Fanfic su artisti musicali > Arashi
Segui la storia  |       
Autore: Hika86    01/09/2013    1 recensioni
Un nuovo studente si trasferisce al Johnny's Education Institute. Un tutor, una squadra di basket, cellulari rotti e basi musicali per un ambito premio di fine anno. Ma quale obiettivo comune può unire 5 adolescenti tanto diversi? [fic a DUE MANI: Reruchan e Hika86]
Genere: Comico, Commedia, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Bello, intelligente, ricco, con una casa fatta per viverci bene e un'indole felice, Matsumoto Jun sembrava riunire alcuni dei beni più preziosi della vita.
Come tutte le mattine, arrivò a scuola con la sua macchina sportiva color borgogna e la parcheggiò impeccabilmente. Con la bella stagione toglieva sempre il tettuccio, quindi prima di scendere si guardò nello specchietto retrovisore per sistemarsi i capelli. Quando stava per girarsi verso il sedile posteriore e recuperare la cartella, un'altra macchina parcheggiò di fianco alla sua con una manovra particolarmente sportiva ed entrando in una pozzanghera a gran velocità. Quando la sentì frenare, Jun spalancò gli occhi e si sporse dalla portiera per controllare la fiancata: ovviamente la carrozzeria era chiazzata di fango. «Ma che dia...» borbottò prima di alzare lo sguardo sul guidatore che scendeva dall'auto. «Che modo di parcheggiare è il tuo?» sbuffò
«Eh scusa» ripose la ragazza sistemandosi una molletta rossa tra i capelli e facendo spallucce. Non sprecò altro fiato e si allontanò lasciando il ragazzo senza altre spiegazioni.
Jun storse il naso, poi prese le sue cose e scese dall'auto per passare un paio di fazzoletti sulle macchie. Nino gli passò vicino e gli lanciò un saluto a voce alta, ma non lo disturbò vedendo che era preso a fare qualcosa, e il fatto che tirasse dritto per la sua strada ricordò a Jun che non poteva perdere tempo a pulire ogni molecola di fango: cancellò le macchie più evidenti e si avviò all'entrata.
Mentre si avvicinava all'armadietto salutò un paio di amici, quindi inserì la combinazione notando che quello di Aiba era rimasto aperto, ma il ragazzo era già infondo al corridoio. «Chissà che fine farebbe la testa se non ce l'avesse attaccata al collo» sospirò richiudendo l'armadietto dell'amico. Aperto il suo, sistemò la borsa e raccolse i libri utili per le prime ore, dopodichè si chinò per infilare la mano nello scompartimento delle uwabaki*, ma quando le tirò fuori si rese conto che gocciolavano. Essendo già arrabbiato per la storia della macchina, a quel punto avrebbe dovuto arrabbiarsi e sbraitare istericamente, invece si limitò a strizzare le scarpe come poteva. Le indossò mentre suonava la campanella, raccolse i libri e richiuse l'armadietto senza battere ciglio.
La giornata proseguì seguendo la solita routine: le lezioni della mattina, una dichiarazione d'amore durante l'intervallo, pranzo con Aiba, Satoshi e Nino e le lezioni del pomeriggio.
Aiba doveva fare chissà quale ricerca per scienze, quindi aveva costretto Satoshi, in quanto suo tutor, ad accompagnarlo alla biblioteca per farsi spiegare come funzionava il prestito, così alla fine dell'ultima lezione Jun uscì dall'aula da solo.
Si fermò vicino alla porta a chiacchierare con alcuni compagni per farsi passare degli appunti, mentre il resto della classe passava dietro di lui per uscire dall'aula. Nel trambusto prese qualche spallata e gomitata alla schiena, che era anche normale, ma lui sembrava infastidirsi e irrigidirsi ogni volta, distraendosi. Quando la maggior parte dei compagni fu uscita lui salutò il gruppo con cui stava parlando e si allontanò trafelato, camminando all'indietro finché non fu uscito dall'aula.
Una volta fuori guardò a destra e a sinistra per controllare che non vi fossero molte persone, quindi diede le spalle al muro del corridoio, si sbottonò la giacca e se la sfilò. Allora, come aveva temuto, trovò che qualcuno gli aveva attaccato un foglio sulla schiena: "PALLONE GONFIATO". Con uno scatto di rabbia strappò via lo scotch e appallottolò il pezzo di carta mentre si avviava verso l'aula computer.
«Anima mia!» strillò Aiba nel momento in cui Jun apriva la porta: stava tenendo una mano di Nino nelle proprie.
«C'è qualcosa che dovrei sapere?» domandò ironico
«Hanno deciso di fare outing» borbottò Sho appoggiato con il gomito ad uno dei computer.
