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Autore: S t r a n g e G i r l    02/09/2013    5 recensioni
Eccoti qui, sdraiata sul letto matrimoniale dell'ennesima camera di un motel economico a fingere di leggere, mentre lui nell'altra stanza guarda una partita di baseball a tutto volume, infischiandosene di te.
Non è una novità: di sere come quella ne avete trascorse tante, prima e dopo aver lasciato Roswell.
Tu l'hai seguito, pensando che vi sareste arrangiati insieme, ma erano più i giorni che trascorrevi sola che quelli in cui eri con lui.
Ma questa sera è diversa.
E' il tuo compleanno, Maria, ed è ora che la vostra relazione torni su binari più stabili... oppure deragli definitivamente.
Storia prima classificata al contest "La fiera degli OTP" sul forum di EFP.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria De Luca, Michael Guerin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Long, stupid story

~ I wanted to say that this thing has been screwed up from the beginning.
You and me.
Us.
Just the whole long, stupid story…
But I wouldn't trade it for anything.
This meant so much to me, you know.
From day one, from the moment I kidnapped you and stole your car, I knew you were the girl for me.
I never wanted anyone else.
I still don't.
Just... wherever I'm going, whatever I'm doing, I'll always love you.
~

E' un casino, lo è sempre stato.
Lo sapevi, eppure ti sei lasciata prendere la mano.
E poi il braccio, il gomito, le spalle e, infine, il cuore.
Glielo hai ceduto forse dal primo momento, quando hai saputo che era diverso ma non ne eri spaventata; quando ti svegliavi nel bel mezzo della notte aggrovigliata nelle coperte, come fra i tentacoli di un mostro, ed era suo il nome che invocavi.
Lui non ti aggrediva, lui ti salvava.

Michael.
E poi il casino ha assunto dimensioni cosmiche col primo bacio e in seguito col secondo, che poi è diventato terzo e così via fino a perdere il conto.
Con lui le stelle -anche se non le hai viste subito perché non ti permetteva di accedere a quel che serbava nell'animo per paura che scappassi- le sentivi nello stomaco.
Piccole come lucciole, luminose più del sole.
E forse sono state quelle a fregarti, a suggerirti che valesse la pena stargli dietro e non mollarlo mai, nemmeno quando ti cacciava via con parole affilate come lame a doppio taglio.
E tu, tu hai sempre visto le ferite che si infliggeva anche da solo ed allora rimanevi e lo curavi, senza badare al sangue che sgorgava fra le tue costole in silenzio.
Ma i tagli sono aumentati in modo proporzionale al tempo che è passato e si sono infettati.
Hai provato a pulirli con un po' d'acqua, ma i lembi di pelle slabbrata non combaciavano mai bene.
Hai una ferita per quella volta in cui si è sentito male e River Dog lo ha curato; una per quando ti ha lasciato dopo aver scoperto di essere destinato ad Isabel; un'altra per Courtney, la skin; un'altra ancora per quella volta che, dopo la morte di Alex, lo hai allontanato per non soffrire quando poi se ne fosse andato e l'ennesima quando avete fatto l'amore per la prima volta e, dopo poche ore, è effettivamente entrato nel Granilith per lasciarti. Una delle più recenti risale alla visita di Billy e alla tua estrema decisione di rinunciare ai tuoi sogni e, solo più tardi, di riprenderteli con fermezza.
E d'improvviso eccoti qui, sdraiata sul letto matrimoniale dell'ennesima camera di un motel economico a fingere di leggere, mentre lui nell'altra stanza guarda una partita di baseball a tutto volume, infischiandosene di te.
Non è una novità: di sere come quella ne avete trascorse tante, prima e dopo aver lasciato Roswell.
Tu l'hai seguito, pensando che vi sareste arrangiati insieme, ma sono più i giorni che trascorri sola che quelli in cui sei con lui.
E quando c'è, alle volte pensi che sarebbe meglio che non ci fosse.
Torna dalle missioni con Max, in cui ha compiuto una qualche buona azione e magari salvato diversi innocenti, mangiate col sottofondo della radio a parlare per voi, poi finite a letto e, infine, lui crolla stremato sul tuo petto morbido, senza accorgersi delle lacrime che scivolano sulle tue tempie e s'immergono nel cuscino senza produrre rumore.
Ma questa sera è diversa. Questa sera non dovrebbe ignorarti neppure se gli cadesse un meteorite sotto il naso.
Questa sera dovrebbe tenerti stretta e ripeterti le parole che ti aveva detto il giorno prima del diploma, le stesse che ti avevano convinto a seguirlo.
Ne avresti bisogno, sai di meritartele.
E' il tuo compleanno, Maria. E non hai neppure lasciato in giro le solite riviste per suggerirgli un regalo da farti.
Non ne vuoi, sei andata ben oltre i doni materiali e sei arrivata a capire che il tuo regalo più grande è lui.
Ti faresti bastare un bacio dolce, un abbraccio caldo, anche una mano tra i capelli o le dita intrecciate a tavola: hai imparato a cibarti delle piccole cose e ti basterebbero le briciole... se solo lui ne lasciasse.


