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Autore: AngelWithoutWings    27/08/2013    2 recensioni
Niall vive in un mondo tutto suo ed è innamorato della sua migliore amica.
Zayn è desiderato da tutte ma continua a sbagliare con l'unica che vuole.
Harry si è appena trasferito a Londra e vuole invitare fuori la ragazza del 503.
Liam ha organizzato una festa qualche giorno fa ed ha conosciuto una ragazza di cui non sa nulla.
Anche Louis ha conosciuto una ragazza alla festa del suo migliore amico, quando un coglione li ha bagnati.
Annabel neanche voleva andare a quella festa!
Sarebbe rimasta a guardare la tv al 503 del palazzo nell'East Side.
Invece quell'irlandese del suo migliore amico l'aveva convinta.
Così, quella sera, aveva litigato per l'ennesima volta con quel pakistano, un coglione le aveva rovinato il vestito e aveva perso di vista il ragazzo gentile che aveva conosciuto...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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1-      Annabel
 


 


Annabel chiuse il libro, poggiandolo sul comodino affianco a lei.
Sorrise, chiudendo gli occhi e prese un respiro profondo, trattenendo sotto le palpebre le immagini di un mondo fantastico, di personaggi inventati, che quelle pagine le avevano trasmesso e la sua fantasia aveva elaborato.
Allungò la mano a tastare tra le pieghe del copriletto verde bottiglia per cercare il suo pacchetto di sigarette e solo quando  non lo trovò, si costrinse a riaprire gli occhi e tornare alla realtà.
Lo sguardo argenteo dei suoi occhi grandi si posò sul poster dei Doors sopra il letto, appena affianco a quella vecchia foto di gruppo risalente a circa tre anni prima.
Ma, se si fosse messa a guardare ogni foto, ogni poster, ogni sottobicchiere e tutte le altre schifezze appese alle pareti della soffitta, non avrebbe più fumato.
Sbuffando, si alzò a sedere, incrociando le gambe e si mise alla ricerca del fantomatico pacchetto, quando le capitò tra le mani il cellulare.
Giusto per controllare, premette con l’unghia smaltata di nero il tasto centrale di quello che, tanti anni fa, era un signor BlackBerry blu ed ora rimpiangeva i suoi giorni migliori, senza colore, marca e con qualche graffio in più.
Quando si accorse che era ancora spento, sbuffò, facendolo ruotare nella mano per premere il tasto  d’accensione in cima e, aspettando di dover digitare il pin, riconobbe la sagoma rettangolare sotto il copriletto.
Fece giusto in tempo ad accendere la sigaretta che si era portata alle labbra, prima le cifre scritte in alto a destra del display attirassero la sua attenzione. Ovvero, l’orario.
“Cazzo!” Esclamò, afferrando la sigaretta con l’indice e il medio della mano destra.
Espirando una nuvola grigia di fumo, si alzò di scatto dal letto, alzò la finestra con tanta forza da far tremare il vetro e correndo verso la sedia posta affianco alla scrivania, si affrettò ad afferrare una maglietta e un paio di pantaloni a caso.
Poggiando la sigaretta sul piatto con gli avanzi del pranzo, si infilò prima una maglia bianca di cotone con le maniche lunghe rosse e poi, recuperata la sigaretta, si mise alla ricerca di una paio di jeans puliti.
Emettendo un suono gutturale di frustrazione, lasciò cadere a terra quelli che stava esaminando perché sporchi e notò un paio di calze scure abbandonate sotto la gamba della sedia.
Si chinò, afferrandole fulminea e le indossò, concedendosi un po’ di calma solo per evitare di strapparle.
Cercò con lo sguardo degli shorts e ne trovò un paio neri a vita alta farle ‘ciao, ciao’ dal cassetto.
Corse fuori dalla stanza, ripescando le Dr Martens bordeaux che aveva abbandonato la sera prima nell’ingresso e le indossò zompettando verso il bagno.
Si guardò allo specchio, sbuffando davanti al trucco sfatto e i capelli indomabili.
Sfilò l’elastico per capelli che portava sempre al polso e, con un paio di colpi di spazzola, intrappolò quella massa di onde di quello che una volta era rame e che ora le tinte avevano rovinato, in due trecce ai lati del viso. Il trucco che non aveva avuto voglia di levare la sera prima era ancora lì, un alone sotto gli occhi chiari, che non aveva tempo di correggere, perciò schizzò fuori dal bagno, pensando che per pisciare avrebbe dovuto sfilare calze e pantaloncini perdendo troppo tempo.
Recuperò per l’ennesima volta la sigaretta dal piano in marmo del bagno e lasciò la stanza.
Afferrò la borsa e la felpa passando di corsa davanti all’attaccapanni e si ricordò un secondo troppo tardi di aver lasciato le chiavi dentro.
Imprecando a mezza voce scese le scale, incontrando un ragazzo che non aveva mai visto prima e che identificò come il nuovo coinquilino del 301. Ma non si fermò a parlargli o a presentarsi.
Le sarebbe bastato incontrare la vecchia portinaia in un’altra occasione per sapere vita, morte e miracoli del nuovo arrivato. Come se le interessasse…
Uscì dal palazzo e una goccia di pioggia le cadde sulla punta del naso, confondendosi con la pelle lattea.
Infilò le mani nelle tasche della felpa, estraendo il berretto rosso che portò in testa.
Senza scomporsi per quella pioggerellina, sempre la solita d’altronde, si incamminò a passo svelto verso la fermata degli autobus, accompagnata dal ‘ciaf’ degli anfibi sulle pozzanghere e l’inizio di una canzone dei Ramones dagli auricolari.
Gettò frustrata la sigaretta a terra, prendendo una nuova dal pacchetto nella borsa, per fumarsi una Marlboro come Dio comanda.
 

