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Autore: kirlia    30/08/2013    4 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Epilogo – Goodbye, my Lover

And as you move on, remember me, 
Remember us and all we used to be 
I've seen you cry, I've seen you smile. 
I've watched you sleeping for a while. 
I'd be the father of your child. 
I'd spend a lifetime with you. 
I know your fears and you know mine. 
We've had our doubts but now we're fine, 
And I love you, I swear that's true. 
I cannot live without you. 

Goodbye my lover. 
Goodbye my friend. 
You have been the one. 
You have been the one for me. 

Goodbye, my Lover.


{Miles Edgeworth}


Quel giorno era arrivato troppo in fretta.
Senza avere il tempo di fare vera luce sui miei sentimenti, senza avere modo di parlare ancora con lei, di farla desistere dai suoi intenti.
Senza avere modo di farle cambiare idea.
Non ero stato capace di dare ascolto a quella parte di me che diceva di stringerla forte tra le mie braccia e dirle di non lasciarmi mai, di non abbandonarmi. Ed ero solo uno sciocco.
Entrammo in aeroporto e io trasportai per lei la valigia, come uno dei suoi agenti – servi – ubbidienti, senza dire una parola. Senza una protesta.
Avrei potuto lasciar perdere quella valigia, prendere per un polso Franziska e trascinarla di nuovo a casa mia con la forza, con la consapevolezza che Annika ci avrebbe seguito senza lamentarsi.
Avrei potuto urlarle contro che non volevo che se ne andasse, che la volevo con me per sempre, per sempre.
E invece posai la valigia sul nastro trasportatore in silenzio, aspettai che fosse annunciata la partenza del loro aereo per Berlino. Mancavano solo dieci minuti, e poi quelle due ragazze se ne sarebbero andate dalla mia vista, e mi avrebbero lasciato solo.
Riuscivo già ad immaginare quanto quella casa mi sarebbe sembrata grande e vuota, senza di loro. Come sarei riuscito ad andare avanti? Sarei riuscito a tornare alla vita di sempre?
Non ne ero certo. E questo perché per me, ormai, erano qualcosa di cui non si poteva fare a meno, qualcosa di insostituibile. Ma sarei riuscito a dirlo loro?
Sarei riuscito a confessare a Franziska che… mi sarebbe mancata?
La vedevo lì, davanti a me, in quell’aeroporto, come era successo solo un anno prima, mentre stringeva una piccola borsa con una mano, e la piccola Annika con l’altra.
I miei occhi plumbei cercavano i suoi, ma il suo sguardo color cielo non sembrava avere alcun intenzione di incontrare il mio. Questo comportamento mi suggeriva che ci fosse, in realtà, qualcosa che non andava, che anche per lei quella separazione non era esattamente facile.
Ma allora perché lo stava facendo? Perché?
«Credo che per noi sia ora di andare, Annika» disse lei, senza nessuna inflessione nella voce, senza nessuna espressione in quel suo viso dai lineamenti delicati.
Io facevo fatica a trattenere le mie emozioni, ma almeno riuscivo a guardarla negli occhi. Lei invece non ci provava nemmeno, e questo perché sapeva in cuor suo di essere sul punto di crollare.
E mi ricordai improvvisamente di quelle parole che gli avevo rivolto l’anno prima, quelle parole che sembravano tremendamente adatte anche a questa occasione.

«…E adesso cosa farai?» le avevo chiesto, sperando in una risposta sincera, e non tagliente. Anche se sapevo già cosa aspettarmi da lei.
«…Non sono affari tuoi.» aveva risposto, con un’occhiataccia che, sapevo, nascondeva un grande dolore nel suo cuore. Era stata sconfitta, oltraggiata. Aveva gettato via tutte le possibilità di dare di nuovo lustro al suo cognome.
E poi io gliel’avevo chiesto.
«Stai scappando?»
Il suo sguardo stupito mi diceva che avevo indovinato. Che aveva chiuso gli occhi e si era voltata per non tornare mai più in questa sciocca nazione.
Ma lei non aveva ceduto così facilmente alla mia insinuazione.
«Zitto! Tu non capisci!»