Nino si affrettò a ritrarre la mano e a fingere di tirare un calcio ad Aiba per allontanarlo. «Cosa dite? E tu stai lontano!» esclamò schifato. «Stavamo solo lanciando delle idee per la canzone»
«Ottimo, così si fa: impegno» annuì Jun. «Quindi cosa facciamo? Usiamo la stessa base di prima?»
«Veramente il nostro Ninuccio si è messo a strimpellare seduto sul suo lettino e, pensando a noi, sembra abbia trovato una melodia da proporre!» spiegò Aiba entusiasta, facendo un piccolo applauso
«Senti, i miei hanno semplicemente divorziato, non c'è bisogno che mi tratti come un ritardato mentale» borbottò Nino. «A te sta bene se cambiamo, Jun?»
«A me interessa solo vincere» rispose stringendosi nelle spalle mentre si rimetteva la giacca
«Della serie: "l'importante è partecipare"?» osservò Satoshi seduto in un angolo a braccia incrociate
«E a te interessa partecipare??» domandò Sho spalancando gli occhi incredulo
«No, sono stato costretto. La mia è resistenza passiva infatti»
«Insomma, zitti! Quanto parlate!» li interruppe Aiba. «Lasciate che Nino ci faccia sentire la sua creazione».
Quando finalmente calò il silenzio e tutti si misero in ascolto, il suono della chitarra riempì l'aula computer e la voce di Nino farfugliò parole e "na na na" a casaccio per far sentire anche la melodia cantata oltre all'accompagnamento strumentale.
Alla fine fecero tutti un applauso e la base fu approvata a pieni voti anche se principalmente avevano sentito il ritornello.
Dato che molti del terzo anno in quel periodo si dedicavano alla performance, gli alunni potevano essere esonerati da alcune delle attività di club, quindi Sho e Aiba non dovevano scappare sempre in palestra: quel giorno decisero quindi di lavorare tutti insieme sulla nuova base, cercando di trovare delle parole adatte.
«Nel nostro cuore c’è tanto coraggio
Ci basta mangiare pane e formaggio
» canticchiò Aiba
«No, no, no» lo interruppe Nino. «Non è così che si pensa ad una canzone, non puoi mettere insieme le prime parole che ti vengono in mente e pensare che sia un testo»
«Ha ragione, ci vuole sentimento»
«Allora diciamo "Dammi tre parole
Sole, cuore, amore
"?»
«Ok, LUI non sarà incaricato di nessuna strofa, sappiatelo!» annunciò Nino ad alta voce verso gli altri tre. Si dissero tutti d'accordo.
Verso le sei del pomeriggio decisero di tornare a casa, quindi recuperarono le loro cose e si avviarono insieme verso l'uscita della scuola. Nino e Ohno prendevano lo stesso treno, quindi si avviarono insieme verso la stazione, Sho era in bicicletta e Jun non mancò di deriderlo. «Certo che il sudore è proprio il tuo elemento»
«Non si deve per forza sudare in bicicletta» rispose l'altro storcendo il naso, quindi li salutò e cominciò a pedalare
«Sudare fa bene all'organismo sai? Ti libera dalle tossine» spiegò Aiba con fare saccente. «A proposito di "tossine", non è che mi presti gli appunti di scienze? Sono sicuro che dopodomani interrogherà me e non riesco a leggere cosa ho scritto sui miei»
«Sei un genio» commentò Jun scuotendo il capo. «Te li presto, ma sono nel quaderno di scienze che ho lasciato nell'armadietto, quindi te li vai a prendere da solo»
«Va bene faccio io, mi dai anche un passaggio?»
«Sei un impiastro» ridacchiò l'amico. «La combinazione è: sette, sei, quattro, due, tre. Sbrigati, io intanto metto in moto»
«Sarò di ritorno prima che tu abbia finito di dire "torta di mirtilli"» spiegò Aiba avviandosi
«Torta di mirtilli!» esclamò Jun mentre saliva in auto
«Devi dirlo più piano».
