-AAAAGH!!!- urlai.
“Oh mio Dio! Per fortuna era solo un sogno…” Quell’incubo è stato orribile, lui che si accasciava a terra e gli altri che non riuscivano a raggiungerlo in tempo. L’espressione di puro dolore e smarrimento sul suo volto. “non pensarci” mi dissi, rabbrividendo per quell’immagine mentale.
*quella sera*
-HEY! HO! LET’S GO!
Finalmente, dopo ore passate sotto al sole eravamo entrati. Io, che quasi scoppiavo dalla gioia, avevo corso a perdifiato per posizionarmi il più vicino possibile ai miei idoli. E non ero nemmeno così lontano da loro! Da quella distanza avrei visto qualunque accordo e assolo.
-HEY! HO! LET’S GO!!!!!
Eccoli! Il nano moro con la sua maglia a righe, il biondo con le basette e l’immancabile canotta, il pazzo con i capelli erbosi. Erano lì, erano davanti a me.. ESISTEVANO. La prima volta che li vedi dal vivo ti rendi davvero conto che sono persone reali, che hanno avuto i loro problemi e le loro vittorie. Che hanno una vita e una famiglia, ma anche il tempo da dedicare alle persone che li amano per la speranza che da la loro musica. I tre erano lì.
Poi arrivò anche Jason. Alla sua vista mi si gelò il sangue nelle vene. La sua smorfia di dolore mi tornò alla mente in un secondo. Scossi la testa. “E’ stato solo un incubo, non rovinare il giorno più bello della tua vita con inutili preoccupazioni”.
*
Erano semplicemente STRAORDINARI. Degli dei scesi sulla terra, mi venne da pensare. Li amo. Amo ogni persona che riesca a farne sentir bene altre. Amo ciò che provo ascoltando la loro musica. Dalla potente Burnout con il suo fantastico drum solo, alla stupenda Longview con il giro di basso che anch’io so suonare, alla divina Good Riddance.
Il modo in cui il suono della chitarra di Billie e quella di Jason si fondevano, poi! Era semplicemente come stare in paradiso.
Poi una delle due iniziò ad andare fuori tempo, staccandosi dal ritmo costante della batteria e del basso, abbandonando l’intreccio con l’altra chitarra. Capii subito cosa stava succedendo. Iniziai a sgomitare il più possibile, ma la folla pogava in senso opposto. Mi sembrava di essere in balia delle onde del mare, di quel vastissimo mare di persone.
Jason si inginocchiò, abbandonando del tutto l’esecuzione del brano. Toccato il terreno si portò una mano al petto. Tré abbandonò la batteria e lasciò cadere le bacchette per terra mentre Jason perdeva il plettro. Mike e Billie, non sentendo più ne la chitarra, ne la batteria, si girarono verso il chitarrista e abbandonarono gli strumenti per soccorrerlo.
Dovevo raggiungerlo, ad ogni costo. Ormai era sdraiato a terra, gli occhi che fissavano neutri il soffitto. Non poteva, non doveva stare in quella posizione! La lingua avrebbe otturato la gola impedendogli di respirare, NON DOVEVA tenere la testa in quel modo! Se solo fossi stata lì, avrei potuto mettergli la mano dietro al collo, impedendo che soffocasse. La folla continuava il pogo e nessuno pareva accorgersi di ciò che stava accadendo sul palco. Continuai a spintonare gridando dalla disperazione e dalla frustrazione per la mia inutilità in quel momento. Il boato della folla sovrastava la mia voce.
Billie e Mike lo raggiunsero quando ormai il suo petto aveva smesso di sussultare per il debito d’aria. Gli occhi vitrei e assenti erano puntati al soffitto, senza più vederlo. La folla mi spinse da ogni parte, io piangevo disperata. L’ultimo pensiero che mi assalì, quella notte che doveva essere la più bella della mia vita, fu
“Quand’è stata l’ultima volta che hai guardato le stelle, Jason?”
Poi tutto divenne nero.