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Autore: Ribes    01/09/2013    7 recensioni
«Lucy!» Edmund sgranò gli occhi, mentre la sorella si ritraeva di scatto. Il suo volto le era apparso senza preavviso davanti, ed ora il cuore della ragazza batteva a ritmo forsennato. Come sempre, quando c’era lui.
«Potresti essere più delicato nel presentarti» lo rimproverò Lucy, seppur bonariamente. Edmund sorrise e la ragazza venne percorsa da un fremito di calore: quando sorrideva, suo fratello era bellissimo.
Prima che potesse elaborare la cosa ed esserne più che turbata, il sedicenne le porse una mano. «Pare che nemmeno tu riesca ad abbandonarti tra le fauci del sonno» sospirò in modo poetico, facendo sorridere la sorella. «Ti va di fare un giro per la nave? Non andremo lontano. Ma se ti va, possiamo chiacchierare un po’. Negli ultimi giorni c’è stato molto lavoro di cui occuparsi, vero?»
«Già» annuì Lucy, stringendo la mano del fratello e seguendolo lungo i corridoi scricchiolanti della nave.

Tre momenti inventati, ispirati ai tre film de Le Cronache di Narnia. Tale OS non è collegabile ai libri di C.S. Lewis, ma alle opere cinematografiche da essi prese. [LucyxEdmund][Incest][Movieverse]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incest
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[LucyxEdmund][Incest][Movieverse]
Ciò che nasce dentro Narnia, rimane dentro Narnia.

 


– The lion, the witch and the wandrobe.
«”Ho solo finto di stare al gioco. Scusami, Peter, non avrei dovuto incoraggiarla; ma sai come sono i bambini, al giorno d'oggi... non capiscono quando è ora di smetterla con le fantasie.”»
Lucy premette il viso umido contro il cuscino, mentre le piccole dita da bambina stringevano la federa già macchiata dalle lacrime. Nonostante le coperte – e la finestra chiusa – aveva la pelle d’oca. Forse non era dovuta solo al freddo.
Lucy si mise seduta dopo poco , cominciando a strofinarsi l’occhio con la mano destra e procurandosi solo più prurito. La stanza era completamente immersa nel buio, anche se una debole luce proveniva dal corridoio: forse Peter faceva un giro di ronda per controllare se fosse tutto a posto. Sul comodino tra il suo letto e quello di Susan – che era profondamente addormentata e, osservò Lucy, particolarmente bella – giaceva una candela spenta. La bambina ricordava di essersi assopita sotto la sua confortevole luce, quindi era probabile che fosse stata la sorella maggiore a spegnerla. La cera era quasi del tutto intatta, anche se piccoli pezzi ormai freddi erano sparsi sul piattino su cui la candela si trovava.
Lucy, ricordando gli eventi distanti non più di due ore, ebbe una fitta al cuore. Perché Edmund si comportava così? Lui l’aveva vista, Narnia, aveva visto la neve e le meraviglie di quel mondo. La odiava? Suo fratello la odiava, forse, e aveva deciso di fare in modo che né lei né Narnia lo riguardassero? La bambina soffocò un singhiozzo, che in pochi minuti si trasformò nell’ennesima cascata di lacrime. Avendo esaurito la scorta di fazzoletti, Lucy cercò di asciugarsi il viso con la federa del cuscino, quando scorse un’ombra nel corridoio.
Rapidamente posò il capo sul cuscino e voltò la testa; chiunque egli fosse, non voleva la vedesse sveglia. Non Peter, in particolar modo, e nemmeno Edmund. Né tantomeno la governante o il professor Kirke. Sentì l’ombra indugiare sulla porta della loro camera, per poi avvicinarsi alla scrivania.
Lucy conosceva quel passo strascicato. Provò una fitta di rancore e strinse gli occhi, per non farsi vedere sveglia dal fratello, che però – notò aprendo leggermente un occhio – le aveva voltato le spalle.
«Edmund! » sussurrò rancorosa. «Stai lontano dal mio diario!»
Il bambino fece un balzò all’indietro, facendo pericolosamente cigolare le assi del pavimento e procurandosi un’occhiata assassina dalla sorella. «Non sono venuto a cercare il tuo diario» disse altezzoso. «Solo una penna. Devo fare una cosa. Non ne ho portata nessuna che funzioni nel mio astuccio.»
Lucy inizialmente non rispose, si limitò a scrutarlo cupamente mentre il moro riprendeva rapidamente le ricerche. Solo dopo qualche secondo aprì bocca. «Il mio astuccio è nel secondo cassetto. Quello con le scritte azzurre.»
Edmund non ringraziò, si limitò a prendere la penna che cercava e a chiudere seccamente i cassetti aperti. Fece per tornare sui suoi passi, ma si bloccò improvvisamente.
«Cosa ci fai sveglio alle due di notte nella camera delle ragazze? » La voce di Peter era abbastanza aspra. «Sono stanco dei giri tuoi e di Lucy. Se non ti dispiace, preferirei rilassarmi e non dovervi rincorrere per la casa per tutto il tempo della nostra permanenza qui. E’ così difficile?»
Lucy si voltò di scatto, stringendo gli occhi. «Io non stavo facendo nulla! Ero qui a riflettere e lui è entrato senza permesso! Perché devi sempre dare la colpa a me, Peter?»
«Fantastico, pure tu ora» esclamò il sedicenne esasperato. «Basta. Non ce la faccio più. Ora tu, Edmund, torni nella tua stanza e tu, Lucy, torni a dormire. Non voglio svegliare Susan. Non voglio saperne di più.»
Edmund si avviò pochi secondi dopo di lui verso la porta, squadrando Lucy in un’occhiata di pura antipatia. La bambina gli fece la linguaccia, indispettita, e sprofondò sotto le coperte brontolando.
Edmund fece un ghigno divertito.
 

