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Autore: Pervinca Potter 97    01/09/2013    2 recensioni
Ogni anno per tutta Panem in attesa dei nuovi Giochi vengono trasmessi in televisione i pezzi migliori delle edizioni precedenti.
Finnick Odair e il suo tridente, per intenderci. Willow Buffet e la sua accetta. Enobaria Bell ed i suoi denti.
Ma ci sono edizioni di Hunger Games che mancano all'appello, anno dopo anno.
Gli abitanti di Capitol City sono troppo distratti da quisquilie e quelli dei Distretti troppo assorti nel lavoro o nel dolore per notarlo.
Le edizioni perdute, o edizioni fantasma, stanno andando estinguendosi anche nella mente degli uomini più brillanti. Come Capitol City ha voluto che accadesse.
Abernathy, al cinquantesimo anno degli Hunger Games, con il suo campo di forza.
Lilian, che tradì il proprio distretto per progetti più grandi.
Francis, il bambino del distretto 3 che piangeva troppo.
Benedict, che vinse imbattuto diventando un perdente.
Tutti gli anni fantasma, raccontati passo dopo passo, capitolo per capitolo.
Per non dimenticare.
Genere: Drammatico, Guerra, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi, Tributi edizioni passate
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Quindicesima Edizione
Benedict nella montagna di problemi



«Benedict...oh, Benedict non è mai stato un ragazzo dalle molte pretese. Francamente, siamo stupiti che sia arrivato fin qui...»
Esitazione. Gomitata fuori campo.
«E...contenti. Contenti, certo.»