 
 
Un quarto d’ora dopo, l’autobus affollato si fermò all’angolo di Westminster Road.
Pioveva ancora, ancora quella pioggia sottile con cui Annabel aveva imparato a convivere anche se le rompeva i coglioni.
Raggiunse l’edificio basso dalla porta in legno scuro e l’aprì, lasciandosi investire dal familiare odore di birra e il calore del Paradise. Con le sue luci soffuse, i tavoli in mogano, il bancone intarsiato e il biliardo.
“Ti eri persa?” La punzecchiò subito Jack, il proprietario della baracca.
“Mi è morto il pesce rosso, ho dovuto fargli il funerale.” Si limitò a rispondere, mentre sfilava il berretto, andando verso la porticina affianco al bancone.
Aprendola, entrò in quella minuscola stanza con una scrivania, un attaccapanni e una cassettiera che era l’ufficio, facendo per lasciare la felpa e la borsa sull’attaccapanni, quando si accorse di non essere sola.
“Ciao Annabel!”
Non le servì girarsi, per riconoscere quell’irritante accento irlandese.
E infatti eccolo lì, seduto sulla scrivania con i piedi a penzoloni, i pantaloni larghi e la solita felpa enorme.
Alzò la mano, in segno di saluto, accompagnando il gesto con un sorriso dolce e quasi infantile dei suoi.
“Ciao Niall.” Lo salutò con un cenno della testa, prendendo il suo grembiule.
“Ti aiuto io!” Si affrettò ad alzarsi Niall, lasciando la scrivania.
Con un solo passo, viste le dimensioni della stanza, le fu alle spalle, sostituendo le sue mani a quelle diafane di Annabel per legarle il grembiule.
“Fatto.” Disse poi, posando le mani sui suoi fianchi.
Rimase con lo sguardo basso, osservando il grembiule stretto al massimo e le sue mani racchiudere senza il minimo sforzo la vita sottile della ragazza. Troppo sottile.
Ma non disse nulla, perché l’argomento peso per lei era un tabù.
“Dai, andiamo.” Si affrettò a dire An, come se avesse capito i pensieri del biondo.
Avanzando, lasciò cadere le mani del biondo, afferrandogli poi quella destra per portarlo fuori dalla stanzetta, fin dietro il bancone.
Trovarono già un uomo seduto su uno degli sgabelli di fronte a lei, in attesa della sua birra.
“Stasera c’è una festa.” L’informò Niall, mentre riempiva il bicchiere “Ti interessa?”
“Non lo so, devo controllare la mia agenda.” Ammiccò, voltandosi per servire il cliente.
“Che festa?” chiese poi, sedendosi sul bancone da lavoro in marmo addossato alla parete.
“Una cosa in grande, nella City.” Rispose Niall, entusiasta “I 18 anni di un figlio di papà.”
An alzò le spalle, storcendo il naso e scese con un saltello “Allora sarà pieno di marmocchi e stronzette.”
“Dai Annabel, devi venire!” Cantilenò il biondo, seguendola mentre raggiungeva un tavolo “Avrà una villa strafighissima, quelle vasche con le bolle, super alcolici e vini costosi. Magari anche roba di…”
Lasciando perdere l’ordine delle due donne che stava servendo, An si voltò di scatto “Credevo avessimo un accordo.”
Niall, come un bimbo colto con le mani nel barattolo della marmellata, abbassò lo sguardo, giocherellando con i polsini della felpa “Ma sì, infatti…” Borbottò “Era così, per dire…”
“Quando avete finito di spettegolare e vi deciderete a lavorare, vi interesserà sapere che c’è un tavolo che aspetta!” Li riprese Jack, comparendo dal nulla.
Sbuffando, An lasciò l’ordine appena preso al suo collega e si avviò “Vado io.”
 
