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Autore: Charlotte McGonagall    30/08/2013    1 recensioni
Beetee Watt sognava una vita migliore di quella che la sua famiglia povera avrebbe potuto offrirgli e, soprattutto, sognava una vita che fosse interamente sua; sognava di avere il controllo del proprio destino.
Tuttavia, tutti i suoi sforzi vacilleranno quando sarà estratto per rappresentare il Distretto 3 ai quarantaduesimi Hunger Games.
In questa storia seguiremo la vita del giovane Beetee dall'infanzia fino ai primi anni dopo la sua vittoria agli Hunger Games.
Il rating potrebbe variare nel corso della storia: in tal caso, lo cambierò.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beetee , Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Salve!
Era da un po' che volevo scrivere la storia del mio amato Beetee ed ora eccomi.
Questo è solo un breve prologo, ma spero possa catturare l'interesse dei lettori.
La storia sarà raccontata da Beetee in prima persona.
Per ora ho segnato il rating arancione, perché l'esistenza stessa degli Hunger Games implica una certa percentuale di tematiche forti e/o delicate, anche se non posso sapere in anticipo quale sarà il risultato finale. Comunque vi prometto che in caso di inserimento di tematiche particolarmente delicate cambierò il rating e inserirò gli opportuni avvertimenti.
Buona lettura!

Prologo

Tutta la mia infanzia e prima adolescenza erano state pervase da un costante stimolo alla rivalsa. Ero in perenne rivolta contro il destino che sembrava essermi stato assegnato dalla nascita: rivolta contro la rassegnazione stessa che sembrava aver colpito il resto della mia famiglia.
Leggevo, negli occhi dei miei genitori, una sorta di muta accettazione, uno sguardo di dolente consapevolezza di un fato che non cercavano nemmeno di evitare.
Io invece lottavo, nel segreto della mia mente, e credevo che sarei impazzito, covando quella spinta dentro di me.
Fu questo, ancora prima della mia intelligenza, a rendermi un escluso; semplicemente, non avrei voluto vivere una delle tante esistenze vuote e meccaniche del quartiere operaio in cui ero nato.
Tuttavia, ogni volta che credevo di essere sul punto di riuscire, di essermi ritagliato uno spazio sicuro nel quale vivere la mia vita, questa veniva sconvolta, restituendomi alla familiare sensazione di non avere alcun controllo della mia esistenza.

No, non era speranza quella che mi spingeva a tentare; la speranza era per animi più ingenui del mio. Io perseveravo per determinazione, per dimostrare a me stesso che avrei potuto assumere il controllo del mio destino.

Invece - ora lo capisco - ho fallito; la mia vita non mi appartiene più, è solo la gabbia in cui sono rinchiuso.

   
 
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