Masaki risalì le scale della scuola e vide da lontano che un gruppo di ragazze stava chiudendo proprio l'armadietto di Jun. Quando si accorsero di lui, si sbrigarono ad allontanarsi. Aiba aprì loro la porta e sorrise facendo finta di nulla, ma in cuor suo si era intenerito a vedere il loro fare impacciato e timido, avendole beccate a mettere una lettera d'amore nell'armadietto dell'amico. Decise che avrebbe recuperato la busta e l'avrebbe portata a Jun per vedere la sua reazione, ma perse tempo inserendo quattro combinazioni sbagliate prima di ricordare quella giusta. Una volta che la serratura scattò non dovette fare nessuno sforzo ad aprire l'armadietto perchè si aprì soprattutto grazie alla spinta di qualcosa che premeva contro l'anta. Quando si spalancò senza che lui riuscisse a controllarne la velocità d'apertura, gli si rovesciò addosso un groviglio di piccoli serpenti. Con un urlo agghiacciante cerco di farsi indietro e prese a saltellare a braccia aperte per tutto l'atrio nel tentativo di togliersi di dosso gli animali che gli si erano attaccati alla divisa. Gli ci vollero ben venti secondi per realizzare che erano serpenti di plastica.
«Oh» fece semplicemente guardando gli animali fermi in terra. Guardò a destra e sinistra per assicurarsi che nessuno avesse fatto caso alla sua pessima figura, quindi si staccò alcune bisce dalla divisa fingendosi scocciato. Si tolse la giacca e raccolse i serpenti facendone un sacco da prendere tra le braccia. Richiuse l'armadietto con un colpo di sedere e tornò verso la macchina di Jun.
«Ma che cos'è / questa sensazione? / Di certo qualcosa qui non va» canticchiò cupamente tra sé mentre attraversava il parcheggio. «Non so perchè / ma qui mi puzza un po' / e io voglio capire
Sarà pure uno scherzo / ma non mi convince / e poi
Ultimamente / anche lui è troppo calmo
» concluse con una nota bassa prima di arrivare alla macchina. «Eccomi» annunciò aprendo la portiera
«Stavi cantando?» fece Jun mettendo in moto
«No, affatto» scosse il capo
«Ci hai messo una vita» sospirò uscendo dal parcheggio
«Ho avuto un piccolo problema di rettili» disse accennando ai serpenti di plastica che gli riempivano le braccia.
Jun si girò a guardarlo mentre aspettava il verde e si fece indietro con uno scatto rischiando di sbattere la testa contro il finestrino. «Da dove diavolo arrivano quelli?» domandò accorgendosi che erano finti
«Avevi un ammasso di animaletti disgustosi nel tuo armadietto» specificò Aiba storcendo il naso. «Oh, è verde»
L'altro era impallidito senza dire nulla, dopodiché respirò profondamente prima di ripartire. Le mani stringevano saldamente il volante e anche dopo aver superato l'incrocio continuò a non dare alcuna spiegazione.
«Allora» disse Masaki dopo qualche minuto di totale silenzio in macchina. «Non mi sei sembrato sorpreso dalla notizia, te l'aspettavi?».
Silenzio.
«Da te mi sarei aspettato una reazione diversa».
Silenzio.
«E' successo qualcosa?»
«Lascia stare, non è niente» rispose infine in tono scocciato, stringendosi nelle spalle. «Prima o poi smetteranno»
«Smetteranno di fare cosa? E' già successo?» insistette Aiba.
A quel punto Jun si rese conto di essersi fregato da solo. Si girò verso l'amico lanciandogli una rapida occhiata. «Oggi sei più intelligente del solito...»
«E tu più stupido» gli rispose sorridente
«Oh guarda, casa tua» fece notare fermandosi davanti al cancello. «Scendi»
«Sì, sì, vado» borbottò Masaki aprendo la portiera: il tono di Jun non ammetteva repliche. La richiuse e la macchina ripartì immediatamente senza lasciargli in tempo di salutarlo o di fare altre domande scomode. «Non credere di averla scampata!» strillò Aiba con ancora in braccio i serpenti di plastica. «Andrò fino infondo a questa faccenda!!».

«Quindi io sono andato a prendere gli appunti e quando sono arrivato lì chi c'era?» domandava Masaki a Satoshi, parlando con lui durante l'ultima ora di lezione
«Chi c'era?» ripeté il tutor, che non lo stava ascoltando con grande attenzione
«Te lo dico io chi c'era: un gruppo di ragazze che chiudevano l'armadietto. Poi sono uscite e io non ricordavo la combinazione, ma quando l'ho aperto sai cosa c'era dentro?»
«Cosa c'era dentro?» sbuffò infastidito, erano già parecchi minuti che andava avanti con quel racconto ad incognite
«Non lo riesci ad immaginare, vero? Bene, c'erano dei serpenti di plastica!»
«Ma non mi dire...»
«Mi stai ascoltando? Ehi, tutor. Allora ascoltami, nella notte ci ho pensato su: perchè Jun non sembrava stupito dalla cosa? Perchè non ha voluto rispondere alle mie domande? Perchè ha detto che "prima o poi smetteranno"?»