 


Il turno pomeridiano era finito da una decina di minuti.
Salutarono Jack che, come ogni sabato, si raccomandò e poi li congedò con un sorriso e un abbraccio quasi paterno.
“Allora, verrai stasera?” gli ricordò, camminandole affianco.
“Mhm.” Alzò le spalle, portando la mano sinistra a riparare il vento per accendersi una sigaretta.
Aspirò la prima boccata, lasciando che il fumo le pizzicasse la gola prima di socchiudere le labbra e lasciarlo alzarsi verso il cielo dello stesso colore.
Niall rimase a guardarla in silenzio, seguendo con lo sguardo azzurro il fumo volar via.
An, conscia del suo sguardo, sistemò la lingua tra le labbra, preparandosi a rilasciare un’altra boccata, creando anelli di fumo.
Il biondo rise, allungando il dito a toccarli, quando questi gli furono davanti al naso. Come un bambino davanti ad una bolla di sapone, il sorriso gli si spense sulle labbra quando l’anello si infranse al suo tocco.
“Dov’è che ci dobbiamo incontrare?” Lo ridestò.
Niall tornò a sorridere, voltandosi “Allora verrai!”
Infilò la mano nella tasca dei jeans, che scivolarono in basso, lasciando in vista le mutande rosse, per estrarre il suo amato orologio da polso.
In mezzo al caos in cui viveva quel ragazzo, tra i vestiti sgualciti e sempre di una taglia più grande, i capelli scompigliati, c’era quell’orologio: sempre lucido e intatto in modo quasi maniacale.
Gliel’aveva regalato lei tre anni prima, per il suo sedicesimo compleanno, dopo averlo visto per la centesima volta fermarsi davanti alla vetrina di Barney’s, in centro, a fissarla incantato.
Aveva una strana ossessione per gli orologi. Ne aveva due al polso e diversi, rubati, in camera sua.
Ogni tanto lo trovava imbambolato a guardare quello a cucù nel locale, durante l’orario di lavoro, mentre i clienti spazientiti lo chiamavano.
Richiudendo con delicatezza l’oblò d’orato rialzò lo sguardo su di lei, riponendo il suo tesoro in tasca “Tra un’ora alla metro.”
“Un’ora?” ripeté lei “Ma se ci metto quindici minuti solo per arrivare a casa! Non posso prepararmi, passarti a prendere e sperare di arrivare in tempo!”
Niall si limitò ad alzare le spalle, l’espressione dispiaciuta così tenera sul suo viso.
“Vieni vestito così?” gli chiese, conoscendo già la risposta.
L’altro annuì.
“Ok, allora vieni con me, così eliminiamo il viaggio a casa tua?” Propose.
Di nuovo, Niall annuì, sorridendo quando Annabel gli prese la mano, intrecciando le dita alle sue.
 

 
 