« Forza Dodgers! Wo-oooh! » senti le molle del divano cigolare quando si alza in preda all'euforia.
Batte le mani e poi apre il frigo, prendendo l'ennesima bottiglia di birra; l'epoca delle Snapple è finita da un po', ormai.
Tu butti la testa sotto il cuscino con uno sbuffo e allontani la rivista: se avessi i suoi poteri avresti già fatto saltare in aria il televisore e la poltrona su cui è affossato.
Ma forse non si farebbe scoraggiare neppure da quello: andrebbe in camera di Max e Liz e ti lascerebbe sola, a rigirarti nel letto come se fossi una fettina che si rotola nel pan grattato prima di finire nell'olio bollente della padella.

« Michael! » gridi, le dita livide premute sul guanciale nel tentativo di attutire i cori dei tifosi.
Come ancora non abbia bussato alla vostra porta nessun altro ospite del motel, per lamentarsi del volume troppo alto, è un mistero; forse ha reso insonorizzate le pareti.
Lui si affaccia in corridoio, ma non ti guarda neppure: probabilmente nemmeno una lotta di ragazze in bikini nella gelatina lo attirerebbe così.
Magra consolazione, in fondo.

« Che c'è? Sono al terzo inning! »
« Vuoi abbassare un po' ? » borbotti infastidita.
« Oh, cert... Grande! Che lancio! » esulta quasi saltando.
La birra fuoriesce dalla bottiglia e sporca a terra, ma lui non ci bada e torna davanti al televisore, già dimentico di quello che gli hai chiesto.
Una volta, forse, avresti tentato di distogliere la sua attenzione dalla partita stuzzicandolo e tentandolo fino a trascinarlo fra le lenzuola ruvide, adesso non ne hai più la forza.
La nausea ti ha stretto il nodo che è diventato il tuo stomaco e tra le pieghe delle sue pareti non c'è più traccia di stelle, lampi o frammenti d'universo.
C'è solo un grosso buco nero che mangia con avidità la tua riserva di pazienza e rosicchia il tuo amore come un vecchio pezzo di formaggio.
Quando sarà rimasta solo la crosta cosa farai?

Ti alzi di scatto, ben decisa a riportare la vostra relazione su binari stabili -e nei limiti della decenza- come avrebbe fatto la vecchia Maria, la cameriera del Crash Down che aveva un taglio di capelli inguardabile quando la faccenda degli alieni era cominciata, e a passo di marcia ti dirigi verso di lui.
Non si è nemmeno accorto che ti sei mossa e gli stai andando incontro furente, come se fossi un toro a cui hanno sventolato un fazzoletto rosso davanti al muso.

« Michael. » lo richiami, standogli di lato.
Lui ti zittisce con un gesto svogliato della mano e si sporge verso il televisore.

« Michael! » riprovi con più veemenza, togliendo il telecomando dalla sua portata prima che lo usi per sovrastare la tua voce.
« MICHAEL! » ti pari davanti ai suoi occhi con le mani sui fianchi e lui alza il collo per guardare oltre.
Ti porge la birra e te ne chiede un'altra, scansandoti con così poca grazia che inciampi e sbatti un fianco addosso all'angolo del tavolo.

