Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Arrow    31/08/2013    2 recensioni
Ad ogni passo il suo corpo si fa sempre più pesante e nonostante percepisca il sempre crescente tremito alle gambe, non cede. Non può. Non può semplicemente andarsene in quel modo, non ancora.
[Jean/Marco] [Prima fic nel fandom]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo Sono tornato.

Fandom Shingeki no Kyojin (L'attacco dei giganti).

Personaggi Jean Kirshtein, Marco Bodt.

Rating Giallo.

Avvertimenti One shot, introspettivo, angst.

Wordcount 542

Note Oggi mi sono voluta male più del solito. ;W; Mi sono spulciata tumblr, youtube e non so che altro... alla fine è venuto fuori questo. Addio. Vado ad affogare nelle mie lacrime.

 

 


Ad ogni passo il suo corpo si fa sempre più pesante e nonostante percepisca il sempre crescente tremito alle gambe, non cede. Non può. Non può semplicemente andarsene in quel modo, non ancora.

Non ha voluto ascoltare nessuno al rientro in città. Ha solo iniziato a correre, ignorando – per la prima volta in vita sua – gli ordini, incurante delle conseguenze. Non ci sarebbero state davvero ripercussioni. Non quella volta.

Utilizzare la manovra tridimensionale in quello stato gli è davvero difficile, ma senza di essa non arriverà mai dove vuole.

Corre, salta da un tetto all’altro, vola.

A Jean sembra di volare, nonostante gli gravi addosso il peso del mondo.

Ha promesso. A chi? Se stesso. O forse al suo ricordo? Non ha molta importanza in quel momento.

Gli manca per un attimo il fiato e – sentendo la gola seccarsi – si distrae e perde il controllo del dispositivo di movimento. Cade, rotola e sente le tegole di un tetto distruggersi al suo passaggio. Quell’impatto non fa davvero più male del dolore che già prova. Esso intorpidisce il suo corpo, raffredda la sua mente, blocca la sua anima. Si prende un momento per riprendersi dall’inconveniente e si rialza, come se non fosse successo nulla.

E corre, di nuovo. Svolta angoli di strade, scavalca massi, tetti, simboli di esistenze senza più voce.

Manca poco, pensa e un sorriso spento giunge a storcergli i lineamenti tirati del viso.

Quando le strade iniziano a farsi sempre più familiari, rallenta e non appena il suo respiro si regolarizza, conati di tosse violenta e sporca si impossessano di lui. Si piega in due, si porta una mano allo stomaco. Può fermarsi perché sa che non c’è più strada da fare.

E’ una via come tutte le altre, quella in cui si trova. Palazzi semi-distrutti ornano i bordi delle strade e nonostante il sole sia alto in cielo, incombe l’ombra della morte, portata dai giganti.

Gli occhi bruciano, l’aria è pesante. Jean scende da una casa, compie una ventina di passi e poi si accascia malamente a terra. Il contatto della sua schiena con il muro gli fa digrignare i denti.

Fa male. Si sente in colpa per quel pensiero. Si sente uno schifo. Si sente meschino. Dopo tutto quello che ha passato, ha ancora il coraggio di soffrire per il dolore fisico? Come può?

«Sono tornato» sussurra. Ora sorride davvero, con tutte le sue forze. Chiude gli occhi e ricorda. Ricorda un altro sorriso. Non il suo. L’ultimo che gli ha visto fare. Era bello. Era caldo. Era la sua cura.

Apre gli occhi e ricorda. Ricorda l’ultima volta che è stato lì. Ricorda di essere rimasto in piedi, a debita distanza, non volendo credere a quel che vedeva. No, non glielo avevano portato via. Era solo un orrendo incubo.

Un singulto lo scuote all’improvviso e il numero dei respiri diminuisce. Sposta la mano destra dalla sua coscia al freddo pavimento in pietra accanto a lui.

Due gocce rigano il suo volto, contemporaneamente. Così diverse, per colore e consistenza. Ma così uguali, appartenenti allo stesso individuo. Una trasparente arriva alla bocca dischiusa, una rossa scivola lungo il suo collo. Non ricorda di aver chiuso di nuovo gli occhi, ma deve essere così; non vede più niente.

 

 

 

 

Sono tornato, Marco.


   
 
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