Anime & Manga > Fairy Tail
Segui la storia  |       
Autore: Lea_z_98    29/08/2013    6 recensioni
[Storia ad OC; Iscrizioni terminate]
Il Regno di Fiore è un posto pieno di magia, avventura ed incanto.
Però, come ogni altro luogo, è pieno di pericoli.
Uno dei tanti verrà scoperto casualmente da ragazzi ignoti, che troveranno bizzarri gingilli con strambi poteri.
E – come al solito – verrà coinvolta una certa gilda di nome "Fairy Tail".
Molta comicità, molta azione, avventura, suspence, colpi di scena, dramma e, perche no?, anche un pochino di romanticismo.
Cosa saranno questi bislacchi aggeggi a forma di piramide? E cos'è in verità il Regno di Eden?
***
Cit.: "Voi, sciocchi maghi, non potete fare nulla. Il vostro mondo, le vostre vite... non hanno alcun senso, lo capite?
Noi apriremo le porte dell'Eden... le porte del Paradiso!"
***
[IN PAUSA]
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lea_z_98 presenta

Una fanfiction di FAIRY TAIL

Astral Pyramids ~ I Sigilli del Regno di Eden

 

 

 

 

 

 

Capitolo 2: Di ragazzi silenziosi, vecchi regnanti e bizzarre quindicenni

 

 

 

 

 

Il bar era vuoto e triste. Solo la musica stonata di un disco jazz, che il giradischi di origini preistoriche riproduceva a volume basso e con suoni distorti, impediva che cadesse in un deprimente silenzio.

Un diciannovenne era seduto al bancone.

Era un bel ragazzo, di quelli che ti colpiscono a prima vista: era alto ed aveva un fisico atletico, non troppo muscoloso; i capelli, corti e spettinati, erano di varie gradazioni di grigio, alla base argentate e poi giù, giù, sempre più scure. In particolar modo l’attenzione veniva attirata da una lunga ciocca, che ricopriva l’occhio sinistro – che, come il suo compagno destro, aveva un colore cinereo.

Un tipo tenebroso, nel complesso. Anche per i vestiti, con quella canottiera con un cuore nero e incatenato, la giacca di pelle (anch’essa nera), i pantaloni scuri e gli stivali, ancora grigi, che al posto dei lacci avevano delle catene.

Insomma, quasi un uomo-catena.

Sollevò il bicchiere di birra. Bevve un sorso.

Sospirò.

Che strana cosa, la solitudine… - disse. 

 

Ciao!-

Il ragazzo si voltò.

La giovane che l’aveva chiamato era decisamente carina. Una biondina con occhi grandi e vivaci, i capelli tagliati a caschetto, il sorriso accattivante.

Ma niente che lo attirasse, dopotutto.

Quella si avvicinò con naturalezza e chiese, con una bella voce squillante:

Che dici, posso sedermi qui accanto?-

L’uomo-catena fece spallucce e accennò a uno sgabello. La ragazza lo prese come un sì e si sedette.

Poggiò i gomiti sul tavolo, poi poggiò il mento sui palmi delle mani, infine piantò gli occhi addosso al diciannovenne.

Ci presentiamo?- fece.

Di nuovo, l’uomo-catena rispose con un gesto vago, ruotando una mano lentamente nell’aria.

Fantastico! Io sono Betty. E tu, ti chiami…?-

Ashuros.- disse laconico l’altro, prendendo un sorso di birra.

- Ashuros. Carino. E raccontami, dai, Ashuros, cosa fai nella vita, a parte frequentare questo bar?

Beh…-

Il ragazzo sembrò cercare le parole giuste.

Betty attendeva, fiduciosa.

Combatto fino alla morte con cieca fedeltà affinché il mio padrone possa vedere realizzati i suoi desideri. Dopo che con me ha stretto un patto, comunque.-

La ragazza parve restarci un po’ male. Non doveva essere quello che si aspettava.