“Ok, potremmo metterci un po’ più del previsto…” Commentò An, posando le mani sui fianchi davanti al numero 503 scritto sulla sua porta.
“Che succede?” le chiese Niall, guardandola.
“Potrei aver dimenticato le chiavi dentro casa.” Ammise.
“Oh.” Riuscì a dire il biondo, inarcando le sopracciglia “E adesso?”
“Stai indietro.” Si premurò, posandogli una mano sul petto.
Fatti anche lei un paio di passi indietro, alzò la gamba e mollò un calcio alla porta più forte che poté.
“Guarda tu se questa merda, che casca a pezzi da sola, non vuole collaborare una cazzo di volta!” Esclamò, colpendo di nuovo.
“Hei, tutto apposto?” sentirono alle loro spalle.
Niall, che fino a quel momento era rimasto indietro a ridere di fronte alla scena, si voltò, aggrottando le sopracciglia di fronte al ragazzo riccio che li aveva raggiunti.
“Sì, una meraviglia.” Rispose An, passandosi una mano sulla testa per sistemare i capelli.
“Ah ah.” Annuì il ragazzo, nascondendo un sorriso “Sicura? Perché ti sentivo sbraitare dal terzo piano.”
“Primo: non ho idea di chi tu sia. Secondo: mi stai già sui coglioni.” Contò sulle dita, incenerendolo con lo sguardo “Terzo: io non sbraito.”
“Quindi non c’è nessun problema?” Riepilogò lui.
“Esatto.” Sorrise acida.
“Ok, se non vi serve il mio aiuto…” Alzò le spalle, infilando le mani in tasca “Me ne torno giù.”
Niall annuì, sorridendo sollevato a guardare la schiena del nuovo arrivato scendere le scale.
“Aspetta!” Lo richiamò An.
L’irlandese si voltò di scatto verso di lei, intercettando il suo sguardo e la pregò, scuotendo la testa, di non farlo tornare.
Il riccio si fermò, girandosi con un sorrisetto compiaciuto “Sì?”
Sbuffando infastidita, An incrociò le braccia al petto “Solo perché ti vedo bello grosso… Non è che, potresti…”
Annuendo, il ragazzo salì i gradini a due a due, raggiungendola allo zerbino.
“Comunque, io sono Harry.” Allungò la mano, con un sorriso condito di fossette.
“Sì, piacere, Annabel.” Tagliò corto, stringendola “Ora puoi, per favore, aprire?”
Harry annuì, facendo per avvicinarsi alla porta, quando si fermò di colpo, appoggiandosi semplicemente con la spalla.
“Beh, che stai facendo?” Esclamò An.
“Se apro…” Sorrise, mordicchiandosi il labbro inferiore “Che cosa ricevo in cambio?”
“Ma vaffanculo!” Sbottò An, allungando la mano al suo amico “Vieni Niall, passiamo per le scale antincendio.”
Niall non se lo fece ripetere due volte, scattò in piedi e afferrò la mano della ragazza, frapponendosi fra lei e il suo coinquilino.
Si voltarono, pronti a scendere, quando il fragore della porta che veniva spalancata con una sola spallata li fece fermare e girarsi.
Harry si massaggiò la spalla, andando verso di loro.
I suoi occhi verdi erano puntati sul viso di Annabel, finché non furono a pochi centimetri di distanza.
Niall strinse la presa, intrecciando le dita a quelle della ragazza e fissò prima uno e poi l’altra.
“Mi devi una cena, zuccherina.” Disse Harry.
An alzò un sopracciglio “Come scusa?”
“Domani sera. Da te.” Continuò lui “Sarò qui per le otto.”
“Sei completamente rincoglionito se pensi che ti inviterò davvero ad entrare.” Rise lei.
“Non mi piace il messicano e sono allergico alle arachidi.” Ammiccò, prima di superarla.
An sospirò, incrociando le braccia al petto mentre lo guardava andarsene “Che stronzo!”
“Ma… ma tu lo inviterai domani?” Le chiese Niall.
“Stai scherzando?” Esclamò, scuotendo la testa “Piuttosto ceno alla mensa dei poveri. Vieni, siamo in ritardo.”
Si presero di nuovo per mano, entrando.
“Che cosa ti metti?” le chiese Niall, sedendosi sul letto in camera.
“Non lo so.” Sospirò An, posando le mani sui fianchi “Vuoi scegliere tu?”
Entusiasta, Niall si alzò di scatto e raggiunse l’armadio, infilandoci la testa dentro.
Ne uscì poco dopo, tenendo in mano una gruccia con una gonna nera da skater.
Si voltò, appoggiandola delicatamente sul letto e poi tornò all’armadio.
Dopo aver frugato a lungo, trovò un top bianco che lasciava la pancia scoperta e lo mise sul letto affianco alla gonna.
“Ti piace?” Gli chiese con un sorriso speranzoso, voltandosi verso An dopo aver ammirato la sua creazione.
Lei annuì, sorridendogli “Grazie.”
Niall si sedette sul letto, sorrise soddisfatto e arrossì leggermente. La guardò avvicinarsi e prendere i vestiti, per poi uscire dalla stanza e cambiarsi nel bagno adiacente.
Si alzò, aspettandola e si avvicinò alla scrivania disordinata, cominciando a rassettare come meglio poteva.
“Sei bellissima.” Confessò Niall quando An rientrò, abbassando lo sguardo sulle sue Nike.
Lasciandogli un bacio sulla guancia che lo fece arrivare al punto di ebollizione, gli sorrise “Grazie.”
Alzò le spalle, voltandosi verso lo specchio per ammirare il suo riflesso con l’espressione di chi non è mai pienamente soddisfatto di se stesso. Che poi, chissà che ci trovava di così sbagliato in lei…
Il viso aveva una forma regolare, le guance erano cosparse di una manciata di lentiggini, la bocca era piccola, a cuoricino e gli occhi brillavano di una luce argentea.
Il collo sottile e le spalle esili, come le braccia magre. Anzi, magro è l’aggettivo che, parlando di Annabel, poteva essere affiancato a qualsiasi parte del corpo. La vita, il ventre piatto, le gambe…
Però era bella.
Di quella bellezza dannata che hanno le cattive ragazze con il viso angelico, il cuore buono e... le palle.
In senso metaforico, ovviamente.
“Quanto tempo abbiamo?” Chiese.
Avrebbe potuto controllare da sola, ma avrebbe tolto tutto il divertimento a Niall che, prendendo il suo amato orologio, rispose “Mezz’ora.”
“Ok, il tempo di truccarmi e farmi la tinta.” Si organizzò, raggiungendo la cassettiera sfasciata affianco al letto. Frugò nel cassetto della biancheria e tirò fuori una confezione di tinta per capelli.
An aveva una specie di fissa per i capelli, sì, un po’ come Niall per gli orologi.
Rubava le confezioni ai supermercati e cambiava colore un po’ come le persone normali fanno con una collana o un braccialetto. Finché non si stufava o ne trovava uno più bello.
Si era tinta per la prima volta quando aveva lasciato la Scozia ed era scappata di casa.
Nessuno dei suoi amici, a Londra, aveva mai visto le morbide onde ramate che erano i suoi capelli al naturale.
“Che colore stavolta?” gli chiese Niall, seguendola in bagno.
Lanciandogli il pacchetto, ammiccò “Neri.”
 
