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Autore: Malika    27/08/2013    4 recensioni
Storia partecipante a “Con chi accoppieresti Draco? E Harry?” indetto da Mary Black e “A ogni coppia la sua frase” indetto da Manuela McGrannit. Il titolo di questa storia è una citazione dalla canzone Hoshi no Mukougawa del gruppo AKB48 e significa “Io sono proprio qui, non dubitarne mai”.
Questa è principalmente la storia di Draco e di come, quattro anni dopo la guerra, comincia a tornare in pace con se stesso e con il mondo. Tutto grazie a una persona, a lei. Asteria.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Malika
Filone scelto:
 Draco
Pacchetto:
Serpeverde 2: Asteria Greengrass.
Obbligo: dopo Hogwarts.
Divieto: Commedia.

Frase: Per amarsi a lungo bisogna conoscersi poco.
Titolo della storia:
Machigai naku koko ni iru yo me wo fusetetemo
Pairing:
Draco/Asteria

Raiting: Arancione
Genere: Angst, Generale, Introspettivo.
Introduzione:
Storia partecipante a “Con chi accoppieresti Draco? E Harry?” indetto da Mary Black e “A ogni coppia la sua frase” indetto da Manuela McGrannit.
Il titolo di questa storia è una citazione dalla canzone Hoshi no Mukougawa del gruppo AKB48 e significa “Io sono proprio qui, non dubitarne mai”.
Questa è principalmente la storia di Draco e di come, quattro anni dopo la guerra, comincia a tornare in pace con se stesso e con il mondo. Tutto grazie a una persona, a lei. Asteria.
Vostre Note:
//
 
Machigai naku koko ni iru yo me wo fusetetemo.
 
Il sole cercava inutilmente di penetrare in quelle finestre protette da pesanti tende scure, nonostante fosse ormai estate e lui brillasse meglio di quanto non l’avesse fatto solo poco più di quattro anni prima, quando ancora il Mondo Magico Britannico si trovava sotto il giogo di Lord Voldemort. Voleva entrare in quella stanza per portare gioia e vitalità, prima che…
«Aaaaaah!»
Troppo tardi, il giovane abitante di quella stanza si era svegliato urlante come tutte le mattine da quando la Seconda Guerra Magica si era conclusa. Il ragazzo, immerso nel buio della sua camera, si chinò su se stesso, stringendosi le mani sugli occhi come per togliersi quello che aveva sognato dalla mente.
Tutti i giorni e tutte le notti ricordava. Ricordava quelle dannate urla provenire dai sotterranei del maniero, ricordava il sangue sparso sui pavimenti e i corpi abbandonati mollemente a terra, gli occhi spalancati e vitrei. Ricordava di quando anche lui aveva dovuto torturare quella gente innocente, innocente, sì, perché il loro sangue era uguale al suo. Cosa importava se non avevano una stilla di magia? Certo, questo li rendeva inferiori, ma in cuor suo sapeva che era sbagliato, quello che gli stavano facendo fare. Opporsi era impossibile, però: se l’avesse fatto, la sua famiglia…
«Draco!» La porta si spalancò e una voce musicale lo raggiunse, facendolo ritornare al presente. «Draco, adesso basta! Avevi promesso!» Lady Malfoy si diresse rapidamente verso le tende, che spalancò lasciando al sole la possibilità di illuminare quel luogo.
«Madre!» esclamò il giovane, coprendosi gli occhi irritati dalla luce improvvisa. «Perché sei entrata nella mia stanza?»
«Perché? Draco! Sono tua madre, è naturale che mi preoccupi per te! Inoltre mi avevi promesso che avresti preso la Senza Sogni! Ah, non importa…» mormorò poi, scuotendo la testa. «Vieni di sotto, io e tuo padre dobbiamo parlarti». E uscì.
Il biondo la osservò uscire e, non appena la porta si fu richiusa, sospirò: sì, sua madre si preoccupava per lui, ma lui doveva vedere, doveva ricordare, perché quella era la giusta punizione. Scosse la testa: non doveva più pensarci.
