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Autore: Black Chandelier    29/08/2013    3 recensioni
A Londra pioveva.
Le gocce fredde si scontravano violentemente sulle finestre delle case, creando un ticchettio piacevole e rilassante.
Mark, si stava beatamente rilassando sul divano in pelle di casa sua, godendosi il calore che emanava il grande camino davanti a lui.
Il fuoco scoppiettava accompagnando la pioggia a creare una sorta di “musica invernale”.
Si passò una mano nei capelli che teneva perfettamente in piedi, come un perfetto ragazzino che non era.
Ormai aveva una famiglia, un figlio e .. un cane.
Ma non stava bene, decisamente.
[TOMARK].
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti/e!
E' la mia primissimissima (?) Tomark, quindi perdonatemi se fa schifo e perdonatemi per gli eventuali errori. So che l'album e il titolo, che appunto è un pezzo della canzone Do it for me now degli AvA, è uscito dopo ma ci stava troppo c.c
Tengo a precisare che i personaggi non mi appartengono, non scrivo a scopo di lucro ed è pura fantasia. 
Spero sia di vostro gradimento, in caso contrario, mi ritirerò. 
Alla prossima :3

p.s per chi segue l'altra mia long, sempre sui blink-182, non preoccupatevi che domani sera pubblico. 



 
Kiss me here and hold my hand,
let me feel like I’m the only one.
 
Londra, 18 Novembre 2009.
 
 
A Londra pioveva.
Le gocce fredde si scontravano violentemente sulle finestre delle case, creando un ticchettio piacevole e rilassante.
Mark, si stava beatamente rilassando sul divano in pelle di casa sua, godendosi il calore che emanava il grande camino davanti a lui.
Il fuoco scoppiettava accompagnando la  pioggia a creare una sorta di “musica invernale”.
Si passò una mano nei capelli che teneva perfettamente in piedi, come un perfetto ragazzino che non era.
Ormai aveva una famiglia, un figlio e .. un cane.
Ma non stava bene, decisamente.
Ogni giorno sentiva come se il suo mondo stesse andando a rotoli, passava le giornate mostrando falsi sorrisi a sua moglie e a suo figlio, ed era una cosa che lo faceva alterare perché non voleva essere così falso.
Falso, ipocrita, innamorato. Fottutamente innamorato.
Era bravo, decisamente fin troppo, a fingere di fare il marito perfetto davanti alle telecamere, di mentire sul fatto che la sua vita andava avanti anche dopo quell’avvenimento.
Perché sì, gli bruciava da morire sapere che a quello che una volta era il suo migliore amico non importava più niente di lui e della loro (ormai ex) band.
Ma soprattutto di lui.
Il giorno in cui il manager annunciò che Tom aveva lasciato la band gli cadde il mondo addosso.
 
[Flashback]

Era una mattina come tutte le altre, Mark stava facendo colazione e pensava al tour che lui e Travis avevano deciso di continuare.
Tom era contrario, ma infondo il moro sapeva che avrebbe comunque accettato, ne era sicuro.
“Buongiorno Mark.” Disse Skye, sua moglie, che teneva i capelli raccolti in una semplice coda.
“’Giorno!” rispose lui, mostrandole un dolce sorriso.
“Tutto bene? E il tour? Come l’ha presa Tom?” si versò un po’ di caffè nella tazza dando la schiena a Mark.
“E’ ancora dubbioso, e non ha tutti i torti.. però dovremmo approfittarne. Insomma, abbiamo fatto il boom ed è una buona occasione.” Sospirò, giocando col cucchiaino.
“Lo so, d’altronde sia sua moglie che sua figlia, Ava, ne risentiranno. Mark, io posso farcela ma lui si è perso i primi giorni di vita di sua figlia.”
Mark si mise le mani nei capelli.
Non era egoista, anzi, voleva un bene dell’anima a Tom ma nello stesso tempo voleva far crescere ancora di più i blink-182.
Era confuso, non sapeva cosa fare e di certo non voleva deludere i fan anullando le date.
Dovevano decisamente fare una sottospecie di riunione per decidere.
“Skye.. senti, io vado in studio. Mando un messaggio a Travis e a Tom, poi se ci sono novità ti faccio sapere.” Si alzò e aggiunse sua moglie, dandole un dolce bacio sul collo che la fece sorridere.
“Va bene amore. Ciao.”
Il bassista si vestì velocemente e si mise quel “poco” gel che bastava a tenere in piedi i suoi capelli, quel giorno decise di indossare una maglietta blu e dei jeans scuri.
Passò davanti alla camera di suo figlio che dormiva beatamente e sorrise, per poi raggiungere la porta principale che portava nel loro giardino e, successivamente, al garage.
Salì in macchina e come al solito accese la radio, ovviamente non su un canale dove passavano musica commerciale ma dove passavano la loro musica.
Canticchiò la canzone che stava passando in quel momento e prese il suo cellulare per avvisare gli altri.

-
Trav, io sto andando in studio. Avvisa Tom, sto partendo ora da casa. Ci vediamo lì. Ciao.  –  

Dopo essere uscito dal garage sfrecciò verso lo studio che non era molto distante da casa sua, sperando con ottimismo che Tom avesse cambiato idea…
 
Dieci minuti dopo.
 
