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Autore: crazyclever_aveatquevale    31/08/2013    6 recensioni
Dalla storia:
La prima volta che Arthur e Merlin andarono in campeggio avevano otto anni. Un pomeriggio di maggio fecero sedere i genitori di entrambi sul grande divano di casa Pendragon e presentarono la loro richiesta di dormire da soli in un bosco, dentro le tende e riscaldati dal fuoco – Come i veri cavalieri! aveva detto Arthur – dato che ormai, alla veneranda età di otto anni, erano grandi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Bonjour a tout le monde!
Dopo un po’ di inattività, torno a scrivere sui Merthur, perché non posso fare a meno di loro! In effetti, questa storia doveva essere per festeggiare il mio primo anno su EFP, ma come per l’altra (compleanno*-*) mi trovo in ritardo di un paio di mesi…
Inizio col dire che era partita come one-shot ma poi mi è stato caldamente suggerito di dividerla in due capitoli perché era decisamente troppo lunga! Ce l’ho tutta in testa ma ancora non la finisco, però presumo che sarà lunga quattro, cinque capitoli al massimo. Aggiornerò settimanalmente, sempre di sabato, credo (oggi è sabato, sì?).
Questo primo capitolo è un prologo/antecedente della storia, il rating è verde (si alzerà più in là con la storia). In realtà non so di preciso se questo è un “dieci anni prima” o tutto il resto un “dieci anni dopo”, come preferite voi!
DISCLAIMER: L’Asino Reale, l’Idiota e tutta la combriccola non sono miei; non scrivo a scopo di lucro ma solo per puro piacere personale.
 

Di campeggio, stelle e primi baci
La prima volta che Arthur e Merlin andarono in campeggio avevano otto anni. Un pomeriggio di maggio fecero sedere i genitori di entrambi sul grande divano di casa Pendragon e presentarono la loro richiesta di dormire da soli in un bosco, dentro le tende e riscaldati dal fuoco – Come i veri cavalieri! aveva detto Arthur – dato che ormai, alla veneranda età di otto anni, erano grandi.

Dopo che ebbero pianto e supplicato per un’altra mezz’ora buona per il lapidario no di Uther, padre di Arthur, sua moglie Ygraine e la sua amica Hunith decisero insieme di concedere ai figli ciò che chiedevano, a patto, però, che durasse solo una notte e che avesse luogo nel grande giardino di casa Pendragon. Arthur e Merlin, esultanti, iniziarono subito a saltellare; Morgana, la sorellina di Arthur, fu subito invitata ad unirsi ai maschietti, con la scusa che “serviva una principessa da salvare” – anche se Morgana faceva a botte col fratello molto meglio del piccolo Merlin che, dalla sua, aveva il vantaggio di essere veloce e furbo, sebbene incredibilmente goffo – e i due padri si lanciarono uno sguardo esasperato. Uther e Balinor, infatti, già sapevano che quella notte non avrebbero chiuso occhio, troppo occupati a controllare i propri figli.

Da allora il campeggio era diventato un’abitudine. A nove anni ebbero il permesso di accendere un fuoco dove arrostire marshmallows e l’anno successivo poterono montare da soli le tende, una per i ragazzi e una per Morgana, in un angolo remoto del giardino, una piccola radura circondata dagli alberi. Quell’anno i padri furono confinati in casa, controllati a vista dalle madri: al campeggio precedente, infatti, si erano avvicinati durante la notte per controllare gli amati figlioli ma questi, svegliatisi d’improvviso per via dei rumori, si erano spaventati per le due alte figure nere e avevano impugnato i bastoni con cui giocavano ai cavalieri; Uther e Balinor, che ancora si sentivano i lividi su tutto il corpo, avevano ammesso che i bimbi erano capacissimi di cavarsela da soli.