Scostò il lenzuolo e scese dal letto, dirigendosi verso il bagno; dopo essersi presentato, scese nella saletta blu, quella privata, in cui consumavano i pasti in uno spazio piccolo e accogliente, come una famiglia normale. Trovò suo padre e sua madre ad aspettarlo, lui seduto a capotavola e lei alla sua sinistra, mentre la tavola era imbandita solo per lui.
«Dobbiamo parlare, Draco» esordì suo padre, appena lo vide entrare.
«Lo so, Madre me l’ha riferito. È una cosa tanto urgente da doverlo fare adesso, però?» chiese, sedendosi e aprendo elegantemente il tovagliolo sulle gambe.
«Non rivolgerti a me con questo tono, Draco» lo avvisò suo padre, minaccioso ma non troppo: le sue convinzioni, nonostante non avesse più seguito il Signore Oscuro, non erano cambiate.
«Scusami, Padre» mormorò Draco, gli occhi rivolti verso il piatto.
«Va bene, non importa. Ho saputo che non hai preso la Senza Sogni come ti aveva detto tua madre. Perché?» chiese Lord Malfoy, freddo come il budino che il figlio stava mangiando.
«Non l’ho ritenuto più necessario: sono diverse notti, ormai, che non ho più alcun incubo» disse, rimanendo concentrato sul cibo; mentiva, naturalmente, dato che, molto più semplicemente, la sera prima aveva dimenticato di castare l’incantesimo Silenziante.
Lucius sollevò un sopracciglio, non credendo a quanto gli era stato detto, e stava aprendo bocca per ribattere, quando la moglie gli posò una mano sul braccio, facendolo così fermare. Le lanciò uno sguardo, annuì brevemente e tornò a parlare con il figlio: «In ogni caso, non è questo quello di cui dobbiamo discutere, ma qualcosa di più importante».
“Cosa ci può essere di più importante?”, si chiese Draco, alzando gli occhi per fissare il genitori, sinceramente curioso e finalmente dimentico di tutti i pensieri che l’affliggevano.
«Abbiamo deciso che il casato dei Malfoy deve continuare, quindi ti sposerai» gli disse Malfoy sr, facendogli momentaneamente perdere la solita maschera per mostrare un’espressione incredula.
«Cosa?» esclamò il giovane, quando si riebbe dalla sorpresa.
«Proprio così» si intromise sua madre. «Naturalmente, la futura Lady Malfoy dovrà essere la migliore possibile, Purosangue, ricca e bella. Secondo me e tuo padre, c’è solo una giovane donna degna di questo titolo: Asteria Grengrass» disse con un sorriso pacato. Suo marito e lei erano giunti a quella conclusione dopo un’attenta indagine su tutte le giovani signorine Purosangue in età da marito e, onestamente, non era stato semplice, in quanto oltra alla prescelta c’erano altre due candidate: la sorella, naturalmente, e la rossa Tracy Davis.
Draco cercò di ricordare qualche dettaglio riguardo alla ragazza: sapeva che era la sorella di Daphne e che era bella, anche da bambina, ma di lei non sapeva altro, se non che a volte litigava con la famiglia a causa del suo temperamento. «Ma non la conosco nemmeno!» esclamò poi, rivolto ai suoi genitori.
E in ogni caso, non poteva sposarsi: non era degno di avere una famiglia, un figlio. Come avrebbe potuto, dopo tutto quello che aveva fatto? Li avrebbe fatti crescere nella depressione, nella tristezza, nell’infelicità. Non sarebbe mai stato adatto.
«Oh, Draco, questo non è certo un problema, non lo è mai stato! Non ha impedito a me e tua madre di sposarci!» disse Lucius, agitando una mano come per scacciare una mosca fastidiosa.
«E poi, Draco, per amarsi a lungo bisogna conoscersi poco» aggiunse Narcissa.
“Amore, Madre? No, io non sono capace di amare…”, pensò Draco, mentre scusandosi si alzava per poter rimanere da solo e riflettere.
 
Una settimana dopo.
«Draco!» esclamò Narcissa, spalancando la porta della camera del figlio.
Il giovane, in piedi davanti all’armadio con solo gli slip addosso, si voltò rapidamente verso di lei. «Madre! Perché non hai bussato?» le chiese, sbigottito.
