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Autore: jas_    27/08/2013    20 recensioni
Aprii gli occhi di scatto e spostai il cuscino, mettendoci un attimo a far riabituare i miei occhi assopiti alla forte luce che entrava dalla finestra vicina a me. Mi guardai intorno e sussultai: quella non era la camera di Molly, né tantomeno la mia.
Un altro movimento mi fece voltare di scatto alla mia sinistra, un ragazzo seminudo dormiva sereno nel mio stesso letto. Prima di rendermene veramente conto urlai, guardando poi il mio di corpo: indossavo solo la biancheria intima. Cominciai improvvisamente a sentire caldo, mi passai una mano tra i capelli in preda al panico e cercai di ricordare gli avvenimenti della serata precedente.
Ricordavo la festa, i diversi cocktail che Molly mi aveva portato, quelli che invece mi ero arrangiata io a prendere, la pista affollata, quasi soffocante, io che non trovavo più Molly e cercavo di uscire da quella trappola umana e... Due mani che mi cingevano i fianchi, poi il vuoto.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Right side, wrong bed'
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Capitolo 23

 
 
 
Harry era come sparito nel nulla, quando non l'avevo più rivisto pensavo fosse perché mi stava venendo incontro, o qualcosa del genere, e invece era scomparso.
Era passata più o meno un'ora da quell'incontro a distanza e non c'era l'ombra né di lui né di Steve. Di quest'ultimo non c'era da preoccuparsi molto, probabilmente si era nascosto nella parte più remota del mio giardino a fumare per passare il tempo, ma Harry... Dubitavo che conoscesse qualcuno lì, e non vedendolo più da nessuna parte cominciai a temere che se ne fosse andato. Era strano come solo quella mattina mi fossi infuriata con mia madre per averlo invitato e poi, alcune ore dopo, sperassi che fosse ancora lì. Ero leggermente stordita dai pensieri contrastanti che mi annebbiavano la mente perché se da una parte l'astio nei confronti di Harry non era completamente sparito, dall'altra mi ero resa conto che mi mancava più di quanto avessi potuto immaginare. Mi mancavano le sue battute stupide, i suoi soprannomi idioti, quei sorrisi che mi rivolgeva quasi sempre e che mi facevano venire il batticuore, mi mancavano i suoi sguardi maliziosi e persino le sue labbra, nonostante le avessi assaggiate solo una volta, perché quella sensazione era rimasta indelebile su di me.
I miei pensieri furono interrotti dalla voce di mio padre al microfono,  «1, 2, 3 prova...» rimase in silenzio per un attimo in cui il baccano che regnava nel salone si trasformò prima in un brusio e poi in silenzio, e cominciò a parlare.
«Sono lieto di vedere così tante persone partecipare all'iniziativa organizzata da me, mia moglie» si guardò in giro per cercarla e la trovò a pochi metri da lui, «e... Mia figlia.»
Vidi gli occhi di mio padre guizzare freneticamente tra i volti dei presenti alla ricerca della sottoscritta, «Victoria dove sei?»
Alzai titubante una mano e in pochi secondi le persone davanti a me si aprirono in un varco che mi lasciò la strada libera fino al piccolo palcoscenico allestito sul quale c'erano i miei.
«Vieni qua tesoro» mi disse, dolcemente.
Obbedii e cominciai ad incamminarmi con estrema cautela, perché nonostante sapessi camminare sui tacchi la sfortuna che mi portavo appresso avrebbe sicuramente fatto si che fossi caduta davanti a tutta quella gente. Salii sul palco e sorrisi timidamente a tutti i presenti.
«Vuoi dire qualcosa?» domandò mio padre, nonostante la risposta fosse già sottintesa, e doveva essere sicuramente affermativa.
Presi il microfono ma prima di avvicinarlo alle labbra mi voltai preoccupata verso mia madre che sorrideva ai presenti come se avesse subito una paralisi facciale.
«Mamma non ho preparato nessun discorso» sussurrai.
«Parla col cuore, tesoro» disse lei, senza smettere di increspare le labbra.
Mi schiarii leggermente la voce e avvicinai il microfono al viso. Se si parlava di cuore, l'unica cosa che mi veniva in mente era Harry, e mi accorsi che da quella posizione potevo vedere in viso tutti gli invitati così cominciai a cercarlo freneticamente ignorando le persone che aspettavano che io parlassi. Sentii mio padre darmi un colpo sul braccio, «cosa stai aspettando?» mi riprese.
