Anime & Manga > Letter Bee/Tegami Bachi
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Autore: Root    29/08/2013    2 recensioni
"Zazie non avrebbe saputo dire cosa fosse cambiato.
Sapeva solo che, anche se non era in grado di eliminarla, Lag riusciva a fargli dimenticare completamente la sua rabbia; era come se nello spirito di Zazie non potessero in alcun modo convivere la rabbia e l'odio con il piccolo albino che ne occupava, giorno dopo giorno, una fetta più grande."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lag Seeing, Zazie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '12 Storie - Varie B'
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Titolo: Change never happens by itself
Personaggi/Paring: Lag Seeing, Zazie; Zazie/Lag
Avvertimenti: Shounen'ai; Intrspettivo; forse un pò Fluff
Prompt: #01 - Rabbia
Desclaimers: Zazie, Lag e Letter Bee appartengono unicamente Hiryuki Asada-sensei. Il prompt appartiene alla tabella 12 Storie # 8- Varie B, della community Dieci&Lode di Livejournal.
Note: E' la fic più lunga che abbia scritto su LB e per questo sono contenta. Ma mi continua a sembrare che le mie Zazie/Lag si assomiglino un po' tutte :D Comunque spero vi piaccia, e grazie a chi leggerà! :)



Zazie non aveva pianto nemmeno una volta quando erano morti i suoi genitori; neanche una lacrima aveva solcato le sue guance. Zazie non aveva dovuto trattenerle, non aveva avuto bisogno di strizzare gli occhi con forza, trattenere il respiro e mordersi le labbra per evitare che gocce salate mostrassero il suo dolore. Zazie non aveva avuto alcun bisogno di fare ciò, perché, semplicemente, le lacrime non erano arrivate, non avevano spinto per uscire facendogli pungere gli occhi. Le persone che lo vedevano lì, seduto tra i due letti che ospitavano i corpi inermi dei suoi genitori, sempre con una scodella piena di zuppa tra le mani, lo guardavano come se fosse lui quello a cui era stato portato via il cuore. Perché non aveva pianto, come fanno molti bambini, non aveva urlato, rifiutandosi di ammettere quanto era accaduto, come fanno altri bambini e molti adulti.
Zazie non aveva pianto, non aveva urlato, non aveva fatto nulla. Era solo rimasto lì, seduto sulla sedia di legno tra i due letti, stringendo le sue dita di bambino attorno alla scodella piena di zuppa, che rappresentava la sua ultima speranza, in quel mondo di sconforto in cui si era improvvisamente trasformata la sua vita. Perché, anche se rifiutava l'aiuto che gli veniva offerto, anche se si neanche una lacrima solitaria era testimone di quanto stava provando, Zazie era ancora un bambino e, non poteva permettere di abbandonare quel barlume di speranza, speranza che faceva sì che lui aspettasse, seduto, pronto a sfamare i suoi genitori con una zuppa calda, nel momento in cui i loro occhi, ancora aperti, avessero ricominciato a vedere.
Zazie sapeva, però, che non sarebbe successo e, nella consapevolezza di ciò, sostituì le lacrime con un sentimento più forte, in grado di dare sollievo al suo spirito e uno scopo alla sua vita. Una rabbia feroce, rivolta contro tutti i Gaichu che popolavano Amberground, si fece strada nel cuore di Zazie, una rabbia che lo sosteneva e gli dava la forza di andare avanti.

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Talvolta, Zazie si svegliava nel cuore della notte, sudato e col respiro affannoso come se avesse appena percorso di corsa la distanza tra Yodaka e Akatsuki. Incubi, in cui continuava a rivivere ancora e ancora, in un continuo replay, il momento in cui i cuori dei suoi genitori erano stati divorati, gli facevano visita spesso, al punto che, quando la sera chiudeva gli occhi per abbandonarsi al sonno, Zazie stringeva i pungi e digrignava i denti, mostrandosi pronto ad affrontare tutto di nuovo.
Quando apriva gli occhi, Zazie non era spaventato, non provava che rabbia; non sentiva il bisogno di stringersi le braccia attorno al corpo, di raggomitolarsi tra le coperte e lasciarsi andare al dolore e alle lacrime; farlo non lo avrebbe di certo aiutato a vendicarsi, a vendicare i suoi genitori.
Quando si svegliava, Zazie vedeva solo fortificata la rabbia, sua guida, al punto che quegli incubi, divennero per lui un continuo promemoria, pronto ogni notte a ricordargli che non avrebbe potuto darsi pace finché non avesse ucciso ogni singolo Gaichu esistente.

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Zazie sapeva che, in un modo o nell'altro, sarebbe diventato un Bee. Ci mise una settimana a portare a termine l'esame. In quei sette giorni, Zazie non si diede per vinto neanche un istante; doveva riuscirci e sapeva di esserne in grado. La forza che lo muoveva era sempre la stessa. La rabbia e l'odio, di cui erano pieni i suoi proiettili, non avevano abbandonato mai e lui li aveva tenuti ben stretti, impedendo che finissero dimenticati in un angolo della sua mente.
Quindi, durante quei sette giorni, Zazie, con Wasiolka al suo fianco, si fece guidare ancora dalla rabbia, aggrappandosi ad essa, alla sua ancora di salvezza, così come aveva fatto tutta la sua vita.

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A Zazie non piacevano le persone che, anziché combattere, si lasciavano andare alle lacrime, come se piangere potesse rappresentare la soluzione a tutti i loro problemi.
Perciò Zazie non rifletté quando, la prima volta che lo incontrò, condusse il suo pugno a scontrarsi con la guancia rigata dalle lacrime di Lag.
Eppure, mentre chiedeva a Connor di chiedere scusa a Lag da parte sua, Zazie si pentì di essersi lasciato andare alla sola rabbia e si trovò a desiderare che, almeno per quella volta, avesse riflettuto, prima di agire.

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"Zazie, una volta mi hai detto che i tuoi proiettili sono frammenti di malevolenza. Perché?"
Quando Lag gli pose questa domanda, Zazie non seppe cosa rispondere. Pensò di dirgli dei suoi genitori, di come il Gaichu aveva rubato i loro cuori, facendo di lui un orfano cui non restava nulla se non il desiderio di provare il sapore della vendetta. Pensò di raccontargli di come in tutti quegli anni la rabbia era stata la sua guida, ciò che lo aveva condotto sin lì, ciò che lo aveva reso quel che era.
Eppure, Zazie non disse nulla di tutto ciò.
Più tardi, si convinse di non aver voluto rattristare Lag, più di quanto non fosse necessario; si rifiutava di ammettere a se stesso che, volgendo gli occhi sull'espressione corrucciata del più piccolo, quella rabbia, che lo aveva sostenuto fino a quel momento, gli era sembrata incredibilmente lontana, non più così importante.
"E' solo quel che sono." Si limitò a dire; ma lo sguardo triste di Lag dopo questa sua affermazione, gli fece desiderare di non averlo fatto.

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Zazie non avrebbe saputo dire cosa fosse cambiato.
Sapeva solo che, anche se non era in grado di eliminarla, Lag riusciva a fargli dimenticare completamente la sua rabbia; era come se nello spirito di Zazie non potessero in alcun modo convivere la rabbia e l'odio con il piccolo albino che ne occupava, giorno dopo giorno, una fetta più grande.
Ed era forse per questo che, ogni qualvolta si trovava con Lag, la rabbia scivolava via, e Zazie non provava più quell'inestinguibile desiderio di vendetta proprio come, tanti anni prima, non aveva sentito il bisogno di piangere.
  
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