Oh, beh, immagino che sia un lavoro come un altro.- concluse infine - E quantomeno sembra che debba essere ben pagato.-

- … Pagato?- fece Ashuros, dubbioso.

Cadde il silenzio. Il disco era finito, girava a vuoto sul piatto producendo solo fruscii incoerenti. Ashuros prese un altro sorso di birra.

Che sete!- esclamò Betty.

Ashuros prese un altro sorso di birra.

Già, che sete! Se solo avessi qualcosa da bere…- continuò lei.

Ashuros prese un altro sorso di birra.

- Voglio dire, se qualcuno mi offrisse da bere, sarebbe una cosa molto carina, eh?-

Oh, scusa. Sono proprio un cafone.- fece l’altro, senza particolare convinzione.

Le allungò il proprio bicchiere.

Ecco, prendi pure. Ma non più di un paio di sorsi.-

Betty sgranò gli occhi. Biascicò un “non importa” e si voltò a guardare in avanti, oltre il bancone.

Si chiese se ci fosse qualcosa che non andava. Estrasse uno specchietto dalla borsetta e diede un’occhiata veloce per verificare che il rossetto non fosse sbavato. Nello specchietto vide per un attimo il suo interlocutore, e osservò un particolare curioso. Qualcosa di appeso al suo orecchio; una catenina con un falcetto.

Carino quell’orecchino.- disse, sorridendo - Mi piace l’etnico. L’hai comprato in quel negozio new age che c’è qua vicino, o…-

Non l’ho comprato. È mio e basta.-

Betty rise un po’ forzatamente, cercando di convincersi che quella doveva essere solo una battuta. Allungò la mano per prendere l’orecchino e osservarlo meglio, ma quando fu all’altezza del petto dell’uomo si sentì confusa, avvertendo un’aria lugubre e tetra.

Che… cosa… è…?- balbettò, impressionata.

Oh, quello. Beh, credo che sia il mio potere.-

Betty ritirò lentamente la mano e abbassò gli occhi.

Decise di cambiare bruscamente argomento cercando di vivacizzare la serata e rompere il ghiaccio una volta per tutte. Prese un respiro profondo e si buttò.

Senti, Ashuros, la giornata è ancora lunga, e questo bar…- fece una risatina - … beh, non è poi così vivace. Quindi che ne dici di uscire, magari anche ‘sta sera, andare da qualche altra parte e folleggiare un po’? Eh? Yuu-huu!-

Il suo gridolino di entusiasmo non suscitò effetti particolari. Ashuros continuò, con assoluta noncuranza, a bere dal suo bicchiere di birra. Betty lo fissava, con un sorriso speranzoso.

Ashuros smise di bere.

Posò il bicchiere.

Restò qualche secondo in silenzio.

Splendido.- disse piatto - Ci sto.-

Dentro la testa di Betty, ottantamila tifosi alla finale dei Mondiali si alzarono in piedi esultando per il gol della vittoria.

Devo solo avvisare Janet che farò tardi.-

L’arbitro fischiò e annullò il gol. Tifosi zittiti. Betty assunse un’espressione corrucciata.

E chi sarebbe questa Janet?- domandò, gelida.

La mia padrona.-

Oh, bene. Bravo il signor bevo-la-birra-da-solo-sono-un-gran-figo-rimorchiatemi-forza.

Stasera dobbiamo allenarci alla fusione.-

Fusione?

Insomma, sai? Quando due si toccano, e poi i loro corpi si uniscono, ed è come se diventassero una cosa sola? Il termine adatto è Usion Raid.-

Oh, “Usion Raid”. Lo chiamano così, adesso.

- Hai presente?-

Ne ho sentito parlare.- sibilò la ragazza.

Ecco. A me scoccerebbe pure, ma Janet continua a seccarmi… ‘dai, proviamo la fusione!’, ‘Oggi dobbiamo fare pratica con la fusione!’. Una rottura. Non dovevo firmare quel contratto.-

Oh, poveretto.- commentò sarcastica Betty - E sicuramente questa Janet è più giovane e carina di me, vero?

