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Autore: biberon    02/09/2013    2 recensioni
Salve a tutti :3 volevo proporvi questo racconto con cui ho vinto un concorso di scrittura :)) spero vi piaccia :))
Che dire, qui parliamo dell'infinità del cielo ... non c'è soffitto più bello, no?
Anzi, non c'è nulla di più bello.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia passione è senza dubbio una bella passione, seppur poco comune e parzialmente insolita.

La definirei piacevolmente stramba.

Al mattino mi alzo presto, prima di tutti a casa.

Punto la sveglia un quarto d’ora circa prima dell’alba.

Mi vesto, preparo le cose di scuola ed esco.

Subito di fianco a  casa mia c’è un enorme prato verde, con l’erba tagliata,  ogni filo è sottile e scintillante di rugiada fresca che la notte gli ha regalato.

Le fronde degli alberi si muovono dolcemente, il suono che mi culla è quello di un sospiro delicato.

L’atmosfera è magica.

Metto la giacca a terra a mo’ di coperta e mi stendo con le gambe accavallate.

Apro le braccia e guardo in alto, come uno spettatore che attende l’inizio dello spettacolo.

A volte chiudo gli occhi in attesa della nascita dei primi raggi.

Non appena avverto qualche grado in più, una goccia di luce sulla mia pelle, spalanco gli occhi e guardo l’alba.

Il cielo si tinge pian piano di un colore indescrivibile, la fusione perfetta di diamanti e oro, quarzo e petali di rosa, acqua cristallina e riflessi opachi di rosso, e sembra improvvisamente di guardare un quadro, lo sfondo di un quadro, e stupisce la precisione con cui l’artista ha mischiato abilmente più e più colori fino ad ottenere quel cielo così stupendo.

Più lo sguardo s’innalza, più il colore si sfuma tendendo al rosa o al giallo tenue.

Nonostante siamo in città la brezza profuma e accarezza l’erba dolcemente.
 
Ogni mattina.
 
 
Quando torno a casa da scuola, il prato è ancora lì ad aspettarmi, quasi fosse ansioso di raccontarmi altre storie attraverso la vista.

Stendo ancora il mio giaccone, mi tolgo lo zaino dalle spalle e mi sdraio.

Guardo il cielo.

È l’azzurro più puro che esista. Non una nuvola, un’imperfezione …

Azzurro perfetto.

Si estende a perdita d’occhio sopra le case, gli alberi, le macchine, le strade, i palazzi, le persone.

Mi stupisco nel vedere il mondo.

Forse la gente dovrebbe guardare il cielo.

Alzare la faccia dalle abitudini guardare la perfezione del creato.

Dopo un po’, gli alberi scompaiono.

Scompaiono tutti i condomini vicino al mio, scompare l’erba sotto di me, scompare la giacca , scompaiono le poche persone che attraversano il quartiere, scompaiono il parco giochi, i marciapiedi e i lampioni.
Il rumore del traffico cessa.

Silenzio.
Adesso ci siamo solo io e il cielo.
 
Naturalmente, vorrei che tutto questo succedesse davvero.
Ma è solo dentro di me.

Quando guardo il cielo, smetto di pensare, semplicemente.
Sconnetto la mente, le orecchie e sensi meno la vista, quel tanto che basta per stare connessa all’immensa massa di azzurro intenso.
Non c’è più niente, per me, adesso.

Ma poi ritorno alla realtà, una realtà fatta di traffico, insulti lanciati dalle persone in fila in autostrada, di lampioni spenti, di alberi consumati dalla smog, da anziani che vanno a comprare il pane, da bambini chiassosi che corrono tenendo per mano le madri e trascinandole di qua e di la.
Resto ancora lì a fissare il cielo sopra di me, e mi sento così piccola, così fragile, e il cielo è così grande che potrebbe schiacciarci tutti da un  momento all altro.

 Ma, chissà perché, rimane fermo dov’è senza che nessuno si accorga della sua presenza, nonostante sia così gigantesco e imponente.
 
Ogni giorno.
 
Poi, a sera, torno lì.

Mi stendo, proprio in mezzo al prato, la dove a nessuno verrebbe mai in mente di andare, a sera sembra così tetro ed oscuro.

Un po’ di bruma , giusto per dare quel tocco in più di mistero, il vento che si alza e scuote le cime degli alberi.

Ora la loro voce non è pacata e serena, ma somiglia più ad un ululato, un sibilo, un sussurro disperato.
Fa molto freddo.
Piedi congelati, naso rosso, capelli che sbatacchiano sul collo del cappuccio coperto di brina.
Naturalmente, è così solo d’inverno.
In primavera e in  estate il colore del cielo e blu elettrico o scuro, verso il tardi, dopo il tramonto, d’autunno nuvole soffici e leggere cavalcano il vento e la mia immaginazione.

Da piccola, come tutti i bambini credo, avevo paura della notte.

Poi è passata, ma ora sembra tornare in me ogni sera invernale.

Non tanto per il buio o per il freddo, ma per l’odore di cui l’aria è intrisa.

Fresco e asciutto, così spaventosamente maligno.

Ma da un lato mi piace.

Mi fa apprezzare di più la protezione di cui godo a casa.

E sono serena e felice.

Dopo essermi stesa faccio dei grossi respiri per raccogliere più che posso di quel profumo intenso.

Ginocchia al petto, mani sulle caviglie, cerco di non disperdere il calore corporeo.

Soffio e vedo le nuvolette arzille che mi escono dalla bocca.
Mi piacciono così tanto.
Poi alzo lo sguardo e mi stacco dal mondo.
 
Ogni sera.
Credo che in molti dovrebbero farlo, almeno tre volte al giorno come me.

Calma, distende, e ci aiuta a vedere il mondo meno grigio di quanto appare.

Non bisognerebbe mai giudicare qualcosa dall’apparenza, per quanto questa possa essere ostile.

Come il cielo, ad esempio. È minaccioso quanto stupendo, imponente quanto grazioso.
 
Ed ecco, alla fine, la mia passione.
 
La mia passione è guardare il cielo.
 
 
 
 
 
 
   
 
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