Boccheggi e per un attimo la vista ti si offusca per il dolore.
Ma non è tanto nel punto in cui hai battuto, quanto più su verso sinistra: nel posto in cui lui appoggia sempre la testa dopo ogni amplesso.
Lasci cadere la bottiglia di birra e guardi le sue schegge di vetro sparpagliarsi a terra come biglie infrante.
Lui ti intima di non fare baccano e tu vorresti avergliela spaccata in testa, quella birra, o perlomeno vorresti che raccogliesse con te i cocci della bottiglia e della vostra relazione, ma ancora una volta si mostra cieco, perché è più facile. E' più comodo.
E' più da Michael Guerin quell'atteggiamento di noncuranza.
Ma altrettanto da Maria Deluca è fare in modo che lui non la passi liscia, che capisca di aver esagerato e cominci a pensare a come farsi perdonare.
Perché potrebbe essere l'ultima volta che tu lo riaccogli a braccia aperte.
Potrebbe essere l'ultima volta che ti ferisci e non apri bocca, se non per un gemito soffocato.

Calpestando i vetri taglienti dei resti della birra, con i tuoi stivali con la suola a carrarmato, arrivi risoluta alla presa della corrente e stacchi il cavo d'alimentazione della televisione con forza, proprio mentre il battitore dei Dodgers respinge una palla curva compiendo un poderoso fuoricampo.
Michael si alza in piedi e impreca ad alta voce e prova subito a riaccendere lo schermo con i poteri, poi sembra notare i frammenti di vetro marrone a terra e, più in là, te con il filo a penzoloni dalle dita.

« Maria, ma che... ? »
« Sei il solito stronzo, Michael. Io me ne vado. »

Quando bussi per la terza volta, ti rendi conto di avere i segni rossi delle unghie sul palmo e il sapore del sangue sul palato, per l'insistenza con cui ti stai torturando le labbra.
« Arrivo! » la sua voce è un balsamo per i tuoi nervi tesi e, non appena apre la porta, ti tuffi fra le sue braccia.
« Maria!? » esclama a metà fra lo stupito e il preoccupato.
Ti aggrappi con forza al suo maglione ispido e serri le palpebre per non far scappare le lacrime.

Liz ti culla sull'uscio della stanza e fa segno a Max di sparire.
Probabilmente hai interrotto qualcosa, probabilmente lui andrà da Michael a fargli il cazziatone e, ancor più probabilmente, gli suggerirà infine un modo per farti dimenticare l'arrabbiatura.
Speri che la fantasia del marito della tua migliore amica superi di gran lunga quella del tuo ragazzo, perché altrimenti pretenderai lo scalpo di entrambi.
« Che succede? » Liz ti accarezza i capelli e ti trascina fino al divano, porgendoti una scatola di kleenex che però rifiuti.
Non piangerai.
Hai pianto a sufficienza per il tuo gran casino personale con le gambe negli anni passati.
Sei stanca di assomigliare ad un rubinetto malfunzionante.
« Il solito. Micheal. » sbuffi e lei ti stringe le mani con comprensione.
E' sempre stato il vostro gesto, quello: dita fra dita nei momenti di sconforto e in quelli gioiosi.
Attraverso la pelle vi trasmettete emozioni, paure e risate.
Tu e Liz siete l'unica cosa che è rimasta invariata, nonostante gli alieni; anche se lei ha sviluppato dei poteri e si è sposata, la vostra amicizia è ancora forte e salda, come quando portavate entrambe un'uniforme verde acqua e antennine coperte di glitter.
Lei è lo scoglio a cui ti aggrappi quando le mareggiate si fanno alte, quando affoghi nelle tue stesse lacrime e non c'è più il salvagente-Alex a tamponare.
«
Cosa ha combinato? Ti ha regalato un deodorante per ambienti, stavolta? » domanda Liz con un sorriso ammiccante, ma la tua faccia funebre glielo spegne subito come lo stoppino timido appena acceso di una candela.

