“La mia birra, donna!”

Affacciato alla piccola stanzetta adibita a cucina, l’uomo sbatté un pugno contro lo stipite della porta, con forza.

“Per quale dannato motivo la fottuta birra non è tra le mie mani, eh?! Stupida cagna!” Dopo pochi, lunghi passi, il moro si ritrovò innanzi la piccola sagoma della donna tremante. Impietoso l’afferrò per i capelli, neri come ali di corvo, ma secchi e stopposi, trascurati. Tirò in alto il viso sciupato della moglie, mentre questa mugolava la sua paura e il suo dolore.

“N-n-n-non c-c’è-è…”

“COSA?!” Lo strillo sembrò far tremare i muri. Strattonò ancora.

“È-è f-fin…ita” Tra i gemiti e i lamenti, la donna non poteva articolare più di poche parole per volta.

“Allora creala, stupida puttana! Neanche questo puoi fare, con quell’asticella che dà scintille?!”

La donna non seppe più trattenersi, e scoppiò in un pianto disperato, singhiozzando senza ritegno, mentre l’uomo l’afferrava per la veste.

Lo scatto di una pistola che viene armata risuonò nella piccola cucina.

“Non troverai il tuo alcool tra le gambe di mia madre, bastardo.”

Una risata malata riverberò da un capo all’altro dell’angusto locale.

“Cosa vorresti fare tu, dannato moccioso? Oh, che paura, hai un’arma!” lo prese in giro “Attento a non ferirti!” Rise ancora e sputò in terra. “Insulso pezzente…” ringhiò fra i denti.

Il rumore di uno sparo, il ragazzino subì il contraccolpo. Il proiettile creò un foro perfettamente circolare nel soffitto sopra l’uomo.

“Fuori. FUORI DALLA MIA CASA, PEZZO DI MERDA!”

“Attento stronzetto, è carica davvero…” Per la prima volta la voce dell’uomo tremò leggermente.

Un altro colpo fu sparato fin troppo vicino ai piedi della rivoltante carcassa ancora respirante, che sobbalzò, mollando la presa sulla donna.

“Fottuto figlio di puttana, leva le tue sudice mani dalla mia donna e sparisci!”

“N-no, no Severus, n-non parla-are così a t-tuo pad-dre…”

“Zitta!” Un colpo ancora risuonò nella stanza.

“E tu togliti dalle palle prima che ti faccia saltare in aria gli attributi, rifiuto!” Il ragazzino in realtà tramava. Aveva appena undici anni, impugnava un’arma contro il padre babbano, e tremava.

“Me ne vado, me ne vado, dannato moccioso!” L’uomo, ubriaco, mosse i primi, tremanti passi verso l’uscita.

“Maledizione… Per una birra…!” borbotto fra i denti, sorpassando il figlio che ancora stringeva con disperazione la pistola.

La porta sbatté.

Note dell’Autrice

Salute a voi, intrepidi lettori. Spiego un po’ di cose, ok?

Beh, diciamo pure che non ho idea di come questa cosa mi si sia affacciata alla mente (bei presupposti, eh?), sinceramente, non ho mai scritto qualcosa del genere e non credo lo farò ancora. I fatti descritti prendono spunto da qualcosa realmente accaduto, seppur diversamente. Ma, io riesco ad immaginare bene una scena del genere con questi personaggi, voi no?.

Nel caso ve lo stiate chiedendo: il linguaggio… colorito… usato da Severus è attribuibile al padre, non credo che vivendo con un uomo del genere non abbia assorbito nessuna ‘espressione tipica’, chiamiamola così. La pistola invece potrebbe benissimo averla presa dall’armadio dell’uomo o qualcosa del genere, perché non è impossibile, a mio parere certo, che lui tenesse un’arma in casa.

Bene, ehm, ho concluso, ma non sono molto sicura su cosa pensare di questo mio… esperimento(?), mi regalereste un parere? ^^

PS Nel caso qualcuno creda che il rating dovrebbe essere alzato - io non credo, ma non si sa mai - me lo potrebbe comunicare?

Lory