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Autore: Ed1505    10/10/2004    9 recensioni
Nubi oscure si profilano all'orizzonte della Going Merry. E una crepa profonda s'instaura tra due membri dell'equipaggio. Ci si avvicina forse ad un triste addio?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NON TI ABBANDONERO’

 

Il sole splendeva alto nel cielo di quella che poteva sembrare una giornata tranquilla e pacifica. Ma, per l’equipaggio dell’ormai famosa nave pirata Going Merry, non era affatto così. Infatti, proprio nel bel mezzo di quella splendida giornata, era in corso una feroce battaglia tra pirati.

“Maledetto moccioso!! Ti farò soffrire come mai avresti creduto possibile!”

“Eh eh eh, provaci, se ci riesci!!”

Rufy stava combattendo contro il capitano della ciurma nemica, mentre i suoi compagni si occupavano del resto dell’equipaggio. Zoro ci dava dentro con le sue tre spade; Sanji sparava calci ovunque; Usop, da una postazione nascosta, utilizzava la sua fionda; Chopper, trasformato, combatteva sfruttando i suoi poteri derivanti dal frutto del diavolo, così come Nico Robin; Nami, con i suoi Clima Sansetsukon, teneva a distanza gli avversari, e intanto teneva d’occhio la battaglia del suo capitano. Quel giorno le era sembrato più esagitato del solito e l’aveva già visto gettarsi in più di una situazione estremamente rischiosa. Come al solito, sembrava non preoccuparsi minimamente di mettere a rischio la propria vita. E infatti, proprio in quel momento, la giovane navigatrice vide il capitano gettarsi dritto contro la spada dell’avversario, incurante del rischio. L’arma trapassò la spalla sinistra del giovane.

“RUFYYYY!!!”

Rufy, ancora con la spada conficcata nella spalla, sorrise, e colpì con un pugno il nemico, liberandosi così anche dell’arma. Nami tirò un respiro di sollievo, ma notò che la ferita sanguinava in modo preoccupante e che il giovane non muoveva più il braccio sinistro. Intanto, il pirata nemico si stava rialzando, e fissava Rufy incredulo.

“Ma tu…Possibile che a te non importi proprio nulla di morire!?!”

Il cuore di Nami mancò un battito. Detestava sentire porgere quella domanda al suo capitano. Soprattutto, detestava nel modo più assoluto sentire Rufy rispondere, sempre nello stesso modo. Chiuse gli occhi e strinse i denti mentre, puntuale, la solita risposta arrivava.

“No. Sono un pirata e so che c’è questa possibilità. Se dovessi morire, vuol dire che è arrivato il mio momento. Perché dovrei andare contro l’inevitabile?”

Queste parole, come sempre, furono pronunciate con un gran sorriso. Nami, ormai sfinita, non guardò nemmeno la fine dello scontro. Senza più gettare uno sguardo al capitano, si diresse verso la sua cabina, incurante di tutto e di tutti.

“Ecco. L’ha detto di nuovo. E, come ogni volta, sento una grandissima rabbia montarmi dentro. Perché cavolo devo preoccuparmi tanto, poi?! Se non gliene importa niente a lui, perché deve interessare a me?! E’ la sua vita. E’ libero di gettarla al vento, se vuole. Però…non può comportarsi così egoisticamente! Ci ha reclutati praticamente a forza nella sua ciurma, ha conquistato la nostra assoluta fiducia, la nostra amicizia e il nostro affetto. E ci ha dato un sogno comune. Ed ora? Vorrebbe semplicemente accettare di perdere la vita per mano di uno stupido pirata?! No, non può essere tanto egoista!”

In quel momento, le urla di trionfo di Usop e Chopper la avvisarono che la battaglia era finita. Avevano vinto. E ancora una volta Rufy se l’era cavata. Senza quasi accorgersene fece un gran sospiro di sollievo. Eppure, nonostante ora si sentisse più tranquilla, la rabbia non le era passata. In quel momento, in cabina, entrò Robin, con una fasciatura sul braccio destro.