– The prince Caspian.
«Capirò quando sarò più grande, ne sono sicura. »
«Io sono più grande, ma non so se voglio capire. »
A Lucy, Susan era sempre parsa bella. Aveva capelli fitti e morbidi, occhi color cioccolato dalle lunghe ciglia, labbra carnose e una pelle delicata. Era sempre stata la bella di famiglia: secondo i libri che Lucy leggeva, era l’incarnazione perfetta di Biancaneve dai capelli scuri e la carnagione color neve. Splendida, ecco cos’è si ritrovava spesso a pensare. A volte le capitava di lasciarsi sfuggire gemiti d’indignazione quando i ragazzi più belli, sia piccoli che grandi, posavano gli occhi sulla sorella e non su di lei, che spesso veniva etichettata semplicemente come “una carina bambina acqua e sapone”. Eppure, quando Susan aveva la sua età, già la mamma le prestava i trucchi e i vestiti più belli.
Era la prima volta che la ragazzina vedeva un bacio dal vivo, e non sulla pagina di un giornale. Si chiese come fosse: umido? Disgustoso? Appassionante? Certo per Susan non era la prima volta – Lucy era certa che tutti quei ragazzi che andavano e venivano da casa loro quando i genitori erano assenti non fossero semplici compagni di scuola – ma la tredicenne provò l’ennesima fitta d’invidia nel constatare che, ancora una volta, l’oggetto delle attenzioni altrui era stata la sorella, e non lei. Lei era solo la sorella piccola, quella a cui chiedere come andava la scuola e quale lavoro voleva fare da grande.
Distolse lo sguardo lentamente, per accorgersi che gli occhi di Edmund erano puntati su di lei. Sbatté le palpebre, confusa, e il fratello sorrise e scosse la testa. Lucy si morse un labbro.
L’unico che portava più attenzioni a lei che a Susan era lui.
Lucy aveva passato tutta la loro permanenza a Narnia a riflettere su quanto il suo sorriso la confondesse, e su cosa le stava realmente accadendo. A non guardarlo mai se non in caso di necessità, a rapportarsi con lui il minimo necessario, ad allontanare quella fastidiosa sensazione che provava quando gli parlava. Era come se Edmund fosse uno dei tanti ragazzi della scuola, che non riusciva a guardare ma su cui si ritrovava stupidamente a fantasticare: il pensiero la innervosiva terribilmente, costringendola a pestare per terra. Una volta o due la tredicenne aveva sentito la mamma commentare alcune riviste facendo riferimenti disgustati ad incesti, e ora il solo pensiero la terrificava.
Rivolse un sorriso a Edmund, cercando di fissarsi nella mente il viso di un suo qualunque compagno di scuola. Sicuramente uno più bello del fratello, più gentile, non imparentato in alcun modo con lei.
Si sentì improvvisamente impallidire e Edmund lo notò. «Ti senti bene, Lu? Hai un viso spettrale.»
«Io…» La ragazzina deglutì. «Sto bene. Ho solo un po’ freddo.»
«Lucy… è settembre. Forse hai la febbre.» Edmund parve preoccupato, ma la sorella scrollò le spalle.
«E’ stato solo un colpo di freddo, Ed. Smettila di preoccuparti.»
Smettila di preoccuparti. Non era forse una delle tipiche frasi che si rivolgevano infastiditi due fratelli? Due semplici fratelli? Certamente il loro rapporto non era nulla di più. Era talmente ben consolidato che le era sembrato quasi anormale, ma così non era: erano soltanto particolarmente legati.
Lucy riuscì a tendere la mano al fratello mentre l’immagine del ragazzo più carino della sua classe era fissa nella sua mente. Le sue labbra si stesero in un sorriso vago.
Lui è solo tuo fratello.
Ma c’era ancora una voce, lontana anni luce, in un angolo nascosto del suo cervello.
Ne sei proprio sicura, Lucy Pevensie?
 