«Senti, la smetti di farmi domande sul tuo racconto? Racconta e basta, se proprio vuoi farlo» gli fece infastidito
«Ok, ok. Come sei permaloso oggi. Allora stanotte ho pensato, come ti dicevo, e sono arrivato alla conclusione che il nostro Jun è vittima di scherzi di cattivo gusto già da un bel po'. Per comprovare la mia teoria ho fatto delle indagini sul campo: stamattina sono arrivato prestissimo e ho aperto il suo armadietto: non c'era nessun nuovo animale, le uwabaki erano bagnate, c'era una merendina della mensa... secondo te le mangia quando non lo vedo?» domandò storcendo il naso
«Ma scusa, e questo cosa c'entra?»
«Niente, hai ragione. Ho controllato i suoi appunti, scrive benissimo sai? Poi c'era...»
«Scusa puoi tornare un attimo indietro? Secondo te le uwabaki bagnate sono normali?»
«Oh, effettivamente!» spalanco gli occhi. «Non ci avevo pensato. Dopo il controllo dell'armadietto ho rivisitato tutte le aule in cui siamo stati ieri, ma non c'era niente di strano. Solo in aula computer ho ritrovato un foglio nella pattumiera»
«Perchè hai guardato nella pattumiera? Cercavi carte di merendine?»
«Guarda che io non vivo in funzione del cibo» spiegò indignato. «Mi ricordavo che al suo ingresso ieri aveva buttato un foglio. Eccolo qui» e appiattì la carta sul banco del compagno. «Ce n'erano anche altri, ma questo è particolare, no? Secondo te è suo?».
Satoshi lesse la scritta "PALLONE GONFIATO" quindi fissò Aiba. «Dato l'insulto, potrebbe essere anche di Sakurai»
«Tu dici? Allora indagheremo anche su di lui durante gli allenamenti: magari sono entrambi vittime di bullismo! Non possiamo permetterlo»
«Ogni volta che usi un verbo al plurale, ho un brivido lungo la schiena» biascicò Satoshi afflitto.

A quel punto però, indagare sulla questione era più facile a dirsi che a farsi: era semplice fare ricerche su dispetti già accaduti, un po’ meno su quelli futuri perché significava dover essere nel posto giusto, al momento giusto.
La sorte arrise ai nostri eroi un giorno che pranzavano in sala mensa come al solito. Al tavolo erano seduti Masaki, Satoshi e Sho; il primo con un vassoio degno di “uno che può” (ossia misero) e l’ultimo con delle porzioni da sportivo (ossia abbastanza per sfamare l’intera Papuania del Sud).
«Sono convinto che si sbafi le merendine quando io non lo vedo» spiegava Aiba
«PoFFibile» rispose Sho con la bocca piena di riso
«Lupus in fabula» fece notare Satoshi, indicando con le bacchette la fine della fila dei vassoi: Jun aveva finito di riempire la sua porzione e si stava guardando intorno.
«Ti ci metti anche tu Toshi? Ci state proprio prendendo gusto voi a parlare inglese! E solo perché io non lo so» sbuffò Masaki sollevando il braccio per richiamare l’attenzione dell’amico e farsi raggiungere.
Questi notò il cenno e si fece largo tra le persone per avviarsi nella loro direzione. Poi, proprio mentre camminava lungo il corridoio tra i tavoli, qualcuno dal proprio posto allungò una gamba per fare uno sgambetto. Dato che Jun non stava guardando a terra, non si accorse dell’ostacolo e il dispetto riuscì in pieno: inciampò nella gamba allungata, volò in avanti e tutto il cibo si spatasciò sul pavimento.
Nella mensa cadde il silenzio, ma pochi secondi dopo tutti ricominciarono a parlare facendo finta di nulla. Aiba si alzò in piedi facendo attenzione a non scivolare sul cibo a terra. «Jun, tutto a posto?» domandò avvicinandoglisi, ma l’altro non gli rispose, alzandosi sui gomiti.
Fu Satoshi, alzatosi subito dopo Masaki, a mettergli le mani sotto le ascelle e a tirarlo su di peso. Entrambi i ragazzi lo fissarono allibiti (persino Sho smise di strafogarsi di riso per qualche secondo).
«Grazie» farfugliò Jun, sembrava più imbarazzato per quel gesto piuttosto che per aver appena fatto una figuraccia davanti a tutta la scuola.
Una volta in piedi, il giovane si guardò la camicia della divisa, accorgendosi così di averla macchiata con il cibo. «Vado a darmi una ripulita» disse semplicemente passando le mani sulla casacca e sporcandosi anche quelle.
