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Autore: Frappesca    27/08/2013    1 recensioni
Violet ha diciotto anni, ricci capelli rossi indomabili, occhi color nocciola, e una marea di problemi da dover affrontare ogni giorno.
Tra Steve, il bulletto della scuola che la tormenta in continuazione, e Robert, il ragazzo di cui è innamorata ma che non ricambia questo suo sentimento, Violet inizia a voler mandare tutti a quel paese e voler pensare solo a se stessa.
Ed è quello che fa.
Stop con i mal d’amore e basta col farsi mettere i piedi in testa.
La nuova Violet sarebbe stata forte, sicura di sé, indipendente e soprattutto combattiva.
E chissà se sarebbe stato proprio questo suo nuovo modo di agire a farle conoscere l’amore ...
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I am a fighter


'Cause if it wasn't for all that you tried to do, I wouldn't know 
Just how capable I am to pull through 
So I want to say thank you 
'Cause it makes me that much stronger 
Makes me work a little bit harder 
It makes me that much wiser 
So thanks for making me a fighter 

Fighter - Christina Aguilera

 


1. Back to school

 

Sono distesa su una collinetta ricoperta da un prato verdissimo con qualche ciuffo di fiorellini qua e la.
Sono appoggiata con la schiena ad un albero che grazie alla sua folta chioma mi ripara dal sole quasi accecante.
Il cielo è azzurro come non lo era mai stato, senza la minima presenza di nuvole.
L’ipod fa scorrere le mie canzoni preferite nella mia testa attraverso le cuffiette.
Il vento mi soffia sulla pelle rinfrescandomi.
Attorno a me c’è la pace totale: nessun rumore, nessuna strada asfaltata, nemmeno una presenza inopportuna.
Solo io, il mio ipod e la vista di un bellissimo prato verde cosparso di fiori colorati.
 Tutto è così semplicemente tranquillo.
Tutto è così semplicemente perfetto.
Tutto è così semplicemente troppo perfetto.
Mi sento al settimo …
Driiiiiiiin – Driiiiiiiiiiiiiiin!!
Come non detto : era solo un sogno!
Il suono assillante della sveglia mi fece alzare di scatto la testa dal letto.
Come al solito il ritorno alla realtà dopo un sogno così bello e rilassante era traumatico.
Ma che ci vuoi fare, dopo diciotto anni di vita credo di aver capito anche io che la realtà non potrà mai essere esattamente come la vedremmo in un sogno.
Ed ho pure capito che rifugiarsi nei sogni, seppur bello, è una cosa impossibile.
Perciò non mi restò altro che alzare il culo da quel letto così dannatamente morbido, caldo ed accogliente e dirigermi verso il bagno a mò di zombie.
Mi preparai come tutte le mattine alla cavolo: una insaponata alla faccia, una veloce spazzolata ai lunghi capelli rossi, un po’ di mascara sulle ciglia ed un filo quasi invisibile di matita sotto gli occhi.
Già, non ero una di quelle tipe particolarmente ossessionate dall’aspetto esteriore, anzi sinceramente me ne fregavo altamente.
E al diavolo tutta la gente che mi diceva “Ma sii un po’ più femminile! Metti sempre quei felponi che ti coprono tutta!”.
Si. Che vadano al diavolo! Mi rifiuto di rispecchiare il prototipo di ragazza di diciotto anni, tutta perfetta, carina e sorridente.
Per la disgrazia di coloro che mi devono vedere tutti i giorni io non sono affatto perfetta, carina e sorridente!
Comunque, in dieci minuti fui pronta per uscire di casa ed andare alla fermata del pullman.
«Violeeeeet!!!» Sentii il mio nome urlato da qualcuno non appena arrivai alla fermata, così mi voltai e vidi la mia migliore amica Sophie corrermi incontro con la tracolla piena di libri che le sballottava da una parte all’altra.
«Hei! Sophie! – controllai l’orologio – No. Non posso crederci. Sei puntuale!!! C’è ma ti rendi conto della gravità della situazione? Tu, puntuale!!! Tu?!?! Questo giorno è assolutamente da ricordare!»
«Ah ah – rise sarcastica – molto simpatica! Te l’avevo detto che quest’anno non ho più intenzione di farti perdere il pullman! E cara, io sono una donna di parola.» Disse con sguardo ammiccante.
Mi misi a ridere. «Oh mio Dio! C’è, ma che facce fai? Vuoi farmi morire dal ridere già di prima mattina?!?!»
« Di la verità, ti sono mancata quest’estate, è?? Come avrai fatto a sopravvivere tutto questo tempo senza una come me che ti vitalizza un po’ la giornata?! Io al tuo posto probabilmente sarei diventata una depressa alcolizzata!»
«E’ ovvio che mi sei mancata!! Non azzardarti mai più a stare via per tre mesi come hai fatto quest’estate! A meno che tu non voglia mettermi nella tua valigia. In quel caso potrei accettarlo. »
«Prometto che non ti abbandonerò più per tutta l’estate! Anche tu mi sei mancata moltissimo! Comunque dovevi vedere quanti fighi c’erano in quel paesino! Quando mi ero trasferita non mi ricordavo la presenza di tanti bei ragazzotti, prima erano tutti dei mocciosetti con le dita nel naso! Ed ora invece, mio Dio! Ils étaient très très beaux! Ed al chiaro di luna erano ancora più belli!»
