Domenica, primo settembre. Piove; le gocce pesanti cadono sul pavimento rossastro del terrazzo con un rumore quasi assordante, a Kida non piace. In generale, a Masaomi Kida non piace la pioggia perché -dice lui, con occhi socchiusi ad un Mikado teneramente curioso- la pioggia è spesso sinonimo di tristezza— "ed a me non piace essere triste", aggiunge, mormorando affinché nessuno lo sentisse. Poi sorride, nel ricordo dove lui era con Mikado, sorridono insieme e ridono della pioggia, perché se la pioggia è tristezza allora è bene combatterla con un sorriso. Il sorriso è felicità e la felicità è più forte della tristezza, dice Mikado. Mikado è sempre felice, sorride sempre, od almeno ci prova. E Kida pensa, nel silenzio dell'appartamento buio nel quale si trovava in quel primo settembre di pioggia, perché Mikado ci prova e lui no. Perché potrebbe provarci anche lui ad essere felice e tutto il resto– specialmente in quel primo settembre.
"Masaomi-kun" sorrise; come poteva essere bello il suo sorriso? "Masaomi-kun, sorridi anche tu."
Ci provò e non ci riuscì; normale routine— non sorrideva da tempo- da quanto? Sarebbe stato meglio tenere un conto, in quell'appartamento buio e triste come pioggia un qualcosa doveva pure esserci. Un calendario; avrebbe svoltato le pagine, segnato con una 'x' ben evidente, in rosso casomai (il rosso è un bel colore, dopotutto; l'amore è rosso, la passione è rossa, le fragole sono rosse, il sangue è rosso…) e non si sarebbe più dimenticato da quanto non sorrideva. Così quando se lo fosse chiesto di nuovo non se lo sarebbe dimenticato. Oppure avrebbe potuto scrivere sul muro, segnare una lunga linea nera per ogni giorno senza felicità. Poi, però, Izaya si sarebbe arrabbiato, perché non poteva rovinare il suo muro grigio con brutti segni neri. Non era corretto. Non è giusto rovinare il bello con il brutto; non è giusto rovinare la felicità con la tristezza.
Izaya doveva essere felice. Non che lo dimostrasse spesso, eppure forse lo era. Più di lui. Oppure Izaya era talmente triste d'averci fatto l'abitudine. « Masaomi. » poi arrivò la sua voce e tutti i suoi pensieri sparirono. Pioveva e c'era la sua voce; non riusciva a muoversi, fissava la pioggia cadere e sognava d'esser libero come la pioggia, sognava di poter cadere ma sapeva di non potere. Non era pioggia. « Masaomi, auguri. » e poi sorrise. Kida non si voltò; tutto succedeva troppo velocemente: auguri, voce melliflua, sorriso, felicità?, Izaya che si siede, pioggia che cade. Poi Kida si girò, lentamente, e sospirò.
"Sono stupito, Izaya-san"; pensò ma non parlò, perché parlare era difficile; accennò un sorriso e s'appoggiò alla finestra. « Ti sei ricordato del mio compleanno. »
Izaya sorrise. Troppi sorrisi di falsa felicità. « Mh? Ne dubitavi? » ridacchiò concludendo la frase, socchiudendo gli occhi, non chiarendo nessun punto. Izaya era così e lui non poteva farci nulla, mai avrebbe potuto; andava bene così, non voleva capire Izaya, troppo complicato.
"Sì"; ma non lo disse, non voleva capire Izaya né voleva capire perché la cosa lo rendeva così pseudo-felice. « Pretendo un regalo. » anche lui ridacchiò; pseudo-felice com'era, pensò anche di poterselo permettere. Non che Izaya gli avesse mai regalato nulla, ma dopo tutto ciò che gli aveva regalato lui un minimo di riconoscimento voleva anche averlo. Perché è questo che rende un compleanno felice: la presenza di regali.
Izaya socchiuse gli occhi (e per una volta, Kida pensò che fosse davvero bello ma non se ne rese conto), li riaprì, fece cadere il capo all'indietro e sospirò, portandolo su dopo pochi secondi con il solito sorriso in volto. « E cosa vorresti, Kida-kun? »
Masaomi ci pensò. Si voltò verso la pioggia, pensò che voleva essere come lei. Si volta verso Izaya, pensò di nuovo a quanto fosse bello senza davvero pensarlo, poi realizzò il senso della domanda. « Vorrei essere pioggia. » disse e scoppiò a ridere. Rise, non che fosse felice, ma rise. Perché sapeva di non poter essere pioggia. Ma rise, perché sentiva di poterselo permettere. Rise come non rideva da molto; avrebbe potuto contare i giorni da quella domenica primo settembre. "Domenica primo settembre; piove ed ho sorriso"; ecco, avrebbe dovuto segnarselo da qualche parte.
« Ah, Masaomi-kun. » Orihara si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto, s'alzò e baciò Masaomi. Orihara afferrò il suo braccio, sfiorò le labbra di Masaomi prima di toccarle con foga, cercò la sua lingua quasi avesse bisogno d'essa per vivere. Poi si staccò, lasciandolo sul più bello. « buon compleanno. »