«L’hai vista?» chiese Masaki mentre osservava Jun che se ne andava
«L’ho vista» annuì Satoshi incrociando le braccia
«Dovevo aspettarmelo, è una delle ragazze che ho visto vicino all’armadietto l’altro giorno» spiegò il primo mentre si risedeva al tavolo. «Tu stai bene?» chiese a Sho
«CoFa?» domandò quello alzando lo sguardo dalla ciotola
«Finchè mangia sta benissimo, un po’ come te» commentò Satoshi
«Tutor, tu non sai chi è quella ragazza?»
«Conoscere qualcuno lui? È già tanto se conosce noi, ed è stato solo per cause di forza maggiore» commentò Sho dopo aver mandato giù il boccone. «Chi è che vuoi conoscere?»
«La ragazza seduta due tavoli più in là con le mollette rosse nei capelli» spiegò Aiba
«Le ragazze a quel tavolo hanno tutte delle mollette rosse. Le indossano quelle che fanno parte del mio fan club»
«Un fan cosa!?» esclamò strabuzzando gli occhi
«”fan club”» ripetè Satoshi. «Una libera associazione di gente appassionata della stessa cosa»
«So benissimo cos’è un fan club, sono solo stupito che Sho kun ne abbia uno»
«Ce l’ha anche Matsumoto se è per questo» spiegò Sakurai storcendo il naso.
Aiba lo osservò con la bocca aperta e si domandò se lui fosse l’unico a non averlo. Stava per girarsi verso il suo tutor a domandare se ne avesse uno anche lui, ma questi lo interruppe prima che potesse prendere fiato. «Le ragazze al tavolo con lei hanno riso molto divertite: direi che non sono dispetti pianificati da una sola persona»
«Le mie fan aFrebbero fatto lo sgambeFFo a Fun?» chiese Sho che aveva ripreso a mangiare. Satoshi guardò schifato i chicchi di riso sputazzati che cadevano sul tavolo.
«E’ quello che sospettiamo» annuì Aiba. «E non è la prima volta. Se ti raccontiamo tutto andresti a parlare con loro?» e anche il terzo compagno venne a sapere dei recenti incidenti.

Pochi giorni dopo, i cinque stavano mangiando sul prato, rannicchiati contro il muro della scuola per ripararsi dal sole estivo sfruttando l’unica zona d’ombra disponibile a mezzogiorno. La mamma di Masaki aveva fatto un bento di cucina cinese per ognuno di loro, di modo che non dovessero mangiare in mensa.
Sho aveva già fatto la ramanzina al suo fan club completo per evitare di attaccare direttamente le responsabili. Masaki e Satoshi erano andati con lui per fargli da spalla, ma il discorso che fu fatto al gruppo di ragazze, fu chiaro, perentorio e conciso a sufficienza da non aver bisgno della loro “minacciosa” presenza. Sho spiegò che, anche se non poteva sopportare Jun, in quel periodo avevano un lavoro da fare insieme e inoltre i problemi tra uomini andavano risolti dagli uomini. Così quel giorno a pranzo Aiba aveva insistito per far sapere a Jun che avevano sistemato la situazione, senza però che scoprisse chi fossero le colpevoli degli scherzi che aveva subito. Insomma stava cercando di spiegargli la situazione senza fare riferimenti troppo precisi.
«Allora Jun kun, nei giorni passati andava tutto bene? O qualcosa non andava?» domandò Aiba poco dopo aver cominciato a mangiare
«Mi prendi in giro? La sai già la risposta» borbottò quello mentre apriva il bento con sopra il suo nome
«E tu non volevi che mi impicciassi, vero?»
«Ma l’hai fatto lo stesso, immagino» sospirò prima di assaggiare i primi bocconi. Gli altri tre stavano già divorando famelicamente la loro porzione.
«Esatto. Ho fatto un po’ di ricerche e alla fine sono venuto a capo di qualcosa anche grazie all’aiuto di… sai di chi?» chiese di nuovo Masaki brandendo un involtino primavera tra le bacchette
«Ricominci con i tuoi racconti ad enigmi?» sbuffò Satoshi
«Taglia corto» fece Nino lapidario prima di ingurgitare un raviolo al vapore tutto intero
«Oh, ma voi due vi intendete proprio!» fece offeso Aiba. «Comunque siamo andati da chi aveva compiuto quegli atti vergognosi e Sho ci ha parlato per chiarire la faccenda, quindi…»
«Perché proprio lui?» domandò Jun
«E’ lui quello intelligente!» gli spiegò con un sorrisino. «Insomma, abbiamo chiarito tutto, quindi puoi stare tranquillo: da oggi in poi non avrai più nulla da temere» spiegò trionfante.