Prendi un cuscino innocente, color mattone schiarito dal sole, e lo butti con foga al centro della stanza.
Glielo faresti ingoiare, se solo potessi.
« Magari! Accidenti a lui, si è completamente dimenticato del mio compleanno! E' troppo preso da quei cazzo di Doghi o come diavolo si chiamano! » ti alzi in piedi e digrigni i denti così rudemente che di sicuro te ne scheggi un paio.
« Maria, hai provato a... ? »
« ...parlarci? Come no! Mi sono piazzata davanti alla televisione per farmi notare, ma lui mi ha scansata in malo modo e mi ha persino chiesto se gli prendevo un'altra birra! »
Liz impallidisce e scuote la testa sconsolata e tu prendi a calci quel cuscino ancora e ancora, immaginando sia lui.
« Maria, Maria respira, ora. Calmati. » le sue mani calde sulle tue spalle nude ti rilassano per un attimo.
Inspiri ed espiri profondamente e cerchi di buttare fuori il veleno assieme all'anidride carbonica.
« Così, brava. Adesso chiamo Max e gli dico di... »
« NO! » la fermi e non tremi più. Sei di nuovo padrona di te stessa... a tal punto che quasi ti fai paura da sola.
Non sei mai stata così in vita tua.
Forse hai accolto la fantomatica goccia che fa traboccare il vaso e sei arrivata al punto di saturazione.
Sei la personificazione della quiete prima della tempesta, una tempesta che quando si abbatterà su Michael Guerin lascerà morte e distruzione dietro di sè.
« Vado io. Lo affronto come si deve e prometto di non arrabbiarmi. Grazie, amica mia. » abbracci stretta Liz, mentre lei ancora ti fissa interdetta, e poi esci in corridoio spedita, incrociando Max che ti rivolge un sorriso incoraggiante.
- Al diavolo! - pensi - Nemmeno se l'avesse convinto a comprarmi un diamante lo perdonerei stavolta! -
Marci verso la camera 442, contraendo e rilassando le dita tese in una specie di tic, e poi te lo ritrovi davanti inaspettatamente, i capelli lunghi scompigliati e un velo di sudore appena sopra il labbro superiore: deve averti sentito rientrare.

« Maria, io... »
Lo sorpassi senza starlo a sentire e raggiungi la camera da letto, mentre lui è ancora affacciato alla porta con le parole, che non gli hai dato il tempo di dirti, impigliate sulla punta della lingua.
Ti guardi intorno alla ricerca del borsone in cui, col tempo, hai accumulato qualche effetto personale -da Roswell non hai fatto in tempo a portare via alcunché- e inizi a riempirlo di indumenti intimi, quando lui ti raggiunge e, afferrandoti per un gomito, ti fa voltare su te stessa e ti fa sbattere sgraziatamente contro il suo petto.

« Che stai facendo?! » non sai dire se il suo tono suoni più incredulo o arrabbiato.
Ad un tratto ti pare anche di intravedere una vena di disperazione nella sua voce, ma scuoti la testa e ti allontani infastidita.

« Applicati, per una volta, Michael. Indovina un po'? Cosa può voler fare chi ficca la sua roba in una borsa? »
Apre la bocca e la richiude, come un pesce fuori la boccia di cristallo, e ti verrebbe quasi da ridere, per la sua espressione da triglia lessa, se non avessi il cuore a brandelli.
« No! Perché? » si affretta a toglierti una maglia dalle mani e, prendendoti per le spalle, ti costringe a guardarlo.
Nel tuo stomaco il buco nero risputa qualche stella e scintille di fuoco ti bruciano l'addome.

« Perché sono stanca. Perché sono anni che ti vengo appresso, Michael, e non sono un cane. Il giorno che lasciammo Roswell ti promisi che ce la saremmo cavata insieme. »
« Me lo ricordo. » ti interrompe con la mascella contratta e gli occhi socchiusi.
« Sì, ma a quanto pare abbiamo due concetti differenti del termine "insieme". »
Non sai neppure tu come riesci a rimanere impassibile davanti la sua espressione ferita: è la stessa che aveva quella sera in cui lo trovasti fuori la tua finestra, sotto la pioggia, le mani in tasca e le lacrime invisibili tra le ciglia umide.
Solo che ora tu, invece di consolarlo e ad abbracciarlo, sussurrandogli che sarebbe andato tutto bene, sei la causa del suo male.
Gli stai rendendo quanto accumulato negli anni passati senza volerlo ed un po' ti odi per la sua sofferenza, ma non sai placarti.
Sei tempesta e lui un terreno da devastare.