Evitai di alzare gli occhi al cielo, solo perché se no tutti gli invitati mi avrebbero vista, e cominciai a pensare a qualcosa di sensato da dire.
«Prima di tutto grazie per essere qui» cominciai titubante, «questa è la prima festa che organizzo, perché...» perché dovevo distrarmi da quanto quel coglione di Harry Styles mi avesse fatto soffrire, Harry dove sei? «Perché prima di allora mi era sembrato troppo complicato riuscire a organizzare tutto ciò» improvvisai, indicando con un gesto ampio del braccio sinistro la sala allestita.
In quel momento mi cadde l'occhio su una porta di servizio lievemente nascosta da una pianta, e da lì accanto Harry mi ascoltava serio. 
«E quindi» ripresi, continuando a lanciargli occhiate per evitare di perderlo di nuovo, «devo ringraziare mia madre per l'aiuto indispensabile che mi ha dato!» esclamai, cominciando a battere le mani ma facendo solo fischiare il microfono. Gli invitati si tapparono le orecchie inorriditi mentre Harry rise, divertito.
Passai il microfono a mia mamma e scesi dal palcoscenico camminando velocemente verso Harry, quando arrivai lì, però, non c'era.
Battei un piede sul pavimento, infuriata, e poi mi resi conto che non dovevo essere io quella che si doveva fare perdonare, ma lui. E che quindi io non avrei più speso energie nel cercarlo, alzai il viso fiera della mia scelta e mi incamminai decisa verso il giardino, dove sapevo ci sarebbe stato Steve da qualche parte.
«Steve!» lo chiamai, mentre mi toglievo le scarpe e camminavo sull'erba, per evitare di impiantare il tacco da qualche parte.
«Sono qui!» lo sentii rispondermi, e un attimo dopo vidi una mano sventolare da dietro un cespuglio.
Risi e mi avvicinai, cominciando a tossire convulsivamente non appena respirai quella fitta nuvola di fumo.
«Ma ti sei fumato tutta la Jamaica?» domandai, sventolandomi una mano davanti al viso con un'espressione disgustata.
Steve rise, «ero al telefono con Andrew in realtà, ho fumato prima, sei solo tu che hai l'olfatto più sviluppato dei cani della sezione narcotici della polizia» mi rimbeccò.
Storsi il naso e lo guardai poco convinta, lui ignorò il mio sguardo indagatore e si alzò di lì.
«Cosa ti racconta Harry, allora?» chiese, uscendo dal suo nascondiglio.
«Non ci ho parlato, è sparito. L'ho cercato ma sembra stia scappando da me, poi è lui quello in torto quindi non ho intenzione di cercarlo» commentai stizzita, rimettendomi le scarpe prima di rientrare in casa.
Steve rise, «è proprio un birichino quel ragazzo» mi prese in giro.
Gli diedi un colpo sul braccio e lui mi cinse le spalle, attirandomi lievemente a lui è dandomi un bacio tra i capelli, «andiamo a mangiare, sto morendo di fame» mi sussurrò poi in un orecchio.
«Certo, chissà perché» borbottai, avvicinandomi al nostro tavolo.
Harry era già al suo posto, e quando fummo abbastanza vicini si voltò nella nostra direzione. Guardò prima me e poi il braccio di Steve che mi stringeva e fece una smorfia indecifrabile.
Io cercai di divincolarmi dalla presa ma Steve non mollò la presa, anzi, quando arrivai al mio posto mi scostò pure la sedia per farmi sedere e lui si accomodò accanto a me, con una tranquillità inaudita e sotto lo sguardo di fuoco di Harry.
Ma che stava facendo? Voleva rovinarmi la vita? Anche se poi Harry aveva la ragazza, o almeno credevo. Insomma, mi era parso molto in confidenza con quella tizia che non avevo mai visto prima  di allora, e io non avevo intenzione di strisciare ai suoi piedi, anche se avrei pagato oro per un altro suo bacio, pure con la consapevolezza che sarebbe stato l'ultimo.
Nonostante il brusio generale della sala, a quel tavolo regnava un silenzio imbarazzante. Oltre a me, Steve ed Harry c'erano altre due ragazze che conoscevo di vista e che dovevano essere figlie di un'amica di mia madre e un ragazzo che sembrava non sapesse cosa fosse venuto lì a fare.