Forse Jun li avrebbe ringraziati, ma subito partì una disquisizione sul fatto dell’intelligenza: perché doveva essere Sho? Né lui, né Ohno, né Nino si reputavano particolarmente stupidi, soprattutto se paragonati a Masaki, che non era certamente il più sveglio del gruppo.
*SQUAAASSSSSSH*
Il discorso venne interrotto da una cascata d’acqua sporca caduta dall’alto e che aveva beccato in pieno sia Jun che Nino, i due più vicini al muro. Tutti si alzarono in piedi di scatto, lasciando cadere il cibo in terra (annacquato e non), ma quando sollevarono lo sguardo per vedere chi fosse stato, le colpevoli si erano già girate per scappare: all’ultimo riconobbero solo dei capelli lunghi e delle mollette rosse.
Jun non disse nulla, ma lanciò un’occhiata eloquente verso Aiba. «Vai a darti un’asciugata?» gli chiese questi, lui non rispose, girò sui tacchi e si allontanò gocciolando. «Vai a darti un asciugata» annuì con vocina tremante.
I loro sforzi non erano serviti a nulla a quanto sembrava: Sho era arrabbiato perché non era stato ascoltato, Aiba era preoccupato per Jun e Satoshi fissava la finestra vuota con le braccia incrociate e lo sguardo truce. Nino si passò la mano bagnata sulla faccia per togliersi i capelli che gli si erano appiccicati al viso, dopodiché alzo lo sguardo. «Adesso sono davvero incazzato» mormorò a denti stretti
«A me lo dici? Ho pure sprecato fiato con quelle lì! Andrei a strigliarle una ad una se solo sapessi chi fossero!»
«No. Lascia fare a me» rispose Nino in tono pacato. La luce nei suoi occhi era profondamente inquietante.

Da quel giorno i quattro amici decisero di sorvegliare tutte le ragazze con le mollette rosse, seguendo i movimenti di quelle presenti nella loro classe. Certo loro erano divisi solo in due classi mentre nella scuola ce n’erano nove, ma non c’era altra soluzione: potevano solo sperare che qualche loro compagna si facesse coinvolgere da quegli atti di bullismo per poterle cogliere sul fatto.
Il loro non era un compito facile, ma fortuna volle che quello non fosse un gruppo di ragazzine particolarmente sveglie, quindi tutto sommato fu facile coglierle in fallo.
Come ogni volta, non appena una di loro si assentava da lezione, qualcuno la seguiva, così, quando una moretta della terza sezione chiese di andare alla toilette, Nino finse un improvviso mal di testa - al grido di «Oh mio dio! Una cefalea a grappolo!»- ed uscì per pedinarla. Quella doveva essere la volta buona perché quando la vide in corridoio, andava dalla parte opposta rispetto ai bagni.
Nel seguirla uscì sul retro della scuola, fece il giro dell’edificio e arrivò al parcheggio davanti all’entrata. Lì la vide avvicinarsi alla Nissan di Jun e armeggiare all’altezza delle ruote. Fu un lavoretto abbastanza rapido, dopodiché la vide rialzarsi e fare un numero. «La strada è libera: puoi venire a fare la tua parte, io ho finito» pronunciò rapidamente per poi riagganciare.
Nino non la seguì, ma si mise a camminare curvo tra le altre auto di modo da non essere visto, avvicinandosi a quella sportiva per controllare la situazione: il copertone della ruota anteriore destra era stato squarciato con un taglio impreciso.
Storse il naso e si allontanò dall’auto per non farsi sgamare dalla vandala successiva. Una volta che sgattaiolò nuovamente nell’edificio mandò un sms ad Aiba e a Satoshi: “Tagliano le gomme dell’auto di J, dovrebbe venire un’altra a tagliare la prossima: alzate il culo e venite a darmi una mano”.
Letta la mail, Masaki lanciò un’occhiata alcune file più indietro, dove stava seduto Satoshi. “diversivo” fu la parola che lesse sulle sua labbra, ma come al solito, non era una cosa sicura lasciare ad Aiba l’iniziativa.
«Sensei» richiamò alzando il braccio. «Ho bisogno di andare in infermeria, può accompagnarmi il mio tutor?» chiese facendo gli occhioni da cerbiatto
«Certo, vado io, altrimenti si perde» annuì Ohno alzandosi dal banco
«Potete andare, ma cos’hai Aiba kun?» domandò il professore preoccupato
«Un improvviso male al coccige» e si toccò il ginocchio
«Quella è la rotula» mormorò il tutor a denti stretti
«Sì, ehm… la rotula. Ma anche il coccige non sta mica tanto bene!» concluse tastandosi il gomito.
