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Autore: bikergirl    24/08/2013    2 recensioni
-Jane!- continuo a chiamare il suo nome, invano.
È buio, sto camminando in un bosco dannatamente umido, con in mano una torcia che illumina ben poco, davanti a me.
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per fortuna vedo arrivare dall'ascensore Rigsby, Cho e Van Pelt.

-Ragazzi, novità?- chiedo, assaporando la bevanda calda.

-Si, capo: la scientifica ha analizzato le prove e mi ha comunicato che una delle gomme è scoppiata prima dell'impatto con il guardrail.- mi spiega Wayne, aprendo una cartellina.

-Abbiamo parlato con i dipendenti dell'autogrill in cui il bus si è fermato, e hanno detto che ha fatto benzina e controllo delle gomme, prima di ripartire.- sentenzia Cho, a braccia conserte.

-Dovreste cercare il benzinaio, signori miei...- mi giro e ritrovo Jane con una tazza tra le mani, sorridente.

-Il benzinaio? E perchè?- domanda Van Pelt.

-Alcuni mesi fa c'è stato un incidente simile a questo, che hanno riportato i giornali, ma il guardrail non ha ceduto, infatti si è solo piegato...- dice Patrick, avvicinandosi.- Cosa che invece quì non è successa.-

-Perché è stato manomesso!- aggiungo io, ricordando i bulloni a terra.

-Sulla strada ho notato vicino ai segni lasciati dalle gomme una sostanza strana, simile a dell'olio, probabilmente inserita nella camera d'aria. Chi ha manomesso quello pneumatico conosceva bene la strada, tanto da sapere come e quando far scoppiare la gomma.-

-Mio fratello ha detto che prima che il bus perdesse il controllo, gli è parso di sentire la ruota sotto di se' non girare bene...Non si trattava dell'asfalto, quindi...- dico, ricollegando i fatti.

-Ma perché un benzinaio dovrebbe fare tutto questo?- chiede Wayne, non capendo.

-Probabilmente non si tratta del benzinaio, ma di qualcuno che lui conosce.- sentenzia il mio collaboratore, finendo di bere il the'.

-Cho, Rigsby, andate nella sede centrale della compagnia, e cercate di capire se ci sono state delle lamentele da parte dei clienti o degli autisti. Van Pelt, tu cerca tutto ciò che puoi sull'incidente di qualche tempo fa e controlla se nei rapporti di polizia c'è qualcosa che ci possa aiutare. Io vado in ospedale.-

-Okay, capo.- mi dicono tutti all'unisono, tranne Jane.

-Io vado con lei!- esclama, seguendomi.

 

 

-Jane, hai restituito i soldi?- gli chiedo, allacciandomi la cintura e mettendo in moto.

-Tutto per te, Lisbon.- mi guarda, sornione.

-Non lo devi fare per me, ma per il dipartimento!- esclamo, anche se la sua affermazione mi fa venire caldo.

-Pensavo ti spiacesse vedermi incarcerato.- dice, facendo il finto sconsolato.

Sorrido all'idea che lui possa avere restituito il denaro solo per starmi vicino.

-No, non più di tanto: credo ti doni l'arancione!- esclamo sorridente, riferendomi ai vestiti dei prigionieri.

-Lo dici solo perché vuoi nascondere che voi, senza di me, sareste persi.- afferma, facendo il superiore.

Gli dò un colpetto sul braccio che lo obbliga a voltarsi, divertito.

Arriviamo all'ospedale e raggiungiamo la camera di mio fratello; è nel letto, con lo sguardo perso nel vuoto, probabilmente intento a pensare ad Annabeth.

-Ciao, Tommy.- gli dico entrando, mentre Jane gli rivolge solo un accenno.

-Teresa, hai novità?- chiede, guardandomi.

-Si, siamo arrivati ad una svolta: il bus è stato manomesso, io e la mia squadra stiamo cercando di capire chi sia il colpevole.- mi siedo, vicino al suo letto, mentre Jane rimane in piedi.

-Non posso crederci....Perchè qualcuno farebbe una cosa del genere?- domanda, rivolto anche a Patrick.

-Vendetta, pazzia...Possono essere tanti i motivi.- Risponde il mio consulente, alzando le spalle, con le mani in tasca.

La porta si apre, ed il dottore ci invita ad uscire, dovendo visitare Tommy.

 

Io mi lascio cadere su una sedia nella saletta d'aspetto, sospirando.

-Dovresti riposare...- afferma Jane, sedendosi affianco a me.

-Quando chiuderemo questo caso, lo farò.- decido, guardando la porta del corridoio in cui è vietato l'accesso.