E anche in quel momento, Franziska, stavi scappando? Da cosa?
Stavi forse scappando… da me?
Non avevo bisogno di farmi questa domanda, perché qualcosa dentro di me mi diceva che era così. Che, per qualche motivo, non tollerava più la mia presenza.
Ma una domanda mi era concessa, e l’avrei fatta. Anche a costo di non avere nessuna risposta da parte sua.
L’unica parola che pronunciai fu:«Perché…?»
Volevo sapere solo questo. Mi doveva una spiegazione, dopotutto. Dovevo almeno sapere cosa l’aveva davvero spinta ad allontanarsi da me e dall’America in quel modo. Ed era chiaro che ciò che mi aveva detto il giorno prima era solo una scusa campata in aria per non dirmi il vero motivo della sua partenza.
Frannie scosse la testa, prima di tornare a guardare Annika. Senza dire nulla.
Che non fosse in grado di controllare nemmeno la sua voce, oltre che la sua espressione, quando si volgeva verso di me? Cosa stava davvero succedendo?
«Allora, Nichte, non vai a salutare il tuo Onkel…?» chiese dolcemente alla bambina, che la guardò con i suoi grandi occhioni color mare leggermente lucidi.
Mi ero subito reso conto che Annie non era d’accordo con l’idea di tornare in Germania, dallo stesso momento in cui quella mattina mi aveva lanciato uno sguardo praticamente disperato.
Stava mettendo il suo cucciolo nella gabbietta dove sarebbe stato per il resto del viaggio, quando io mi ero fermato accanto a lei, e l’avevo guardata con un mezzo sorriso.
Lei era scoppiata in lacrime e mi aveva confessato che le piaceva stare qui negli Stati Uniti. Che voleva restare a casa mia con me e sua zia, che non voleva tornare al suo paese natale. E io l’avevo abbracciata e le avevo promesso che sarebbe andato tutto bene, che ci saremmo scritti e sentiti al cellulare, che non si sarebbe resa conto della distanza che ci divideva.
Ma quelle parole avrei voluto dirle anche ad un’altra persona… e lei, in quel momento, non mi guardava nemmeno. Come se non ci fossi.
Annika mi si avvicinò, e io mi abbassai in modo che i nostri occhi fossero alla stessa altezza. I suoi erano colmi di lacrime che non aveva il coraggio di liberare. Era proprio una brava von Karma, ma non quanto la sua tutrice.
«Mi mancherai tantissimo, Onkel Miles» gemette, con un singhiozzo e un sospiro. Poi mi posò un bacio, tiepido e umido di lacrime che le erano improvvisamente sfuggite, sulla guancia.
Quel contatto mi ricordò ancora quanto non volevo che loro si allontanassero da me. Il mio cuore si strinse in una morsa.
«Anche tu mi mancherai molto, Annie. Ich liebe dich [Ti voglio bene], ricordalo» sussurrai, stringendola in un abbraccio.
Non mi ero mai affezionato a nessuno come avevo fatto con quella piccola. La consideravo quasi mia, ormai. E dire che non ero molto pratico di bambini, prima di incontrare lei… e adesso, come potevo lasciarla andare?
Alzai la voce, in modo che anche la ragazza che ci osservava in un silenzio ricco di tensioni mi sentisse.
«Ich liebe beide [Voglio bene ad entrambe]» aggiunsi, con un sorriso sincero, e guardando solo con la coda dell’occhio la reazione della mia… “sorellina”.
Anzi, come dovetti accettare, la mancanza di essa. Non sussultò, non si voltò nemmeno verso di me. Dubitai persino che mi avesse sentito.
Ma non ho altro modo di dirtelo, Frannie. Ti renderai mai conto di quanto siamo legati…?
Trattenni per me i miei pensieri, perché sapevo che anche esprimendoli ad alta voce non avrei avuto alcuna risposta. Non in quel momento. Forse in un momento di sua fragilità, ma non ora che la maschera era saldamente al suo posto, sul viso di lei.
Mi rialzai in piedi, mentre la piccola prendeva di nuovo posto accanto a Franziska, docilmente.
Aspettai che mi dicesse qualcosa, qualsiasi cosa simile ad un addio che ci si potesse aspettare da lei, ma l’unica cosa che mi fu concessa fu una frase.
«Danke, herr Miles Edgeworth. Grazie di tutto.»
Un’ultima parvenza di affetto, da parte sua, prima che si voltasse e si allontanasse da me.
Solo un grazie. Le sue ultime parole, ciò che avrei ricordato di lei per chissà quanto tempo, sarebbe stato un semplice ringraziamento?
Potevo davvero permetterlo? Potevo lasciare che se ne andasse così?

