Mai Mikasa si sarebbe aspettato una
Tokyo tanto affollata,
non di sera. Se il sole non fosse tramontato ormai da quale ora si
sarebbe
trovato ad avere qualche dubbio sull’orario. Ma il cielo,
privo si stelle a
causa delle forti luci artificiali che ne impedivano la vista, era buio.
D’altronde non ne sapeva molto, no?
All’età di tredici anni gli era stato
permesso di uscire in serata, quella era la prima volta che si trovava
a
gironzolare per le strade della capitale giapponese dopo cena. Inutile
dire che
si sentiva non poco emozionato.
Per festeggiare l’evento, Mikasa, si era dato appuntamento
con alcuni suoi
compagni, nonché migliori amici, davanti alla Tokyo tower.
In realtà sembravano essere in ritardo, forse a causa di
qualche imprevisto
dato che non aveva ricevuto alcun tipo di notizia o avvertimento.
Prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans diede
un’occhiata all’orario
mostrato in bella vista sul display. Si trovava lì da
un’ora e mezza e iniziava
ad annoiarsi.
Forse nell’attesa sarebbe stato il caso di andare a bere
qualcosa, ma c’era la
possibilità che arrivassero durante la sua assenza e non era
davvero il caso di
non farsi trovare.
C’era anche la possibilità che gli stessero
tirando qualche brutto scherzo, Masato
non perdeva occasione per prendere in giro lui e gli altri.
Un sorriso si allargò sul viso del giovane che
cominciò a considerare
quell’eventualità
la più plausibile.
Probabilmente lo stavano osservando da qualche vicolo e di certo si
stavano
sbellicando dalle risate nel vederlo tanto annoiato.
Maledetti, gliel’avrebbe fatta pagare.
Quindi, girando i tacchi, si incamminò fingendo di essere
preoccupato.
Aveva intenzione di attirarli in una trappola, era piuttosto bravo a
recitare
ed erano minime le possibilità di essere scoperto.
“Ride bene chi ride ultimo.”, mormorò
tra sé sogghignando.
Svoltando un angolo, Mikasa, si inoltrò in un vicolo che, a
differenza della
strada principale, non era molto illuminato, probabilmente proprio per
questo
sembrava non esserci anima viva.
Camminò per un paio di metri. In realtà si stava
chiedendo se fosse stata una
buona idea quella di allontanarsi dalla folla, iniziava a sentirsi non
troppo
tranquillo, sembrava lo scenario perfetto per un qualche film horror,
non si
sarebbe stupito se fossero spuntati un qualche mostro o un serial
killer da un
momento all’altro.
All’improvviso si rese conto di non essere solo. In quel
vicolo risuonarono
altri passi oltre ai suoi.
Che si trattasse di uno dei suoi amici? Probabilmente era cascato in
pieno nel
loro scherzo, l’avevano attirato in quel posto per
spaventarlo. O almeno ci
sperava.
Lentamente si voltò e puntò gli occhi neri sulla
figura che si trovava a pochi
passi da lui. A prima vista sembrava trattarsi di una donna con indosso
un
lungo cappotto che le copriva anche il viso.
“Sono bella?”, fu lei a interrompere il silenzio.
Che domanda era? Come avrebbe potuto rispondere se ogni centimetro di
pelle era
coperto dall’indumento? Che in realtà non si
aspettasse una risposta?
Mikasa non si sentiva tranquillo, aveva iniziato a sudare freddo e un
tremolio
prese a scuotere il suo corpo. Per quale motivo si sentiva tanto
agitato?
“Oh si, moltissimo!”, esclamò cercando
di mantenere il suo solito tono allegro,
nonostante fosse tutt’altro che felice in quel momento.
La donna prese a sbottonare uno a uno i bottoni che tenevano chiuso il
cappotto. Il ragazzo si sentì rabbrividire nel vedere il suo
viso dove
campeggiava una mostruosa bocca gigantesca.
Subito si trovò ad arretrare. Doveva scappare, doveva
correre per mettersi al
sicuro. Era in pericolo.
“E ora sono ancora bella?”, domandò
nuovamente la donna mostrandogli un paio di
forbici. Ma lui non fece in tempo a rispondere dato che, senza
aspettare oltre,
il mostrò gli tagliò il corpo in due parti.
Mikasa venne dato per disperso. Le sue foto si trovavano su tutti i
giornali e
molte persone si mobilitarono per poterlo cercare, ma nessuno
riuscì mai a
scoprire cosa veramente gli successe.
Gli amici, quelli con cui doveva incontrarsi quella sera, avevano
semplicemente
avuto un contrattempo a causa del ritardo della metropolitana. Nessuno
la prese
bene. Uno di loro fu trovato morto annegato nei giorni seguenti,
suicidato per
i sensi di colpa.
Ok, ammetto di essere un
po’ in ritardo con questo
secondo capitolo, ma alla fine è arrivato.
Cercherò di essere più svelta con il terzo,
più che altro spero di trovare
leggende altrettanto interessanti.
Aspetto ancora vostre recensioni, ogni critica o suggerimento per
eventuali
storie a cui possa ispirarmi saranno ben accetti!
Alla prossima!