Rimango immobile, con la mia immaginazione che corre al di là di quelle ante di colore neutro, fino alla camera dove riposa mia nipote.

Sento la mia mano stretta improvvisamente da quella di Jane: mi volto, e noto le nostre dita intrecciate; è un gesto insolito, dettato dall'apprensione che evidentemente nutre nei miei confronti. Mi illudo, per una frazione di secondo, che quel contatto sia dovuto ad una attrazione che Patrick coltiva nei miei confronti: mi rendo conto che è una cosa impossibile, dato che mi ritiene più una sorella che una possibile amante.

Il dottore arriva, compilando qualcosa su una cartellina rigida, obbligandomi a distogliere l'attenzione dai miei stupidi pensieri;sorride non appena ci vede, quasi avesse delle buone notizie: Jane mi lascia repentinamente la mano, alzandosi, come se quel contatto esclusivo lo bruciasse.

-Come sta Annabeth?- chiedo con un tremolio nella voce, drizzandomi a mia volta.

-I valori sono stabili, domani mattina la faremo uscire dal coma.-

-Si rimetterà?- domando, tentennante.

-E' migliorata in queste ore, ma potrebbero esserci delle conseguenze.-

-Conseguenze...?- chiedo, non capendo.

-Annabeth ha subito un brutto trauma alla testa, e potrebbe perdere la memoria...Non sappiamo se per giorni o mesi o anni...Ma c'è questa possibilità.-

Porto le braccia al petto, mordicchiandomi il labbro: anche Jane ha perso la memoria e l'ha recuperata, ma sarebbe successo anche a mia nipote?

-Scusatemi, devo continuare il giro di visite.- sospira, allontanandosi.

Mi avvicino alla piccola finestra che da' sul corridoio del reparto di rianimazione e appoggio la testa alla superficie di vetro fredda.

Che cosa avrebbe fatto Tommy, con mia nipote? Se avesse perso la memoria, sarebbe stato in grado di badare a lei?

-Lisbon...- mi volto, vedendo Patrick al mio fianco, con le mani nelle tasche della giacca.-Lo sai che la perdita della memoria non è un problema.- mi sorride, cercando di confortarmi. Sorrido a mia volta, sentendo di nuovo le lacrime bruciarmi gli occhi; mi mordo distrattamente il labbro, temendo il peggio.

-Vorrei...Almeno vederla.- affermo, con voce tremante, desiderosa di poterle stringerle la mano e sussurrarle che le voglio bene.

 

Patrick non dice nulla: mi prende improvvisamente per mano, come è accaduto pochi minuti fa, trascinandomi fuori dalla saletta d'aspetto.

-Vieni.- mi lascio guidare: vedo che prendiamo l'ascensore, fino al seminterrato; fa freddo e c'è un odore di detersivi misto a vapore.

Mi conduce attraverso un corridoio illuminato dai neon, passando poi un paio di porte.

-Aspetta qui.- mi dice, guardandomi; sparisce dietro un muro, mentre io attendo paziente il suo ritorno. So che mi sta portando da mia nipote, nonostante non glielo abbia espressamente chiesto. Come farei senza di lui?

Ricompare, invitandomi a seguirlo; senza fare storie lo ascolto, camminiamo veloci verso un'ampia stanza, piena di grandi lavatrici, macchine per la sterelizzazione e carrelli riempiti di lenzuola.

Un paio di voci, che Jane riesce a percepire, lo fanno sobbalzare; si guarda intorno, e mi trascina per un braccio dietro l'angolo di un muro.

-Jane, ma che f...-

-Shhh...- mi sussurra, portando il suo indice contro le mie labbra; il muro è tiepido a causa dell'alta temperatura del posto, il vapore mi inumidisce il volto, il caldo e la sua vicinanza mi fanno sudare. Si sporge dallo stipite per controllare i due addetti alla lavanderia che camminano affiancati, parlando del più e del meno.

-Erick, aspetta, prendo un paio di cesti!- esclama quello più robusto, avvicinandosi al nostro nascondiglio.

Vedo gli occhi di Jane, contro il mio corpo, correre verso i contenitori, poco distanti da noi: se quel tipo li avesse recuperati saremmo sati scoperti.

-Jane, non...- non riesco a finire la frase, che uno sfiato di vapore caldo ci circonda: il mio consulente, infatti, ha schiacciato il tasto di rilascio del vapore di una macchina adibita alla sterelizzazione, a circa un metro da noi; per fortuna il getto non ci colpisce direttamente, annebbiando comunque l'angolo.