“Ehi, navigatrice…Che è successo? Te la sei data a gambe nel bel mezzo dello scontro?”

“Lasciami perdere. Piuttosto, sei ferita…E’ grave?”

“Solo un taglio. Chopper mi ha già medicata. Ora si sta occupando di Rufy. Aveva un gran brutta ferita su una spalla.”

“Sì, lo so.”

La freddezza nello sguardo e nella voce della navigatrice sorpresero Robin, che la fissò per qualche istante. Poi, senza più una parola, si distese sul letto a leggere.

 

I successivi giorni passarono tranquillamente, sulla Going Merry. Rufy si stava riprendendo dalla ferita e combinava guai ovunque. Era tornato quello di sempre. Ma, nonostante fosse passata ormai una settimana dalla battaglia, la rabbia di Nami non era ancora passata. Anzi, ogni giorno, vedendo il capitano comportarsi in modo spensierato, la sua rabbia aumentava. Si comportava normalmente, ma ogni volta che Rufy le andava vicino lei si scansava, ignorandolo. Fino a che un giorno, durante la cena, la giovane esplose. Erano tutti seduti a tavola e, come al solito, i ragazzi stavano litigando per il cibo. Rufy stava rubando il contenuto dei piatti degli amici quando, all’improvviso, si bloccò fissando Nami. Il volto della ragazza era visibilmente alterato.

“Nami, che hai?”

A quella domanda, tutti si voltarono verso la navigatrice, interrompendo la guerra per il possesso del cibo. Nami, senza alzare la testa dal piatto, rispose freddamente:

“Niente.”

Usop e Sanji rabbrividirono. Zoro lasciò cadere la forchetta. Rufy sbarrò gli occhi. Il tono di voce di Nami li aveva sconvolti. Era la seconda volta che sentivano la giovane parlare con quel tono. La prima era stata a Cocoyashi, quando la ragazza aveva detto loro di non considerarli suoi compagni e di averli seguiti solo per rubar loro il tesoro. Anche Robin e Chopper erano sorpresi, ma non comprendevano il perché delle reazioni degli altri.

Dopo alcuni istanti di profondo silenzio, Rufy si riprese.

“Sicura di star bene? Sembri strana. Non è che ti sei beccata un’altra volta il raffreddore, vero?”

“Sto bene. E ora lasciami in pace, per favore.”

“Eppure sembri arrabbiata. Hai litigato con qualcuno?”

Nami alzò il capo di colpo e fulminò l’amico con lo sguardo. Tutti rabbrividirono. Usop iniziò a dare lievi colpetti sul braccio a Rufy, sussurrando:

“Ehi…Rufy…E’ meglio se lasci perdere…Dammi retta…”

“E perché? La vedi anche tu, no? E’ arrabbiata. E’ evidente.”

“Sì, ma…E’ meglio se lasci perdere…”

“No.”

La testardaggine di Rufy era ben conosciuta da tutti i suoi amici. Infatti Usop sospirò, rassegnandosi a non essere ascoltato.

“Accidenti…Prevedo grossi guai…”

Rufy, testardo come non mai, si sedette di fronte a Nami e cominciò a fissarla con insistenza. Nami, intanto, s’innervosiva sempre di più.

“Rufy, mollami. Lasciami in pace. Se hai finito di mangiare, sparisci!!”

“Non ne ho voglia.”

Usop cominciò ad avvicinarsi alla porta, cercando una via di fuga. Chopper si nascose sotto il tavolo. Era evidente che Nami era al limite della sopportazione.

“Ma si può sapere che vuoi da me?! Lasciami in pace! Devi sempre impicciarti degli affari degli altri, non sei capace di preoccuparti di te stesso?!”

Rufy rispose, con una naturalezza disarmante:

“No.”

A quel punto, Nami non resistette più. Tutta la rabbia accumulata in quei giorni esplose in un colpo solo. Si alzò in piedi di colpo, sbattendo le mani sul tavolo e facendo rovesciare diversi bicchieri. Il loro contenuto si sparse per il tavolo, ma nessuno si preoccupò di raccogliere. Tutti fissavano Nami, immobili. Lampi d’ira sembravano fuoriuscire dai suoi occhi.