– The voyage of the dawn treader.
Il veliero ondeggiava violentemente sotto la tempesta che scuoteva le acque da ormai due settimane. Lucy si sentiva stanca; c’erano momenti in cui voleva unicamente rannicchiarsi in parte e aspettare la fine di tutto, al sicuro. Ma come poteva farlo? Lei non era una qualunque quindicenne, in quel mondo: lei era Lucy la Valorosa, Regina di Narnia, e il suo compito era dare l’esempio. Non poteva lasciarsi scoraggiare: se lei si piegava, i marinai cadevano.
Ma Lucy aveva freddo, e paura. Nonostante l’avvertimento di Aslan, e le sue parole severe sull’incantesimo praticato la notte prima, la ragazza soleva ancora guardarsi allo specchio, sbattere le palpebre e dispiegarsi le vesti. Non lo faceva per qualcuno in particolare: solo desiderava, anche se inconsciamente, avere una delle graziose lentiggini sul volto che rendevano sbarazzina la sorella, oppure gote rosse su una pelle delicata, oppure ancora un sorriso più dolce, che non le stravolgesse il viso.
Quella notte la quindicenne camminava lungo i corridoi della nave  con indosso solo la camicia da notte – troppo grande per lei – che aveva trovato nell’armadio della sua camera. I capelli erano arruffati e gli occhi lucidi: aveva sonno, ma nonostante avesse già provato a chiudere le palpebre, non riusciva a dormire. Davanti a sé teneva una candela con mano tremante: il gelo della notte le si intrufolava nelle ossa e la faceva sentire nuda e in trappola.
«Lucy!» Edmund sgranò gli occhi, mentre la sorella si ritraeva di scatto. Il suo volto le era apparso senza preavviso davanti, ed ora il cuore della ragazza batteva a ritmo forsennato. Come sempre, quando c’era lui.
«Potresti essere più delicato nel presentarti» lo rimproverò Lucy, seppur bonariamente. Edmund sorrise e la ragazza venne percorsa da un fremito di calore: quando sorrideva, suo fratello era bellissimo.
Prima che potesse elaborare la cosa ed esserne più che turbata, il sedicenne le porse una mano. «Pare che nemmeno tu riesca ad abbandonarti tra le fauci del sonno» sospirò in modo poetico, facendo sorridere la sorella. «Ti va di fare un giro per la nave? Non andremo lontano. Ma se ti va, possiamo chiacchierare un po’. Negli ultimi giorni c’è stato molto lavoro di cui occuparsi, vero?»
«Già» annuì Lucy, stringendo la mano del fratello e seguendolo lungo i corridoi scricchiolanti della nave. Presto si abbandonarono alle solite chiacchiere che spesso facevano a Londra: dettagli futili in questo momento. Dopo circa mezz’ora svoltarono e si ritrovarono di fronte ad un duro muro di legno.
«Si torna indietro» annunciò Lucy sbadigliando. Edmund esitò.
«Aspetta, Lucy» sussurrò. «Se non hai troppo sonno, voglio mostrarti una cosa.»
