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Autore: RLandH    23/08/2013    0 recensioni
Doveva scrivere ad Adam. Doveva dirgli che la cura non funzionava. O meglio lo faceva. Ripetere che le piacevano i ragazzi, non serviva. Era una verità di fatto. Non poteva cambiarlo. Lei amava Adam e lui era un ragazzo. Non c’erano problemi, di nessun tipo. Lei lo amava, lo amava perché era così e se fosse stato diverso non l’avrebbe amato. L’aveva amato dal primo momento. E sperava che lui potesse tenere nel suo cuore ancora a lei.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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spinoff

Titolo: The Therapy

Titolo Capitolo: Amare qualcuno può essere fottutamente difficile a volte

Paring: Beckdam (Becky Baker, Adam Torres)

Personaggi: Becky Baker, Dottore

PoV: Becky Baker

Rating:Verde

Disclaimer: Ovviamente non possiedo nessuno e nessun luogo e questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. Se fossero miei, ora Adam e Becky vivrebbero insieme a sbaciucchiarsi tutti contenti.

Sommario:  Doveva scrivere ad Adam. Doveva dirgli che la cura non funzionava. O meglio lo faceva. Ripetere che le piacevano i ragazzi, non serviva. Era una verità di fatto. Non poteva cambiarlo. Lei amava Adam e lui era un ragazzo. Non c’erano problemi, di nessun tipo. Lei lo amava, lo amava perché era così e se fosse stato diverso non l’avrebbe amato. L’aveva amato dal primo momento. E sperava che lui potesse tenere nel suo cuore ancora a lei.

 Beta: Non ne ho una ):
 Note:
Questa storia è stata scritta visto la tristezza causata dagli ultimi tre episodi di Degrassi (Forever Young mi ha steso) ed alla fine ho deciso di scrivere una ff sulla mia coppia preferita su tredici stagione di Degrassi. Ed ho pensato che anche se il fandom è praticamente inesistente, io dovevo. Specialmente per il finale che hanno avuto. Ma invece di scrivere del massimo Angst o scritto un prequel al massimo amore di questa coppia. La scena è ambientata prima dell’episodio Tonight, Tonight (12x27-12x28).

 

Buona Lettura.

 

 

 

The Therapy

Amare qualcuno può essere fottutamente difficile a volte.

Rebecca Baker andava dal suo psicologo ogni giovedì pomeriggio. Finiva scuola. Salutava Jenna. E con i suoi svolazzanti prendisole di colori accessi si recava dal dottore. Aspettava sempre dieci minuti in sala d’attesa, con le mani sulle ginocchia, con la schiena eretta, appoggiata allo schienale della sedia rossa. Lei era sempre puntuale, ma l’uomo che aveva il turno prima di lei, le rubava sempre dieci minuti, che  a sua volta lei sottraeva al paziente dopo e così via. Era un circolo vizioso che non aveva inizio ne fine. Era troppo nervosa per poter leggere una rivista o messaggiare. La seconda cosa era proprio da escludere. Perché in quella stanza con solo una finestra, fuori quell’angosciante porta, lei non avrebbe scritto a Jenna o suo fratello.

La porta si era aperta e da questa era uscito un uomo con una giacca a vento, che aveva continuato a ringraziare il dottore, indossava un anello della purezza al dito ed un croce al petto. “Entra cara” le aveva detto accomodante il signore, dopo aver salutato l’altro paziente. Invitandola ed entrare. Lei si era alzata dalla sedia e con le gambe tremanti era entrata nella stanza. Lo studio del dottore aveva un accomodante tavolino tondo, su cui c’era sempre il te, una libreria piena di testi sulla mente, il corpo e religiosi, una grande finestra, una pianta dalle foglie verdi, due sedie, qualche foto di una famiglia sorridente ed un crocifisso. Lei si accomodò al suo solito posto e l’uomo si accomodò accanto a lei, non prima di aver recuperato dalla cassettiera un fascicolo, il suo. “Allora come stai cara?” aveva domandato gentile, “Bene. Oggi ho preso una ad A ad un compito di scienze” aveva rivelato con gentilezza lei, “Ne sono contento” aveva commentato il dottore, “Ti vedo più solare questa settimana” aveva commentato, “Lo sono” aveva risposto lei con incredibile giovialità, “Stai migliorando” aveva commentato l’uomo, Becky aveva annuito. Ma no, non era vero.