Più carina, non saprei.- disse Ashuros, senza fare una piega - Giovane, per forza…-

Prese, di nuovo, un sorso della sua birra.

- Ha undici anni.-

Fu come un’esplosione.

- ECCO! LO SAPEVO!- ruggì inferocita Betty - PERCHE’ OVVIAMENTE, OVVIAMENTE, QUANDO UN UOMO COMINCIA A PIACERMI, E’ NATURALE CHE DEBBA ESSERE UN DANNATISSIMO PERVERTITO!-

- Ma io… - provò ad obiettare Ashuros.

ED IO CHE PENSAVO CHE TU FOSSI CARINO! LA VERITA’ E’ CHE SEI UN PORCO! VOI UOMINI SIETE TUTTI DEI PORCI!-

Però non volevo dire…-

- E NON TROVERO’ MAI NESSUNO, E VIVRO’ SEMPRE DA SOLA, E MORIRO’ POVERA, VECCHIA E BRUTTA, CIRCONDATA DA GATTI PUZZOLENTI, IN UNA CATAPECCHIA, COME UNA MISERA ZITELLA! BOO-HOO-HOO!-

La ragazza scappò via, in lacrime, tenendosi il volto fra le mani.

Ashuros rimase immobile, senza il tempo di reagire, gli occhi sgranati, una mano inutilmente levata a mezz’aria, a cercare di puntualizzare che forse c’era stato un piccolo equivoco. I singhiozzi di Betty sparirono in lontananza.

Forse avrebbe dovuto spiegare meglio cos’era un Usion Raid e che tale Janet non era altri che una delle persone per cui lavorava.

Ashuros abbassò la mano.

Riprese il bicchiere di birra.

Con un ultimo, lunghissimo sorso, lo finì.

Sospirò, ancora.

- Davvero…- mormorò - Che cosa strana, la solitudine…-

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Sono un uomo fortunato.

Non molto lontano dal bar dove si trovava Ashuros, iniziava una stradina in pendenza, piena di ghiaia. Dopo mille giri e mille ostacoli, questa stradina conduceva ad un castello grande, alto e medievale.

Questo castello era sede di un’organizzazione segreta, ma temuta dai pochi che ne erano a conoscenza: la EDEN; questa, però, la approfondiremo meglio più tardi. Per ora torniamo alla storia.

Sono un uomo fortunato.

Muovendo il suo primo passo nell’ala del castello, in cui avrebbe presto preso servizio, Cabras Tonton non riusciva a pensare ad altro che a questo. La fortuna l’aveva baciato. E adesso eccolo, pronto a iniziare il suo nuovo lavoro; alla tenera età di cinquant’anni e tredici ore, già diventava un servo del grande Traish Lambarn, il secondo dei capi dell’organizzazione. Ad un posto migliore non poteva aspirare, visto e considerato che il primo, Star Shader, non si teneva intorno nessuno quasi nessuno.

Insomma, lavorare in quel castello era un ottimo trampolino di lancio. Una carriera brillante lo aspettava, ne era certo. Pieno di entusiasmo, Cabras Tonton prese un respiro profondo, spinse l’ultima porta, quella della sala del trono di sua maestà (come lo dovevano chiamare i suoi dipendenti) Traish Lambarn, ed entrò, a testa alta.

- Cabras a rapporto, signore!- esclamò, saltando sull’attenti.

Sua maestà Traish Lambarn, sul trono dove dormiva con la testa che cadeva sul petto, ebbe un momentaneo sussulto, quindi riprese il suo russare irregolare e catarroso.

Intorno a lui, diversi uomini ciondolavano oziosamente qua e là.

- Ah ‘bbelli!- esclamò uno di loro, un ciccione alto ma con le braccia corte - C’avemo quello novo.-

Qualche sguardo si alzò pigramente a controllare; due del lavoratori fecero carta-forbici-sasso, e alla fine uno di loro, probabilmente il perdente, cominciò a trascinarsi in direzione del nuovo arrivato.

