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Autore: Marss    23/08/2013    5 recensioni
Sono Martina, ho 17 anni e sono la povera vittima di un noioso ed obbligatorio stage aziendale. Un intero mese di lavoro alla reception di un villaggio turistico in Basilicata. Sì, perché dovevo per forza complicarmi la vita, non potevo certo scegliere un albergo a Milano, magari anche vicino a casa!
Comunque, le cose non andranno poi tanto male. Soprattutto quando incontrerò Davide, animatore romano dagli splendidi occhi neri e dal sorriso mozzafiato...
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti! Allora, volevo fare una piccola premessa: la protagonista della storia, Martina, esiste realmente ed ha realmente vissuto tutto quello che leggerete. Eviterò di specificare il nome del villaggio turistico, non mi sembrava il caso di inserirlo. 
Spero che la storia vi piaccia, fatemi sapere! Un bacione
Marss


Capitolo uno - L'inizio di un incubo



 

3 Giugno, ore 10.00

'Non posso farcela. Non posso proprio. Odio la mia scuola, ma perché mi obbligano a farlo? Perché devo andarci?' erano questi i miei pensieri, quella mattina.
La valigia era pronta davanti alla porta, mio padre mi aspettava sul divano. Ero chiusa in bagno, dovevo ancora finire di truccarmi e, come al solito, ero in ritardo.
-Martina muoviti! Dobbiamo passare a prendere Laura e non potete proprio perdere il treno!- urlò mio padre
'Per me può anche andare a farsi fottere quel dannato treno' pensai arrabbiata.
Ero una vittima, la povera vittima di un noioso e obbligatorio stage aziendale. La mia scuola, un istituto tecnico turistico, obbligava gli studenti del quarto anno ad almeno un mese di stage lavorativo in una struttura ricettiva. Ricordo ancora quanto l'idea mi entusiasmasse a Settembre, quando la professoressa ci parlò del progetto. A Novembre, dopo un breve colloquio con la responsabile degli stage, avevo scelto la mia meta: Basilicata.
Volevo allontanarmi da casa, imparare a cavarmela da sola e, soprattutto, andare al mare.
Ma chi me lo aveva fatto fare?! Non potevo fare come la metà delle mie compagne di classe e rimanere in un hotel vicino a casa?
No, io dovevo fare la difficile. E così ero costretta a stare un intero mese in quell'enorme villaggio a Marina di Pisticci (chi cavolo la conosceva poi?!), lontana dalla mia amata Milano, dalla mia famiglia e dai miei amici. Avrei lavorato come receptionist, quindi già immaginavo le mie interminabili giornate lavorative dietro al bancone. Per fortuna, anche un'altra mia compagna, Laura, aveva scelto la stessa meta. Almeno non sarei stata da sola, anche se io e lei non avevamo un rapporto poi così stretto.
-Martina, ti do ancora 5 secondi, poi butto giù la porta!
Sbuffando, uscii dal bagno. Mio padre mi aspettava in piedi davanti all'ingresso, pronto ad andare.
-Ok ok, ci sono. Fammi solo fare mente locale, non vorrei dimenticare qualcosa di importante.
Diedi un ultimo, triste sguardo alla mia camera. La parete sopra il letto era completamente ricoperta di fotografie con le mie amiche, i miei compagni di classe e i miei genitori. Amavo stampare le mie foto e attaccarle al muro, amavo riguardarle una per una e ricordare esattamente il momento in cui era stata scattata.
Mi guardai attorno, pensando a cosa potevo aver dimenticato, ma la mia mente era completamente vuota. Rassegnata, spensi la luce e raggiunsi mio padre in sala. Misi le scarpe, raccattai borsa e valigia e, strisciando i piedi, uscii di casa.

Un'ora dopo eravamo alla stazione di Garibaldi, dove un treno alta velocità ci avrebbe portate a Napoli. Lì, dopo una sosta di un'ora, avremmo dovuto prendere un treno regionale per Metaponto, dove ci aspettava il direttore del villaggio.
Seduti in un bar, guardai Laura con aria triste. Nessuna delle due aveva la minima voglia di partire, ma ormai non potevamo tirarci indietro.
-Che facce tristi ragazze! Forza, sarà una bellissima esperienza, sono sicura che vi divertirete- disse Roberta, la madre di Laura.
La guardai e mi sforzai di sorridere, cercando di nascondere le lacrime che già minacciavano di scendere.
Alle 12.10 decidemmo di avvicinarci ai tabelloni, per vedere il binario di partenza.
-Treno AV per Napoli, ore 12.30... binario 11- dissi, guardandomi attorno alla ricerca del treno. Trovammo velocemente il binario e mio padre mi aiutò a caricare la mia pesantissima valigia.
-La prossima volta porta meno roba!- disse, sollevandola e sistemandola nel portabagagli sopra il sedile.
Risi -papà, sto via un mese! Non posso rischiare di non avere vestiti a sufficienza!
Lo abbracciai velocemente, odiavo i saluti, piangevo sempre. Laura si sedette vicino al finestrino, io mi accomodai accanto a lei e, insieme, salutammo con la mano i nostri genitori. Dopo poco tempo, il treno partì.
Il nostro incubo era ufficialmente cominciato.

  
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