“Smettila, Rufy!! Io non ti sopporto più, con questo tuo dannatissimo atteggiamento!! Io…Io…” – lacrime di rabbia presero a scendere dagli occhi della giovane. – “Io ti odio!! Ti detesto, non ti sopporto!! Vorrei non essere mai salita su questa nave e vorrei non aver mai accettato di seguirti!! Se potessi tornare indietro rimarrei alla mia isola, con mia sorella! E pregherei di non vederti mai più!!! Vorrei non averti mai incontrato, Monkey D. Rufy!!!”

Nessuno fiatò. Erano tutti troppo sbalorditi da quelle parole per poter reagire. Rufy continuava a fissare Nami, senza cambiare minimamente espressione. Poi, lentamente, si alzò, calcandosi per bene il suo adorato cappello sul capo. Quindi, senza mostrare a nessuno gli occhi, s’incamminò verso la porta. Prima di uscire, però, si fermò sulla soglia. Con voce atona disse, senza nemmeno voltarsi:

“Se è davvero così che la pensi, non devi far altro che andartene. Non sarò certo io ad obbligarti a fare qualcosa che non vuoi.”

E con queste parole lasciò la cucina, lasciando la sua ciurma ancora più attonita.

Di nuovo, tutto rimase immobile per qualche istante. Poi Nami si precipitò fuori, andandosi a chiudere in cabina. Spinta dalla rabbia aveva detto cose non solo che non pensava, ma che esprimevano l’esatto contrario dei suoi veri sentimenti. E ora si sentiva terribilmente affranta. Per aver detto quelle cose a Rufy, con il solo scopo di ferirlo. E ancora di più per la reazione del capitano stesso. Se n’era infischiato. Anzi, le aveva proprio detto di andarsene. Incredibilmente, sembrava che non gli importasse di perdere una compagna e amica. Nami si morse con forza il labbro inferiore, ma non le servì a nulla. Le lacrime scesero nuovamente dai suoi occhi e la giovane non poté far altro che gettarsi sul letto e premere il volto sul cuscino, scoppiando in un pianto dirotto. Non si accorse nemmeno di Robin, che era entrata in cabina e, dopo averle donato uno dei suoi rari sguardi dolci, l’aveva lasciata sola, libera di sfogarsi. La bella donna viaggiava da moltissimo tempo e aveva molta più esperienza di loro, anche nel campo dei sentimenti. Anche se per molto tempo aveva cercato di non provarne, conoscendo quella ciurma aveva ricominciato a voler bene. E si era molto affezionata a quella ragazza, che faceva la dura per nascondere i suoi tormenti e le sue debolezze. La capiva e infatti non le ci era voluto molto per comprendere cosa si nascondeva davvero dietro a quella rabbia e a quelle parole.

 

Nel frattempo, Rufy era andato a sedersi sulla polena, come al suo solito. Ma quel giorno era diverso, e gli altri se n’erano accorti. Solitamente, anche se stava seduto sulla sua postazione preferita, non stava un attimo fermo. Si dondolava, faceva scherzi, rubava cibo, rideva. Invece ora era fermo. Immobile. In silenzio. Fissava il tramonto senza dire una parola. Era talmente immobile che sembrava non respirasse neanche. Nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a lui. Era rimasto evidentemente scosso dalle parole di Nami e dirle che poteva andarsene doveva essergli costata molta fatica. Loro tutti sapevano bene che Rufy teneva ai suoi compagni più che a se stesso. E che li avrebbe lasciati andare solo se fosse stato davvero necessario, e con una profonda sofferenza. Sanji, Zoro e Usop ricordavano ancora bene come si fosse rifiutato di lasciar scappare Nami senza una spiegazione e successivamente di abbandonarla, nonostante fosse stata lei a chiederlo. Non capivano per quale motivo questa volta fosse stato lui a suggerirle di andarsene. Probabilmente le parole della ragazza lo avevano ferito più di quanto tutti loro potessero immaginare. Comunque, comprendendo il suo dolore, nessuno andò da lui e lo lasciano solo, libero di pensare.