«Andiamo, Draco, non vergognarti: sapessi quante volte ti ho visto fare il bagno, da piccolo!» esclamò la donna con noncuranza. «In ogni caso, pensavo che fossi ancora a letto, quindi sono venuta a chiamarti: la famiglia Greengrass sarà qui tra meno di un’ora! Devi renderti presentabile!»
“Maledizione!”, imprecò silenziosamente Draco. “Me n’ero dimenticato: oggi devo conoscere quella che dovrebbe essere la mia futura moglie”, si ricordò stizzito. Nella settimana che era trascorsa dall’annuncio dei suoi genitori aveva provato varie volte a farli ragionare e retrocedere dalla loro posizione, ma i due avevano continuato per la loro strada, sostenendo che “la famiglia ne ha bisogno, Draco!”. Certo, grazie mille per la considerazione!, pensò, lanciando un’occhiata alla madre, ancora in piedi sulla porta.
«Non mi guardare così! Sai che un giorno mi ringrazierai! E sbrigati a prepararti!» disse lei, uscendo, mentre il figlio rimase immobile per qualche istante, per poi iniziare meccanicamente a vestirsi.
“Perché non capiscono?”, si chiese. “Come possono impormi qualcosa di simile? L’ultima volta non è bastata? E poi, chi mai potrebbe accettare me, un Mangiamorte, un codardo della peggior specie. No, non posso sposarmi, non posso!” Si sistemò meglio le pieghe della tunica, poi scese, pronto al supplizio.
Una volta arrivato nel salotto, la sua attenzione fu calamitata dalle due giovani donne comodamente seduto sul divanetto di fronte alla porta. Quella sulla destra era Daphne, riconosciuta facilmente dato che era poco cambiata dai tempi della scuola, mentre l’altra doveva essere Asteria, molto simile alla sorella per gli stessi colori scuri, ma per il resto differente.
«Draco, eccoti!» disse sua madre, seduta sull’altro divano assieme a Lady Greengrass. «Immagino ti ricordi di Celine Greengrass» continuò, indicando l’altra donna che, come voleva l’etichetta, si alzò, porgendo la mano al giovane. Draco annuì semplicemente, le prese la mano ed eseguì un perfetto baciamano: «Lieto di rivederla, milady».
Dopo la risposta cortese e fredda della madre, Daphne si alzò, avvicinandosi all’ex compagno di scuola: «Draco, sono molto felice di rivederti!» disse con un sorriso, dandogli due sonori baci sulle guance. «E lei è la mia sorellina! Non trovi che si sia fatta più carina? Da piccola era così bruttina!»
Draco non ricordava nulla del genere, la piccola Greengrass era sempre stata più che carina e la giovinezza non faceva che esaltarne i tratti. Aveva una bellezza dolce, eterea quasi, molto differente da quella fredda della madre e della sorella; Asteria gli ricordava il caldo e rassicurante fuoco di un caminetto durante l’inverno, mentre Daphne era il freddo di quella stessa stagione.
«Ti ringrazio, Daphne!» ribatté secca la giovane Greengrass. «Adesso sì che…»
«Ragazze! Contegno!» intervenne la loro madre, evidentemente troncando una litigata sul nascere. «Scusatemi, Lady Malfoy e signor Malfoy, a volte la mia figlia più giovane non riesce proprio a tenere a freno la lingua, specialmente al di fuori della famiglia» spiegò, fulminando Asteria con lo sguardo.
La giovane abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro, mentre Draco la osservava, curioso: cosa stava per dire alla sorella prima dell’interruzione? Sicuramente, a giudicare dalla luce arrabbiata nei suoi occhi, non doveva essere qualcosa di troppo gentile.
«Ma, mia cara Lady Greengrass, noi saremo presto una famiglia! Non vedo cosa ci sia di male quindi: Asteria imparerà col tempo a contenere il suo temperamento» disse Narcissa, con un leggero sorriso sul volto.
Draco ricordò perché si trovavano lì: il fidanzamento. Lo sguardo gli si oscurò e aprì la bocca per ribattere a quell’affermazione, quando suo padre e Lord Greengrass entrarono con un sorriso sul volto.
