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Autore: pallina90    29/08/2013    9 recensioni
“ Ciao, sono Linda. ” Mi risponde una voce sensuale dall’altro capo del filo. “ Posso tenerti compagnia? ”
“ Sì. ” Riesco a dire dopo quasi un minuto di silenzio.
“ E’ la prima volta che chiami, vero? ” Mi chiede con voce dolce e accattivante.
“ Sì. ” Sembra che io sappia dire solo questo.
“ Lo immaginavo, ma non c’è motivo di essere nervosi, io sono qui per farti rilassare. Come ti chiami? ”
“ Edward. ” Coglione, avrei dovuto dare un nome di fantasia.
“ Bene, Edward, cosa vuoi fare? ”
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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HOT LINE

 

La serata non è finita nel migliore dei modi. Ho perso a poker e sono in attesa della penitenza che, come tutti i venerdì, tocca al perdente.
Sono nate quasi per caso queste serate, da un certo punto di vista terapeutiche: si parla, si racconta, ci si sfoga. Siamo quattro single, tra recidivi e “ di rimando ”, restituiti al mittente dopo matrimoni o convivenze naufragate nel mare della banalità.
Io appartengo a quest’ultima categoria. Il mio matrimonio è durato meno di tre anni: io e Caroline ci siamo sposati giovanissimi, cavalcando l’onda dei sentimenti. Di fronte alle prima difficoltà, tuttavia, ci siamo resi conto entrambi che la nostra concezione della vita di coppia era agli antipodi. Per salvare il matrimonio, lei voleva un bambino, ma a me non sembrava quella la soluzione giusta: un bambino lo metti al mondo per amore e non come boa di salvataggio per un matrimonio che era già alla deriva. Perché la verità è che non eravamo più innamorati l’uno dell’altra. All’ultima udienza per la separazione, io e Caroline ci siamo stretti la mano, dandoci appuntamento dopo tre anni, nel caso qualcuno di noi due fosse interessato al divorzio. Così, tra una cosa e l’altra, ho finito con il trascorrere i miei venerdì sera a guardare partite di pallone o a giocare a poker con Emmett, Jasper e James, i miei più cari amici d’infanzia.
Per rendere le serate un po’ più movimentate, abbiamo stabilito che chi perde la partita deve pagare pegno. Gli altri tre si riuniscono per un breve concilio, al termine del quale comunicano al perdente quale sarà la sua penitenza.
Adesso me ne sto seduto al tavolo, aspettando nervosamente che gli altri decidano la mia sorte, visto che questa volta la fortuna non si è nemmeno degnata di darmi una mano. E’ mezzanotte passata quando i miei amici escono sghignazzando dalla cucina. Emmett impugna un cucchiaio di legno come fosse uno scettro da re.
“ Questa corte ha deciso la tua sorte. ” Mi annuncia mentre scambia uno sguardo d’intesa con gli altri due. “ Hai presente una di quelle linee telefoniche un po’… hot? ”
Io lo guardo allibito.
“ Bene, per punizione dovrai comporre uno di quei numeri, naturalmente in nostra presenza…. ”
“ E siccome siamo buoni amici… ” Aggiunge Jasper “ ti ho procurato anche uno di quei giornali di annunci economici locali, dove non avrai che l’imbarazzo della scelta. ”
“ Anzi, la scelta la facciamo noi! ” Propone James, chiudendo gli occhi e puntando il dito su un annuncio a caso. Mentre i miei amici si godono lo spettacolo sul divano, io compongo il numero, cercando di far smettere alla mia mano di tremare per l’imbarazzo e attendo.
“ Ciao, sono Linda. ” Mi risponde una voce sensuale dall’altro capo del filo. “ Posso tenerti compagnia? ”
“ Sì. ” Riesco a dire dopo quasi un minuto di silenzio.
“ E’ la prima volta che chiami, vero? ” Mi chiede con voce dolce e accattivante.
“ Sì. ” Sembra che io sappia dire solo questo.
“ Lo immaginavo, ma non c’è motivo di essere nervosi, io sono qui per farti rilassare. Come ti chiami? ”
“ Edward. ” Coglione, avrei dovuto dare un nome di fantasia.
“ Bene, Edward, cosa vuoi fare? ”
“ Non lo so. ” Mi do mentalmente uno schiaffo: che razza di risposta è? Ma lei non sembra farci caso, forse abituata ad altri tipi come me che chiamano senza sapere davvero cosa si faccia in questi casi.
Linda fa il suo lavoro, mentre io rispondo a monosillabi, cambiando colore con la frequenza di un semaforo, ogni volta che lei mi descrive più in dettaglio cosa dovrei fare: sdraiare, rilassarmi, iniziarmi a spogliare, svuotare la mente e pensare che siano le sue mani a fare ciò… I miei amici, intanto, si sganasciano dalle risate. Una sghignazzata più forte delle altre, in cui riconosco la voce di quello scimmione di Emmett, giunge fino all’orecchio della ragazza. Linda si zittisce di colpo. Dopo pochi secondi, la sua voce ha perso del tutto il tono suadente.
“ Ci dobbiamo salutare, visto che non sei da solo… ” Prima che mi chiuda il telefono in faccia, la sento inveire contro  quel “ dannato lavoro. ”
“ Caspita, Edward! Sei l’unico a essere riuscito nell’impresa di farti chiudere il telefono in faccia da una ragazza delle hot lines. ” Emmett, responsabile del  disastro, quasi non riesce a parlare a causa delle risate. Io, invece, ho perso tutta la mia baldanza: la ragazza credo ci sia rimasta parecchio male, in fondo stava cercando di svolgere al meglio il suo lavoro nonostante io fossi totalmente incapace di portare avanti la conversazione.