Pioveva, alla mietitura pioveva sempre.
A scuola gli avevano insegnato, tra l'alfabeto e l'addizione, che il clima orribile del suo distretto era stato originato da un grave disastro ambientale causato da ribelli anni prima della pace, se di pace si poteva parlare.
Benedict Coba però, nato l'anno dei primi Hunger Games, non ci aveva mai creduto: suo nonno non mentiva mai.
Anziano mastodontico e caparbio, non faceva che dirgli che in realtà Capitol City aveva avvelenato le fabbriche tessili del distretto 8. Che per questo sua figlia, la mamma di Benedict, era anche morta di un cancro incurabile.
Lei e tutte le sarte specializzate.
Benedict di sua madre ricordava bene le mani, che gli cucivano vestiti splendidi prima che si ammalasse. Erano mani candide, dalle dita lunghe e vigorose. Con la malattia si erano inflaccidite e riempite di pieghe. A soli sei anni, era arrivato a sfuggire alle sue carezze.
Adesso che era morta non poteva neanche desiderarne una, e si pentiva di non averne approfittato, quando avrebbe potuto ancora riceverne.
Da quando era successo aveva deciso di non farsi sfiorare più da nessuno. Il contatto fisico era arrivato a terrorizzarlo, tanto da agire d'impulso ogni volta che il tocco si rivelava intenzionale.
Aveva imparato a fare a pugni, ottenendo così l'isolamento tanto cercato. Soprattutto in quel giorno, che si sarebbe rivelato essere quello della sua mietitura, dove le masse di adolescenti si radunavano sotto la pioggia incessante, in k-way logori ed unti, pecore condotte al macello.
Si abbassò il cappuccio della felpa già fradicia sul viso, cercando di concentrarsi sulla voce della nuova accompagnatrice di Capitol City. Sorrideva, con il microfono la sua voce sovrastava il battere della pioggia, anche se molto poco.
La sua elaborata pettinatura giallo acceso era al sicuro sotto un ombrello dello stesso colore, che gli abitanti del distretto 8 si ritrovavano a guardare bramosi quasi ogni anno.
Poche famiglie potevano permettersi quell'utile riparo contro il mal tempo.
In giro si diceva che Capitol City utilizzassero anche un altro tipo di ombrello per coprirsi dal troppo sole.
Quello spreco, per Benedict che del sole si era beato così troppe poche volte, era inammissibile.
Anche per questo il suo odio per Capitol City non aveva fatto che aumentare, pericolosamente. Si era ormai capito da tempo, un tributo pieno di rancore non avrebbe potuto che rivelarsi fonte di problemi.
Una volta chiamato il tributo femmina, Benedict sentì i coetanei vicino a sé irrigidirsi. Chinò la testa per non guardare chi fosse stata chiamata. Non aveva alcun interesse nell'osservare una morta che cammina...
«Benedict Coba!»
...a meno che non si fosse scoperto spacciato pure lui.
In quel caso, avrebbe guardato negli occhi e nelle occhiaie di Dorothy Pammel pregando di non essere costretto a spegnerli personalmente.
Una volta scortato sul treno dei senzavoce lo avevano subito portato in camera, e gli avevano dato vestiti asciutti che non aveva stranamente riconosciuto come opera del suo stesso distretto.
Erano fatti di un tessuto strano, traspirante. Sia la maglietta sia i pantaloni erano freschi e leggeri sulla pelle.
Durante i primi giorni a Capitol City Benedict era rimasto nell'ombra, ad osservare ogni colore, ogni avvenimento, ogni dettaglio.
Soprattutto questi ultimi: amava le cose nascoste, quelle piccole e semplici, quelle che rendevano le cose magnifiche ed indispensabili.
Sapeva che avrebbe perso, così doveva succedere, Benedict non aveva nessuna intenzione di assecondare gli assassini di sua madre. Ma aveva un onore, e come tutti i problematici tributi fantasma, non se ne sarebbe andato senza combattere. Non con le spade.
Anche perché Benedict, e lo capì ben subito il primo giorno di addestramento, con le armi non si intendeva proprio.
Sollevava anche le più pesanti senza problemi, ma non era per niente in grado di scagliarle contro i manichini, ritrovandosi ad agitarle e sbagliare ripetutamente la mira.
Faceva ridere, chiedere un insegnamento extra a qualche altro tributo era fuori discussione. Cercò di compensare studiando attentamente le piante e le trappole.
Alla sessione con gli strateghi avrebbe puntato tutto sulla forza, così come gli aveva consigliato suo nonno, venuto a salutarlo per l'ultima volta. Già sconvolto in un pianto, suo padre non aveva invece detto niente.
Gettò a terra tutto l'armadio delle lance, e si guadagnò un 8. Il giorno dopo i Favoriti non lo derisero più così tanto.
Che i quindici Hunger Games abbiano inizio!
Nessuno derise nessuno, una volta presa consapevolezza di cosa fosse l'arena.
Passò la voglia, perché la Cornucopia si trovava sulla cima rotonda di una montagna. Erano stati posizionati sulle loro piattaforme in cerchio, ed alle spalle dei tributi opposti si terrorizzarono per il nulla più assoluto che li circondava. Sarebbe bastato un solo passo indietro, e sarebbero caduti per chissà quanti metri.
Sopra di loro un cielo immenso, rosso tramonto. Rosso sangue.
Oltre ad uccidersi fu chiaro che potevano fare una sola cosa; scendere da diverse strade che, da circa metà delle piattaforme, Benedict notò diramarsi verso il basso.
Il grido di un bambino lo riportò alla realtà, e preso lo zaino più vicino a lui si diresse verso quella che sembrava essere la via di fuga più vicina.
Un ragazzo, frettolosamente armatosi di un ascia, lo aveva seguito. Invaso da un forte istinto di sopravvivenza, con una spallata Benedict si era affrettato a spingerlo verso il bordo della montagna, senza preoccuparsi se rischiasse di cadere anche lui stesso.
Durò tutto pochi secondi. L'altro ragazzo, mingherlino e veloce, si divincolava, deciso a non farsi spingere nel dirupo ma anche a non mollare la sua arma. Con la lama tentava di colpire Benedict, ma il terrore e la terra sgretolante sotto i suoi piedi si dimostravano un ostacolo efficace.
