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Autore: Merigold    26/08/2013    2 recensioni
L'anima di Melanie è l'uragano di emozioni che si nega di provare dal giorno in cui i suoi genitori sono morti. Viene affidata a William, un caro amico di suo padre, che la trascina in Inghilterra portandole via la voglia di vivere. Lacerata e sola, l'unico modo per non sentirsi morta è ascoltare i The Script.
Tutto inizia a cambiare il giorno in cui Danny O'Donoghue le parla in un pub, e da quel momento lui e la sua musica le faranno capire che l'unica in grado di cambiare la sua vita è proprio lei.
Ma può una sola persona riuscire a farti aprire la bocca per respirare quando stai affogando, e darti una ragione per tentare di rimettere insieme le schegge di una vita ormai priva di ogni senso?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Moon Boots

  

Potrei fare qualunque cosa se lo volessi. Forse anche volare. Riuscirei a sfiorare il cielo con un dito senza schiantarmi al suolo. La luna non sembrerebbe poi così lontana vista da una nuvola. E forse lì mi sentirei finalmente meno sola di quanto non lo sia in mezzo alla gente.
Sarebbe un mondo migliore, creato su misura per me.
Non ci sarebbero tutte le incertezze che mi assalgono.
Non ci sarebbe tutto il dolore che provo.
Londra, 18 ottobre.
Il tempo ormai ha cessato di scorrere. Non ha più importanza per me. Sono bloccata in un limbo di emozioni dal quale non riesco a uscire. Trattenuta da troppi rimorsi, troppi rimpianti per permettermi l’arroganza di fingere di saper andare avanti.
Non posso.
Londra, 18 ottobre.
Il cielo è troppo azzurro per la stagione, come sono troppo azzurri i miei occhi per questa vita nera.
Conto le foglie che danzano nell’aria. Sembrano così felici di essere finalmente libere.
Libere come io non sarò mai.
Londra, 18 ottobre.
Undici mesi fa la mia vita è stata distrutta.
Londra, 18 ottobre.
Forse potrebbe essere oggi il giorno giusto per ricominciare.
 
La macchina di William sfreccia indisturbata fra le strade londinesi mentre il vento mi scompiglia i capelli tentando di accarezzare la mia anima. Forse lui può ancora sentirla.
Io no.
Sto ancora osservando le foglie che volteggiano sopra la mia testa. Due verdi. Tre gialle. Nessuna rossa. È ancora troppo presto.
William non guarda mai le foglie. Non si sofferma a osservare la loro fragilità, a contemplare quanto siano libere, a pensare a quanto io possa sentirmi in trappola.
Non credo gli interessi.
L’ultima canzone del cd che stiamo ascoltando è quasi finita e, come ogni volta, inizio a sentirmi a poco a poco sempre più vuota.
Insieme alle note va sfumando anche la mia esistenza basata ormai su questo gruppo. Sono gli unici che riescono a farmi provare qualcosa. Sono gli unici che riescono a farmi sentire viva anche quando sono sicura di essere morta. Gli unici che non mi fanno sentire sola.
“Neither one of us wanna take that taxi home”*
Faccio uscire  il disco dallo stereo e lo infilo nella custodia di cartone; #3 dei The Script. Siamo quasi arrivati, ma dovrei avere il tempo per ascoltare un altro paio di canzoni dal secondo disco così lo faccio partire sperando che William non abbia da ridire, ma non sembra farci molto caso.
La batteria di “Moon Boots” mi risuona nelle vene e presto mi fondo con la canzone. Ogni volta rimango senza fiato, esterrefatta da quanto mi faccia sentire completa la loro musica.
“I’m gonna leave this place,
I’ve made a snap decision.
I’m gonna find another earth,
And start my own religion”**
Credo che un giorno ci riuscirò, farò le valigie e me ne andrò via, lontano dal mondo. Lontano anche da me stessa.
Senza che me ne accorga mi ritrovo le guance umide, bagnate da leggere lacrime che percorrono senza fretta il mio viso. Le asciugo subito. William non le deve vedere.
Aspetto che l’auto si fermi per sistemare con più tranquillità il trucco, che sicuramente si è sbavato un po’, lasciando altri segni neri sotto gli occhi. È difficile a dirsi con gli occhiali da sole.
Ormai è quasi un anno che li indosso ogni volta che esco. Me li ha regalati William il giorno seguente a quello in cui mi ha colpito in viso per la prima volta. Non ha detto nulla, li ha semplicemente posati sulla mia scrivania ed è uscito dalla stanza.
È raro che non li metta, solitamente ne ho bisogno, soprattutto quando non ho tempo per sistemare tutto con il fondotinta. Ma oggi ho fatto un buon lavoro, quindi non ho problemi a toglierli per qualche momento.
Intravedo un semaforo in lontananza e quando lo raggiungiamo è già rosso.
Una foglia si posa sul cruscotto, rossa anche quella. Forse dopotutto non è poi così presto.
Mi sfilo velocemente gli occhiali e mi controllo sullo specchietto laterale. Il mascara non è colato, c’è solo un’ombra di matita sotto l’occhio sinistro e per levarla ci vuole un attimo.
Il livido non si nota.
“I'm headed for a great new world,
somewhere were there ain't no fears.
It's gunna look and sound the same,
the only difference is that you’re not here.
You’re not here, no!”**
Un fremito mi scuote e il cuore mi sale in gola cessando per un attimo di battere.
Sono viva.
Mi sento viva.
Come al solito il pezzo che preferisco della canzone passa con troppa rapidità e vorrei soltanto tornare indietro e ascoltarlo all’infinito per sentire di nuovo il mio cuore sussultare.
Delle risate riecheggiano nell’aria e provo una fitta d’invidia per quella spensieratezza che io non ho più. Mi volto verso il viale alberato che si affaccia sulla strada e vedo un ragazzo fermo a pochi metri dalla macchina che mi sta guardando. Mi ci vuole qualche attimo per riconoscerlo, ma appena lo faccio mi convinco di aver ormai perso il lume della ragione. Sbatto le palpebre un paio di volte, ma lui è lì che continua a fissarmi e vedendomi spaesata mi rivolge un mezzo sorriso.
Undici mesi.
Sono undici mesi che nessuno mi regala un sorriso.
Questo è il primo dal giorno in cui i miei genitori sono morti lasciandomi completamente sola. Il primo da quando William è diventato il mio tutore e mi ha strappato alla mia casa portandomi in Inghilterra. Il primo da quando la gente ha iniziato ad accorgersi dei lividi che ho sul viso e sulle braccia ma ha fatto finta di niente. Il primo da quando ho iniziato a sentirmi morta.
Danny O’Donoghue continua a guardarmi. Cerco di ricambiare maldestramente il sorriso e, impacciata, rimetto gli occhiali sperando di non essere già risultata ridicola, ma lui continua a sorridermi.
In quel momento il semaforo diventa verde e la macchina riparte senza darmi il tempo di rendermi conto che ci stiamo allontanando; ma lui continua a seguirmi con lo sguardo e a quel punto decido di ignorarlo pur sentendo ancora lo stomaco in subbuglio.
Danny O’Donoghue.
La sua voce continua a uscire dalle casse per gli ultimi secondi di “Moon Boots” e a quel punto parte “Hurricanes”. È così che mi sento, un uragano di emozioni pronto a scatenare una tempesta. Ma sono troppo debole per farlo e quindi rimango in silenzio perdendomi in quegli attimi rubati in cui il cantante dei The Script mi fissava sorridendo.
La macchina si parcheggia sul viale di casa e vengo bruscamente riportata a quell’inferno che è diventata la mia vita.
Londra, 18 ottobre.
Undici mesi fa la mia vita è stata distrutta.
Londra, 18 ottobre.
Forse potrebbe essere oggi il giorno giusto per ricominciare.