Una delle due ragazze si schiarì la voce e mi guardò, «è da molto tempo che non ci vediamo, Victoria. Come stai?»
Sorrisi lievemente prima di rispondere, nonostante non avessi idea di come si chiamasse la mia interlocutrice. «Molto bene, grazie» dissi educata, «e voi?»
Le due sorelle aprirono la bocca in contemporanea ma poi a parlare fu l'altra, che fino ad allora non aveva proferito parola.
«Alla grande.»
Quella fu l'unica conversazione che avvenne durante tutta la cena, trascorsa in religioso silenzio ad eccezione delle due sorelle che si parlavano nell'orecchio ogni tanto e dal tintinnio delle posate sul piatto.
Quando finii di mangiare pure il dessert, mi pulii la bocca con un tovagliolo e mi alzai di lì, avvertendo Steve che sarei tornata subito.
Andai in bagno e mi rinfrescai leggermente la faccia, quella era stata l'ora più angosciante e lunga della mia vita. Mi ero sentita sotto esame dagli occhi verdi di Harry, che non si degnava nemmeno di scostare lo sguardo quando io lo guardavo. Non ero io che ero scappata per tutta la sera, si era comportato da ragazzino immaturo qual era, quando io volevo solo parlare. Si lamentava di non aver avuto l'occasione per spiegarsi e quando io ero disposta a dargliela lui la bruciava così.
Decisi che non gli avrei più dato la possibilità di parlarmi, lui avrebbe continuato la sua vita con la sua probabile ragazza e io avrei trovato qualcosa su cui concentrarmi. Probabilmente avrei iniziato a fare il punto croce, ecco.
Finii di incipriarmi il naso ed uscii dal bagno alla ricerca di mia madre per dirle che non stavo molto bene e sarei andata a dormire piuttosto che assistere alle donazioni di fine serata.
La band che avevamo convocato aveva iniziato a suonare un lento, e molte delle coppie presenti avevano occupato lo spazio lasciato appositamente vuoto all'interno del salone. Cercai di evitarlo accuratamente e raggiunsi mia madre che parlava con mio padre e altri due signori.
«Mamma...» la chiamai, sfiorandole un braccio.
Lei si voltò a guardarmi sorridente, «dimmi Victoria.»
«Credo di avere la febbre» mugugnai, rendendomi il più indisposta possibile, «forse è meglio che vada a riposarmi un po'.»
Lei mi guardò preoccupata ed appoggiò una mano sulla mia fronte, «ma non scotti...» osservò, confusa.
«Victoria.»
Sentii un brivido attraversarmi il corpo, quella voce calda e roca mi era mancata da morire in quelle settimane, mi voltai lentamente verso Harry e me lo ritrovai più vicino di quanto pensassi.
«Che c'è?» chiesi, scocciata.
«Verresti a ballare?» mi propose, porgendomi la mano.
«Non sto bene, vado a dormire» spiegai risoluta.
«Che ne dici di accompagnarla in camera, Harry?» intervenne mia mamma, sorridendo cordiale.
L'avrei uccisa.
«Con piacere signora Fanning» acconsentì Harry, che senza il mio consenso mi prese per mano e mi trascinò via di lì.
Il suo tocco era caldo e delicato, e la sua mano morbida. Le sue dita sembravano intrecciarsi perfettamente con le mie e... No Victoria, stai calma. Mi imposi.
«Senti Harry, non c'è bisogno di questa scenata» proruppi, a metà scale.
Lui si voltò a guardarmi solo per un istante, «è la febbre che ti fa delirare» osservò, prima di riprendere il suo cammino e giungere al piano superiore.
«Qual è camera tua?» domandò poi, trovandosi in un corridoio immenso pieno di porte identiche tra loro e chiuse.
Gliela indicai e lui continuò a camminare senza lasciare la mia mano, abbassò la maniglia e mi fece entrare per prima, con un gesto cavalleresco.
Non opposi resistenza, piuttosto confusa dal suo comportamento, e quando si chiuse la porta alle spalle io rimasi in piedi al centro della stanza, senza sapere bene cosa fare.
«Non ci vengo a letto con te» sentenziai, decisa.
Harry sorrise, «tranquilla, nemmeno io ho intenzione di farlo... Per ora» commentò, avvicinandosi a me.