«Signore, il contratto è pronto ed entrambi l’abbiamo approvato!» esordì Romolus Greengrass, posando la pergamena che aveva in mano sul tavolino. «Ragazzi, è ora di firmare!»
«Ma, Padre…!»
«Asteria! Osi ancora discutere?» l’uomo cambiò rapidamente espressione, incupendosi. «È per il bene della famiglia, di entrambe le famiglie! Quindi farai quello che dico!» ordinò, porgendole una piuma.
«Padre…»
«Draco, non ricominciamo. Subito dopo Asteria firmerai anche tu» Lucius fulminò il figlio con un’occhiata.
«Ma non ci conosciamo!» esclamò la ragazza, facendo scoppiare a ridere sua madre e sua sorella mentre sui volti degli altri, tranne il giovane, apparve un sorriso indulgente.
«Draco ci disse la stessa cosa e io rispondo con le stesse parole: per amarsi a lungo bisogna conoscersi poco» disse Narcissa. «Quindi, firmate entrambi, così poi potremo decidere la data».
Il silenzio si propagò per la stanza, mentre aspettavano la firma dei due futuri sposi. Asteria si girò a guardare Draco e lui non poté fare a meno di notare che lo sguardo della giovane, per quanto rassegnato, aveva ancora in sé una luce combattiva e fiera: sarebbe andata incontro al suo destino a testa alta. Poi, la giovane firmò e passò la penna al biondo che, dopo qualche istante ancora, fece altrettanto.
“Ho condannato una donna innocente a una vita infelice.”
 
Sette mesi dopo
Firmò con uno svolazzo della piuma e si raddrizzò. “Sono dannato” pensò, depresso. “Sono più dannato di quanto non lo fossi in precedenza”.
Nei cinque mesi che avevano separato l’incontro con Asteria e il compleanno aveva provato praticamente ogni giorno a convincere i suoi genitori ad annullare il fidanzamento, con urla, minacce, silenzi pesanti, ma nulla aveva funzionato: Lucius e Narcissa pretendevano un’ottima ragione per farlo e lui non voleva – non poteva – spiegare ai suoi genitori che il motivo era lui. Lui e i suoi incubi. Lui e il suo passato.
Sapeva cosa sarebbe successo se glielo avesse fatto sapere: Narcissa avrebbe pianto, signorilmente come qualsiasi lady Purosangue, e gli avrebbe posto molte domande, cercando di capire dove lei, come madre, avesse sbagliato. E Lucius sarebbe impallidito e, dopo qualche minuto di silenzio, si sarebbe chiuso nel suo studio, probabilmente a biasimarsi e a bere; Lord Malfoy riusciva a convivere con i suoi crimini, i suoi spiriti, ma sapeva che non era facile e ancora in quel momento non si perdonava abbastanza per averlo trascinato all’inferno, tra i Mangiamorte. No, non poteva dirglielo.
Così, poco dopo il compleanno di sua madre, Draco aveva ceduto e aveva cominciato a partecipare attivamente ai preparativi per il matrimonio, sfruttando anche un poco il tempo per conoscere meglio la sua futura moglie. Non gli era praticamente riuscito stare solo con lei per qualche minuto, c’era sempre un membro della sua famiglia, come se dovessero controllarla. L’unica cosa che era riuscito a comprendere era che aveva un temperamento impulsivo, passionale, ma non sapeva a cosa quella passione era rivolta. Sperava che adesso che si erano sposati avrebbe potuto capirlo, conoscendola meglio; “chissà se saremo mai felici. Ma no. È impossibile, io sono dannato, la condannerò a una vita infelice. Asteria, perdonami” pensò, alzando gli occhi dalla pergamena e posandoli sulla sua sposa, che aspettava al suo fianco.
«Sei pronto, Draco? Ci aspetta il banchetto…» mormorò la giovane, lanciandogli un breve sguardo, ma aveva la voce fredda, distante, come se non fosse davvero lì.
Si raddrizzò e annuì, afferrando la donna sottobraccio; uscirono, seguiti dai loro genitori e preceduti da testimoni e damigelle, come voleva il galateo. Sorrise brevemente ad Asteria, forse anche un po’ tristemente, ma lei non rispose.