In un modo o nell’altro riuscirono ad uscire dall’aula e a quel punto arrivò un secondo messaggio di Nino che li spinse a mettersi a correre lungo il corridoio per fare in fretta. Lo trovarono nascosto dietro un pick-up verde pisello. «Siete due lumache. È già passata la seconda a bucare la ruota anteriore sinistra»
«Abbiamo avuto dei problemi di anatomia» si scusò Ohno
«L’hai ripresa?» domandò Masaki
«Sì, sì, ma dovevo anche controllare che nessuno mi beccasse quindi non so come sia venuta l’inquadratura. Ora guardatevi intorno e copritemi le spalle mentre io cerco di fare una ripresa decente» spiegò facendoli mette uno alla sua sinistra e uno alla sua destra. «Vedrete che così le incastriamo queste brutte stronzette» ridacchiò sotto i baffi.
Ripresero anche l’ultima ragazza e abbandonarono la Nissan color borgogna con le gomme a terra. Nino scappò in aula computer a scaricare il video. «Io non mi lascio fregar così / Sarà una spietata vendetta» canticchiava il ragazzo. «Non posson / Sperare / Di passarla liscia / Non hanno idea di chi si son fatte nemiche» rise. Intanto gli altri due tornarono in classe per finire la lezione e preparare il passo successivo.
All’intervallo, Sho chiamò a raccolta il suo fan club nell’aula e vari gruppetti di ragazze entrarono poco per volta finchè non ci fu più spazio nemmeno per stare in piedi.
«Bene, buongiorno. Vi abbiamo riunite per mostrarvi un video molto interessante. Vorremo che lo guardaste con attenzione, e per evitare che qualcuna di voi si perda anche solo un secondo di questa avvincente ripresa, i miei compari hanno chiuso le uscite dell’aula» spiegò Sho con un sorrisino angelico.
Alcune ragazze si voltarono un po’ terrorizzate, ma Aiba e Satoshi avevano indossato degli occhiali scuri e si erano messi a braccia incrociate davanti alle porte. La ripresa venne mostrata e, dato che l’audio non era particolarmente interessante, tutte furono libere di commentare e discutere di quel che vedevano. A quel punto era facile intuire quali fan non sapessero nulla di quel piano e quali invece si sentivano incastrate e furibonde.
«Ottimo, piaciuta la visione?» domandò Nino spegnendo il video. Dopodiché appoggiò la mano sulla spalla di Sho, al suo fianco. «Il mio amico qui ha fatto un discorso molto chiaro qualche giorno fa. A quanto pare non così chiaro per alcune di voi. Io allora vedrò di essere cristallino: non è mia intenzione dare questo filmato agli insegnanti, ma se dovesse succede qualcosa al nostro J, una copia di questo video potrebbe, ecco, finire accidentalmente sulla scrivania del vicepreside. A quel punto direi che l’espulsione sarebbe inevitabile» spiegò con un’espressione sardonica dipinta sul viso. «Oh, vorrei precisare una cosa: qui sono riprese solo 3 persone, quindi qualcuna di voi potrebbe pensare che saranno solo loro a rimetterci e si sentiranno certe di poter continuare con i loro scherzi di pessimo gusto. In questo caso sappiate che i computer non hanno segreti per me e non potete nemmeno immaginare quali magie grafiche io possa fare: chiunque farà ancora qualcosa io la scoprirò e la incastrerò, statene pur certe» concluse facendo spaziare lo sguardo sull’aula computer che non era mai stata così piena di donne come in quel momento. «Ok, siete libere di andare. Sciò» fece agitando in aria una mano.
Alcune uscirono rapidamente, non appena venne dato loro il via libera, ma qualcuna si mise a borbottare e una ragazza del terzo anno si fece avanti. «Ma si può sapere chi diavolo sei tu per minacciarci così?»
«Il vostro peggiore incubo» rispose lapidario.
Le ragazze non ebbero il coraggio di ribattere, quindi borbottarono qualcosa tra loro e anche l’ultimo gruppetto uscì dall’aula lasciando i quattro ragazzi nuovamente soli nella loro base operativa. «Tutto sommato non siamo poi così male» canticchiò Aiba una volta che la porta si richiuse
«A volte penso che forse può funzionare» continuò Nino
«Eppure mi chiedo ancora com'è possibile» si unì Sho
«Sì, ma fate che sia solo per questa volta» con un finale di strofa in acuto Satoshi azzardò ad unirsi al terzetto. Gli altri sorrisero a metà tra il divertito e lo sbalordito.