La quindicenne lo guardò curiosa mentre il ragazzo frugava nella bisaccia e vi sfilava un diario stropicciato, macchiato d’acqua salata. Lo sventolò in aria. «Signore e signori, il diario di Eustace Scrubb!»
«Edmund Pevensie, ladro che non sei altro!» esclamò Lucy severa, con un mezzo sorriso traditore sul volto.
Il fratello scrollò le spalle. «Oh, non leggeremo i noiosi aneddoti del nostro puzzolente cugino su quanti insetti si è mangiato a cena. Ma ha fatto uno nostra adorabile caricatura e siamo venuti proprio bene.»
Aprì il diario e ne mostrò una pagina a Lucy, che scoppiò a ridere. Lei, il fratello, Caspian e Ripicì erano raffigurati con brutti musi da bulldog, corna sul capo, coda da Satana e un tridente che sprizzava fulmini.
«Sono bellissima» ridacchiò la ragazza, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
Edmund la guardò. «Sì, lo sei» sussurrò.
Lucy alzò lo sguardo, scontrandolo con quello color mogano del fratello. Sentì le dita che scivolavano lungo la copertina del diario e sentì il tonfo di quest’ultimo per terra; ma non le importava, perché Edmund l’aveva stretta e aveva posato le proprie labbra sulle sue. Lucy impallidì e prese a tremare: cosa era giusto fare, in quel momento?
E’ sbagliato, è tutto sbagliato. E’ sbagliato il modo in cui lo guardi, è sbagliato il modo in cui lo sfiori, in cui ci parli. E’ sbagliato il modo in cui pensi a lui e in cui desideri la sua presenza. E’ tutto sbagliato…
Ma si abbandonò comunque alle labbra di Edmund, perché alla fine il desiderio vinse sulle regole. E lo baciò come lui baciava lei, mentre la sua testa altro non gridava che “Sbagliato!” facendola inevitabilmente impazzire. Si staccò Edmund di scatto, scuotendo la testa.
«No.» Ansimò. «Mamma non lo vorrebbe. Papà neppure. E cosa diremo a Peter e Susan?»
«Non glielo diremo.» Edmund sorrise. «Caspian non diceva forse che ciò che è di Narnia, resta a Narnia?»
Lucy sospirò. «Il ragionamento non fa una piega.» Non riuscì a trattenere un sorriso.
Lei e Edmund percorsero la strada del veliero a ritroso, fermandosi ogni tanto quando erano troppo assonnati o confusi per dire una risposta pertinente. O per raccogliere altre perle di Narnia.
Perché Lucy lo sapeva, i tesori di quel mondo non andavano portati altrove.
E le labbra di Edmund premute sulle sue erano l’ennesimo diamante di un mondo dove nulla a loro era proibito.
Dove potevano essere liberi.






 
Non so da dove io abbia partorito 'sta cosa.
Commenterò velocemente dicendo che sono tre momenti
pseudo-inventati da me, uno per ogni film.
Ditemi che ne pensate e non trucidatemi çwç
Vostra
Ribes.

 
   
 
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