Ci giriamo entrambi, chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro; sento un suo braccio contro la mia vita, adagiato al muro, probabilmente per non permettermi di muovermi nel caso in cui voglia allontanarmi:l'aria viene a mancarmi nei polmoni e mi appoggio contro il suo petto per evitare di intossicarmi con vapore misto a chissà quale componente chimico. Inspiro il suo profumo, che tante volte ho percepito,chiudendo le palpebre: preferirei abbracciarlo in altre occasioni, ma non posso comunque lamentarmi del batticuore che quel contatto mi genera.

-Andiamo a mangiare qualcosa!- esclama il ragazzo con i due cesti in mano: dietro il vapore denso l'ombra si allontana, ed immediatamente usciamo dalla nube, tossendo.

-Grande idea, Jane!- esclamo, colpendomi un po' il petto per respirare.

-Non mi è mai piaciuto giocare a nascondino!- dice, appogiandosi ad un carrello poco distante.

-Andiamo, Annabeth ci sta aspettando.- mi riprende la mano, trascinandomi via di lì e salendo le scale riservate al personale addetto: raggiungiamo la porta d'accesso, che Jane apre con una graffetta.

-Ce l'hai sempre con te?- chiedo, ironica, guardandomi intorno per controllare se qualcuno scende o sale le scale.

-Può sempre essere utile riuscire ad aprire una serratura...- mi dice, facendomi attraversare la porta per prima.

Con cautela ci muoviamo lungo il corridoio, in cui regna il silenzio; a lato ci sono dei macchinari, dei distributori d'acqua e dei carrelli.

Raggiungiamo la stanza, e Jane mi fa entrare, seguendomi.

Lo vedo chiudere velocemente la porta ed abbassare le saracinesche, senza smettere di controllare se qualcuno si avvicina.

 

Mi affianco al letto di mia nipote: è intubata, con le palpebre chiuse sotto cui vedo gli occhi muoversi nervosamente.

-Sognando tendiamo a spostare gli occhi, come se vedessimo realmente qualcosa...- la voce morbida di lui, alle mie spalle, mi fa rabbrividire: mi piace quel particolare contatto che si crea tra me e lui in situazioni delicate;è una cosa del tutto nuova, che ora mi coinvolge più di prima.

Ritorno con il pensiero a mia nipote: d'altronde sono lì per lei; la macchina che tiene sotto controllo il battito del cuore emette un “bip” regolare; sullo schermo l'elettrocardiogramma scorre incessante, monitorandola continuamente. Il respiratore le infonde ossigeno nei polmoni, abbassando ed alzando la fisarmonica circolare contenuta in un cilindro.

Incrocio le mie dita con quelle di lei, accarezzandole dolcemente la mano. Sorrido, sentendola calda e non fredda come Jane, pochi giorni fa, appena fuori dal lago.

-Lisbon?- mi volto, senza lasciare il contatto che ho con mia nipote.

-Sotto il letto!- sussurra, indicandomi il pavimento

Lo vedo chinarsi, mentre sento all'esterno dei passi, probabilmente di un infermiere: mi fiondo sotto il letto, imitando il mio collaboratore, scansando le lenzuola che penzolano ai lati.

Ci ritroviamo uno difronte all'altra, stesi su un fianco, a meno di una spanna di distanza. Perchè li fanno così stretti, i letti d'ospedale?

Sento il respiro caldo di lui stuzzicarmi le labbra, mentre il suo profumo mi intorpidisce i sensi; chiudo gli occhi, nervosa e agitata, un po' per timore di dovere giustificare a Bertram la mia presenza sotto un letto d'ospedale ed un po' per l'irrisoria distanza che ho con Jane.

La porta si chiude e noto le ciabatte bianche avvicinarsi al fondo del letto; probabimente è una visita di controllo, dato che sento l'uomo recuperare la cartellina su cui vengono appuntati i valori dei degenti.

Patrick ha il respiro leggermente affannato, forse per l'adrenalina che gli scorre in corpo; mi osserva e quegli splendidi occhi blu trasmettono uno sguardo serio e determinato, quasi malinconico.

I due piedi si spostano a lato del letto, e Patrick si spinge ancora più verso di me, per evitare che i lembi della sua giacca facciano capolino dal il lenzuolo penzolante.

Gli stringo il braccio, per evitare che si sbilanci verso l'esterno; i nostri nasi si sfiorano, e noto che scruta attento le mie labbra, che so di avere socchiuse. Ci avviciniamo ancora, trasportati dalla situazione, per colmare quello spazio che separa le nostre bocche e così abbassiamo entrambi le palpebre, tornando impetuosamente alla realtà quando sentiamo la porta della stanza chiudersi; io sobbalzo, andando a sbattere la nuca contro il letto.

