia era ispirata alla canzone, ho incastrato le due cose. So che è anche ispirata alla Falklands War, durante la quale Southampton venne usata come base per le spedizioni, ma ho cercato l’evento più vicino al 1945 che coinvolgesse quel porto e da lì è nata la storia.
Tutto questo, per chiedervi di non fare caso ad eventuali lacune storiche e per farvi sapere che, in fatto di ricerche, sono una grande pippa. :3
Alla prossima,
Franny
   
 
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