Prima che riuscisse a terminare davvero la frase lo colpii con uno schiaffo sulla guancia sinistra, il rumore riecheggiò secco nel silenzio della camera.
Harry si portò una mano sulla parte colpita, scioccato.
«Sei un cretino, speravo che volessi scusarti, ed ero disposta a perdonarti fino a quando non sei sparito, poi ricomparso, e poi scappato di nuovo» lo ripresi.
Ero infuriata, no, di più, e Harry si divertiva a prendermi in giro. Ero già stata ai suoi stupidi giochetti una volta, non sarebbe successo una seconda.
«Victoria ti prego fammi parlare.»
Scossi la testa e mi avvicinai alla finestra, dandogli le spalle.
«Ormai sono qua, e tu sei malata quindi non credo che abbia la forza di respingermi. Ascoltami.»
«Non ho la febbre e posso continuare a prenderti a schiaffi tutta la sera» commentai acida, «ho detto una bugia a mia madre per andarmene di lì ed evitare di vederti di nuovo.»
Lo sentii sospirare, «stai con quel ragazzo?» chiese.
Mi trattenni dal ridere a quella domanda così inappropriata, ma per un attimo ebbi la voglia di dirgli di sì. Poi però mi resi conto che io non ero lui, mi ero abbassata ai suoi livelli già una volta e non avevo intenzione di rifarlo una seconda.
Scossi la testa e poi mi voltai a guardarlo, Harry era rimasto immobile.
«No, Steve è gay. Anzi, credo che abbia una cotta per te quindi nel caso dovessi cambiare sponda - visto che con le ragazze non ci sai fare - sappi che lui è disponibile.»
Harry sorrise, e mi parse davvero che con quel gesto illuminasse il mondo, o per lo meno il mio, e non riuscii a pensare a quanto fosse dannatamente bello, a quanto mi facesse sentire dannatamente bene quando ci si metteva d'impegno, quando non mi raccontava bugie.
«Non credo possa succedere in un futuro prossimo» rispose lui, dondolando da un piede all'altro. «Sono perdutamente innamorato di una ragazza.»
Sussultai a quelle parole, e per un attimo ebbi l'impressione che stesse parlando di me, poi però mi ricordai di quella tizia con cui l'avevo visto al parco.
«Stai parlando di quella con cui ti ho visto?» chiesi, titubante.
Harry mi guardò confuso, poi sembrò illuminarsi e scoppiò a ridere.
«La settimana scorsa, dici?»
Annuii titubante e senza capire il suo comportamento alquanto inappropriato.
Harry rise di più, e si asciugò pure una lacrima che era sfuggita al suo controllo, «Victoria, quella era mia sorella.»
Aprii la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì alcun suono, ero troppo scioccata per proferire parola.
«Io...»
«Credi davvero che possa stare con una ragazza?» chiese, muovendo un passo verso di me.
«Beh...»
«Vì, ci sei solo tu per me.»
«E... La Barbie?» domandai.
«Tu.» Altro passo.
«Eravate due piovre al bar.»
«Solo tu» ribadì, avvicinandosi ulteriormente. «Aspetta... Ma tu come fai a sapere del bar?»
«Molly» disse soltanto.
«Dovevo sospettarlo che non sarebbe rimasta zitta» commentò.
«Almeno lei dice la verità» ribattei acida.
Harry non rispose, «touchè» disse soltanto.
«Senti, non credo che le cose tra noi due potranno mai risolversi» spiegai.
In quegli occhi verdi vidi il terrore, Harry mi prese inaspettatamente le mani e mi guardò serio. «Ti prego lasciami spiegare.»
«Me l'hai detto dieci minuti fa e non ti sei ancora spiegato, sto aspettando, Styles.»
