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Autore: postergirl84    25/08/2013    10 recensioni
Quando Lui torna a casa dopo l’ennesimo viaggio, Veronica ha mille motivi per non lasciarsi andare, per seppellire quello che davvero prova. Mille motivi che non possono essere detti ad alta voce perché innamorarsi del proprio migliore amico è il cliché più banale del mondo, e soprattutto perché certe cose non finiscono mai come dovrebbero.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prometti di restare

 “Veronica.”
La porta si apre lentamente e quella voce bassa e profonda rimbomba nelle sue orecchie per colpirla allo stomaco, sciogliendo quella tensione dolorosa che non si era neanche accorta di aver accumulato in quelle dieci settimane di lontananza. Infine i passi fra loro si annullano e Veronica si ritrova fra quelle braccia, stretta a quel corpo che conosce così bene. È cresciuto ancora e oramai la supera di tutta la testa; Veronica sospira e cerca di regolarizzare il respiro mentre lui le passa le mani sulla schiena, risale lungo le spalle e le strofina il naso contro il collo. “Mi sei mancata.”
Vorrebbe rispondere anche tu mi sei mancato da morire. Ma la voce semplicemente non esce. Non è mai stata brava con le parole e con lui non ne sono mai servite molte. Il loro rapporto è da sempre fatto di gesti, sguardi, risate. Un modo di comunicare tutto loro e comprensibile a pochi. O, forse, ha solo paura che, se le lascia libere, quelle parole diverranno vere e che la prossima separazione – Veronica non si illude, sa che arriverà a breve – la lascerà troppo dolorante e vuota.   
È lui a sciogliere per primo l’abbraccio, a fare un passo indietro e Veronica si sente all’improvviso insicura sotto lo sguardo del suo migliore amico. Allora deglutisce forte e decide di affrontarlo, alza gli occhi e ritrova le sue iridi castane, quegli occhi che ogni volta che la guardano sembrano diventare più luminosi e lei si dà della scema e scoppia a ridere prima di abbracciarlo di nuovo.
“Credi che riuscirai a dire qualcosa o la mia vista ti ha troppo destabilizzato?”
Veronica scuota la testa e gli dà un pizzicotto sul fianco. “Cretino.”
“Mi aspettavo qualcosa di diverso ma mi accontento.”
Le dà un buffetto sulla guancia e poi lascia che la sua mano si intrecci con quella di lei, la guida all’interno della casa, in quella sala decisamente troppo grande alla quale Veronica non riesce ancora ad abituarsi e si siedono sul divano. A volte le manca la vecchia stanza di lui, quella con i poster dei Muse e della sua squadra di calcio. Quella con le carte delle merendine e i libri di matematica per terra e i boxer buttati sul letto che lui cercava di nascondere quando lei entrava. Le mancano i pomeriggi in cui cercava di fargli memorizzare le date della rivoluzione francese e la madre entrava con la cioccolata calda. Le manca trovarlo seduto sul letto con la chitarra in mano e i capelli lunghi che gli ricadevano sugli occhi intento a imparare gli accordi di una nuova canzone.
Veronica si morde l’interno della guancia e poi si volta a guardare lo schermo della televisione sorridendo. “Stai guardando ancora Scrubs?”
Lui si stringe nelle spalle e annuisce. “Il dott Cox è geniale.”
“Veramente è…”
La mano del suo amico si posa sulla sua bocca, veloce. “Veronica, sono due mesi che non ci vediamo, vuoi davvero iniziare la solita discussione?” 
Veronica alza gli occhi al cielo e poi scuote la testa, aspetta qualche minuto finché non è di nuovo libera di parlare. “Ma se tu ragionassi per un minuto capiresti che…”
Ma lui non l’ascolta, afferra le cuffie poggiate sul tavolino, le infila e infine si sdraia sul divano con le mani intrecciate dietro la testa e un sorriso ironico sul volto. Veronica sbuffa, lo guarda male e si sdraia accanto a lui levandogli le cuffie. “Tanto lo sai che ho ragione.”
Lui sorride e le bacia la tempia. “Come sempre.”
“Com’è andato il volo?” chiede mentre le mano destra di lui si sposta sul suo fianco stringendola di più.
“Pieno di turbolenze ma l’hostess era carina.”
“Sei un porco.”
“Forse. ” Le fa l’occhiolino e poi chiude gli occhi mentre Veronica appoggia la testa nell’incavo del suo collo e gli accarezza i capelli.
“Stanno ricrescendo.” Afferma quasi sovra pensiero. Ricorda il giorno in cui li aveva tagliati e quanto era stato difficile non scoppiare a piangere. Era successo unpaio di anni prima, dopo aver firmato il suo primo contratto e Veronica aveva pensato che non fosse rimasto più nulla del suo migliore amico, di loro. Era stato duro e doloroso affrontare tutti quei cambiamenti, il fatto di non averlo più ad una porta di distanza per raccontargli tutte le più piccole cose, il fatto che avesse smesso di andare a scuola e che non sarebbe stato con lei il giorno del diploma ma, alla fine, aveva capito che sotto quei capelli corti, quei vestiti di marca e quel fisico che diventava sempre più asciutto e muscoloso lui c’era ancora.
La stretta intorno ai suoi fianchi si allenta, Veronica alza la testa dal suo collo e lo vede sbadigliare. “È meglio se vado a casa.” Cerca di alzarsi ma lui la blocca.
“Non voglio che tu vada via.”
“Ma devi dormire.”
“Prometti di restare.”
Lo guarda e, in quel viso quasi adulto, rivede il volto del bambino che aveva paura dei tuoni e a cui lei porgeva il walkie talkie per poter parlare se fossero diventati troppo forti. Sospira e infine gli sorride. “Promesso.”