«Va tutto bene?» le chiese sottovoce.
«Questo dovrei chiederlo io a te» rispose lei, spiazzandolo totalmente. “Cosa intende?” si chiese il biondo, perplesso, ma tutti i pensieri profondi scomparvero, quando raggiunsero gli invitati per il banchetto, poiché dovettero attendere a tutti i loro doveri: congratulazioni, foto di rito, presiedere il pranzo.
Draco visse tutto quel tempo come in un sogno: viveva quello che accadeva, ma non ne percepiva l’emozione, sembrava come vederlo attraverso uno specchio. “Felicità. Ecco cosa proverei, se non fossi quello che sono” pensò. Si risvegliò solamente quando Asteria si alzò in piedi, per la sua attività. Non sapeva quale fosse, in realtà, ma pensava che nessuno lo sapesse dato che era una cosa che aveva organizzato da sola; vide i suoi neo suoceri scambiarsi un’occhiata, chiaramente preoccupati per quello che la figlia avrebbe detto o fatto. Si voltò verso di lei, osservandola incuriosito.
«Signore e signori, potrei avere la vostra attenzione per qualche minuto?» chiese, silenziando pian piano l’uditorio. Sorrise: «Grazie. E grazie anche per essere venuti al nostro matrimonio e per l’amicizia che ci dimostrate. Draco e io ne siamo molto felici. Ora, è il momento di una piccola attività; solitamente, non è un’usanza praticata tra i matrimoni purosangue, ma credo che, visti gli anni appena passati, sia una cosa utile».
Queste parole fecero partire un mormorio tra i presenti, ognuno dei quali si chiedeva cosa stesse per succedere. Julia Kavenagh, testimone di Asteria, si alzò in piedi e agitò la bacchetta; la cravatta di Draco cadde sul tavolo, sotto gli occhi sbigottiti di tutti.
«Adesso, taglieremo la cravatta dello sposo in tanti piccoli pezzi: chiunque ne voglia un pezzo dovrà fare un’offerta; il ricavato sarà poi devoluto all’Saint Leonard Magic Orphanage di Londra» disse Asteria, sedendosi di nuovo tra gli sguardi sbigottiti di tutti.
«Solo al Saint Leonard?» chiese Draco al suo orecchio.
«No» rispose lei, arrossendo. «Anche a un paio di orfanotrofi babbani, ma non potevo certo dirlo! Non avrebbero mai lasciato nulla!» aggiunse, lo sguardo fiero e fisso nel suo per quello che aveva fatto.
Lo sposo sorrise: «No, non potevi» e fece cenno a Julia per acquistare un pezzo della sua cravatta.
 
«Trattacela bene, Draco» disse Lord Greengrass, stringendo la mano al biondo, che sorrise gentilmente di rimando: «Lo farò, non si preoccupi».
Erano in partenza per la luna di miele, a Parigi, e stavano salutando gli ospiti che sarebbero rimasti lì ancora per qualche tempo. Non sapeva altro, in realtà, aveva semplicemente detto che qualsiasi cosa Asteria avesse deciso gli sarebbe andata bene. Perché intromettersi oltre, comunque? Sapeva che sarebbe stato un matrimonio infelice a causa sua, indipendentemente da come sarebbe cominciato.
«Divertitevi, ragazzi» disse Narcissa, baciandoli entrambi sulle guance, mentre il suo viso era adornato da un’espressione abbastanza calda ma adatta a una Lady. Finiti i saluti, i due sposini afferrarono la Passaporta e sparirono.
Ricomparvero in un vicoletto nascosto nel centro storico e, valigie alla mano, si avviarono verso l’hotel; o meglio, Asteria si avviò e Draco la seguì, contemplandola.
«Va tutto bene?» chiese lei a un certo punto, osservandolo da sopra la spalla.
Lui si immobilizzò per qualche istante, mille oscuri pensieri che si agitavano nella sua mente, poi annuì: «Sì, non ti preoccupare. Piuttosto, abbiamo ancora un paio d’ore prima di cena, cosa vuoi fare?» le chiese gentilmente, affiancandola e prendendo la sua valigia. «A proposito, perché abbiamo le valigie? Insomma, non sarebbe più pratico rimpicciolirle e infilarle in tasca?»