Travis e Mark erano in studio, stavano ridacchiando e parlando di cazzate varie, quando entrò il loro manager, che aveva un’espressione non proprio bella, ma piuttosto preoccupante.
“Rick! Non hai passato bene la nottata? Hai un muso! Vuoi una birra?!” Ironizzò il bassista come al suo solito, mostrando poi uno dei suoi soliti sorrisi.
Il batterista invece rimase in silenzio, ma Mark continuava a non capire perché il loro manager si era seduto davanti a loro e sembrava dovesse annunciargli chissà quale notizia.
“Non dovremmo aspettare Tom?! Insomma … si sa, è ritardatario, si starà inventando una delle sue teorie sugli ufo!” continuò a parlare da solo, cercando di migliorare l’atmosfera cupa e triste che si era formata in quel momento.
Quando sentiva che qualcosa non andava bene, cercava di sdrammatizzare in qualche modo ma, evidentemente, in quel momento non ci era riuscito.
Il manager si sedette di fronte a loro, poi sospirò.
“Ragazzi.. vi devo dire una cosa. Tom ha deciso di lasciare la band.”
“COSA?! E’ UNO SCHERZO VERO? SI’, E’ UNO SCHERZO, NON PUO’ ESSERE. STAI SCHERZANDO. LO SO.”
Il battito cardiaco del moro era aumentato, gli venne da ridere nervosamente ma si trattenne, Travis invece era rimasto a bocca aperta e non riusciva a spiaccicare parola.
Mark si sentiva deluso, arrabbiato, preso in giro.
Non aveva mai pensato che Tom potesse lasciar la band, perché potevano benissimo parlarne da persone civili senza che si creassero casini.
Erano cresciuti insieme, avevano passato ogni giornata insieme e si erano supportati a vicenda, ridevano fino alle lacrime e sapevano di contare l’uno con l’altro.
La cosa che lo faceva più incazzare è che lui non si era presentato, aveva organizzato tutto alle loro spalle, pugnalandoli.
Era stato un vero stronzo ed egoista a non presentarsi.
“No… non può essere.” Dopo ben cinque minuti, Travis finalmente spiaccicò parola.
“Invece è così. Trav, Tom non fa ufficialmente più parte della mia vita.”
Si alzò e se ne andò, sbattendo la porta dello studio, chiudendo definitivamente i rapporti con Tom e i blink-182.
 
[Fine Flashback]
 
A distanza di 5 anni da quel giorno, continuava a pensare continuamente a lui.
Non riusciva a smettere, anche se provava a fare l’amore con sua moglie non se lo toglieva dalla testa.
Si era accorto che ciò che provava per lui quando scrisse “No, It Isn’t”, che pubblicò con la band che aveva formato con Travis, i Plus 44.
Inutile dire che i fans si erano accorti del fatto che era rivolta a lui.. insomma, come non accorgersene? Era innamorato perso del chitarrista e non era una cosa che lo faceva stare bene.
Si era anche trasferito a Londra, per dimenticare tutto, ma non era servito a niente.
Sospirò, cercando di scacciare, per l’ennesima volta, il suo nome.
Purtroppo non si era perso nessuna delle attività di Tom.
Era difficile resistere alla tentazione di cercare quel fottutissimo nome su google, su facebook e guardare ciò che faceva ogni giorno.
A quanto pare, il chitarrista aveva subito fondato una band e aveva totalmente chiuso i contatti con loro.
“Mark, va tutto bene?” Sobbalzò, sentendo la voce di sua moglie, che si era seduta accanto a lui.
“Sì… sì.” Annuì e le mostrò un sorriso, ma in realtà stava morendo dentro.
Gli dispiaceva da morire fingere con sua moglie, era una donna fantastica, altruista e dolce. Non avrebbe mai voluto prendersi gioco di lei ma, l’amore distrugge tutto.
“Sicuro?”
“Skye, sto bene. Ho solo bisogno di uscire a prendere una boccata d’aria. Non preoccuparti, mh?” si alzò dal divano e le accarezzò il viso, lentamente, godendosi il suo dolce sorriso.
Gli era sempre stata accanto, soprattutto quando arrivò a casa quel maledetto giorno e le annunciò dell’abbandono da parte di Tom, non gli fece mai mancare niente, eppure lui sentiva ogni giorno che qualcosa gli mancava, e quel qualcosa era lui.
Uscì di casa solo dopo essersi messo il cappotto e aver preso l’ombrello, sperando che qualche fan non lo riconoscesse perché non aveva voglia di firmare autografi e fare foto.
Improvvisamente, mentre era fuori di casa, gli vibrò il cellulare: erano le notifiche di Twitter.
Precisamente la sua.


-“@tomdelonge: I’m in London now.” –  


Si fermò di colpo e quasi gli venne un colpo al cuore.
Era a Londra. In quel momento.
Allegato a quel tweet, vi era una foto che raffigurava la London Eye.
“Non è possibile… no.”
Lesse un po’ di tweet-risposta di fan che erano felicissimi di averlo nella loro città.
In quel momento anche lui si sentì un fan, e voleva incontrarlo, a tutti i costi.
 