La fulminai con lo sguardo.
«Vuoi farmi deprimere ancora di più per il fatto che tu te la sia spassata in Costa Azzurra tutta l’estate ed io invece sia rimasta qui a Londra come un’emerita deficiente e con questo tempo del cavolo? »
«Senti, io sarei rimasta volentieri qui con te. Ma sai come sono i miei … Vogliono che almeno d’estate stia un po’ più di tempo con il resto della famiglia in Francia. E poi non è colpa mia se quei bambinetti che conoscevo sono diventati dei super modelli con gli ormoni che fuoriuscivano da ogni singolo poro!»
Già. Sophie, la mia migliore amica, veniva dalla Francia, precisamente da Antibes, una città vicino a Cannes in costa Azzurra, dove abitava ancora la maggior parte dei suoi parenti.
Si era trasferita qui a Londra quando aveva nove anni e siamo state nella stessa classe da quando è arrivata e da allora la nostra amicizia è aumentata sempre di più.
«E poi se permetti, io ti avevo invitata a venire con me, sono stati i tuoi a non aver voluto lasciarti venire. Perciò io mi assolvo da tutte le colpe!» Continuò lei.
«Assolviti pure, tanto prima o poi ti verranno i sensi di colpa …»
«Hei! Non vale! Mi vuoi far sentire un mostro! Io non ho fatto niente, ho solo eseguito gli ordini dei miei!»
«Ma daii! Scherzavo tesoruccio bello! E questa ci crede anche …» Sorrisi.
«Si vede che sei brava a far sentire in colpa le persone! » Mi fece la linguaccia.
«Simpatica …»
«Senti chi parla!»
«Ehi! Ehi! Sophie ma lascia un po’ stare questa povera ragazza! Sempre a importunare la gente.» Ci interruppe da dietro una voce maschile.
Entrambe ci voltammo, c’era un ragazzo che non avevo mai visto, avrà avuto qualche anno in più di noi.
 Sophie si buttò letteralmente su quel ragazzo e lo abbracciò, o più che altro lo stritolò.
«Ehi! Ok che mi vuoi bene ma lasciami almeno respirare!» Disse il ragazzo preso alla sprovvista sorridendo.
Sophie si staccò da lui e lo guardò per un attimo, poi disse con gli occhi che le sberluccicavano dalla gioia :
«Ma che ci fai tu qui?»
Io li guardai senza capirci niente ... Che fosse uno dei fighi francesi di cui mi aveva parlato prima?
«Ora dovresti essere in Francia, a più di mille chilometri da qui!»
«Sorpresa, vero? Comunque era già dall’anno scorso che avevo intenzione di venire a vivere a Londra, finalmente mi sono deciso. E guarda caso sono venuto proprio qui! »
Ok. Si, doveva essere uno di quei fighi francesi.
E Sophie mi doveva raccontare molte cose, insomma non capita tutti i giorni che un ragazzo conosciuto al mare si trasferisca nella tua città e proprio nel quartiere dove abiti tu.
Ci doveva essere per forza qualcosa tra quei due, gli occhi sberluccicanti ne erano una prova fin troppo evidente.
«Ma sei venuto da solo?»
«Proprio così! Mi sono trovato un piccolo appartamento qui vicino ed in questi giorni andrò a cercare un lavoro. Inizia una nuova avventura!»
I due iniziarono a scambiarsi dei sorrisetti e io iniziai a fissare la mia amica come per volere delle spiegazioni.
Dopo un po’ Sophie si accorse del mio sguardo inquisitorio e riprese a parlare.
«Ah, senti Philippe, lei è Violet, la mia migliore amica. E Violet, lui è Philippe, un vecchio amico che ho ritrovato quest’estate ad Antibes.»
«Ciao! Piacere.» Gli dissi porgendogli la mano.
«Piacere mio!»  Mi sorrise. «Hai dei capelli bellissimi, sai?»
Io mi portai una ciocca dietro l’orecchio imbarazzata. «Oh, grazie …»
«Ehi ragazze, sta arrivando il pullman! Vi saluto.» Disse Philippe.
«E’ vero! Ciao Phil! Chiamami non appena puoi ok? Magari mi fai sapere dove abiti, sono così felice che tu sia qui!» Disse Sophie con un sorriso a trecentosessanta gradi.
«Anche io! Ciao Sophie, buona scuola.»
Il ragazzo iniziò a incamminarsi nella direzione da cui stava arrivando l’autobus rosso.
Quando mi passò davanti mi lanciò un breve sguardo e mi sussurrò : «Ciao rossa.»
Dopo qualche secondo il pullman si fermò davanti a noi e ci salimmo lasciando le cartelle per terra.
«Com’è che non mi hai detto che hai un fidanzato?» Le chiesi io all’improvviso.
«Come? Intendi Phil? Ma io e lui non siamo fidanzati!» Affermò lei arrossendo di colpo.
«Ah no?»
«No, assolutamente no.»
«Però ti piace …»
«Ma che dici, no! E’ carino, ma no, non mi piace!»
La guardai divertita.
«E allora perché sei tutta rossa?»
«Come? Ma io non sono rossa! E’ la mia carnagione che è così!»
«Si, come no …»
«Ma è vero!!!» Il suo viso era diventato ancora più rosso.
Io non risposi, ma semplicemente le sorrisi.
«Si nota molto?» Mi chiese poi abbassando la voce.
«L’ho capito dal primo sguardo che gli hai lanciato. Quindi, si abbastanza. Però dagli tempo una o due settimane e sarà già sotto casa tua con un mazzo di rose rosse a supplicarti di essere la sua ragazza.»
Sophie sorrise guardando fuori dal finestrino dell’autobus. «E’ solo che non voglio illudermi.»
 
