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Autore: Lothiriel_Indil    02/09/2013    2 recensioni
Raccolta di racconti ispirati a varie leggende giapponesi.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mai Mikasa si sarebbe aspettato una Tokyo tanto affollata, non di sera. Se il sole non fosse tramontato ormai da quale ora si sarebbe trovato ad avere qualche dubbio sull’orario. Ma il cielo, privo si stelle a causa delle forti luci artificiali che ne impedivano la vista, era buio.
D’altronde non ne sapeva molto, no? All’età di tredici anni gli era stato permesso di uscire in serata, quella era la prima volta che si trovava a gironzolare per le strade della capitale giapponese dopo cena. Inutile dire che si sentiva non poco emozionato.
Per festeggiare l’evento, Mikasa, si era dato appuntamento con alcuni suoi compagni, nonché migliori amici, davanti alla Tokyo tower.
In realtà sembravano essere in ritardo, forse a causa di qualche imprevisto dato che non aveva ricevuto alcun tipo di notizia o avvertimento.
Prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans diede un’occhiata all’orario mostrato in bella vista sul display. Si trovava lì da un’ora e mezza e iniziava ad annoiarsi.
Forse nell’attesa sarebbe stato il caso di andare a bere qualcosa, ma c’era la possibilità che arrivassero durante la sua assenza e non era davvero il caso di non farsi trovare.
C’era anche la possibilità che gli stessero tirando qualche brutto scherzo, Masato non perdeva occasione per prendere in giro lui e gli altri.
Un sorriso si allargò sul viso del giovane che cominciò a considerare quell’eventualità la più plausibile.
Probabilmente lo stavano osservando da qualche vicolo e di certo si stavano sbellicando dalle risate nel vederlo tanto annoiato.
Maledetti, gliel’avrebbe fatta pagare.
Quindi, girando i tacchi, si incamminò fingendo di essere preoccupato.
Aveva intenzione di attirarli in una trappola, era piuttosto bravo a recitare ed erano minime le possibilità di essere scoperto.
“Ride bene chi ride ultimo.”, mormorò tra sé sogghignando.
Svoltando un angolo, Mikasa, si inoltrò in un vicolo che, a differenza della strada principale, non era molto illuminato, probabilmente proprio per questo sembrava non esserci anima viva.
Camminò per un paio di metri. In realtà si stava chiedendo se fosse stata una buona idea quella di allontanarsi dalla folla, iniziava a sentirsi non troppo tranquillo, sembrava lo scenario perfetto per un qualche film horror, non si sarebbe stupito se fossero spuntati un qualche mostro o un serial killer da un momento all’altro.
All’improvviso si rese conto di non essere solo. In quel vicolo risuonarono altri passi oltre ai suoi.
Che si trattasse di uno dei suoi amici? Probabilmente era cascato in pieno nel loro scherzo, l’avevano attirato in quel posto per spaventarlo. O almeno ci sperava.
Lentamente si voltò e puntò gli occhi neri sulla figura che si trovava a pochi passi da lui. A prima vista sembrava trattarsi di una donna con indosso un lungo cappotto che le copriva anche il viso.
“Sono bella?”, fu lei a interrompere il silenzio.
Che domanda era? Come avrebbe potuto rispondere se ogni centimetro di pelle era coperto dall’indumento? Che in realtà non si aspettasse una risposta?
Mikasa non si sentiva tranquillo, aveva iniziato a sudare freddo e un tremolio prese a scuotere il suo corpo. Per quale motivo si sentiva tanto agitato?
“Oh si, moltissimo!”, esclamò cercando di mantenere il suo solito tono allegro, nonostante fosse tutt’altro che felice in quel momento.
La donna prese a sbottonare uno a uno i bottoni che tenevano chiuso il cappotto. Il ragazzo si sentì rabbrividire nel vedere il suo viso dove campeggiava una mostruosa bocca gigantesca.
Subito si trovò ad arretrare. Doveva scappare, doveva correre per mettersi al sicuro. Era in pericolo.
“E ora sono ancora bella?”, domandò nuovamente la donna mostrandogli un paio di forbici. Ma lui non fece in tempo a rispondere dato che, senza aspettare oltre, il mostrò gli tagliò il corpo in due parti.

Mikasa venne dato per disperso. Le sue foto si trovavano su tutti i giornali e molte persone si mobilitarono per poterlo cercare, ma nessuno riuscì mai a scoprire cosa veramente gli successe.
Gli amici, quelli con cui doveva incontrarsi quella sera, avevano semplicemente avuto un contrattempo a causa del ritardo della metropolitana. Nessuno la prese bene. Uno di loro fu trovato morto annegato nei giorni seguenti, suicidato per i sensi di colpa.






Ok, ammetto di essere un po’ in ritardo con questo secondo capitolo, ma alla fine è arrivato.
Cercherò di essere più svelta con il terzo, più che altro spero di trovare leggende altrettanto interessanti.
Aspetto ancora vostre recensioni, ogni critica o suggerimento per eventuali storie a cui possa ispirarmi saranno ben accetti!
Alla prossima!

  
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