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Autore: Gavriel    26/08/2013    1 recensioni
Una nave sassone piena di liquore è parte del bottino dell'ennesima campagna contro i sassoni. Artù e Lancillotto si ritrovano alla fine del banchetto a non reggersi più in piedi, ma l'alcool non li ha solo pirovati della coordinazione, ma anche dell'inibizione.
I personaggi del racconto sono quelli delle Nebbie Di Avalon
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Artù, Lancillotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: ne Le Nebbie Di Avalon (Marion Zymmer Bradley 1986) molti personaggi hanno un doppio nome, specie quelli maschili, in cui al nome di battesimo si sovrappone in seguito quello di battaglia.
Così Gwydion -lo spendente- diventa Artù secondo l’uso cristiano, mentre Galahad –nobile,virtuoso- viene soprannominato Lancillotto, dardo degli elfi.
Nel libro, in momenti di profondo coinvolgimento emotivo i personaggi vengono chiamati col loro vero nome di battesimo, ecco perché in questa one-shot li ho tenuti.

 

Come ai Fuochi di Belthane

 

 
La campagna contro i Sassoni delle coste orientali era finita quel pomeriggio stesso. Dopo i riti funebri per i caduti, Artù e i Compagni avevano saccheggiato tutto il bottino contenuto nelle numerose drakar nemiche, una delle quali era stipata liquore di miele,  -la migliore sicuramente delle opere che potrebbe fare un sassone- aveva commentato Galeotto alla vista di un simile tesoro.
Inutile dire che quel ben di dio non sarebbe arrivato a Carlaeon, beh, diciamo che non sarebbe arrivato nemmeno a dieci passi dall’accampamento, dove Artù aveva indetto un banchetto per festeggiare la vittoria.
Nessuno, ovviamente si era risparmiato: dalla campagna vicina erano arrivati dei paesani attratti dalla musica, dalla luce e dall’odore di cervo arrosto, ed erano rimasti per il liquore, che non sembrava finire mai. Nel giro di poche ore poi il banchetto sembrava essersi evoluto nei Fuochi di Beltane. Galvano era sparito portando con sè una bella contadina, suo fratello due, …
Ancora seduto a tavola Artù  beveva liquore da un grosso corno di montone, mentre una donna gli massaggiava il petto da dietro. Al suo fianco, il giovane Dardo degli Elfi era impegnato in un lungo e profondo bacio con un’altra, che gli sedeva sulle gambe; con una mano la stringeva a se, con l’altra le accarezzava le cosce.
Mentre le mani della sua donna arrivavano a massaggiare sempre più in basso Artù, col suo ultimo barlume di lucidità disse che sarebbe stato meglio per lui andare a letto, perchè domani sarebbe stato un giorno di viaggio, e c’era Ginevra che lo aspettava  a casa. Si alzò dalla panca, ma questa si ribaltò davanti a lui; per un attimo la vide in verticale, poi con la faccia nel fango capì di essere per terra.
La ragazza vicino a lui tentò di aiutarlo, ma con l’armatura  addosso il giovane Pesava troppo perfino per poter reggere sé stesso. Qualcuno lo aiutò a mettersi in piedi, era Galahad:
-Lascia qua, ti aiuto io- poi si rivolse  alle due damigelle:
-lasciate fare a me, andate pure-
O almeno questo era quello che voleva dire, perché gli uscì solo qualche sillaba storta, loro sembrarono capire e se ne andarono , poi si dedicò ad Artù e lo fece entrare nella sua tenda. La cosa non fu tanto facile, perché l’apertura della tenda sembrava sgusciare via ogni volta che loro provavano ad avvicinarsi; tra imprecazioni e risatine riuscirono ad entrare. Dentro era abbastanza accogliente: c’era la sua branda e un tavolo di legno dove c’erano delle mappe.
-…stivali… Bofonchiò il Re
Galahad lo mollò, Gwydion si lasciò cadere su uno sgabello vicino al tavolo, mentre sull’altro si mise Lancillotto, che rischiando di farlo cadere all'indietro prese una gamba di Artù e se la mise sulle sue, per togliergli gli stivali.
Dall’altra parte il giovane dai capelli biondi fissava i lineamenti perfetti dell’amico, i suoi riccioli scuri, la sua espressione concentrata mentre cercava di disfare le cinghie del suo stivale; il suo sguardo andava sul profilo del suo corpo. Glahad era snello e tonico, i suoi muscoli lavoravano sotto la tunica scarlatta; senza che lui se ne accorgesse il suo stivale premeva sul basso ventre del compagno , che intanto era riuscito a slacciargli. Abbandonò a terra il piede, ma non gli porse l’altro
-No… Galahad… scei un uomo libero, non preoccuparti delle miescar…
E si inchinò per slacciarsi l’altro stilvale, ma il moro lo sollevò in modo che si guardassero in faccia, coi suoi occhi grigi e splendenti, la sua espressione di gratitudine, la ferita ancora semiaperta che gli solcava il viso, il suo torace, parzialmente scoperto dalla casacca allentata…
Galahad appoggiò un gomito al tavolo, poi gli passò una mano tra i corti capelli biondi, con tenerezza, ma anche con la ruvidità di chi non è in pieno controllo dei suoi movimenti. Gli occhi di Gwydion erano come sempre brillanti:
-Galahad- le sue labbra  sorrisero nel pronunciare quel nome- sei il mio uomo più fidato, sei…
Il moro appoggiò la sua fronte alla propria
-Fratello mio
Per anni si era chiesto se non fosse il suo Gwydion la persona che lui amava davvero, poiché non provava desiderio per nessuna, tranne che per Ginevra, che era una parte di Artù stesso; per anni era andato alla ricerca di una donna che lo facesse sentire come al fianco del suo Re, un anno prima credeva di averla trovata,  nelle vesti della sacerdotessa Morgana, lei aveva la stessa luce di Gwydion negli occhi, ma anche lo stesso terribile volto della Dama Del Lago…
Nel momento in cui le sue labbra trovarono quelle del suo Re, scomparvero tutte quelle dolorose riflessioni.
Artù si ritrasse turbato,  nella sua mente comparvero i preti e Ginevra, lo rimproveravano; ma il brivido di piacere che aveva provato poco prima lo aveva scosso. Lo voleva, lo voleva ancora. Ma era un peccato…
Tormentato respirò più volte,  abbassò lo sguardo, i serpenti tatuati sui suoi polsi sembravano pulsare, rialzò gli occhi sul Galahad,poi come se non potesse resistere oltre, gli afferrò la nuca e gli restituì il bacio.
-Gwydion…
La voce del giovane bruno era a metà tra un sussurro e un gemito, si staccarono per un istante, entrambi rossi in volto,un po’ affannati,  con le labbra socchiuse; sapevano che avrebbero dovuto fermarsi, ma il rimorso era cancellato dal desiderio, e i tormenti mitigati dall’ebbrezza.
Non parlarono oltre quella notte.
 
Grazie per aver letto fino alla fine! Questa è in assoluto la prima volta che scrivo una slash. Ho appena finito Le Nebbie Di Avalon e  sono rimasta spiazzata dal rapporto tra Artù e Lancillotto, tanto che non mi sono potuta trattenere , visto che nel fandom di questo sito non è presente niente del genere. Lo ammetto, la trama non è delle più originali, ma ciò che volevo rendere era il tormento dei due giovani  e le atmosfere del libro.
Per piacere fatemi notare qualunque pastrocchio grammaticale o sintattico,

Gavriel  

  
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