 
Scuola. Liceo. Superiori. Istituto. Collegio.
Chiamatela come volete ma per me rimarrà sempre una prigione.
Certo, questa “prigione” ha anche dei lati positivi, come incontrare delle persone intelligenti e simpatiche e come imparare nuove cose.
Ma questi lati positivi vengono praticamente schiacciati dalla quantità enorme di lati negativi che sarebbero troppi per essere elencati. Almeno per quanto riguarda la mia scuola.
Ma se c’è uno di questi lati negativi della scuola che non sopporto è la presenza di individui meglio classificati come energumeni trogloditi senza cervello il cui unico scopo nella loro vita è quello di importunare gli altri facendoli sentire delle merde ambulanti.
Non si possono definire persone pericolose o di cui avere particolarmente paura, sono semplicemente dei rompiballe patentati.
E purtroppo nella mia scuola di questi individui ce ne sono fin troppi, e dopo aver passato praticamente una vita a sopportarli è quasi normale che ti venga un istinto omicida nei loro confronti.
Era intervallo ed io ero nel corridoio di fronte al mio armadietto, Sophie era andata a portare un modulo in bidelleria ed ecco che vidi arrivarmi di fronte i classici strafottenti con i pantaloni sotto il culo, la camminata molleggiata stile “Si, sono figo”, e l’immancabile cappellino firmato New York Yankees, nonostante molto probabilmente non sapessero nemmeno chi fossero i New York Yankees, ma che portavano solo per aumentare il loro livello di figaggine, che per me rimaneva comunque sotto zero.
Li trovavo molto simili ai lama poiché una loro particolare caratteristica era quella di sputare per terra ad ogni due passi che facevano.
Inoltre si muovevano quasi sempre in branco seguendo il loro leader, ovvero quello che secondo loro possedeva il livello di figaggine più elevato.
In quel caso il leader era Steve, un ragazzo che purtroppo avevo avuto il dispiacere di conoscere qualche anno prima, quando facevo parte insieme a lui della squadra di basket maschile, in quanto non ce n’era una femminile. Ad ogni allenamento non faceva altro che sfottermi, o per i miei capelli, o per le mie lentiggini, o per la mia poca femminilità, o per le mie tette troppo piccole.
Era da un po’ che non mi rompeva più le balle, ma ora eccolo lì. Speravo che non mi vedesse.
Ma come al solito la sfortuna aveva deciso di schierarsi dalla mia parte e perciò quando Steve si voltò verso di me e mi vide, si fermò e così fecero anche i suoi allegri compari.
«Ma guarda chi c’è qui. Pippi Calzelunghe! Non hai fatto le treccine oggi? Che peccato!» Disse il capetto della banda di trogloditi con aria strafottente, scatenando i loro sghignazzi per quel soprannome che da sempre mi assegnavano a causa del colore dei miei capelli e che ormai non faceva più ridere nemmeno i polli.
«Siamo in vena di simpatia oggi. Strano. L’inizio della scuola dovrebbe essere deprimente per voi. Evidentemente vi bastano queste pessime battute per tornare di buon umore.» Dissi più fredda che mai e cercando di guardare sempre negli occhi Steve.
Se gli anni precedenti mi avevano insegnato qualcosa era che fare la bambinetta intimorita che ha paura non serviva a niente e peggiorava sempre la situazione.