Lei lo fissò dubbiosa di rimando, poi scosse la testa: «L’hotel è babbano, sarebbe strano arrivare senza bagaglio con una prenotazione di un mese, non trovi? Comunque, potremmo fare un giro per il centro, ci sono molte cose da visitare…» rispose poi, arrossendo leggermente.
Entrarono nell’albergo e, fortunatamente, riuscirono a sbrigarsi in fretta, raggiungendo la suite; disfatte le valigie, Draco si guardò in giro. «È un bel posticino» disse. La suite era composta da un ampio soggiorno, un bagno e una camera matrimoniale, tutto arredato sul azzurro e sul bianco, perfino i mobili che erano probabilmente di legno di betulla. Il biondo si girò verso la moglie: «Vogliamo andare?»
 
Asteria rideva, correndo sul marciapiede per raggiungere l’albergo. “È così spensierata, felice… Durerà poco!” pensò Draco, mentre il sorriso, che aveva sul volto perché rincorreva la sposa, si spegneva.
Entrarono nell’atrio, lei aveva ancora la risata sulle labbra, lui invece era serio e la contemplava. Poi Draco si avvicinò e le abbracciò la vita: «Andiamo nel ristorante dell’hotel a mangiare o preferisci andare in camera?» le chiese, tranquillo, mentre cercava di scacciare i cattivi pensieri; Asteria arrossì e abbassò lo sguardo, guardandolo da sotto le ciglia.
Draco ghignò e se ne stupì: non faceva quell’espressione da quando era a scuola e ancora non aveva ricevuto alcun sentore della guerra imminente. Dal suo quinto anno, in effetti, l’ultimo davvero tranquillo. Perché l’anno successivo, aveva ricevuto quel compito dal Signore Oscuro, il compito che l’aveva iniziato a essere quello che era, un uomo dannato, un Mangiamorte; tante volte aveva sperato di morire durante la Battaglia di…
La mano di Asteria sulla sua guancia lo riscosse dai suoi pensieri. «Va tutto bene?» chiese dolcemente. «Il tuo sguardo si è incupito» gli riferì e Draco scosse la testa: «Sto bene. Vieni, saliamo» e, afferrandola per un polso cominciò a trascinarla verso l’ascensore. Non si accorse del rossore della donna, anche perché era già calato quando raggiunsero la loro suite.
Entrarono e Draco si diresse automaticamente verso la camera da letto. Una volta all’interno si voltò verso Asteria, quasi soppesandola. «Sai che dobbiamo, vero?»
Lei sgranò gli occhi: «Non dovevamo mangiare?» chiese, irrigidendosi.
«Sei vergine?»
«Ma che domande sono?» si indignò.
«Rispondi».
«Non mi sembra…»
«Rispondi, Asteria, devo saperlo!» Draco alzò la voce, zittendola ma ottenendo in cambio un’occhiata di fuoco.
«Sì».
Draco annuì e le si avvicinò piano: «Tenterò di non farti male, anche se non penso sarà possibile, purtroppo»
«Me l’hanno detto. Ma che fine ha fatto la cena?» chiese Asteria, cercando di cambiare argomento e indietreggiando.
Non servì: il biondo la raggiunse e le sfiorò una guancia. «Io non ti conosco, tu non conosci me. Eppure, siamo sposati» mormorò con sguardo triste. «Non sai quanto mi dispiace…»
«Di avermi sposato?»
«Sì, di averti sposato» rispose con un po’ di titubanza.
«Ah. Grazie» rispose lei, fredda come il ghiaccio. «E perché non ti sei opposto, se non ti piaccio?»
Rimase senza parole: «Cosa? No! Non sei tu, sono io!»
Fu lei a essere sbigottita: «Tu? Perché?»
Draco la fissò negli occhi: avrebbe potuto confidarle la verità? No, l’avrebbe distrutta, spezzata completamente, e non si sarebbe mai perdonato. Già non si perdonava per averla sposata, condannandola ad una vita triste. «No, niente» le rispose infine, cominciando poi a slacciarle il vestito, rosso, che aveva indossato per la loro passeggiata fuori.