Successe quando avevano tredici anni. Avevano organizzato tutto come al solito, ma Morgana era finita in punizione perché aveva risposto male ad un’insegnante (Mi ha chiamato strega, mamma!) ed era stata cacciata dalla classe. Per una volta, i genitori non si fecero intenerire dai suoi pianti o convincere dalle sue più che sensate lamentele, impedendole in via definitiva di partecipare al campeggio. I due ragazzi, con grande sdegno di Morgana, la presero con filosofia e, invece di annullare la gita, erano partiti lo stesso. Fonti accurate, tuttavia, sostennero ben presto di aver udito Arthur chiedere di revocare o rimandare la punizione durante un colloquio privato con il padre, ma invano. I due, dunque, “partirono”: montarono la tenda, accesero il fuoco, giocarono con le spade (di plastica dura, un generoso regalo di Uther) e mangiarono carne arrosto e verdure, preparate quell’anno da Ygraine, come da accordo tra le due madri. Poi, mentre arrostivano i marshmallows, Merlin raccontò una delle sue storie di paura: era un’altra abitudine, ogni anno ne scaricava un paio tra le più terribili da Internet e poi le leggeva al suo “uditorio”, ed era bravissimo a farlo, sebbene nessuno dei due Pendragon ammettesse di essersi spaventato dal tono e dai racconti dell’amico.

Infine, stremati, si stesero su una coperta all’aperto, dato che era una serata calda e a nessuno dei due andava di chiudersi nella tenda. Naturalmente NON stavano guardando le stelle – erano cavalieri loro, mica delle ragazzine – bensì cercavano di mimetizzarsi con la natura per far avvicinare gli animali, che comunque si tenevano a debita distanza.

Ad un certo punto Merlin, sdraiato a pancia in su con le mani dietro la testa, esclamò: «Però un po’ mi dispiace che non ci sia Morgana, voglio dire, è strano»

«Hai ragione. Come principessa non vale niente, ma è un’ottima strega cattiva» Scoppiò a ridere, subito imitato da Merlin «Per fortuna per il ruolo di donzella in pericolo ci sei tu».

Merlin si rabbuiò. «Io non sono una principessa, Arthur, sono un ragazzo. Forse non sarò tutto muscoli come te ma questo non vuol dire che io sia una femminuccia. Perciò, vedi di smetterla di trattarmi come tale. Lo fai pure a scuola, che pizza!»

«Che vuoi dire?? Che c’entra la scuola?? E poi, scusa, non hai mai detto nulla prima. Pensavo non ti desse fastidio. È solo un gioco».

Merlin gli rivolse il solito sguardo da ma-quanto-puoi-essere-asino? e continuò: «Io lo so che è solo uno scherzo ma i nostri compagni no e non mi dà fastidio se tra di noi diciamo così ma anche altri…» «Cosa?? – lo interruppe l’altro – Ti hanno detto qualcosa di male? No perché se è io…»

«Arthur, è proprio questo il problema. Io non sono una principessa, non ho bisogno di un principe che mi salvi o mi risvegli con un bacio o vada in giro a raccattare le mie scarpe!»

Arthur rimase spiazzato. Pensò che se Morgana fosse stata lì avrebbe detto qualcosa tipo ‘Sei così disordinato che solo per ritrovartele le scarpe servirebbe una corte intera’ ma lui non era così e sapeva riconoscerlo un discorso serio, quelle rare volte in cui Merlin ne iniziava uno tra di loro. Solo non pensava che Merlin ci stesse così male: in fondo, non è che lo considerasse davvero come una ragazza! Insomma, Merlin non aveva niente a che fare con Sophia del 2C che aveva lunghi boccoli castani, occhi grandi e gli zigomi tondi… Si erano guardati spesso durante l’anno e aveva saputo dall’amico dell’amico di un amico che lei aveva detto ad una sua amica che le sarebbe piaciuto prendersi un gelato con lui… E Arthur voleva prenderlo un gelato con lei, solo che si vergognava perché in tutti quei film sdolcinati che Morgana – quella  piccola tiranna – lo aveva obbligato a vedere, dopo il gelato c’era una passeggiata mano nella mano e poi un bacio e lui, beh, non aveva mai baciato nessuno! Insomma, aveva una reputazione, lui! E se poi veniva fuori che come baciatore era un incapace?

«Merlin, tu hai mai dato un bacio? Un bacio vero, intendo» Ecco, ora Merlin lo avrebbe preso in giro a vita, come gli era venuto in mente di fare quella stupida domanda?? Beh, almeno qualcosa di buono c’era: anche con la poca luce del falò mezzo spento e delle stelle lontane si poteva chiaramente riconoscere la tonalità di rosso assunta dalle orecchie di Merlin; cavoli quanto adorava quando accadeva!