« Perché devi sempre fare scenate simili per stupidaggini? Io sono un coglione, e va bene, ma... »
« No, non va bene, Michael. Io sarò anche esagerata, ma tu prendi tutto troppo sottogamba. E gli onomastici no -ok, è un mio problema perché quella che ricorda ogni insulsa data sono io-; e gli anniversari no. Adesso anche il mio compleanno ti scordi! A breve rientrerai in casa e neppure mi saluterai. »
« Oh, maledizione, Maria! Smettila di fare la tragica! Io stavolta non ho proprio... »
« Io non farei proprio niente se tu fossi diverso! »
« Avanti! Paragonami di nuovo a Max e fammi la lista dei miei difetti. Non sai fare altro! » esplode, allargando le braccia come ad invitarti a colpirlo. Non soltanto fisicamente.
E quel gesto porta con sé schegge di legno di una poltrona saltata in aria.
Avevi promesso a Liz che non ti saresti infuriata... e allora come siete finiti ad usare quei toni alti e aggressivi?
E' l'ennesimo scontro per vedere chi sa ferire più a fondo, lì dove le mani non arrivano a disinfettare il taglio, e che non avrà vincitore.

« Tu mi trascuri, Michael. Mi fai sentire trasparente, un soprammobile di vetro. » abbassi la voce e lui indietreggia in modo impercettibile.
Non sa mai da che verso acchiappare quella tua calma gelida.
Le tue accuse di fuoco, gli strepiti, i piatti rotti sa prenderli...nel verso sbagliato, sì, ma è già qualcosa.
In quel momento, invece rimane fisso, stordito dal tuo mormorio che sembra avere avuto un effetto pietrificante sul suo corpo.

« No, Maria. Ti giuro che... »
« Avevi ragione. La nostra storia è complicata. Troppo. E io non ce la faccio più. » crolli seduta sul letto, le gambe incapaci di sorreggerti oltre.
Volevo...insomma...dirti che la nostra storia è stata un casino fin dall'inizio.
Un gran casino.

« Mi stai lasciando? » lui ha la testa china, i capelli a coprirgli gli occhi, i pugni serrati.
Tu hai le guance bagnate, di cui non ti accorgi fino a quando le lacrime non ti gocciolano sul dorso delle mani strette in grembo, il respiro spezzato e il cuore annientato.
Sei quella ridotta peggio e devi anche trovare ancora la forza per terminare quello che hai iniziato.

E che è restata incasinata fino ad oggi.
« Sì. »
A quella sillaba, forse nemmeno pronunciata, lui scatta.
Scatta verso di te, ma poi si paralizza e abbassa le mani, fissandole come se non si fosse nemmeno accorto di possederle fino a quel momento.
Guarda te, gli occhi colmi di dolore liquido e il mucchio di trucioli in cui ha ridotto, senza volerlo, la poltrona e allora arretra, spaventato da se stesso.

« Non volevo... » mormora senza guardarti, i pugni che tremano lungo il busto.
Tu vorresti poter avere un tasto "rewind" da premere durante la proiezione del film della vostra relazione e rimirare sbagli da correggere, ma non riesci a far altro che salutarlo con le lacrime a renderti la voce annacquata come la vista.
Ti volti e vorresti solo tornare indietro.
Ti dirigi verso l'uscita e vorresti soltanto affondare il viso nel suo petto e confidargli che lo ami, lo ami ancora.
Lo amerai sempre, perché è Michael Guerin.
Perché è un gran casino. Il tuo.
Ti trascini verso il salotto, diretta alla porta d'ingresso, e scivoli sulla birra fatta cadere prima.
Poi un dettaglio attira la tua attenzione: l'oscurità.
Rientrando decisa, non avevi notato che fosse buio: eri troppo concentrata a tenere insieme i tuoi pezzi.
E quando realizzi cosa stai guardando, involontariamente trattieni il fiato in gola.
Non ti ricordi più come si respira, anche se dovrebbe essere un meccanismo naturale.
Michael arriva alle tue spalle silenzioso. Non ti abbraccia, non ti bacia, anzi sta bene attento a non sfiorarti nemmeno.