 
 

“Pensi ci sarà anche Zayn?” azzardò a chiedere Niall, dondolando sui talloni fuori e dentro la linea gialla sulla banchina.
“Perché dovrebbe interessarmi.” Scrollò le spalle An, passandosi una mano tra i capelli.
“Beh, io non… E’ solo che voi… E l’ultima festa avete litigato…” balbettò Niall, voltandosi.
“Io e Malik non abbiamo litigato.” Mise in chiaro An “Io non ho niente a che fare con quel porco menefreghista, figurarsi perdere tempo per litigarci!”
“O-ok.” Annuì Niall.
Tirò su il cappuccio, stringendosi nelle spalle quando si alzò il vento all’interno della galleria.
Stringendo la presa nella mano di Annabel si ritrasse di qualche passo, aspettando che le porte del veicolo si aprissero di fronte a loro.
“Siamo in ritardo.” Disse solo quando furono seduti, controllando l’orologio da polso.
“Ci aspetteranno.” Alzò le spalle An, porgendogli un auricolare.
“Io odio essere in ritardo…” brontolò Niall, facendo sorridere la ragazza affianco a sé.


 Cosa ha indossato Annabel per andare al pub:http://www.polyvore.com/rainy_day/set?id=94559550
Cosa indossera alla festa:http://www.polyvore.com/aztec_party/set?id=94689568

 

Buonasera!

Sono tornata con una nuova storia.
In questo capitolo abbiamo cominciato a conoscere Annabel.
Ogni capitolo sarà incentrato su un diverso personaggio.
Il prossimo, ad esempio, verterà su Louis.

Come avrete capito dall'introduzione...
Ognuno dei ragazzi è legato ad Annabel.
Ognuno di loro ne è innamorato!

Io continuerò la narrazione per un po',
finché la storia non comincerà a nascere...
e poi in base a ciò che leggerò nelle vostre recensioni
Cercherò di capire con chi vorreste vedere la nostra protagonista.

Un bacio,
fatemi sapere che ne pensate!




 


 
  
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