Cabras attese, il petto gonfio d’orgoglio.

Sono davvero un uomo fortunato.

 - Ben arrivato.- sospirò l’individuo venuto ad accoglierlo - Io sono Ggio Tergas. Ggio si scrive con due “G”, cerca di ricordartelo. E tu hai detto che ti chiami…?-

- Cabras Tonton, signore!- fece l’altro, scattando sull’attenti.

- Cabras… Tonton?- domandò Ggio, dubbioso.

- Sissignore, signore! Per gli amici solo Cabras, signore!

Cabras; in spagnolo: capra.

- Ascolta, Cabras… tu l’hai seguito il corso accelerato di spagnolo prima di venire qui, vero?

- Certo, signore! Ero il migliore del mio corso, signore! Tutti gli altri si distraevano durante le lezioni e stavano a sfogliare i dizionari per cercare le parolacce, signore!-

Restò pensieroso per un attimo.

- A dire il vero,- disse infine - sono stati proprio loro a darmi quel soprannome, signore!-

Tonton; in francese: tonto.

- Non stento a crederlo, Cabras.- concluse Ggio, poggiandogli una mano sul capo e sorridendo paterno - Non stento a crederlo.-

Camminarono un po’ in silenzio, Ggio che faceva strada, Cabras che lo seguiva come un fedele cagnolino.

- A ben pensarci, signore,- chiese ad un certo punto quest’ultimo - perché il signor Lambarn desidera che noi impariamo lo spagnolo?-

- Oh, non ne sono sicuro.- rispose svogliatamente l’altro - Ma credo che sia una di quelle teorie da “Manuale del manager perfetto”… I suoni dello spagnolo sarebbero particolarmente adatti per dare agli uomini uno spirito di costruttiva motivazione e dedizione alla causa, o qualcosa del genere. Ti è chiaro?-

Olé, signore!- esclamò sorridente Cabras.

Ggio Tergas lo fissò stravolto per un istante.

- A quanto pare con qualcuno funziona pure.- concluse, scuotendo la testa.

Giunsero a un angolo della vasta sala. Uno dei dipendenti, con addosso un elmetto che poteva benissimo venire dalla testa di qualche supereroe uscito da un filmetto giapponese di serie B, era affaccendato a strofinare tra loro due grossi quadrati di stoffa bianca in una tinozza.

- Ora ti presento i tuoi nuovi colleghi.- disse Ggio - Lui è Lor Karies.-

- Posso chiederle cosa sta facendo, signore?- domandò Cabras, fremente di emozione.

- Lavo i pannoloni.- rispose seccamente Lor.

Un momento di silenzio.

- Prego, signore… ?-

- Lavo i pannoloni! LAVO I PANNOLONI! Ed è inutile che tu stia qui intorno a curiosare, novellino, non ti rivelerò certo la mia ricetta segreta per la miscela di sapone capace di sbiancare anche le macchie di urina più rinsecchite!-

Cabras tese una mano per puntualizzare che della suddetta ricetta non gliene importava un fico secco, signore, ma Ggio lo trattenne:

- Devi capire, Cabras, che essendo un nuovo arrivato devi fare gavetta. All’inizio sperimenterai dei compiti… un pochino più ingrati; ma vedrai che col tempo la tua esperienza aumenterà e ti verranno assegnati anche incarichi di alto prestigio e responsabilità come quello di Lor.-

- Oh. Certo, signore.- commentò stravolto Cabras.

- O come quello di Poppi, laggiù, l’Addetto alle Mele Cotte.-

Un omone gigantesco fece un cenno di saluto, alzando un momento lo sguardo da un pentolone fumante di dimensioni proporzionate alle sue.

-  O di Mirmo, Direttore Amministrativo del Settore Intrattenimento.-

L’uomo indicato (che, più che un uomo, sembrava un nanetto in pigiama blu) non si voltò nemmeno, seduto a un tavolino carico di cartelle del Bingo, mazzi da briscola e un computer con cui stava scaricando da internet vecchie puntate di “Gira la Ruota”.