Il dottore aveva continuato con chiacchiere scialbe per un po’, prima di decidere che era inutile continuare quelle chiacchiere ed aveva posto sotto il naso della ragazza, una foto di una ragazza decisamente scoperta. “Come ti senti in confronto di questa foto?” aveva domandato con un luccichio negli occhi. Le prime volte, Becky non riusciva a guardare quelle foto seminude senza provare vergogna, per loro e per se stessa, ma con il tempo aveva cominciato a riordinare le sue emozione. “Niente” aveva risposto schietta. Il dottore non aveva demorso, “Ti senti a disaggio?” aveva domandato, lei aveva negato. Certo avrebbe preferito vestite, per il pudore. “Neanche attratta?” aveva chiesto,  ancora una volta lei aveva negato. Era vero. Non si sentiva attratta. Aveva pensato di farlo. Le prime volte aveva davvero pensato di trovarle attraenti. “Cosa ti attrae, cara?” aveva domandato versandoli del tè, “I ragazzi” aveva risposto. Questo era vero. Lei era attratta dai ragazzi. Da sempre. Era la sua natura.

A lei piacevano i ragazzi. Anzi un ragazzo. Un meraviglioso ragazzo. Dagli occhi blu ed i capelli castani. Con una risata divertita e la battuta pronta. Uno di quei ragazzi capace di mettere da parte i dissapori per aiutare qualcuno. Anche se non gli era amico. Uno di quelli che sopprimevano la propria felicità per permettere a qualcun altro di essere felice.  Uno di quei ragazzi che ti capita una sola volta nella vita. Che ti fa girare la testa. E che quando ti guarda ti fa vedere quanto bello sia il mondo, nonostante le cose brutte. Quando pensava a lui Becky non poteva  non sorridere. Passava giornate a cacciarlo via dalla sua mente, a combatterlo, ad resistere dal cercarlo durante le lezioni, ad evitare il suo sguardo, a fingere che le cose andavano bene, lo stesso. A non amarlo. Eppure quand’era in quella stanza, Becky poteva pensare altro che a lui.

“A cosa pensi cara?” l’aveva disturbata dal suo crogiolarsi il dottore, “Ad un ragazzo” aveva risposto lei automaticamente. “Bene …” aveva commentato soddisfatto lo psicologo, “Chi?” aveva voluto inquisire. Il mio ragazzo, avrebbe voluto rispondere. Il mio ragazzo che aveva lasciato. “Il ragazzo che mi piace” aveva risposto alla fine, dopo un lungo sospiro, “E che tipo è questo ragazzo?” aveva domandato con una certa curiosità, “Il migliore” aveva risposto, con un sorriso luminoso sul viso. Decisamente il migliore. “Ed è un maschio. Uno vero” aveva confidato alla fine. Uno di quelli veri. Che non si vergognava ad ammettere quello che pensava e provava, ad accarezzarti i capelli e dirti che eri perfetta. Un ragazzo per cui valesse la pena piangere. “Mi fa piacere” aveva constato il dottore. “Dove conta” aveva stabilito Becky, afferrando la sua borsa e correndo fuori dalla stanza, senza aspettare risposta dal suo medico.

Doveva correre a casa, era l’unica cosa che contava. Doveva scrivere ad Adam. Doveva dirgli che la cura non funzionava. O meglio lo faceva. Ripetere che le piacevano i ragazzi, non serviva. Era una verità di fatto. Non poteva cambiarlo. Lei amava Adam e lui era un ragazzo. Non c’erano problemi, di nessun tipo. Lei lo amava, lo amava perché era così e se fosse stato diverso non l’avrebbe amato. L’aveva amato dal primo momento. E sperava che lui potesse tenere nel suo cuore ancora a lei. Che non fosse tutto perduto. Sperava che ci fosse ancora una possibilità per amarsi. In pace. E per la prima volta non le interessava dei suoi genitori. E di Dio? Dio aveva fatto Adam così e l’aveva messo sulla sua strada. Dio era buono. Era la gente che non lo era.

E Becky Baker era sana.

Non era lesbica. Le piacevano i ragazzi.

Ed amava Adam. Che era un ragazzo. Dove più contava. Tra le orecchie.

   
 
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