Allora, deciso, prese la macchina e sfrecciò a tutta velocità verso la zona desiderata, ovvero quella in cui si trovava Tom.
Dopo 15 minuti circa, arrivò a destinazione e parcheggiò la macchina velocemente, imprecando di tanto in tanto perché sperava che il chitarrista fosse ancora lì.
Inutile dire che London Eye era piena di turisti vari che la adoravano.
Si guardò intorno, non capendo niente per colpa della forte pioggia che stava scendendo ma non gli importava, perché stava per vedere lui.
Tom Matthew Delonge Jr.
Il poeta e il chitarrista di cui un idiota, Mark Hoppus, era innamorato perso.
Passeggiò fissando a lungo ogni persona che gli passava accanto, finché, ad un certo punto sentì una voce.
La sua voce, era la sua, ne era sicuro.
Si voltò di scatto e per poco l’ombrello non gli cadde dalle mani, ma per fortuna un po’ di forza ce l’aveva ancora e riusciva a ragionare un pochino.
“Tom..” mormorò. Non sapeva bene cosa fare, era confuso.
“TOM!” Urlò subito dopo, lanciando via l’ombrello.
Ignorò la pioggia che stava distruggendo la sua pettinatura, lo stava bagnando e lo stava rendendo ridicolo.
Ma non gli importava.  
Non gli importava perché il ragazzo di fronte a lui lo stava guardando.
Era cambiato, ma questo lo sapeva già grazie alle foto che circolavano in rete.
“Sei uno stronzo!” Urlò di nuovo, con tutta la voce che aveva.
Ormai i suoi vestiti erano zuppi d’acqua, ma non ci fece molto caso.
“Mi hai abbandonato… hai abbandonato me, capisci! ME! IL TUO MIGLIORE AMICO!” Urlò ancora una volta, la gente si fermava e lo guardava male e Tom invece non diceva niente.
“Ti odio Tom… io ti odio! TI ODIO, CAPISCI!?”
“Mark, ti prego.. calmati..” si avvicinò al bassista, lentamente, che ai suoi occhi sembrava così fragile, gli fece tenerezza.
“No! Non mi calmo… tu hai distrutto la mia vita… me l’hai distrutta…”
Mark si trovò fra le sue braccia e improvvisamente tutti i brutti pensieri sparirono e non gli importava nient’altro, né dei probabili paparazzi che giravano in quel momento né della gente stupita che li guardava.
“Tu sei pazzo … e io sono un bastardo. Sono venuto qui per te, scemo. Ripariamoci là sotto.”
Si staccò da lui e gli indicò un porticato non molto lontano, Tom raccolse il suo ombrello e lo attirò a sé, facendogli capire che doveva stare sotto con lui.
Quando si fermarono sotto al porticato si guardarono entrambi negli occhi, e tutti e due si sentirono di nuovo dei ragazzini e i più ricordi riaffioravano.
“Sono un idiota, non insultarmi. Volevo dirti che non ho mai smesso di pensarti in questi cinque anni, anzi … ho divorziato.”
Al bassista venne da ridere, lui e Jennifer erano più uniti del ferro e non era possibile un divorzio.
“Davvero? Oh. Mi hai risparmiato gli insulti, grazie. Mi fa piacere che ti sia accorto di tutto ciò che hai fatto… soprattutto a me.”
“Scusami.” Si avvicinarono, sempre di più.
“No.. non ti scuso. Anzi, aspetta.. com’è che diceva la tua canzone...” ci pensò un attimo facendo sorridere il chitarrista, ma poi continuò: “Baciami qui e prendi la mia mano, fammi sentire come se fossi l’unico?”
Il diretto interessato arrossì come un ragazzino, facendo compiacere Mark, che sussurrò: “Baciami … qui.”
Tom non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò al suo viso, sentendo il cuore battere fortissimo.
Osservò le sue labbra e poi le fece incontrare con le sue, erano morbide e calde e in quel momento si sentì protetto.
Approfondì il bacio facendo scontrare le loro lingue, che si muovevano dolcemente insieme.
Il più grande stava per morire, si sentiva perso ma allo stesso tempo felice, stava per staccarsi dalle labbra di Tom per sussurrare: “Prendi la mia mano” ma l’altro lo precedette, prendendogliela subito dopo e stringendola fortissimo.
Nessuno dei due si sentì in colpa, forse si erano solo accorti troppo tardi dei sentimenti che provavano l’uno per l’altro, ma era meglio così.
Si staccarono poco dopo per riprendere fiato e sorrisero entrambi, come due perfetti innamorati.
“Se me lo permetti, ti farò sentire come se fossi l’unico, d’ora in poi.” Gli mormorò il chitarrista nell’orecchio, facendolo rabbrividire.
“Sì, lo voglio.”
Risero insieme e si abbracciarono di nuovo, un’altra volta, ma forse quello non era un semplice abbraccio da amici.
Ma da innamorati.

 
   
 
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