- O di quel ciccione con la faccia da idiota e gli incisivi da castoro, Segretario delle Spugnature.-

- Lui come si chiama, signore?- riuscì finalmente a dire Cabras.

Ggio lo guardò stranito.

- Il ciccione.- ripeté Cabras - Qual è il suo vero nome, signore?-

- Non ce l’ha, un nome. L’autrice della fanfiction è stata troppo pigra per darglielo. Ho sentito dire che all’inizio ne aveva in mente uno e che l’ha scartato, ma sinceramente sono troppo occupato per badare a frivolezze del genere.-

- Ma dovrete pure chiamarlo in qualche modo!- esclamò Cabras, e poi:

- Signore!- aggiunse.

- Certo. Lo chiamiamo Ciccione con la Faccia da Idiota e gli Incisivi da Castoro.-

- Non è troppo lungo e offensivo, signore? Perché non qualcos’altro, signore? Come… Mario, signore?-

Ggio Tergas sospirò e non rispose nemmeno.

- Mi pare buono, signore. Proviamo! Mario! Ehi, tu! Mario!-

- COME MI HAI CHIAMATO!?-  urlò il ciccione con la faccia da idiota (e che adesso era anche piuttosto alterata) e gli incisivi da castoro - PROVA A RIPETERLO! RIPETILO, SE HAI IL CORAGGIO!!!-

- Ma… Mario…- balbettò Cabras.

- ALLORA VUOI MORIRE! VUOI PROPRIO MORIRE! E ALLORA TI ACCONTENTO SUBITO!-

- Calmati, Ciccione con la Faccia da Idiota e gli Incisivi da Castoro.- disse Ggio, posandogli una mano sul braccio - Il ragazzo è nuovo e inesperto.-

- Oh.- fece l’altro - Va bene.-

Puntò un dito su Cabras:

- Stavolta ti è andata bene, pivello. Ma d’ora in poi sturati la bocca, chiaro?-

- Chiaro.- pigolò Cabras con un filo di voce.

Poi si rivolse a Ggio:

- E… qual è il suo lavoro, signore?-

- Prega di non scoprirlo mai.- rispose l’altro, cupo.

Cabras decise che era meglio non indagare oltre. Cominciava ormai a pensare di essere finito in un covo di folli e maniaci omicidi. Ma tutto sommato, rifletté, sarebbe anche potuta andare peggio. Ad esempio, sarebbe potuto finire in un covo di folli, maniaci omicidi e depravati. Aveva appena concluso questa rassicurante riflessione quando un uomo muscoloso, dalla voce flautata e con abiti merlettati, gli posò la mano sulla spalla. Palpandola con sensualità.

- Ciao, ragazzo.- trillò - Io sono Carol, piacere di conoscerti. Spero che andremo d’accordo, io e te, tesoro. Qui c’è davvero poca gente di buon gusto capace di apprezzare la vera bellezza, ma tu sei diverso, te lo leggo negli occhi. Allora teniamoci in contatto, okay? Fa sempre piacere avere dei bei colleghi come te. Ciao!-

L’ammasso di muscoli e distorta femminilità si allontanò. Cabras, nel tentativo di cancellare quell’immagine orrenda dalla sua mente, si stropicciò forte gli occhi, non avendo dell’acido muriatico da versarci a portata di mano.

- E quello che razza di mansione svolge…?- chiese. Stavolta il “signore” gli morì in gola.

- Ah, quello. Guarda, meglio se non lo sai. La gente a volte può essere così perversa…-

Non c’era via d’uscita, capì improvvisamente Cabras. Se quelli erano gli incarichi di alto prestigio e responsabilità, che cosa diavolo avrebbero fatto fare a lui?

- Ora, Cabras, veniamo alla tua mansione…-

Oh Dio, oh Dio, oh Dio… cioè, oh Zeref, oh Zeref, oh Zeref…

- Tu sarai…-

Doveva scappare. Nascondersi. Uccidersi.