Glielo fece scivolare lungo il corpo, lasciandola solo in lingerie. «Sei bella, non vergognarti» le disse dolcemente, quando lei cercò di coprirsi. Poi, avvicinò il viso al suo, mantenendo gli occhi fissi in quelli di lei: voleva che capisse quali erano le sue intenzioni e che non doveva preoccuparsi, perché lui sarebbe stato il più dolce possibile. Così, dopo qualche istante, la baciò, assaporandola; fece poi guizzare la lingua sulle sue labbra, chiedendone l’accesso, e lei, titubante, glielo lasciò.
Fu strano, molto più dolce di come era solitamente abituato, ma sapeva che quella che aveva davanti non era una donna qualunque: non solo era vergine, ma era anche sua moglie. Quando Asteria si staccò, lui cominciò a baciarle il mento e il collo, mentre andava a cingerle la vita; accarezzò tutta la schiena della donna, arrivando fino al reggiseno che venne sganciato quasi immediatamente. La bocca del biondo scese pian piano lungo il petto, fino ad arrivare al seno, che venne vezzeggiato, mentre avvertiva Asteria afferrargli i capelli e gemere.
La spinse verso il letto, piano, e poi la sovrastò con il suo corpo; la avvertì tendersi e la blandì con baci e carezze, scambiando la paura con il piacere. Quando si unirono, cercò di farle passare il dolore, aspettando e mormorando parole di conforto, poi si mosse e fu piacere.
 
Zia Bella si avvicinava: aveva un sorriso folle che le illuminava anche gli occhi e rigirava la bacchetta tra le mani. «Draco, Draco, devi imparare! Sono sicura che la prossima volta andrà meglio» diceva. Arrivata a un passò da lui voltò il viso verso destra, rivolta a qualcuno che non poteva vedere, anche se immaginava chi fosse: il Signore Oscuro. Poi, zia Bella si girò verso di lui e ghignò: «Crucio!»
«Draco!» Una mano si posò sulla sua spalla, scuotendolo e facendolo svegliare di soprassalto.
Urlò, vedendo una donna dai capelli scuri davanti a lui, e istintivamente la colpì, cercando di allontanarla da lui. Avvertì un colpo, poi il silenzio, mentre la ragione tornava a prendere il possesso della sua mente; si guardò rapidamente intorno, cercando la figura della donna. E la vide, per terra, con le lacrime agli occhi e una mano sulla guancia. Asteria.
«No. No!» esclamò, scendendo rapidamente dal letto e avvicinandosi. «Asteria! Mi dispiace! Mi dispiace, io…»
«Stammi lontano!» singhiozzò lei, alzandosi velocemente. «Stammi lontano!» urlò, afferrò il lenzuolo sfatto e uscì dalla camera.
Draco rimase lì, immobile. “Cosa ho fatto? Merlino, perché?” si chiese, distrutto. Non la conosceva, pensava che non gli sarebbe mai importato di lei, che non si sarebbe mai preoccupato per lei, ma adesso lo era; era spaventato dalla sua reazione, che non voleva. Non voleva quello che era successo, non era riuscito a controllarsi. E ora l’aveva spezzata.
Si alzò e meccanicamente si vestì, avvicinandosi poi a una delle finestre. Il sole non era ancora sorto. “Ho dimenticato l’incantesimo silenziante. Ma ero stanco ieri sera… Che stupido! Non me la merito, avrei dovuto oppormi al matrimonio, non avrei dovuto cedere alle insistenze di madre e padre. Chi sono, io, per pretendere la felicità? La verità è che l’ho sempre voluta e cercata, non ho mai fatto nulla per allontanarla. E ora? Ora, che forse avrei potuto costruire un rapporto di amicizia e muto rispetto con mia moglie, ho rovinato tutto. Sono dannato, e ho dannato lei. Asteria…”
Non seppe quanto tempo era passato, solo che rimase lì, fermo, a pensare e ripensare a lei, al sogno, al passato. E si dannava. Arrivò l’alba.
La porta si aprì piano piano, facendo rientrare Asteria. Draco le lanciò solo un’occhiata, prima di tornare a guardare fuori dalla finestra. «Pensavo te ne fossi andata» disse, e si stupì del suo tono, freddo, formale, distaccato.