A notte fonda, però, quando Sanji si alzò per andare a bere, era ancora lì, sulla polena, intento a fissare il buio. Il giovane cuoco si sorprese molto. E si chiese se fosse stata una buona idea lasciarlo solo. Forse, in fondo, sentiva la necessità di parlare con qualcuno. Dopo essere passato in cucina a prendere l’acqua e una mela per il capitano, quindi, andò verso il giovane.

“Ehi, Rufy! Che fai, non dormi?”

Rufy si voltò e vedendolo gli sorrise. Sanji però si accorse subito che quello non era un sorriso dei soliti. Senza fare commenti gli lanciò la mela, che Rufy prese al volo.

“Grazie. Effettivamente avevo un po’ d’appetito.”

“Lo immaginavo. Allora, Rufy. ti va di parlare un po’ con il vecchio Sanji?”

“Ok. Ma di cosa?”

“Non fare il finto tonto, sai a cosa mi riferisco. Sto parlando di Nami e di ciò che è accaduto oggi.”

“Oh…Beh, non credo ci sia molto da dire. Qui non sta bene. E allora è giusto che se ne vada.”

“Dici sul serio? Eppure, quando se ne andò per tornare al suo villaggio, tu non lo accettasti. La volevi riportare indietro.”

“E’ diverso. In quel caso lei se n’era andata senza una spiegazione. E non voleva davvero abbandonarci. Ora, invece, sì. Ce l’ha detto chiaramente. Io non ho mai voluto tenere nessuno nella ciurma contro la sua volontà. Se odia me e questa nave allora non ha alcun senso che rimanga qui.”

Sanji osservò l’amico. Era davvero serio, raramente l’aveva visto così. E ancor più raramente l’aveva sentito fare un discorso tanto lungo senza metterci in mezzo qualche cavolata. Sì, era decisamente sconvolto.

“Ma tu credi davvero a quello che ha detto?”

Rufy lo guardò, stupito.

“E perché non dovrei, scusa? Se l’ha detto vuol dire che lo pensava, no?”

Sanji sorrise. Nonostante tutto, rimaneva comunque il solito tontolone di un capitano, con la sua ingenuità.

“Rufy, a te non capita mai di non dire quello che pensi? O di dire un’altra cosa?”

“No.” – rispose candidamente il capitano.

“Ne sei davvero sicuro? Al 100%? Non è davvero mai capitato che tu volessi dire qualcosa ma poi te la tenessi dentro? Magari per non ferire qualcuno o te stesso…”

Rufy abbassò il capo e prese tempo staccando un pezzo di mela con un morso. In un’altra occasione l’avrebbe ingoiata intera.

“Beh, effettivamente…Forse una volta è successo…”

“Ah sì? E quando, se è lecito?”

“…Oggi…Proprio qualche ora fa. E forse…Forse è stata la prima volta in tutta la mia vita. Io sono abituato a dire sempre quello che penso, capisci? Non mi piacciono le bugie.”

“…E quando è successo? Mentre parlavi con Nami?”

“…Quando ho detto a Nami di andarsene…”

Sanji sorrise, notando che il capo del suo amico si abbassava sempre di più. Sembrava quasi imbarazzato.

“Rufy, dimmi una cosa…Che avresti voluto dirle, in realtà, in quel momento?”

Rufy prese ancora tempo, finendo la mela, sempre a capo chino. Poi, lentamente, alzò il capo, tornando a fissare il buio davanti a sé. Sanji pensò non volesse rispondere. Ma poi Rufy mormorò:

Perdonami…Mi sforzerò di cambiare…Ma ti prego…Non abbandonarmi ancora…E’ questo che avrei voluto dirle…”

“E perché non l’hai fatto?”

“Perché non sarebbe stato giusto. Lei ha il diritto di scegliere cosa fare. Non posso obbligarla. Deve decidere lei. Se le avessi detto quello che pensavo…avrei potuto influenzarla…”

“E non pensi di aver corso questo rischio anche dicendole di andarsene?”