 

Non so perché, ma dopo ventiquattrore continuo a pensare a Linda. Nel primo approccio e durante la prima parte della telefonata, le sue parole non mi sono sembrate altro che una recita: ben fatta, ma non era certo coinvolta da quello che stava facendo. Quelle che ho sentito prima del congedo, invece, mi sono parse molto più disperate e sincere.
Non riesco a dormire. L’occhio mi cade sull’orologio appeso nella mia camera da letto: è appena passata la mezzanotte. Ieri, a quest’ora, stavo parlando con lei. Accendo il cellulare e trovo il numero della hot line nella lista delle chiamate effettuate.
Che cosa mi sia preso non lo so, ma il mio dito schiaccia il tasto.
“ Ciao, sono Linda, posso tenerti compagnia? ” La voce è la sua. Ha sempre quel tono impostato.
“ Ciao, ci siamo sentiti ieri sera. Oggi sono da solo, senza i miei amici… ”
“ Quindi ti va di giocare? ” Mi dice lei, come se stesse recitando un copione, ma con una punta di sarcasmo ben evidente.
“ No… io volevo scusarmi con te. Per i miei amici. Si trattava di una stupida penitenza, non volevo prendermi gioco di te. ”
“ Ma davvero? Senti bello, non sei il primo che chiama qui per sfottere, vedi di sloggiare, non ho bisogno delle tue patetiche scuse. ” Il suo tono è duro, non c’è più traccia del tono suadente con cui mi ha risposto: a quanto pare la bravata di ieri sera l’ha offesa più di quanto pensassi.
“ Aspetta solo un attimo, da quello che ho capito a te conviene che io stia al telefono, così guadagni di più. ” Lo dico in imbarazzo, sperando che questo non la faccia infuriare più di quanto già non lo sia.
Dall’altro capo del filo sento una risata cristallina.
“ Aspetta un attimo. C’è il mio capo in giro, devo parlare piano. Se senti che cambio tono e ti dico qualcosa di scabroso vuol dire che è nei paraggi. ”
Linda comincia a bisbigliare, attorno a lei sento le voci di altre ragazze: gli argomenti sono decisamente inequivocabili e mi chiedo come facciano a fare questo lavoro; non che io sia un uomo senza esperienza, ma un conto è fare certe cose, in intimità, con la propria donna, un altro dirle ad alta voce in mezzo ad altre persone.
“ Sei ancora in linea? ” Linda mi risveglia dai miei pensieri, ricordandomi che sono ancora al telefono con lei.
“ Scusami, mi ero distratto. Di solito non chiamo a questo genere di numeri - mi giustifico, - è che ho perso la partita a poker del venerdì sera, e come penitenza mi è toccata questa. Quegli scemi dei miei amici mi prendevano in giro perché vedevano quanto fossi imbarazzato e quando hai tagliato corto ho capito che te l’eri presa. Sono molto dispiaciuto. ”
“ Ehi, stai parlando con una ragazza di una hot line, non con la fidanzatina con cui hai appena litigato. ” Mi dice lei, sarcastica.
“ E’ un lavoro come un altro e dietro a ogni lavoro c’è una persona vera. Ed è con lei che mi sto scusando. ”
Linda tace per qualche secondo.
“ Dove hai letto questa frase? ”
“ Da nessuna parte, è stato mio padre ad insegnarmi il rispetto  per ogni professione, che renda facoltosi o meno poco importa, chi lavora merita rispetto. ”
“ Deve essere una grand’uomo tuo padre. ”
“ Lo è. ” Rispondo e poi iniziamo a parlare come se ci conoscessimo da sempre.
“ La telefonata sta andando avanti un po’ troppo per le lunghe. ”  Mi dice di colpo “ Non vorrei che il titolare si insospettisse, devo salutarti ora. ”
“ Quando ti posso richiamare? ” Azzardo.
Lei ci pensa un po’ su. “ Mi trovi il venerdì e il sabato, da mezzanotte alle due. ”
“ Allora a presto… ”
Non faccio in tempo a finire la frase che lei ha già riattaccato.