 

****

 

Veronica si mordicchia le labbra, scalcia un paio di scarpe sotto il letto e cerca il libro di letteratura francese sulla scrivania. Sa di non essere pronta per l’esame della settimana prossima, sfoglia le pagine ma è come se le parole le passassero nella testa senza riuscire a leggerle davvero. Si strofina una mano sugli occhi sbavando tutto il trucco che ha dimenticato di avere e impreca fra i denti, finché non sente un bussare deciso alla porta. Trattiene il respiro mentre si alza dalla scrivania e apre la porta, lentamente.
“Mi sono svegliato e non c’eri.”
Si aspettava di vederlo lì, con gli occhiali da sole, il capellino calato sul viso e le mani nascoste nella tasca dei jeans ma non si aspettava quella sfumatura quasi rassegnata nella sua voce.
Veronica si sposta appena per farlo entrare e lui le passa accanto.
“Mi spiace,” lo dice a bassa voce e lui si blocca, si avvicina allo specchio appoggiato alla parete in fondo alla stanza e stacca una delle fotografie appesa con le puntine. Veronica lo osserva in silenzio mentre con il pollice accarezza i contorni della foto.
“Questa è sempre stata la mia preferita.” Sorride come assorto in qualche ricordo lontano e Veronica fa fatica a riconoscere il quel sorriso lo stesso ragazzo che vede ritratto nelle riviste. E allora che si decide a raggiungerlo, gli prende la foto dalle mani rimettendola a posto, si ferma qualche secondo in più stringendo la puntina fra le dita, con il cuore che le martella troppo forte, finché non sente le mani di lui sulle spalle che la fanno voltare.
“Perché?” Non serve che dica altro. Veronica sa che cosa le sta chiedendo ma sa anche che non può dargli una risposta, in realtà ci prova: apre la bocca e la richiude perché ci sono troppi perché e neanche uno che possa essere detto ad alta voce. Perché lei voleva rimanere ma non poteva, perché sa fin troppo bene che cosa prova lui per lei, e cosa sente lei quando sono così vicini, perché innamorarsi del proprio migliore amico è il cliché più banale del mondo, perchè certe cose non finiscono mai come dovrebbero.
Veronica sospira ma lui fa un altro passo e oramai sono così vicini che lei riesce a sentire il suo respiro addosso. Alza lo sguardo e vede gli occhi di lui, vorrebbe non essere così brava a leggerci dentro ma lo fa e allora sposta le mani sul suo petto per allontanarlo ma l’unica cosa che riesce a fare e serrare le dita sulla stoffa della sua maglietta azzurra, chiudere gli occhi e lasciarsi andare mentre le labbra di lui la fanno sentire a casa.