Rufy non rispose. Per un po’ rimasero entrambi in silenzio. Mentre Rufy fissava ostinatamente davanti a sé, Sanji prese una sigaretta e, con gesti meccanici, se l’accese. Poi, soffiando fuori il fumo, chiese:

“Rufy…Sei mai stato innamorato, tu?”

Rufy per poco non cadde dalla polena. Guardò l’amico con gli occhi fuori dalla testa.

“Che razza di domande sono?!”

“Una domanda come un’altra…Allora? Mai stato innamorato?”

Rufy stava per rispondere con un secco no, ma per qualche motivo non lo fece, chinando nuovamente il capo. Sanji lo osservava con un mezzo sorriso.

“Ecco…Non saprei…Magari mi sono innamorato senza accorgermene. Il fatto è che io non so cosa significhi essere innamorati. Nessuno me lo ha mai insegnato.”

“Vedi, Rufy…Essere innamorati significa non riuscire a pensare ad altri che alla persona amata. Sentire il desiderio di renderla felice a qualsiasi costo. Voler condividere con lei ogni cosa. Non volertene separare mai. Scioglierti per un suo sorriso e provare il desiderio di uccidere chiunque glielo tolga. Sentire un tuffo al cuore ogni volta che osservi il suo profilo. E scoppiare di felicità quando sei vicino a lei.”

Sanji si era reso conto che, con il progredire del suo discorso, gli occhi di Rufy si erano abbassati sempre di più. Terminato il monologo, con un gran sorriso dipinto sul volto, chiese:

“Allora, Rufy…Ti sei mai innamorato?”

Ci volle qualche istante prima che, da quella massa ingobbita in cui si era trasformato il suo capitano, provenisse un sommesso:

“Beh, io…credo proprio…di sì…”

Il cuoco proruppe in una gran risata.

“Beh, amico, sei messo meglio di me! A me non è ancora capitato di provare una cosa simile per una ragazza, perché mi piacciono tutte! Comunque, ora vado a dormire. Ti lascio a riflettere su quanto hai scoperto. E ricorda…Se hai ancora bisogno di parlare di queste cose…Sai dove trovarmi! Buonanotte, capitano.”

“’Notte, Sanji. Grazie.”

“Figurati…”

E il biondo cuoco tornò in cabina, fischiettando. Non appena entrò, si ritrovò tre paia d’occhi puntati su di lui.

“Beh? Preoccupati per il capitano?”

“Lascia perdere l’ironia. Allora, che ha?”

“Niente di preoccupante. E’ solo rimasto scosso dopo la discussione avuta con Nami.”

“Questo l’avevamo capito. Ma quanto scosso?”

“Parecchio. Ma certamente gli passerà.”

“Davvero? Anche se Nami se ne andrà?”

Sorridendo, Sanji andò a distendersi sulla sua amaca. Poi, dopo aver chiuso gli occhi, rispose:

“Ma lei non se ne andrà. Rufy non glielo permetterà. Sono pronto a scommetterci.”

E con quest’ultima frase chiuse la discussione.

 

Il mattino successivo, l’intera ciurma fu svegliata di soprassalto da forti boati. Robin fu la prima a controllare cosa accadeva, sfruttando i poteri del frutto del diavolo. Si voltò verso Nami.

“Ci attaccano. Preparati a combattere. Io avverto gli altri.”

Mentre la navigatrice si preparava, Nico Robin utilizzò nuovamente i suoi poteri, facendo apparire una bocca nella cabina dei ragazzi.

“Siamo attaccati. Tre navi, saranno un centinaio. Stanno sparando con dei cannoni. Non conosco il Jolly Roger.”

Rufy, Zoro e Sanji, già in piedi davanti alla porta della cabina, annuirono.

“Ok. Zoro, Sanji. Noi usciamo allo scoperto. Usop, corri al cannone. Chopper aiutalo. Robin, tu resta nascosta fino all’ultimo, così li cogli di sorpresa.”

Ci fu un attimo di silenzio in cui tutti annuirono, in risposta agli ordini del capitano. Poi, la bocca di Robin parlò nuovamente.