- … il Responsabile all’Ascolto.-

- Uh?- fece Cabras, illuminato dalla speranza.

- In sostanza, a te tocca ascoltare sua maestà. Qualunque cosa egli dica, tu penderai dalle sue labbra. Qualunque cosa, Cabras. Ti è chiaro?-

- Chiarissimo, signore.- sospirò lui, sollevato - Non sembra difficile, signore.-

- Certo. Non lo sembra.- sussurrò Ggio, voltandosi preoccupato.

Un’ombra si era allungata su di loro. Un’ombra maestosa, imponente, maligna e fredda.

Brividi gelidi colsero Ggio e Cabras al solo soffio dell’individuo che si avvicinava.

- Vostra… maestà… - balbettò Cabras, estasiato.

Il sovrano (anche se sovrano non era, e ancora non capisco perché obblighi i suoi dipendenti a chiamarlo così) osservò il suo ultimo acquisto dall’alto in basso, impassibile.

Traish Lambarn, il secondo dei capi dell’organizzazione di EDEN, era un uomo forte. Un po’ vecchio, forse, ma forte.

Un po’ smemorato, forse, ma forte.

Con l’Alzheimer, forse, ma forte.

Così forte che, forse, vista la sua poca capacità di concentrazione, era meglio starci alla larga.

- Vostra maestà,- disse Ggio, con voce appena più ferma dell’altro - il nuovo Responsabile all’Ascolto.-

Il regnante (che regnante non è) annuì gravemente. Tacque per un istante lungo come l’eternità. Infine disse:

- Spremuta di scarafaggi.- con voce tonante.

Ggio Tergas già cercava di svignarsela alla chetichella. Cabras, inesperto ed imprudente, ebbe invece un moto di curiosità:

- Non ho capito, maestà…-

- Spremuta di scarafaggi.-  riprese Lambarn - Me lo ricordo bene. Durante la guerra del ’15-’18, con le armate dei crucchi che premevano alle porte del mio castello, e quel loro vigliacco alleato, quel tale Voldemort, che ci aveva costretti a barricarci dentro il castello buttandoci contro le sue dannate maledizioni, Avada Kedavra, Abra Kadabra, Bibidi Babidi Bu e Trecuna Mecoides Trecorum Satis Dii. Allora non potevamo uscire e avevamo finito il cibo. Perciò pensammo di uccidere una tartaruga e farci una zuppa. Ne avevamo trovata una che si chiamava Raffaello; ma era una tartaruga ninja, quella traditrice. Usò la tecnica della sostituzione e prima di rendermene conto avevo addentato la pancia di Babbo Natale. Per questo adesso è gonfia. Quando alla fine riuscimmo a fare fuori l’immonda bestia per bollirla, io avevo già perso un occhio, e la nave era stata travolta dai flutti, la ciurma dispersa, tutto in rovina. Urlai la mia rabbia contro il mostro; e quello rise, bianco, tutto bianco, come se fosse stato lavato da Mastro Lindo, rise e si inabissò – dannata Moby Dick! Per mia fortuna riuscii ad approdare su un’isola dove trovai un re greco e i suoi compagni. Lui disse di chiamarsi Nessuno. Comunque aveva un ottimo sapore. Presi la loro nave e salpai per Samarcanda, dove contavo di fare rifornimento di spezie e gemme; se fossi tornato a casa con un carico di quelle preziosissime merci orientali, mi avrebbero accolto come un eroe. Ma purtroppo le avevano finite tutte, perché erano stati depredati dall’immondo Alì babà e quei suoi dannati quaranta ladroni. Restavano loro solo una decina di frullatori e qualche bicchiere per fare una spremuta di cavallette. Allora io…

Cabras, affascinato, alzò la mano:

- Mi scusi, maestà,- intervenne - ma la spremuta non era di scarafaggi…?-

- MUORI, BASTARDO!-

La mano alzata di Cabras restò immobile.

D’un tratto il suo corpo venne segnato da una sottile riga rossa che lo divideva esattamente a metà, dalla testa all’inguine; e, infine, si divise in due, versando litri di sangue sul pavimento.