«Non mi fraintendere» esordì Aiba girandosi verso Nino. «Ti ammiro molto per ciò che hai fatto. Solo che a vederti si direbbe che tu sia piccolo e tenero, però una volta che ti si conosce meglio si scopre che in te si annida un demone vendicativo»
«Sono solo un genio del male: è diverso» lo corresse lui con un sorriso tranquillo mentre chiudeva il programma per l’editing video.
Qualche attimo dopo Jun fece la sua comparsa nella stanza. «Ehi, come mai ho visto un sacco di ragazze venir via da qui? Avete organizzato un rave party senza di me?» chiese con un sorriso mesto. Gli altri non risposero, si misero a ridere e lo salutarono, cominciando a prepararsi per la sessione di lavoro sul pezzo del concorso.
Come se nulla fosse, Nino passò a far sentire ai compagni il primo abbozzo della melodia della strofa e cantò loro le parole che aveva pensato di inserire in quel pezzo. Si dissero tutti entusiasti.
«Rimane comunque il problema del nome del gruppo. Sarebbe più comodo parlare di questa attività senza dire ogni volta “lavoriamo al pezzo del concorso di fine anno”» disse Sho durante una pausa tra una prova e l’altra
«E’ vero, sarebbe più breve poter dire “lavoriamo al pezzo dei Magnifici Cinque”» annuì Aiba
«Questo è il nuovo geniale nome a cui avresti pensato?» chiese Nino alzando gli occhi al cielo
«Non erano sette?» fece Sakurai
«Sì, ma l’ego di Jun vale per tre» spiegò Masaki ridendo divertito.

Da quel giorno Matsumoto Jun non subì più alcuna angheria. Non dovette nemmeno ripagare le quattro gomme squarciate perché un paio di giorni dopo, nel suo armadietto trovò una busta con i soldi necessari a pagare la riparazione. Dopo giorni di dispetti più o meno crudeli, Jun era certo che le sue torturatrici non fossero state colte da un improvviso raptus di bontà, ma piuttosto che qualcuno doveva averle indotte a cambiare radicalmente il loro comportamento. Grazie alla spiegazione di Aiba il giorno che avevano mangiato sul prato, sapeva che i ragazzi si erano mossi una prima volta, quindi era assai probabile che l’avessero fatto una seconda e in maniera decisamente più efficace: chissà come mai, aveva il sospetto che in quel caso l’intelligenza di Sho non c’entrasse nulla, un simile effetto doveva essere stato dato da qualche atto più radicale. Ad ogni modo, decise di non indagare oltre, i suoi amici non gli dissero nulla e lui non domandò, però da allora ebbe una considerazione diversa di quei quattro ragazzetti: erano la compagnia più improbabile che uno come lui potesse trovare, eppure qualcosa cominciava a funzionare tra loro.

FINE DELL'OTTAVO CAPITOLO

Fanfiction written by

Hika86 & Reruchan

Original music by
Arashi
(Once Again)

Terrible lyric by
Hika86

*scarpe/ciabatte da interno


Saltellando sui confini della demenza: le autrici di confessano.
R: Abbiamo una new entry tra le note di redazione. Abbiamo tra di noi Arya Stark!
Z: O, come la chiama mio padre, Aria Fritta!
Arya: 12 QA Z: Bene, dopo questo sfoggio di intelligenza matematica con le zampe sulla tastiera, passiamo ai discorsi…. Vagamente seri. Commento al capitolo
R: Beh è stato interessante per una volta trattare un argomento che non fosse completamente idiota. Sai, la parte del sabotaggio della gara… ah però anche la parte di Nino era seria
Z: Sì che era seria, era un brutto problema
R: Ok, però il bullismo…. Guarda che il bullismo è una cosa seria
Z: Influssi di Kazoku Game?
R: Sì, decisamente
Z: Il mio commento è…
R: CHUCHA!
Z: *ride* no, in realtà volevo commentare che in tutto questo abbiamo anche già ideato la prossima ff. o meglio, il titolo
R: Adesso, non cominciamo ad illudere la gente: è un IDEA e APPROSSIMATIVA
Z: Ok, allora: NON ILLUDETEVI! Anche perché se mai la faremo, sarà alla fine di questa e quindi ce n’è di tempo da aspettare. Tra l’altro chissà dove saremo per allora! In Giappone magari…
R: Dobbiamo andare a tagliare i pomodori! Per che ora mangiamo?... per l’una?
Z: Sì, per l’una… tu ti distrai sempre molto presto da questi dialoghi vero? Quindi direi che facciamo scrivere l’ultimo commento ad Arya: prego, la tastiera è tua, oh felino!
Arya: ì+è’8

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Arashi / Vai alla pagina dell'autore: Hika86