 

 

Finalmente è venerdì. Abbandono la partita a poker in anticipo adducendo una scusa. Arrivo a casa e mi attacco al telefono: so che sembra da pazzi, ma mi manca chiacchierare con Linda, ormai è diventata un’abitudine dei weekend; forse perché non mi conosce, e quindi non c’è l’imbarazzo dei pregiudizi, però è facile parlare con lei e aprirmi, raccontarle di Caroline, di quanto io sia stato avventato e di come ora, invece, desideri farmi una famiglia.
“ Ciao, sono Linda, posso farti compagnia? ” Sempre la solita, identica frase.
“ Ciao, sono Edward. ”
Ormai lei ha imparato a riconoscere la mia voce. Quando la sente, cambia tono. Prende a bisbigliare ed esce dal ruolo che il lavoro le impone, diventando una semplice ragazza poco più che ventenne.
“ Tu sei matto… ” Sussurra tutte le volte che sente il mio nome e anche se non l’ho mai vista, mi sembra di vedere il suo sorriso.
Parliamo della mia settimana, mi racconta qualcosa in più di sé: è difficile farla aprire, nonostante il lavoro che si è scelta capisco che è molto timida. Dopo il diploma non si è iscritta all’università ma ha deciso di andare a lavorare, non aveva voglia di passare altro tempo sui libri, dando un grosso dispiacere ai suoi; si è traferita e ha cercato di essere quanto più autonoma possibile. Di tanto in tanto, il tono si alza e comincia a rivolgermi avances imbarazzanti, almeno per me, anche se con il tempo non ci faccio quasi più caso.
“ Scusami, c’era il capo nei paraggi. ” E’ ogni volta la sua giustificazione.
“ Perché fai questo lavoro, Linda ? ”
“ Se devo essere sincera, non mi piace affatto. Ma è l’unica cosa che ho trovato per poter arrotondare il mio stipendio. Di giorno  faccio la commessa in un negozio di bigiotteria all’interno di un centro commerciale. ”
Scopro così che vive  in una città vicino alla mia ed in quel momento un’idea malsana prende corpo nella mia testa.

