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Autore: ContessaDeWinter    29/08/2013    2 recensioni
In effetti, lo aveva sempre sospettato (non che ci volesse una laurea in astrofisica per capirlo, a dire il vero, ma era piuttosto fiero della propria teoria in merito all’argomento) che le donne non fossero propriamente il suo campo.
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Perché Angelo Di Benedetto sa certe cose.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Sherlock BBC
Pairing: John/Sherlock
Altri Personaggi: Angelo
Rating: verde/giallo
Genere: Commedia, Romantico.
Words: 731 parole (contatore word)
Summary: Angelo sa certe cose. Sono così evidenti!
Note: Ho scritto questa storia di getto e volevo davvero pubblicarla, pur non essendo betata. Tengo a sottolineare che il suddetto scempio è frutto di una serata a riguardare la prima stagione, quindi non uccidetemi vi prego. Ed adesso è l'una di notte, non esattamente il momento migliore per ricontrollarla e via dicendo. 
Ma, ripeto, desideravano tanto postarla quindi....beh, eccola qua! Domani mattina, a mente lucida, la rileggerò con calma. 
Spero vi piaccia!
Baci,
_ContessaDeWinter

PS: il cognome di Angelo me lo sono inventato. 

Credits: Sherlock, John e tutta la compagnia non mi appartengono minimamente. Il mio scritto non ha scopo di lucro o altro. Per intenderci, sono solo una povera ragazza con una malsana ossessione per questa serie tv che, per sviare a ciò, tenta di dilettarsi a tal modo. *si nasconde*



At the Angelo's
 

In effetti, lo aveva sempre sospettato (non che ci volesse una laurea in astrofisica per capirlo, a dire il vero, ma era piuttosto fiero della propria teoria in merito all’argomento) che le donne non fossero propriamente il suo campo.
Ormai, Angelo Di Benedetto poteva considerarsi un discreto conoscitore di quel galantuomo che era Sherlock Holmes e di come, fino a pochi mesi prima, la vita del suo più devoto cliente fosse vuota e solitaria: solo casi, investigazioni sul campo e ingegnose scoperte (azioni intervallate, nei momenti più bui, da sigarette ad alta percentuale di monossido di carbonio o qualche altra sostanza altamente più cancerogena). Ogni mercoledì sera era lì, al suo tavolo posto accanto alla finestra, ad osservare la gente passeggiare sul marciapiede e sbocconcellando, nel mentre, una bistecca poco cotta mancante di qualsivoglia condimento, seguita da “Il conto, Angelo, sono di fretta”. Fuggiva via, senza neppure chiedere il resto o salutarlo come il bon ton vorrebbe (ma Angelo non se l’era mai presa, non davvero).
Qualche volta, avrebbe voluto fermarlo sulla porta, offrirgli un buon cappuccino italiano (non troppo corto e non troppo lungo, una buona spolverata di cannella o cacao in polvere, lo zucchero prettamente di canna) ma non si era mai arrischiato a tanto – tra loro non c’era quel tipo di confidenzialità amicale, proprio no.
Perciò aveva lasciato che le cose prendessero il loro corso, così come dovevano andare sin dall’inizio.
Ma, poi, tutto era cambiato.
Angelo non si sarebbe mai aspettato di vederlo entrare, quel mercoledì, accompagnato da un giovanotto con i capelli color del grano maturo ed un visino tanto carino da sembrare un cucciolo. Si era sentito un po’ meglio, in quell’istante di pura esitazione, e felice (sentitamente felice) per Sherlock.
Li aveva osservati per molto tempo, da lontano, mentre l’accompagnatore del moretto (chissà perché continuava a ripetere di non essere il suo appuntamento, poteva anche smetterla di mentire: era così ovvio da come lo guardava adorante!) si gustava un bel piatto di pasta fresca al sugo, seguita dal filetto di maialino in salsa agrodolce. Il giovane Holmes, come di consueto, non aveva toccato cibo e raramente si era voltato in direzione di John (Angelo aveva sempre pensato che Sherlock odiasse le cose ordinarie e, pertanto, aveva supposto che anche il suo futuro/a compagno/a dovesse avere un nome particolare ed invece non era stato così): ma quelle poche volte che lo fece, il proprietario del locale aveva notato un leggero rossore imporporargli le guance, lasciando che fosse il corpo a parlare.
Angelo si era ritrovato a sorridere così beatamente da spaventare Sebastian, alla cassa, che non poté esimersi dal chiedergli se si sentisse bene: lui aveva sorriso, in risposta, prima di andare a prendere l’ordinazione al tavolo 8.
 
“Il conto, Angelo!” aveva urlato a mezza voce Sherlock, tirando fuori una manciata di soldi (benché lui avesse tenuto a specificare che il pranzo fosse offerto dalla casa) e posandoli sul tavolo, accanto alla candela ancora accesa, scappando fuori dal locale, di corsa.
Ovviamente, seguito da quel John.
Sicuramente, - rifletté, sogghignando, - avranno cose più divertenti da fare, piuttosto che stare qui a mangiare.
 
Il messaggio era arrivato, telegrafico, a mezzanotte e dieci.

Il mio accompagnatore ha dimenticato il suo bastone da passeggio lì. SH

Angelo non aveva esitato a infilarsi il giubbotto e recarsi al 221B, dove sapeva abitare Sherlock. Era quasi certo che entrambi avessero scelto l’abitazione del moro, per spassarsela: il giovane Holmes era un tipo abitudinario, profondamente attaccato alle proprie cose o ai luoghi che soleva frequentare, e certe consuetudini sono dure a morire (anche quando si presentano quel genere di situazioni per cui ti andrebbe bene tutto, pur di godere a pieno di quest’ultime).
Quando John (viso pulito, sorridente, spossato solo da un sospettoso quanto compromettente fiatone) aveva aperto la porta di casa, tutto si sarebbe aspettato tranne di trovarsi di fronte ad Angelo col bastone da passeggio (il proprio bastone da passeggio, quello dell’esercito ad essere precisi) in mano.
“Ho ricevuto il messaggio di Sherlock,” si era giustificato il proprietario del ristorante, “ecco a lei.”
“Oh, beh… la ringrazio, - balbettò il biondo con le guance imporporate di un lieve rossore, - grazie mille.” Ed aveva sorriso, cordialmente, ancora.
 
Angelo si disse che Sherlock, nonostante la sociopatia e tutte le altre stronzate che andava dicendo di sé, si era trovato davvero un bravo ragazzo con cui condividere la noiosa quotidianità.

  
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