-Diavolo!- esclamo a bassa voce, suscitando le risa di Patrick, che ci scioglie dalla mia stretta e torna in piedi.

Io faccio lo stesso, percependo che il mio cuore ha assunto di nuovo un batito regolare.

Patrick si pulisce i pantaloni e la giacca, mentre io mi avvicino a mia nipote. Sospiro, portandomi le mani dietro il collo alla ricerca del gancetto della collanina d'oro che mi ha regalato mia madre.

So che Jane mi osserva immobile e stupito: è cosciente di cosa significa per me quel gioiello e sa che non mi sono mai separata da quella piccola croce, a cui ricorro con qualche preghiera nei momenti più pericolosi.

La guardo, prima di agganciarla intorno al collo di mia nipote; mi chino, dandole un bacio sulla sfonte e sussurrando con le labbra che le sfiorano la pelle che gli voglio bene.

Torno con gli occhi su Jane, che mi osserva con un piccolo sorriso orgoglioso e apprensivo sulle labbra: è molto sexy, con i capelli un po' spettinati per lo sfiato di vapore, le mani in tasca e la giacca stroppicciata. Ecco che penso nuovamente a lui, osservando le sue caratteristiche fisiche: sono più di sei anni che ci conosciamo e mai mi è capitato così sovente di notare quanto fosse attraente. Che mi stia innamorando di lui?

Stringo per un'altro paio di secondi la mano di mia nipote, prima di allontanarmi dal letto e avvicinarmi all'uscita della stanza.

-Andiamo?- domando a Jane, senza guardarlo in viso, mentre ripenso a qualche minuto fa, in cui abbiamo rischiato di baciarci. Si sa, la tensione gioca brutti scherzi.

 

Usciamo dall'ascensore per raggiungere l'ufficio e Rigsby accorre nella nostra direzione, seguito da Van Pelt.

-Capo, io e Cho siamo stati nell'ufficio della “Travelway”; abbiamo chiesto un elenco dei clienti insoddisfatti e degli autisti licenziati e abbiamo trovato qualcosa.- mi riferisce camminandomi affianco

-Ho fatto un controllo incrociato, ed è risultato che un ex autista, un certo Adam Suttler, è stato licenziato qualche mese fa per mancato temperamento e mancato rispetto delle norme di sicurezza. Nonostante ci fossero dei testimoni del suo carattere intrattabile, ha provato a portare la Travelway in tribunale, accusandola di ingiusto licenziamento e mancato pagamento di liquidazione.- continua Grace, camminandomi affianco.

 

-Beh, questo Suttler potrebbe avere avuto a che fare con il primo incidente...- continuo io, seguendo il mio istinto.

-In effetti è così: la polizia aveva investigato, ma non c'erano prove sufficenti per dichiararlo coinvolto, anche se pochi giorni prima dell'incidente la compagnia lo aveva licenziato.- Continua Van Pelt, offrendo più informazioni.

-Immagino che Adam Suttler abbia lavorato alla stazione di servizio...- dice Jane, guardando i colleghi.

-Non solo, è sparito dopo poche ore dall'incidente: ho già diramato un avviso.- comunica Cho, che intanto ci ha raggiunto.

-Dov'eri?- gli chiede Patrick, curioso.

-Non sono affari tuoi.- risponde diretto l'altro.- Capo, credo sia il caso di andare a parlare con i colleghi di Suttler alla stazione di rifornimento: se ha lavorato lì per qualche mese, potrebbero sapere dove si trova.- mi dice Cho, sicuro di avere dato un buon consiglio.

-Dubito che ci diranno qualcosa...- sospira Van Pelt.

-Per questo avete un consulente brillante come me!- afferma sornione Jane, attirando gli sguardi ostici di tutti noi. -Va bene, come non detto...- si zittisce, facendo spallucce.

-Cho, tu,io e Jane andremo alla stazione di servizio, mentre voi due tenetevi pronti: appena sapremo dove si trova Suttler ve lo comunicheremo, e andrete a prenderlo.- comando a Rigsby e Van Pelt, sicura di essere vicina alla cattura di quell'assassino.

 

Io, il mio collaboratore e il mio sottoposto arriviamo alla stazione di servizio: ci sono molti tir e camion parcheggiati, mentre un via vai di persone entra ed esce dallo shop, adibito a tavola calda, dall'altra parte del parcheggio.

-Per di quà.- mi guida Cho, dirigendosi verso il distibutore. Mi guardo in giro, avvicinandomi ad uno degli addetti al rifornimento, intento a riempire il sebatorio di un tir che trasporta bestiame.