Il giorno dopo, guardo su internet e localizzo il centro commerciale. È l’unico della zona, deve lavorare lì per forza. Sono settimane che passo le mie serate chiamando una linea erotica, con il solo scopo di sentire la sua voce, di ascoltare la sua risata quando le faccio una delle mie battute e adesso voglio dare un volto a tutti questi suoni. Così, mi prendo un giorno di ferie e parto per la città in cui lavora Linda.
Parcheggio nel grande spiazzo di fronte al centro commerciale e comincio a camminare lungo la galleria esterna. I negozi sono veramente tantissimi. Ho fatto due volte il giro, ma non ho visto nessuna bigiotteria. Che stupido che sono… di sicuro Linda mi avrà dato un’informazione sbagliata. Dopotutto non è prudente rivelare qualcosa di sé a un cliente di una hot line. Questa volta la lezione l’ho imparata davvero. Che cosa mi aspettavo? Di trovare l’anima gemella in quel modo bizzarro? Aveva ragione Caroline quando diceva che sono un sognatore, un uomo troppo romantico che avrà solo delusioni dalla vita perché si fa troppi film in testa.
Una bambina con un vestito rosa mi taglia la strada, quasi venendomi addosso, attratta dalla vetrina del negozio di giocattoli. Mi fermo di colpo: proprio lì, nascosta tra un negozio di vestiti e un centro di telefonia, scorgo una piccola vetrina luccicante di braccialetti, collane, orecchini e orologi. Il cuore comincia a battermi all’impazzata. Mi avvicino e lancio un’occhiata all’interno: una ragazza minuta, con i capelli castani e gli occhi scuri, sta sorridendo alla cliente alla quale ha appena preparato una confezione regalo. Ha i capelli raccolti e le sue mani si muovono veloci: da come si è descritta dovrebbe essere lei, ma non posso esserne certo fino a quando non avrò modo di parlarle. Mi faccio coraggio ed entro. Lei non mi conosce, non mi ha mai visto, in questo momento sono un cliente come un altro: spero di non stare forzando troppo la mano venendo qui, non vorrei che lei si arrabbiasse e troncasse le nostre chiacchierate. Mi metto a guardare le collane e gli orecchini appesi, mi soffermo davanti alla sezione dei tatuaggi temporanei e di tanto in tanto, lancio un’occhiata alla ragazza del negozio, impegnata con due adolescenti indecise sul colore di un braccialetto.
Sto ancora fingendo i guardarmi attorno, quando una voce mi sorprende alle spalle.
“ Posso esserle utile? ”
Riconosco la sua voce, e come non potrei dopo tutto questo tempo?. Il tono è impostato, professionale, come quello che usa nei weekend ogni volta che risponde al telefono: lei ci si nasconde dietro a quel tono. Sono sicuro che sia la maschera dietro alla quale si protegge. Mi volto e, per la prima volta, la guardo negli occhi.
“ Linda? ” Vedo un attimo di confusione nei suoi occhi e poi la consapevolezza che anche lei mi ha riconosciuto.
“ Edward?! ” Le guance le si colorano di rosso, mentre abbassa gli occhi.
“ Allora era vero. Tu lavori qui. ” Sono ancora incredulo che lei si sia fidata di me così come ho fatto io.
“ E anche… là. Caspita, quanto sei alto! ” Mi dice per rompere il ghiaccio.
“ Ti va un caffè? ” Propongo, forse sarà più facile per entrambi vincere il nostro imbarazzo.
Lei annuisce e mi chiede di attendere solo qualche minuto: appena la sua collega arriverà a darle il cambio, sarà libera.
Dopo un po’, entra una ragazza con i capelli corti e ossigenati. Sbuffa e si mette al bancone.
“ Bella, sapessi che giornata. ” Brontola, salutandola con due baci sulle guance.
Io sto per dire qualcosa, ma Linda mi prende sottobraccio e saluta frettolosamente la collega.
“ Bella è il mio vero nome, o per meglio dire Isabella. ” Mi dice appena fuori dal centro commerciale.
“ Linda è quello che ho scelto per fare quel tipo di lavoro. Sai, suona più hot e mi sembrava adatto al ruolo che devo recitare. Linda Lovelace, Gola profonda, tutte quelle cose là. ” Gesticola, quasi in imbarazzo.
“ Sì, ho capito di chi parli. ”
“ Ma come, non eri tu quello che non conosceva nulla di queste cose? ” Mi prende in giro, dandomi una leggero colpo sulla spalla.
“ Ehi, ho detto di non aver mai chiamato una linea erotica, non di aver vissuto in un convento di clausura. ”
Ridendo, entriamo in un bar che mi indica lei, dove va sempre durante le pause dal lavoro.
“ Ehi Mario. ”
“ Bella! Il solito? ”
Annuisce e poi si volta verso di me. “ Tu cosa prendi? ”
“ Cosa sarebbe il solito? ”
“ Cappuccino e cornetto al cioccolato. ”
“ Allora il solito anche per me. ” Mi sorride e ci andiamo a sedere in un tavolino protetto da alcune piante, così da non essere troppo disturbati.
“ Come hai fatto a trovarmi? ” Chiede, prendendo un sorso dal suo cappuccino.
“ Per fortuna esiste solo un centro commerciale in questa città, e quindi ho tentato. Anche se per un attimo ho pensato che mi avevi mentito, non avevo visto il negozio, è piccolino e con tutto quel caos non l’avevo proprio notato; poi quando l’ho scorto mi sono sentito sollevato. ”
“ Perché avrei dovuto mentirti? In fondo siamo diventati amici. ” Forse c’è un po’ di risentimento nella sua voce, non le è piaciuto che avessi dubitato di lei.
“ Non lo so. Lascia perdere, sono io che sono diventato diffidente dopo la mia esperienza con Caroline. ”
“ Ok. ”
Rimaniamo per un po’ in silenzio, mangiando i nostri cornetti, poi prendo la parola.
“ Quindi sono l’unico che conosce la tua doppia vita? ”
“ Sì, sai, non tutti capirebbero e poi mi vergogno un po’: insomma, non faccio nulla di male, parlo solamente con le persone, non le tocco o altro, ma a volte mi sento lo stesso sporca. ”
“ E allora perché lo fai? ”
“ Perché si fanno due lavori? Perché i soldi non bastano mai. C’è l’affitto da pagare, le bollette, l’assicurazione della macchina, la scuola… ”
Devo avere un’espressione piuttosto confusa e incredula, considerando che lei mi ha detto di non voler riprendere gli studi, perché subito si affretta a spiegare.
“ Ho una bambina da crescere. ” Continua lei. “ E sono sola. Piper ha quattro anni e non ha mai conosciuto suo padre. ”
“ Capisco. ”
Continuiamo a chiacchierare, alleggerendo i toni della discussione, e poi le rientra a lavoro, non prima, però, di avermi lasciato il suo vero numero di cellulare.