Lambarn, ansante, sollevò la pesantissima mannaia grondante sangue che stringeva tra le mani.

Guardò la mannaia.

Il pavimento.

La mannaia di nuovo.

Una mosca che gli svolazzava intorno al naso.

Ancora il pavimento.

- Che diamine è questa schifezza, Ggio?- disse, indicando il cadavere - Pulisci subito! Niente sciatteria nella mia sala del trono!-

- Sì, maestà. Ai suoi ordini, maestà.-

Ggio corse a prendere straccio e secchio, mentre Traish Lambarn si allontanava.

Cominciando strofinare via il povero Cabras dalle mattonelle, gli disse:

- Allora, adesso l’hai capito, qual è il mio lavoro?-

Ma nessuno rispose.

 

E questo, gente, era il secondo capo dell’organizzazione EDEN.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

- Signor Warren, non è che per caso ha visto Morgan?-

Sulla scrivania dell’ufficio del sindaco stavano, perfettamente allineati, uno accanto all’altro, lucidi come se fossero stati appena sfornati dalla fabbrica, tre telefoni: uno rosso, uno blu e uno giallo.

Erano l’unica cosa che avesse un aspetto ordinato e pulito, in quella stanza. Altrove, regnava il caos.

Il pavimento era cosparso di cartacce e documenti di importanza vitale per il futuro del villaggio, mescolati senza criterio ed abbandonati allo stesso misero destino. Non c’era mobilio, fatto salvo per la scrivania, coperta anch’essa di fogli; c’erano però, accatastate in un angolo, diverse tavole di legno larghe e piatte, tutte spezzate a metà. Delle dieci finestre, solo sei avevano vetri ancora intatti; dalle altre il forte vento che soffiava già dalla mattina entrava nella stanza e contribuiva a scompigliare ancor di più le preziose carte del sindaco.

In sostanza, lo studio era ridotto come se Makarov ci avesse passato la notte a ballare la samba.

I lettori più attenti, però, comprenderanno facilmente che le cose non potevano essere andate così: com’è noto, infatti, Makarov non sa ballare la samba.

- Signor Warren…-

La ragazza accanto alla scrivania stava per ripetere la sua domanda, quando uno dei telefoni, quello rosso, squillò.

Warren le fece cenno di attendere e sollevò la cornetta, per rispondere con fare affabile e voce quasi squillante:

- Buongiorno, qui è il sindaco di Kokirii! Cosa desidera? Cosa…? Ah…-

Il suo sguardo si rabbuiò; la voce si fece un po’ meno squillante.

- Sì, è lei. Bene, dobbiamo parlarne un pochino, dell’ultima fornitura che mi ha mandato. Che significa, un difetto di produzione? Diecimila tazze senza il manico? Capirei dieci tazze; cento tazze; ma diecimila…-

Squillò il telefono blu.

- … Sì, attenda in linea un momento, pronto, chi parla? Ah, sei tu, Akane, benissimo, benissimo! Com’è andata alle corse? Ti dispiace? Non volevi? Ci rifaremo? Un momento, tu avevi parlato di dritta sicura! Che è ‘sta storia? Io ti do i miei soldi, cioè, i miei elettori… no, ora tu mi ascolti… i miei elettori ti danno i soldi perché li punti su qualche cavallo decente, e tu… poveretti i miei elettori! Lo sai che dovrei fare?-

Squillò il telefono giallo.

- … Aspetta che devo rispondere, poi ne riparliamo, io e te, con i miei elettori. Chi è? Ah, sei Mariangela, e chi se ne frega. Cosa? No, non lo voglio Sky. Non mi interessa. Non guardo la TV. No, nemmeno se me lo date a venti euro al mese, decoder regalato e in più mi comprate anche il televisore al plasma. Non ho il tempo per… un momento… quanto a lei, lo sa che deve farci con le sue schifosissime tazze? E ce n’è anche per te, Akane. Come dici? Stavolta è sicura sul serio? Centoventi percento? E va bene, ma se per caso va a finire di nuovo male non ti conviene farti più vedere. Allora punta tutto su questo cavallo, come hai detto che si chiama, “Sky Warrior”? Cosa? No, non dicevo a lei, ho detto che non lo voglio, Sky!-

L’atmosfera si scaldava sempre di più. Con discrezione, la ragazza che poco prima aveva posto la domanda, arretrò di qualche passo. Piano, per maggior prudenza.