Perciò cercai di mostrarmi sicura e indifferente.
«Ma guardate, Violet cerca di fare la dura con me!» Tipica frase di quando la suddetta specie di individui non sapeva come replicare.
«Steve ti chiedo solo una cosa. Lasciami in pace. Anzi no, due. Vai al diavolo.»
Ed ecco che il resto del gruppetto iniziò a fare degli uohhh sorpresi da sottofondo.
Erano anche fin troppo prevedibili.
«Hai voglia di fare la bimba cattiva oggi, è? Dov’è finito quel faccino impaurito che mi faceva tanto pena?»
«Se ne è andato, e con lui anche il tuo cervello.» Dissi soddisfatta.
Essere fredda e indifferente.
Fredda e indifferente.
Questo è il metodo migliore per liberarsi di questo genere di parassiti.
Steve iniziò ad avvicinarsi a me lasciando gli altri qualche passo più indietro.
Io a mia volta indietreggiai fino ad appoggiare la schiena contro l’armadietto.
Sembravo proprio essere in trappola, ma non mi scomposi, anzi riuscii a mantenere il suo sguardo senza timore.
«Ti diverti a prendermi per il culo, vedo.» Fece un sorrisetto che non decifrai a pieno.
«E tu ti diverti a fare lo stronzo. Anche se non è una novità. Non sei cambiato affatto, sei sempre il solito rompipalle con un inspiegabile bisogno di attenzioni e popolarità. Semplicemente patetico.»
Il suo viso si avvicinò ancora di più al mio, le sue mani spinsero le mie spalle contro l’armadietto, cercai di rimanere impassibile nonostante iniziassi a sentire una morsa allo stomaco.
«Sai, non ti conviene metterti contro di me.» Mi sussurrò con le labbra che sfioravano il mio orecchio.
Aprii la bocca per poter replicare ma poi sentii la sua lingua percorrere il mio collo e mi bloccai.
Arrossii di colpo e no, non riuscii a mantenere il mio atteggiamento freddo e indifferente, questo era troppo.
Ed inoltre il mio armadietto era in fondo a un corridoio in cui non passava mai nessuno, vicino a un bagno quasi sempre vuoto.
Perciò iniziai ad avere paura che questa volta potesse davvero farmi qualcosa di male.
Il contatto della sua lingua sulla mia pelle mi fece salire i brividi e cercai di dimenarmi per poter scappare da lì.
Ma non riuscii, ogni tentativo di spostarlo anche di un solo centimetro era inutile. Il suo corpo muscoloso era spalmato sul mio e non mi lasciava alcuna via di fuga.
«Sei caduto proprio in basso.» Riuscii a dire, la voce spezzata dalle lacrime che volevano scendere.
Sul suo viso si dipinse un ghigno divertito.
«Verme.» Sussurrai piena d’indignazione.
A quel punto Steve iniziò a mordicchiarmi il lobo dell’orecchio.
Continuò quella piccola tortura succhiando una zona del mio collo. Sussultai.
Tentai nuovamente con tutte le forze di uscire da quella gabbia in cui mi aveva intrappolata.
Ma niente.
Tutti i miei sforzi erano vani.
Quand’ecco che vidi passare a pochi passi da lì quella che poteva essere la mia salvezza …





Un piccolo angolino per me
Ehm ... Ciao.
Si, so che questa storia sarà la più banale di questo mondo e so di essere una pessima scrittrice ... però, oggi avevo voglia di pubblicare una delle mie ottocentomiliardi e duecentosettantamila storie che inizio a scrivere ma mai finisco, e così l'ho fatto!
Spero gradiate e recensiate in molti!
Un bacio
Francesca

  
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