La sirena che indicava la partenza dell’aereo suonò di nuovo, appena dopo che Franziska e Annika furono sparite all’orizzonte.
E sapevo che ormai le avevo perse, che avevo perso l’ultima occasione di dire a Frannie…!
Cosa? Di dirle cosa?
Non ne ero certo nemmeno io, ma sapevo che qualsiasi cosa fosse, ormai non aveva più importanza. Non ora che il loro aereo stava decollando, lasciando dietro di sé una scia di tristezza e solitudine.
E mentre lo osservavo diventare un puntino sempre più impercettibile nell’azzurro del cielo che mi ricordava tanto i suoi occhi, non potei evitare che una lacrime sfuggisse al mio controllo.
«Franziska… mi mancherai…»

 
...Fine.

 
Angolo di Kirlia: 
Lo so, non è proprio quello che vi aspettavate per la fine di questa storia. E se devo essere sincera, nemmeno io sono convinta di come ho descritto questa scena... Ma non riuscivo a fare di meglio ^^''
Allora, innanzitutto sapete che questa non è realmente la fine, ma le avventure di Franziska, Miles e Annika continueranno nel sequel Bonfire Heart, che posterò a breve! Quindi non vi angosciate se è andata a finire così, perché di certo prima o poi si incontreranno di nuovo (e io adoro i "per sempre felici e contenti", quindi non abbiate paura!) 
Poiii volevo dire grazie a tutte voi, care lettrici mie, che avete seguito questo mio racconto fino alla fine, avete avuto coraggio u.u 
In particolare i miei ringraziamenti vanno a Keily e Rue che sono state sempre presenti per me e mi hanno portato ispirazione e voglia di continuare a scrivere *-* 
Infine voglio rispondere, come di consueto, alle domande inviate ai miei personaggi! Oggi ne abbiamo due :D 


Rue: Senti Miles, ma visto che quando è in Germania Franziska ti manca così tanto, perchè non le telefoni, ogni tanto? Ce l'hai il telefono!
Miles: Io... beh, è difficile. Ho provato più volte a chiamarle, ma avevo paura che mi prendesse per uno sciocco. E poi... *tira un sospiro* Secondo lei, l'unico motivo buono per farle una chiamata, è per lavoro. O per vantarsi del suo record di vittorie perfetto in Germania. 
*si avvicina a Rue e le sussurra* Però una volta le ho chiamato quando da lei era notte fonda - per il fusorario - e credo che fosse sonnambula. O forse mezza addormentata. Insomma, è stato carino parlare con lei: abbiamo ricordato i giorni della nostra infanzia in cui potevamo sgattaiolare via dal signor von Karma e rubare i biscotti dalla cucina! 


Key: Miss procuratrice, volevo chiederti se avevi finito di interferire fra Franzy e Miles o se ti ritroverò ancora nella fiction (sbagliando come sempre nome)
Katherine Payl... ehm, Payne: Io non ho assulutamente interferito. E non starò a complottare contro quella von Karma per il resto della prossima stagione. No, assolutamente. Non ho un piano per separarli per sempre e sposare Mil... 
Kirlia: Kath, non ti conviene esagerare con gli spoiler *le punta contro un mitra* 
Paylor: Va bene. L'autrice dice che non mi posso sbilanciare molto. Ma ti assicuro che avrò un ruolo molto importante nella prossima stagione ^^ *sorriso falsissimo* 


Okay! Mi pare che qui abbiamo finito :D 
Vi saluto e spero che mi seguirete ancora nella prossima stagione! La potrete trovare anche attraverso il comando "Serie", e il titolo sarà "Perfect for me" (e, ammettetelo, è il titolo più azzeccato di questo mondo *modestia portami via*) 

Un bacione e grazie a tutti, 
Kirlia <3 


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