Jane si avvicina alle gabbie di animali, sorridente,cercando di attirare l'attenzione dei bovini che lì sono rinchiusi.

-Salve, sono Teresa Lisbon, CBI.- dico, mostrando il distintivo, seguita da Cho, ad un ragazzo sulla ventina stempiato.-Sa dirmi qualcosa di Adam Suttler?- chiedo, mettendo le mani in tasca.

-No, non so niente.- dice il giovane, facendo spallucce ed ignorandoci.

-Oh, andiamo...Lei ha cominciato a lavorare quì da poco tempo, non è vero?- chiede Patrick, avvicinatosi a me e Cho. Lo guardo, interrogativa: come fa a sapere una cosa del genere?

Il giovane lo ascolra, interdetto e stupito.

-Non sai come utilizzare quell'erogatore di benzina, dato che ne fai uscire più della metà dal serbatoio...- accenna Jane rivolto ad un filo di benzina che esce dalla ghiera. Il ragazzo biondiccio cerca di sistemare meglio la pistola del carburante, asciugandosi alla meglio le mani.

-Io non so molto di Adam...Solo che sono stato assunto dopo che lui ha lasciato il posto.- fa una pausa, sospirando.-Dovete parlare con Oliver.- Dice, indicando con un dito un uomo sulla quarantina, dai capelli ricci, con molti chili di troppo, tanto che la tuta da lavoro gli tira sui fianchi.

-Gazie, ragazzo!- esclama Jane con un sorriso.

Ci dirigiamo verso l'uomo indicatoci, che ci osserva con sospetto mentre lo raggiungiamo, intento a pulirsi le mani con uno straccio unto e sporco.

-Oliver?- chiede Cho, a braccia conserte.

-Chi lo vuole?- domanda.

Jane scoppia in una sonora risata, attirando il mio sguardo interrogativo.- Questo è veramente divertente...Parla di se' stesso in terza persona? E'...E' esilarante!- continua, ridacchiando.

Oliver osserva in cagnesco il mio collaboratore, con il sorriso stampato sulle labbra.

-Siamo del CBI, vorremmo qualche informazione sul suo amico Suttler.- dico, aspettando che apra la bocca.

-Non vi dirò nulla!-conferma l'uomo dai capelli impiastricciati e la barba incolta.

-Allora dovrà venire con noi alla centrale, perdendo una giornata di lavoro. Scelga lei.- lo intimidisce Cho, facendo spallucce.

-Che volete sapere?- chiede, scocciato.

-Perchè Suttler se n'è andato?- chiedo, attendendo risposta

-E cosa volete che ne sappia? Non sono mica la sua balia!- esclama.

-Andiamo, non lo nasconda...- incomincia Jane.

-Nascondere...Che cosa?!- domanda visibilmente irritato Oliver.

-Sono sicuro che lei ha sempre saputo che Suttler ha manomesso i due bus della “Travellway”...- fa una pausa, guardando la reazione dell'uomo che ha davanti.-Ma in cambio di qualche centone, è stato zitto...- Jane gli sorride, dondolandosi avanti ed indietro. -E so per certo che è stato lei a fornirgli il liquido che ha usato per causare i due incidenti...-

-O ci dice quello che sa, o le assicuro che non uscirà più di prigione.- dice minaccioso Cho, a braccia conserte.

-Okay,okay...Suttler mi ha detto che avrebbe raggiunto un suo zio, che aveva un pompa di benzina...Non so altro.- afferma l'uomo, sospirando.

-Cho, arrestalo.-

-Hey, ma che fate?!- chiede allarmato Oliver, mentre il mio sottoposto lo ammanetta.

-Ha venduto il suo silenzio, provocando due incidenti e la morte di due persone.- gli ricoda Kimball, portandolo di forza alla macchina.

Comunico immediatamente a Rigsby di cercare il parente di Suttler, avvertendo la polizia locale di recarsi sul posto; osservo Jane, che mi raggiunge sorridente.

-Caso risolto?- mi domanda, camminandomi affianco.

-No, finchè non abbiamo Suttler.- affermo, risalendo in auto. Sono sollevata: siamo ad un passo dalla fine di questo caso, e quindi dal fare giustizia a mia nipote e a tutti gli altri viaggiatori. Guardo Jane, attraverso il finestrino, che si siede affianco al lato di guida mentre Kimball si è accomodato nei sedili posteriori con Oliver, ammanettato.

Per fortuna ho preso la mia macchina, altrimenti far entrare Oliver nella Citroen sarebbe stata un'impresa non da poco.

Sorrido, scuotendo la testa: in realtà mi piace molto, la macchina di Jane. E forse non solo quella.

 

 

TBC 

  
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