 

Quando Veronica si sveglia la stanza è ancora completamente buia. Non sa di preciso che ore siano e, anche se i ricordi sono appannati della sua mente, quelle mani che le stringono la vita, quelle gambe intrecciate alle sue e la barba che le solletica il collo le danno una percezione precisa di cosa sia successo. Si volta lentamente e con il dito traccia il profilo del suo zigomo fino alle labbra;  Anche lui si sveglia e Veronica percepisce il suo sorriso anche se non può vederlo. Non parla ma la preme di più contro il suo corpo e posa le labbra sulla sua spalla, risale lungo il collo e le mordicchia il lobo dell’orecchio, strappandole una piccola risata.
Veronica stringe le mani ai suoi capelli e reclina la testa all’indietro mentre la bocca di lui ora è sulla sua gola e lei freme aspettando quel bacio che non tarda ad arrivare.
Le sue labbra sono morbide, Veronica ne riesce a cogliere il gusto e le dischiude per assaporarle ancora di più. Continuano a baciarsi finché le mani di lui non si spostano sotto il lenzuolo e trovano il corpo nudo di lei. Le accarezza le gambe per poi risalire, talmente lentamente che Veronica si morde le labbra quasi impaziente di essere toccata davvero. E i gemiti sono bassi e i sospiri lenti ma questa volta nessuno dei due ha paura di svegliarsi, questa volta sono consapevoli che non c’è niente di irreale in quei baci, in quelle carezze sempre più spinte, nel corpo di lui che ora si sposta sopra di lei, nelle sue mani che le aprono le gambe e nel respiro che si spezza quando le scivola dentro, spingendo deciso. Veronica si aggrappa alla sue spalle, gli graffia la schiena ma lui rallenta il ritmo, si muove lentamente e le afferra le mani stringendole con le sue. Ed è come se anche al buio i suoi occhi la cercassero, raccontandole tutte quelle cose che a voce fanno troppa paura. E poi tutto smette di avere importanza, tutto il tempo si annulla e lui riprende a spingere e a muoversi più veloce. E la bacia ancora, le morde le labbra , il collo, la spalla; Veronica chiude gli occhi e sente tutto. Il suo corpo che si muove all’unisono con quello di lui, la sua pelle sotto le dita e, infine. l’orgasmo che la fa gemere più forte. Ancora un'altra spinta e i muscoli di lui, tesi sotto le sue mani, si rilassano e Veronica gli bacia la fronte prima che lui l’appoggi contro la sua. Le sfiora il naso con il proprio e sorride baciandola. “Veronica…”
Ma lei  gli passa un dito sulle labbra e blocca le sue parole. “Possiamo non dirlo?”
“Per renderlo meno vero?”
“No, per renderlo vero davvero.” Lo bacia e si stringe più forte a lui, perché la notte finirà ma ora è ancora presto.
 

***

 

Veronica stringe in mano una maglietta rossa, con il logo della marca stampato sul petto, lotta contro l’impulso di affondarci il viso per sentire ancora il suo profumo, infine la ripiega e la sistema all’interno del borsone aperto sul letto.
“Non volevi tenerla tu, quella?”
Quasi sobbalza al suono della sua voce, si mordicchia le labbra e scuote la testa. 
Lui si allunga oltre la sua spalla e afferra un’altra pila di magliette e un paio di jeans sbiaditi. “Allora vuoi questa?” chiede con la voce divertita, mostrandole una maglia da calcio con il suo nome scritto dietro la schiena.
“Non voglio nessuna delle tue magliette.” Si accorge troppo tardi che il tono usato è tagliante e risentito invece che sarcastico ma, quella valigia in mezzo a loro, le dà l’esatta prospettiva di quello che l’aspetta.
E all’improvviso quella stanza diventa troppo piccola, la luce troppo fastidiosa e le pareti troppo vicine.
Veronica si alza in piedi, corre verso la porta e a passi rapidi attraversa il salotto. Sono passati ventidue giorni e non ha idea di come affrontare gli altri, quelli senza di lui. Afferra le chiavi della macchina dal tavolino e veloce sale i tre gradini che la separano dalla porta d’ingresso, la apre ma prima di riuscire a fare quell’ultimo passo una mano la richiude. Veronica osserva le sue dita e il tatuaggio sopra il polso sinistro; prova a girare la maniglia, a spostarlo ma lui l’afferra per i fianchi e la fa sbattere contro il suo petto, Veronica prova ancora a divincolarsi ma lui la stringe più forte.
“Sono solo tre settimane,” parla contro il suo orecchio, con la voce distorta dalla tensione e Veronica si impone di essere forte e di non voltarsi a guardarlo.
“E dopo diverranno un mese e un altro ancora.”
Lo sente sospirare mentre la presa diventa meno decisa. Allora lei reclina la testa all’indietro chiudendo gli occhi, cerca di sentire il battito regolare del suo cuore e aspetta per dire quelle parole che sa feriranno entrambi. È sempre stato lui quello dei grandi sogni e dei  progetti ambiziosi, è sempre stato lui quello che si sentiva stretto nella loro vita normale. E Veronica ha chiuso gli occhi, come quando da bambina la sua voce la trascinava in qualche strana avventura. Ha ignorato i giornalisti che scattavano foto fuori dal cinema, ha sorriso alle ragazzine che, sotto casa, aspettavano per vederlo passare, ha vissuto la vita che lui sognava, perché l’unica cosa che lei ha sempre sognato invece era lui.
“Ti amo.” Alla fine è lui a parlare per primo, a far scivolare quella frase fra loro, a dare un nome a quello che provano da sempre.
Veronica rabbrividisce e vorrebbe solo scoppiare a piangere. “Anche io.”
“Ma non cambia niente.” La voce di lui rassegnata. In fondo ha sempre saputo quando le domande fra loro diventano inutili. È solo una fredda affermazione che Veronica sente come una voce che risulta già disperata nella memoria. Rabbrividisce ancora ma stavolta lui la lascia andare e lei fa quell’ultimo passo fuori dalla sua vita.