“…E Nami?”

Tutti si voltarono verso Rufy. Lui teneva il capo chino.

“…Dille di decidere lei. Se non vuole più far parte della ciurma, può starsene nascosta. Ora andiamo, forza!”

E corse fuori, seguito dai due compagni. In cabina, Robin si voltò verso Nami. La rossa ricambiò lo sguardo, poi chiese:

“Allora?”

“Rufy, Zoro e Sanji sono usciti. Usop e Chopper sono andati al cannone. Io devo rimanere qui. Aspetterò che siano arrivati sulla nave per coglierli di sorpresa.”

Nami rimase in attesa, ma Robin sembrava aver terminato.

“Ok. E io? Devo aspettare qui con te?”

“…Il capitano ha detto…che devi decidere tu.”

“Eh?”

“Se non hai più intenzione di far parte di questa ciurma…Allora vai a nasconderti finché non sarà tutto finito. Altrimenti, esci a combattere con noi.”

Nami la fissò a bocca aperta. Poi andò a sedersi sul letto, non mostrando più il volto alla compagna. Stettero in silenzio per un po’, poi Robin decise di aiutare un po’ quella ragazza che ormai considerava una cara amica.

“Sai, Nami…L’altro giorno ho fatto quattro chiacchiere con Sanji. Ero curiosa di sapere come vi eravate conosciuti e cos’era accaduto durante il vostro viaggio, prima che arrivassi io.”

Nami non si era mossa, però aveva cominciato ad ascoltarla.

“Così, tra una cosa e l’altra, mi ha raccontato di quando è toccato a lui entrare nella ciurma. E mi ha anche confidato che è stato proprio in quel periodo l’unica volta che ha visto Rufy davvero infuriato. Aveva a che fare con te ed il tuo passato, no?”

La navigatrice sussultò.

“E poi mi ha anche detto una cosa che, a pensarci ora, è strana. Perché sarebbe un controsenso con ciò che è accaduto ieri…E’ una cosa accaduta subito dopo che tu sei fuggita con la nave e i tesori…Mi ha anche detto che quella è stata la prima volta che ha pensato che forse Rufy non era solo un povero idiota…”

Ormai Robin aveva catturato la completa attenzione di Nami. Infatti la rossa aveva alzato la testa e ora fissava la più grande con sguardo ansioso. Robin sorrise a se stessa.

“Sanji ha detto che questa è una cosa che forse tu non hai mai saputo…Quindi non so se è il caso di dirtelo. Però, visto che ci siamo…”

“Dimmelo, Robin. Ti prego.”

“Quando tu fuggisti con la nave…C’erano due vostri amici a bordo, no?”

“Sì. Johnny e Yusaku.”

“Loro, dopo che tu li avevi buttati in mare, corsero da Rufy e gli dissero cosa era accaduto. Sanji guardava tutto da lontano, non era ancora uno di voi. Ma vide chiaramente le varie reazioni. Da ciò che mi ha raccontato, Usop e Zoro s’infuriarono, mentre Rufy rimase zitto, sbalordito. Poi Zoro propose di lasciarti perdere, in fondo eri solo una ladra. Usop protestò per via della nave. Rufy, invece, guardò bene il mare, fino a scorgere, lontanissima, la sagoma della Going Merry. Quindi ordinò a Zoro e Usop di seguirti e portarti indietro, perché lui non poteva muoversi da lì.”

“Sì, questo lo sapevo. Ricordo che Zoro mi disse che era venuto fino a Cocoyashi perché glielo aveva ordinato Rufy.”

“Già. Ma ciò che tu, forse, non sai, è che a quell’ordine entrambi protestarono. Non volevano seguirti e sostenevano che una altro navigatore sarebbe stato facile da trovare. Ma a quel punto Rufy si arrabbiò. Ripeté l’ordine, poi disse, più o meno…Nami è la nostra navigatrice e senza di lei non si va avanti. Fu solo per quello che Zoro e Usop, alla fine, partirono.”

Nami era rimasta stupefatta. Fissava il vuoto con gli occhi sbarrati.