Con la coda dell’occhio, la vide scuotere la testa: «Le mie cose sono qui» disse, poi sospirò: «Cosa è successo?»
Lui si voltò a guardarla, cercando di capire se fosse davvero quello che voleva. La luce nello sguardo di sua moglie era risoluta e testarda, due caratteristiche che non riscontrava in una donna dai tempi di Hermione Granger. «Un incubo» disse poi, laconico.
«L’avevo intuito. Me ne parli, per favore?»
«No».
«Sì! Ho ricevuto uno schiaffo immeritato, per quell’incubo».
“Testarda” pensò lui, ruotando gli occhi. «Non è la prima volta che li ho e non sarà l’ultima. Non preoccuparti».
Lei aggrottò la fronte, poi si avvicinò ancora avvolta dal lenzuolo; lo sguardo di lui non poté fare a meno di scorrere sulle gambe scoperte. «Io sono qui, non dubitarne mai» gli disse, fronteggiandolo. «Anche se ci siamo appena sposati e praticamente non ci conosciamo, ma sappi che su di me puoi contare!»
Per molti anni a venire, Draco non seppe capire il motivo per cui riuscì a fidarsi di lei in quel momento tanto da raccontarle i suoi pensieri, i suoi incubi e il suo passato. Però lo fece, sedendosi per terra subito imitato da lei, e si confidò, interiormente apprezzando il fatto che Asteria non lo interruppe mai, neanche nei momenti in cui si ritrovò a urlare il suo dolore e la sua frustrazione.
Una volta finito, si ritrovò svuotato completamente. Alzò gli occhi verso sua moglie, temendo di vederla scappare a gambe levate, e si stupì di trovare delle lacrime che le cadevano lungo le braccia.
Rimasero per qualche istante immobili, poi la giovane si slanciò verso di lui. «Io sono proprio qui, non dubitarne mai».
 
Un mese dopo.
«Draco, la Passaporta si attiverà tra pochi minuti» lo chiamo Asteria, dall’altra stanza. «Dobbiamo raggiungere il video, da qui non possiamo andarcene» gli ricordò.
Il tempo era passato velocemente e in quel mese, Draco aveva avuto numerose crisi: diversi incubi avevano costellato le loro notti, momenti di depressione le giornate. Ma Asteria era rimasta, sopportando qualsiasi cosa suo marito dicesse, ignorandola per il momento e discutendone solo successivamente, in momenti di calma e tranquillità. Avevano raggiunto un equilibrio.
Draco entrò nel salotto sorridendo: «Sono pronto, tranquilla. Ed è almeno la terza volta che me lo ripeti; bastava la prima, sai?» le disse, abbracciandola e conducendola verso l’uscita. “Che cosa mi hai fatto? Come sei riuscita a spingermi a confidarmi con te? Che incantesimo mi hai lanciato?” si chiedeva, come faceva ogni giorno. Ma ormai, non poteva fare a meno di ringraziare i suoi genitori, per averlo costretto a sposarla, e l’impulso, per averlo indotto a confidarsi, senza un perché.
Solo anni dopo, capì perché si era confidato con lei e per quale motivo Asteria avesse reagito in quel modo.
Amore. Ancora dormiente, ma amore.
 
Note: eccomi qua, alla fine della storia.
Innanzi tutto, vorrei ringraziare le giudici, che mi hanno dato l’impulso a scriverla. Thanks!!
Poi, vorrei dire che, per quanto non sia del tutto convinta di come è venuta, ne sono quasi soddisfatta.
So che Draco può risultare OOC, ma penso che sia giustificato: è avvenuta una guerra e, per quanto si sia ormai conclusa da quattro anni, i postumi non sono mai passati e il passato ritorna spesso. Draco si sente colpevole, sulla Torre di Astronomia, per aver quasi causato la morte di Katie e Ron, quindi penso sia normale che si senta colpevole per quanto accaduto durante la guerra. Da qui, incubi e depressione. Che poi, è una cosa che capita davvero ai soldati!
Fine, non ho altro da dire. Spero vi sia piaciuta!
Malika
   
 
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