 

***

 

Come ogni volta l’arrivo all’aeroporto è un gran casino. Troppa gente che corre trascinando i bagagli e parlando rumorosamente, qualche giornalista appostato e un paio di fans che chiedono l’autografo. Infila gli occhiali da sole e si stampa sul volto un bel sorriso. Tutti i sogni hanno il loro prezzo. Il cellulare nella tasca dei jeans suona, controlla il nome che lampeggia sul display e questa volta il sorriso sul suo volto e uno di quelli veri, spontanei. “Amore, sono appena atterrato. Mi stai aspettando fuori?” Resta in silenzio e ascolta la sua voce; ogni volta è come la prima, con le mani che sudano e il cuore che batte troppo forte.
“Certo, Desy.” Sorride ancora e chiude la chiamata. A volte ci pensa, un ricordo, una sensazione che si perde in mezzo a tutte le altre del passato. Non si è mai pentito di quello che è stato, anche se avrebbe potuto essere diverso.
Cambia spalla al borsone e cammina deciso verso la porta scorrevole dell’aerea arrivi, il cappuccio della felpa tirato su per non essere fermato ancora. Adesso la vuole solo rivedere. Si ritrova a cercare il suo viso, a sperare di incrociare i suoi occhi. Perché sa che lei lo sta aspettando, non importa da quando tempo sia via.
“Papààààààààààààààààà.”
Desy saltella sul posto e cerca di scappare dalla presa sicura della madre. Veronica lo vede, sorride e lascia andare la bambina che corre verso di lui. Si butta fra le sue braccia e lui la solleva baciandole la fronte mentre lei ride, allaccia le mani al suo collo e lui respira il suo profumo di fragola e borotalco. “Mi sei mancata tanto, amore.”
“Anche tu,” dice con aria solenne e poi avvicina la bocca all’ orecchio del padre e la nasconde con le mani. “Anche alla mamma, ma non vuole che te lo dico.”
Lui sorride, alza gli occhi verso Veronica e la stringe a se con il braccio libero.
Sono passate le tre settimane, i mesi e infine gli anni.
Prometti di restare.”
“Promesso.”
“Stavolta davvero, però.”

Magliette infilate in valigia e poi risistemate nell’armadio.
E tu prometti di tornare.”
Le sfiora le labbra e sorride.
Sempre. Tornerò sempre a casa.”

 

 

Angolo autrice

In una Domenica di fine Agosto torno a postare su EFP e per la  prima volta lo faccio senza che la mia Beta abbia revisionato la storia. Credetemi, dato che questa è la mia prima originale, me la sto davvero facendo sotto. 
La storia in realtà si ispira ad un qualcosa di ben preciso che qualcuno avrà capito sicuramente, per chi non l’ha fatto il Lui è lasciato volutamente in sospeso, personaggio vero o inventato. Può essere chiunque vi lasci con il sorriso sulle labbra.
Grazie a Angel, Ania e Ellie che sono lì ad un passo da me. (purtroppo solo metaforico). 
Alla prossima storia. 
Con affetto 
Noemi

   
 
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