“Io…Questo non lo sapevo…”

Robin non fece alcun commento. Semplicemente, con un sorriso, disse:

“A volte, per cercare di assecondare le persone care, si dicono cose che non si pensano…Allora, navigatrice…Hai preso la tua decisione?”

Per qualche istante ci fu solo silenzio. Poi, fissando Robin con sguardo determinato, Nami si alzò e, afferrando la sua arma, disse:

“Puoi scommetterci, compagna!”

Robin sorrise, mentre Nami la ricambiava. Poi entrambe si gettarono nella battaglia.

Rufy era immerso nel combattimento, ma vide ugualmente Robin uscire sul ponte pronta a lottare, seguita da Nami, apparentemente con la stessa intenzione.

“Nami…Allora, almeno per ora, si ritiene ancora una della ciurma…E va bene. Mi libero di questi bastardi e le parlo!!”

Tornò a combattere, con un sorriso determinato dipinto sul volto. Lo scontro era duro, i pirati avversari sembravano non finire mai. Poi, all’improvviso, Rufy venne colpito alla schiena da un bastone e si voltò per verificare chi fosse stato l’incauto nemico. Il giovane comprese all’istante di trovarsi di fronte al capitano della ciurma avversaria.

“Eccoti qua, finalmente, bastardo!”

“Moccioso…Hai una pellaccia dura, tu. Ma non credi di peccare di presunzione nel ritenerti un pirata, o ancor peggio, un CAPITANO?”

“Ma che dici, scemo?! Parla in modo comprensibile, io non capisco certi paroloni!”

“Stolto! Ora t’insegno io com’è un vero capitano!”

I due ingaggiarono una dura battaglia. Nami se ne accorse e si avvicinò per vedere meglio. Non poteva fare a meno di preoccuparsi per Rufy. E poi questa volta doveva assolutamente uscirne sano e salvo. Perché lei doveva parlargli, e dirgli che aveva mentito, dicendogli che lo odiava e tutte quelle altre sciocchezze.

 

Il combattimento proseguì senza esclusione di colpi, fino a che non si giunse al momento cruciale, tanto odiato da Nami. Quello in cui il nemico, esausto e sanguinante, guardava Rufy con sguardo sconvolto, e gli porgeva la solita, temuta domanda.

“Ma a te non importa nulla di morire?!”

Nami, ancora una volta, chiuse gli occhi.

“No! Non posso sentirlo rispondere, o finirò per arrabbiarmi ancora e dirgli altre sciocchezze!!”

Rufy sorrise e si preparò a rispondere. Ma la risposta non fu quella che Nami si aspettava. Infatti Rufy esclamò:

“Un tempo no! Ma ora è diverso! Ora c’è una cosa che devo assolutamente fare, prima di morire! E c’è una persona da cui voglio tornare e da cui vorrò tornare dopo ogni battaglia! Per questo sconfiggerò te e tutti gli altri pirati che mi sfideranno! E vivrò! Per la persona che amo!!”

E con questa frase si scagliò sull’avversario, dandogli l’ultimo, fatale colpo.

Nami fissava Rufy, sconvolta dalle sue parole. Era completamente indifesa. Ma nessun nemico l’attaccò. Infatti tutti gli uomini, vedendo la sconfitta del loro capitano, avevano abbandonato lo scontro e si stavano riversando sulle due navi rimaste (la terza era stata abbattuta dal grande cecchino Usop) per fuggire. Ben presto il ponte della Going Merry si ritrovò sgombro, fatta eccezione per il suo equipaggio. I sette si rilassarono, fortunatamente nessuno di loro era rimasto ferito gravemente. Solo qualche graffio qua e là. Nami, nonostante si fosse seduta, come gli altri, non aveva smesso di fissare Rufy. Robin e Sanji se ne accorsero e, con un sorriso, trascinarono gli altri tre sottocoperta, lasciando soli il capitano e la navigatrice. Rufy, in quel momento, si accorse che Nami lo stava fissando e prese a guardarla a sua volta. Poi le sorrise.