Merlin, dal canto suo, era completamente in imbarazzo. Rispose immediatamente di no, e si stese di nuovo, fissando le stelle. Certo che ci aveva pensato, ma era sempre stato un po’ timido da quel punto di vista. E, in realtà, non sapeva di preciso come si faceva, un mucchio di sue amiche gli avevano raccontato di pessimi primi baci e si era fatto prendere dal panico. Quando Arthur rispose con un flebile “nemmeno io”, pensò bene di rendere il suo amico partecipe dei suoi dubbi.

«È che non so come si fa» dissero contemporaneamente. A distanza di anni, Merlin ricordava perfettamente di aver pensato che avevano fatto un coretto, visto che avevano detto le stesse parole e anche con la stessa intonazione.

Erano entrambi girati su un fianco, rivolti l’uno verso l’altro, Merlin con le mani sotto il viso e Arthur che giocava con una frangia della coperta fra di loro. Rimasero in quella posizione per un po’, a fissarsi e distogliere lo sguardo non appena l’altro se ne accorgeva, finché Merlin, con un filo di voce, non disse: «E se… Potremmo provare, che dici? Cioè, noi due. Sarebbe solo per imparare, per vedere di preciso come si fa. Ecco, io mi fido solo di te e so che tu me lo diresti se facessi così schifo come baciatore, però non mi prenderesti in giro e siamo amici da un sacco di tempo e poi tra amici ci si aiuta no?? Possiamo fare un patto di non parlarne mai più no? Un… Com’è che si chiama?? Ah, sì! Un giuramento di sangue! Come i veri cavalieri! Cioè, ecco, se ti va… Se no non ne facciamo niente e basta, non è che dobbiamo per forza, no? Però se tu dici di no non fa niente, era solo così, per provare…» la voce gli si affievolì sempre di più e, notando che l’amico non si muoveva e incapace di guardarlo negli occhi per la vergogna, si rigirò a pancia in su e chiuse gli occhi.

Li riaprì di scatto un attimo dopo, quando Arthur mormorò un flebile «va bene, proviamo».

Si ritrovarono al punto di partenza, ancora a fissarsi l’un l’altro su quella vecchia coperta, solo che stavolta erano molto più vicini e che guardarsi negli occhi era diventato necessario perché erano davvero troppo, troppo vicini e troppo luminosi, con le stelle che si rispecchiavano negli occhi chiari di entrambi.

A distanza di anni, Arthur non saprà mai ricordare chi fece l’ultimo movimento, e fece scontrare delicatamente le loro bocche. Ricorderà che in quella posizione ci erano rimasti un tempo infinito, con gli occhi spalancati e il cervello annebbiato; ricorderà pure che aveva tentato di dire qualcosa, ma l’unica cosa che era riuscito a fare era sfregare le sue labbra con quelle morbide di Merlin e si era bloccato di nuovo.

Merlin, invece, ricorderà di aver chiuso gli occhi quando aveva aperto le labbra e Arthur lo aveva imitato, facendo avvicinare timidamente le lingue per poi lasciare che si esplorassero a vicenda per un altro interminabile periodo. Un altro particolare che gli resterà in mente sarà il braccio di Arthur, che si era ancorato alla sua schiena in un momento imprecisato e lui si era sentito protetto e a casa.

Si staccarono quando l’aria venne a mancare. Immediatamente tornarono alle loro posizioni originarie, riflettendo su ciò che era successo, con il cuore in subbuglio e il fiato corto. Fu solo dopo un po’ che Arthur mormorò: «Beh, non è andata così male».

«Già. Credo che con Sophia non avrai alcun tipo di problema.» Arthur si girò verso l’amico, che gli sorrideva, sornione. Merlin lo sapeva, ancora prima di lui, perché Sophia stessa era andata a chiederglielo, se Arthur fosse libero e lui le aveva assicurato che Arthur non aveva altre ragazze. Era il suo migliore amico, e per gli amici si faceva questo e altro. Arthur lo ringraziò con gli occhi e gli regalò uno dei suoi più grandi sorrisi, prima di tornare a distendersi anche lui.

Il mattino dopo Morgana li trovò così, stesi l’uno affianco all’altro beatamente addormentati, e non ci pensò due volte prima di saltare addosso al fratello e subito dopo a Merlin esultando per aver avuto il permesso di giocare con loro almeno per quella giornata.
 

P.S. La storia non è betata, mi scuso per qualsivoglia castroneria presente!

  
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