Benedict si decise di spingerlo giù a piene mani, e urlando, senza più ragionare, lo fece. Non si fermò nemmeno a sentire il tonfo, alla Cornucopia poco distante il bagno di sangue stava continuando e non aveva alcuna intenzione di contribuire.
Corse di nuovo verso la stradina, ciottolosa e piena di ghiaia. Solo una volta cominciato a scendere, esaurita l'adrenalina accumulata, si accorse della mano piena di sangue. L'ascia lo aveva colpito. E non se ne era neppure accorto.
Si strofinò la mano sulla divisa, scoprendo un taglio profondo e doloroso.
Stringendo i denti, continuò a scendere sul profilo della montagna, mentre i primi tuoni di cannone cominciavano a risuonare per tutta l'arena. Fu dopo qualche minuti che si rese conto che la discesa non sarebbe stata affatto facile. Ad ogni passo il terreno si sgretolava di più, a volte assottigliandosi in maniera preoccupante. Era arrivato a camminare con la schiena rivolta alla parete spoglia, muovendo i piedi lateralmente. Aveva provato a vedere cosa si stagliava sotto quel monte così aspro, ma i suoi occhi erano stati stravolti da un bianco uovo così finto. Pensando con il cuore dispiaciuto alla persona che aveva ucciso, decise di battezzarlo bianco morte.
Sperò di non rivederlo, una volta trapassato pure lui.
Se mai ci fosse stato qualche posto in cui rivedere qualcuno. Sperò anche di non sognarlo quella notte, anche se sapeva che come desiderio era addirittura più improbabile del primo.
Dopo un lasso di tempo esagerato al punto da sembrare infinito, i piedi di Benedict arrivarono finalmente a poggiarsi su qualcosa di diverso dal terriccio. Qualcosa di morbido ed intenso. Qualcosa come l'erba. Il suo cuore fece un balzo di gioia: forse avrebbe potuto trovare delle piante con cui medicare la mano, che aveva cominciato a pulsare.
Ma il sibilo che nel silenzio cominciava ad alzarsi non prometteva niente di buono, e fu costretto ad ammetterlo. Quando vide il serpente strisciare verso di lui, si affrettò a tornare indietro. Ma era troppo tardi, la sua gamba era stata già avvolta nelle sue spire.
Urlando cercò di toglierselo di dosso, ma il dannato non faceva che stringere la presa. Benedict una ventina di minuti a cercare di strozzare il suo collo, una volta appurato che l'animale non era velenoso. La mano ferita però scivolava sul suo corpo viscido causandogli scariche insopportabili di dolore.
Il ragazzo del 5 arrivò con il suo arco giusto un attimo prima che la gamba andasse in cancrena, ed inaspettatamente lo liberò. Si ritrovarono a stringere un accordo, lui era così debole e schiva da volere una protezione, almeno fino a quando tutti i Favoriti non fossero morti. Gli disse una cosa che avrebbe ricordato, gli disse che se doveva morire almeno si sarebbe assicurato di non soffrire.
Con Karl, così si chiamava il ragazzo del quinto, Benedict riuscì a scendere per altri quattro anelli.
Avevano chiamato così i diversi stadi della montagna con un terreno diverso.
Nel terzo, oltre che alla neve, avevano trovato un tributo mezzo congelato, quasi morto di fame. Karl aveva posto fine alle sue sofferenze con una freddezza ammirevole.
Benedict era stato fortunato a prendere uno zaino pieno di pane, e più passavano i giorni più gli sponsor sembravano essere a loro favore. Il cielo restava sempre rosso tramonto, impedendo loro di riuscire a dormire. A Benedict cominciò a mancare il ticchettio della pioggia tanto odiata ma che sapeva di casa. Sapeva che il momento stava per arrivare. Tributo dopo tributo l'arena andava svuotandosi. Il sesto giorno, secondo i loro calcoli erano rimasti in sei. Erano arrivati tra gli ultimi senza che si sporcassero più le mani. Poi avevano incontrato i Favoriti.
Si erano ritrovati faccia a faccia sull'anello fangoso. Avevano deciso di risalire alla Cornucopia per prendere qualche arma, confidando nel fatto che chi l'aveva assediata stesse scendendo per fare fuori i pochi rimasti.
Così era successo, ma la sorte non era stata al loro favore in quanto alle strade intraprese.
Benedict decise di scappare, riuscendo a realizzare il pericolo impediente prima dell'alleato. Karl non fu ugualmente veloce, e la sua morte prevista non si rivelò come l'aveva desiderata.
Nascosto dietro ad un gigantesco masso poco distante, Benedict riuscì a cavarsela. I tre Favoriti avevano infatti cominciato a litigare, nella foga uno aveva lanciato la lancia di un altro nel bianco morte.
Il terzo ne approfittò per ucciderli entrambi. Benedict spinse il masso in avanti per buttarlo giù dal dirupo.
Erano rimasti in due, e non sapeva chi fosse l'altro.
Non lo avrebbe mai scoperto.
Incamminandosi sulla cima della Cornucopia, deciso per l'ultimo spettacolo, Benedict capì di dover porre fine a quell'anno di giochi che Panem avrebbe ricordato come deludente, per la mancanza di sangue nonostante la magnificenza dell'arena. Impiegò due ore a risalire in cima. Pozze di sangue coprivano le ventiquattro piattaforme che avevano fatto da confine tra la montagna ed il mondo reale. Salì sulla propria, ed in tono solenne guardò verso l'alto.
«Non ucciderò più nessun altro, per voi. Mi avete tolto tutto, ma almeno per merito vostro adesso potrò farmi accarezzare da mia madre, ancora una volta.» sputò per terra, voltandosi verso il bianco morto «Fottiti, Capitol City!»
Prese la rincorsa, e morì imbattuto.
Capitol City avrebbe oscurato il suo discorso, additandolo come un folle. La storia avrebbe dimenticato sia lui sia Harry, il ragazzo del distretto 12 che si ritrovò a vincere pur non avendo ucciso.
I venti leggeri che spirano sulle case del distretto 8, però, ai bambini si racconta ancora che siano le carezze della madre sarta di un tributo di tanti anni prima.

PP Space

Sembra che per questa fan fiction sia destinata a pubblicare un capitolo soddisfacente ed uno no...spero però che Benedict sia riuscito ad esservi simpatico!
  
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