“Allora hai deciso di combattere al nostro fianco, alla fine. E’ una scelta definitiva o è solo per oggi?”

Nami sembrò risvegliarsi dallo stato di semi-trance in cui era caduta. Scosse la testa per chiarirsi le idee, poi tornò a guardare Rufy.

“Non ho mai avuto la minima intenzione di lasciare la Going Merry. Ti chiedo perdono per ciò che ti ho detto ieri. Erano tutte bugie.”

Rufy assunse un’aria sorpresa.

“Vuoi dire che non è vero che mi odi e che vorresti non avermi mai conosciuto?”

“No! Scorda tutto ciò che ho detto ieri, Rufy. Ero nervosa e mi sono sfogata con te solo perché sei stato l’unico a parlarmi. Ho cercato di proposito di dire cose che ti avrebbero ferito, perché volevo sfogare la mia rabbia. Ma non pensavo assolutamente nulla di ciò che ho detto. Io mi trovo benissimo qui sulla Going Merry e se tornassi indietro, deciderei di seguirti ancora. E sappi che incontrarti, per me, è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata. Ti devo così tanto…E ti giuro che non ti abbandonerò mai. A meno che, ovviamente, non sia tu a volere che io me ne vada…”

Nami aveva chinato il capo, ma lo alzò di scatto quando udì Rufy urlare un secco “NO!!” e balzare in piedi. Lo fissò a bocca aperta.

“Neanche per idea!! Tu sei la mia navigatrice, e senza di te non vado avanti neanche io!!”

Il cuore di Nami prese a battere all’impazzata, mentre lo sguardo di Rufy, sempre posato su di lei, si addolcì in un modo che la giovane non aveva mai visto.

“E poi – proseguì il capitano dolcemente – mi sarebbe difficile venire a trovarti a casa tua dopo ogni battaglia e poi tornare indietro. Non riuscirei comunque a proseguire! AH AH AH!!!”

E scoppiò in una risata che gli altri, intenti a spiarli, interpretarono come diversivo per celare un certo imbarazzo.

“Ma guardatelo! Ride come uno scemo ed è tutto rosso!”

“Non ho mai visto Rufy così imbarazzato.”

“Beh, dopo ciò che ha detto a quel pirata, questa è praticamente una dichiarazione d’amore!”

“Chi l’avrebbe mai detto! Il capitano innamorato!”

“Comunque direi che anche la nostra navigatrice non è da meno. E’ addirittura viola!”

“Zitti, altrimenti non sentiamo la sua risposta!”

“Quando lo scriverò a Kaya, impazzirà per questa scena!”

Intanto, fuori, Rufy continuava a ridere e Nami, imbarazzatissima, lo fissava allibita.

“M- ma Rufy…Vorresti dire…?”

“Eh? Non l’hai capito? Ma come, e poi dite a me che sono lento a capire le cose!”

“Cos…Rufy, sbaglio o hai appena detto che sono più tonta di te?!”

“Beh, sì, più o meno…”

Nami scattò in piedi e tirò un pugno in testa al capitano.

“COME TI PERMETTI, IDIOTA!?!?”

“Ma è vero! Se non ci arrivi…”

“Allora continui! E poi l’avevo già capito, solo mi sembrava troppo assurdo!”

“Eh? Ma perché ti comporti sempre in modo così complicato? Uffa!”

“Ma la smetti?! Accidenti, tappati la bocca, così la smetti di offendere! E usala per fare qualcosa di più produttivo!”

“Cioè?”

Nami smise di guardarlo minacciosamente e gli sorrise dolcemente, avvicinasi lentamente a lui. Poi, arrossendo, avvicinò le labbra al suo orecchio e sussurrò:

“Baciami…Scemo!”

Anche Rufy divenne rosso, ma dopo un attimo si voltò verso di lei, sorridendo, e la circondò con le braccia. Quindi obbedì, unendo le sue labbra a quelle di lei. E con quel bacio, entrambi suggellarono la promessa di restare sempre insieme, da quel giorno e per l’eternità. Il (futuro) Re dei Pirati e la sua amata Regina.

 

FINE

  
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