 






 Moon Boots
 http://www.youtube.com/watch?v=HaPfW_0Z5b8
 
Citazioni
* Millionaires – The Script
“Nessuno di noi vuole prendere quel taxi per tornare a casa”
 
**Moon Boots – The Script
“Lascerò questo posto,
ho preso una decisione secca.
Troverò un’altra Terra
e inizierò la mia religione”
 
“Sto andando verso un mondo nuovo,
un posto dove non ci siano paure.
Sembrerà lo stesso,
l’unica differenza è che tu non sei qui.
Tu non sei qui!”
 
Merigold's corner
La regia mi comunica che bisogna essere svitati per scrivere qui sopra e quindi eccomi a rapporto :3
Non voglio annoiarvi con presentazioni chilometriche, quindi vi dirò il minimo indispensabile.
Il mio nome è Eleonora, qui sono Merigold, ma potete chiamarmi semplicemente Mer.
Ho 16 anni e amo i The Script (ma va!? Sono sicura che non ve ne siete accorti u.u)
Vabbe’ ovviamente mi piace anche scrivere, altrimenti non sarei qui, giusto? Giusto.
Per l’iscrizione a efp devo “ringraziare” la mia sorellina ( “-ina” si fa per dire) che non mi voleva rivelare il nome del suo account, ma alla fine l’ho fatta talmente tanto esasperare che me lo ha detto *si batte il cinque da sola*
Okay, ora cerco di fare la normale (“cerco” perché sicuramente normale non lo sono)
Non so perché, ma una mattina mi sono svegliata e ho deciso di scrivere questa fan fiction sui The Script, visto che in giro non ce ne sono molte… (rimedierò presto u.u)
E quindi ecco qui il prologo di Hurricanes.
Il progetto è nato ispirandomi alle loro canzoni, sia come testi che come emozioni, e la regia mi ha gentilmente riferito che qui questo genere di fan fiction si chiamano “song fic” *ringrazia la regia*
Questa storia ha due POV, questo qui sopra è, per chi non lo avesse ancora capito, quello di Melanie (ma dai!?).
L’altro è dal POV di Danny (ovviamente :3)
Ecco qui il link per chi volesse dargli un’occhiata.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2105388&i=1
Pubblicherò i capitoli in parallelo così da poter stare al passo con entrambe le storie perciò i tempi di stesura saranno “leggermente più lunghi” delle normali fan fiction.
Scrivendo 2 fan fiction distinte per i 2 POV si può anche scegliere di leggerne solo una perché le scene sono uguali (almeno quasi tutte), cambia solo la voce narrante. Dato che le pubblico in parallelo però si possono anche leggere entrambe contemporaneamente senza “spoilerarsi” nulla, solo potrebbe risultare noioso leggere la stessa scena due volte. Comunque fate voi :3
 
La regia mi riferisce di aver scritto abbastanza e quindi mi dileguo.
Ci si vede in giro. (Intanto la regia continua a rompere sul fatto che qui non ci si “vede” ma io la ignoro. Mia fan fiction. Mio territorio.)
Sayonara
 
-Mer
 
p.s. perdonatemi, è la mia prima fan fiction :3

 

  
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