«Lo so che sono stato uno stupido e mi meriterei altri mille schiaffi per quello che ho fatto, ti prego però non farlo che mi fa ancora male la guancia» si affrettò ad aggiungere, «ma Victoria, ti giuro che non volevo farti del male. Quando ti ho vista in bagno, alla festa di Louis, nonostante fossi con la testa nel cesso e stessi vomitando mi sei sembrata... Stupenda. Ed ho sentito qualcosa all'altezza dello stomaco che io... Non so. Però tu non riuscivi a mettere insieme una frase di senso compiuto, e io volevo conoscerti a tutti i costi. Poi hai voluto andare a dormire e ti ho accompagnata, ma non mi è passata nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea di portarti a letto o di approfittarmene del fatto che tu il giorno seguente non ti saresti ricordata nulla, per portarti a letto. Quando il giorno dopo ti sei svegliata ho visto che eri terrorizzata ma non hai voluto dirmi chi fossi e io non potevo lasciarti andare così. L'istante esatto in cui te ne sei andata mi sono reso conto che avrei dovuto dirti la verità, ma poi ti ho vista a scuola e parlandoti ho pensato che con la scusa di aiutarti a scoprire cosa fosse successo quella sera avremmo potuto conoscerci e... È successo veramente ciò che speravo. Lo so che non mi sono comportato nel migliore dei modi ma Victoria, ti giuro che non ho mai voluto farti soffrire, mai. E vederti con Louis, ti garantisco che è stata una delle peggiori cose che potessi farmi. Quando ti ho vista cercare di scappare da lui poi, mi sono sentito così in colpa... Se ti fosse successo qualcosa di grave non me lo sarei mai perdonato, mi sei parsa così fragile ed indifesa, nessuno dovrebbe mai farti piangere, Victoria» finì in un sussurro, asciugandomi una lacrima che mi era sfuggita.
«Tu l'hai fatto, anche ora» dissi, tirando su col naso.
«Lo so, ma mi sento una merda per ciò, e ti prometto che questa sarà l'ultima volta che piangerai per me.»
«Chi me lo garantisce?» domandai riluttante.
«Io Victoria, e devi fidarti. Sono cambiato, dammi la possibilità di dimostrartelo, di ricominciare tutto da capo. Faremo le cose con calma, senza fretta. Niente più bugie o stupidi giochetti, tanto ora so dove abiti.»
Harry si sforzò di sorridere e davanti a cotanta perfezione io non potei fare a meno di ricambiare. Mi mancava, da morire, e finalmente ero disposta a perdonarlo, a fidarmi di lui, anche se nel fondo del mio cuore lo avevo perdonato già da tempo.
Gli porsi la mano, «sono Victoria, piacere» mi presentai, divertita.
Lui mi strinse la mano sorridente, «io sono Harry, piacere mio. Posso chiamarti Cioppicioppi?»
Scoppiai a ridere a quelle parole, «sì» acconsentii, prima di buttargli le braccia al collo e stringerlo a me con tutta la forza che avevo in corpo.
Respirai a pieni polmoni il suo profumo e gli accarezzai i capelli, lasciandomi cullare da quella sensazione di tranquillità che il suo tocco mi trasmetteva.
«So che ci siamo appena conosciuti...» lo sentii dire, e mi allontanai lievemente da lui per vederlo in viso, «però posso baciarti?» chiese.
Sorrisi a quella domanda, «non aspettavo altro» gli sussurrai maliziosa, e rimasi immobile a guardarlo avvicinarsi a me, appoggiare la mano sinistra dietro il mio collo, quella destra sulla mia guancia, e le sue labbra sulle mie.


 

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Eccomi quaaa! (Per l'ultima volta in questa fan fiction.)
So che dovevo postare il 25 ma il problema è che ho fatto i calcoli male, partivo il 25 sera ma tra fuso orario e la durata del volo sono arrivata il 26 mattina.
Ieri ero tipo in coma, ho dormito tutto il pomeriggio, e se sto postato proprio ora dovete ringraziare Arialynn AHAHAHAA
Era ovvio che Harry e Vì si sarebbero ritrovati, alla fine.
Il finale è molto... Inconcluso, possiamo dire. Ma è così che mi piaceva finire la storia sin dall'inizio.
Far ricominciare tutto da capo a quei due che si sono conosciuti nel modo sbagliato.
Proprio per questo ho scritto una one shot/missing moment/una sottospecie di epilogo della storia che ho appena postato.
L'ho scritta come one shot e l'ho voluta postare come tale anche se potrebbe essere a tutti gli effetti un epilogo.
Grazie a tutti coloro che hanno letto questa storia, l'hanno recensita e apprezzata, grazie anche a chi l'ha solo letta, a chi ha atteso con pazienza i miei aggiornamenti ritardatari, chi ha aggiunto la fan fiction alle preferite/seguite/ricordate, chi mi ha fatto i complimenti su Twitter, Ask e Facebook.
Grazie mille, davvero! ♥
Jas



 

   
 
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