 

Da quel primo caffè ne sono seguiti molti altri; poi sono arrivate le cene fuori, i primi appuntamenti ufficiali, e infine il passo più importante, quello dal quale sarebbe dipesa la nostra storia: la conoscenza di Piper. Fortunatamente, tutto era andato bene, la bambina aveva accettato la mia presenza, avevamo subito legato e questo mi aveva fatto ben sperare nel proseguo della mia storia con sua mamma.
Ci ho messo quasi un anno a convincere Bella. Lei è così. Testarda e orgogliosa. Pensa che affidarsi agli altri sia una debolezza. Le sue riserve si sono sciolte quando la piccola Piper ha spalancato gli occhioni, dello stesso color cioccolato di sua madre, vedendo la nuova cameretta.
“ E’ tutta mia? ”
“ Certo che sì. Puoi metterci tutti i tuoi giocattoli. ” Piper inizia a girare per la stanza e poi corre nelle altre camere, ridendo come una matta.
“ Come è grande questa casa! E c’è anche un televisore gigantesco. ” Grida la bambina piena di entusiasmo.
“ Se vuoi, tu e la mamma potete abitare qui, da oggi in poi. ” Lei mi corre incontro e mi abbraccia.
Bella ha gli occhi lucidi. Io le allungo una carezza. Le ho volute con me, tutte e due. E ho voluto che Bella abbandonasse subito il suo lavoro notturno.
“ Questo venerdì sera tutti a mangiare una pizza, che ne dite? ” Chiedo alle mie donne.
“ Ma non vai dai tuoi amici per il tuo solito poker? ”
“ Questa settimana no. Ho già vinto la mia partita più importante. ”

   

Piccola one shot, a quanto pare i progetti a lungo termine al momento non sono ben visti dalla mia ispirazione, per " festeggiare " i miei tre anni di iscrizione al sito di efp. Spero vi sia piaciuta, a presto (incrociate le dita), Paola.

   
 
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