Adesso, ignorando la noiosissima discussione del sindaco, dei suoi elettori, di Akane, di Mariangela e del venditore di tazze ignoto, vorrei soffermarmi su tale ragazza.

Per cominciare, il suo nome era Laura Fedrigo.

Doveva avere all’incirca quindici anni; i capelli castani, scuri, lunghi fino a metà schiena, svolazzavano vivacemente ad ogni movimento; gli occhi – di un giallo acceso, magnetico – erano grandi, grandissimi, quasi a palla.

In quel momento vestiva in modo piuttosto normale, con una maglia verdastra e dei pantaloncini neri.

Laura aspettò pazientemente che il sindaco e i suoi elettori terminassero la tripla chiamata.

Quando Warren poggiò per ultimo il telefono rosso, prese un bel respiro e ripeté la domanda:

- Signor sindaco… mi sa dire dov’è Morgan?-

- Mh? Ah, Morgan… è ancora al cantiere, ha spiegato davvero tutto, i miei elettori sono stati davvero soddisfatti. Comunque… perché?-

Laura sospirò - Dovevo chiedergli una cosa… vabbè, chiederò al capitano. Devies è ancora in città?-

- Purtroppo è tornato a casa sua. Ma che gli dovevi chiedere?-

La castana fece un gesto ambiguo, poi si avviò alla porta.

Lasciò lo studio del sindaco, uscì dal municipio e si incamminò per un vicolo scuro, stretto.

Fece scorrere lo sguardo paglierino sui muri, sui tetti, su un merlo che passava per caso, e infine sull’asfalto.

In particolare su un piccolo sasso verdognolo, trasparente come il vetro di una bottiglia.

E, stranamente, a forma di piramide.

Si fermò a scrutarlo stupita.

Ma che roba è?, si chiese, chinandosi.

Quindi, la toccò.

Nello stesso istante, un passante rivolse un’occhiata fugace nello stesso vicolo.

Non c’era nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

Angolino delle banane dell’autrice

 

Hola, gente! Sono già qui, contenti? OuO

Tutti: … no.

Io: … -_-

Per prima cosa, mi scuso per l’orario indecente.

Subito dopo, vi dico che non credo che sarò mai più così veloce. Non illudetevi: è stato un momento d’ispirazione temporanea.

Per i prossimi temo che sarò molto, molto lenta.

Dunque, per quanto riguarda il contenuto… avete visto che la scena si è spostata, quindi abbiamo lasciato un attimo la Natsu & co. Per vedere qui…

Giusto per presentare qualche personaggio ^w^

Il ragazzo silenzioso, Ashuros, è di proprietà di andry_94_hell. Laura, invece, è di Laura98PH (quest’ultimo non l’ho usato moltissimo, Gomen Maschera T-T, ma avrà il suo momento di gloria).

Spero di averli resi decentemente… avvisatemi se c’è qualcosa che non va.

Gli altri sono di mia proprietà! °u°

Spero di non averli resi eccessivamente demenziali ù_ù

Anyway… avete visto? Il primo morto della fic! (povero Cabras… ._.)

Una domanda: secondo voi per scene del genere devo mettere il raiting arancione?

Grazie per l’attenzione e grazie a chiunque ha recensito, messo la storia tra le preferite/seguite.

(E un grazie caloroso a tutti coloro che recensiranno anche questo capitolo, logico :3)

Sayonara!

 

Lea

 

 

 

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Fairy Tail / Vai alla pagina dell'autore: Lea_z_98