« Buon compleanno, Maria. » asserisce lugubre, tendendo una mano stanca a mostrare la penombra, rischiarata appena da un azzurro opaco.
Ma se tornassi indietro lo rifarei.
Avanzi cauta, come se ti stessi addentrando nel sogno di qualcun altro come fa Isabel, e sfiori il peluche di Scooby-Doo, che siede su una delle sedie attorno ad un tavolo illuminato da un paio di mozziconi di candela e apparecchiato grossolanamente.
« L'ho preso ieri in autogrill. Era l'unica cosa che poteva somigliare ad un regalo, così... »
Senza guardarlo sai che si sta stringendo nelle spalle.
E' stata importante per me, giuro.
Sorridi e continui ad accarezzare quel peluche, racimolando il coraggio per guardare il resto; i tuoi occhi hanno già avuto un assaggio, ma temi che il tuo cuore non regga.
Ti volti verso la parete di fondo -dove i padroni del motel avevano collocato un quadro dalla cornice impolverata che ritraeva dei cavalli che correvano- e la fissi con una mano sul petto.
Come se volessi contenere le stelle.
Come se volessi contenere un'esplosione.
Come se volessi contenere un piccolo big bang fra le tue costole.

Dal primo giorno, da quando t'ho rapita e t'ho rubato la macchina, sentivo che eri giusta per me.

Vergata nella calligrafia confusa di Michael, ora al posto del quadro, sul muro campeggia una scritta d'azzurro fluorescente, come l'insegna al neon di un locale notturno di Las Vegas.
« L'idea l'ho presa da Max. Quella volta che si ubriacò, per colpa dell'appuntamento al buio di Liz, le disegnò un cuore rosso con le loro iniziali. Ma io non sono tipo da cuo... »
« Vuoi stare un po' zitto?! »
Che io non volevo nessun'altra.
Ti avvicini titubante alla parete, non ancora del tutto convinta che quel che vedi e senti sia vero e non un tuo sogno vivido, fatto accidentalmente mentre lui è in realtà ancora intento a guardare la partita di baseball.
Tocchi con i polpastrelli la scritta e ti scappa un singhiozzo dalle labbra.

« M-Maria, tutto ok? » la sua voce è a pochi centimetri dal tuo orecchio.
Non ti sei neppure accorta che si è mosso e ti ha raggiunta; te ne rendi conto solo ora che le sue braccia ti circondando la vita da dietro e il suo mento si posa sulla tua spalla sinistra.

Ed è ancora così...
« E' una cosa stupida, vero? E' che non so mai che fare per stupir... »
Ridi del suo modo di riempire i silenzi imbarazzanti o carichi di attesa con parole prese a caso e ti volti nel suo abbraccio, baciandolo.
Lui spalanca gli occhi, colto di sorpresa, poi ti stringe di più.

« Non è una cosa stupida. E' una cosa alla Michael Guerin...con un pizzico di aiuto di una fata madrina di nome Max Evans. Perlomeno non è un altro paraurti. » Ridi, gettando la testa all'indietro.
« Quindi... ti-ti piace? » mugugna con gli zigomi accesi d'incertezza.
« Per quest'anno mi accontento, il prossimo chiedi aiuto a Liz invece che a suo marito. »
« Ma non preferisci qualcosa di spontaneo, che viene da me? »
Fingi di pensarci su, ma hai gli angoli della bocca rivolti verso l'alto che ti tradiscono.
Non ricordi più i motivi per cui volevi andar via, per cui eri affranta e il tuo cuore batteva a fatica nel tuo petto.
Quando si tratta di Michael ti arrabbi facilmente, ma altrettanto facilmente lo perdoni.
Eri al limite solo pochi minuti prima, adesso ti sembra di avere una riserva infinita d'amore e pazienza che prima non avevi notato.

« Certo. A diciassettenne anni andavo pazza per queste cose. Ora preferisco qualcosa sul genere degli orecchini di perle. Mi chiedo come mai soltanto quel Natale sei riuscito a centrare in pieno i miei gusti e... »
Lui ti interrompe, con un'occhiata che sembra terrorizzata.
« Ah, comunque tanto per mettere in chiaro le cose: non avevo davvero dimenticato che giorno fosse oggi. Faceva tutto parte del piano: mi serviva che te ne andassi dalla stanza e ho tirato fuori il peggio di me. »
Strofina il naso contro il tuo e asciuga gli ultimi residui di lacrime dagli angoli dei tuoi occhi.
« Ecco, quel peggio io non lo amo molto, quindi tienitelo per te, eh?! E la prossima volta basta chiedermi semplicemente di andare a comprare la cena qui vicino. »
« Ah. Già... »
Sospiri intenerita e lo baci ancora e ancora.
Anche se l'avessi lasciato, sai che saresti tornata.
Così come lui ti ha detto addio più volte e adesso ti cinge la vita con dolcezza, a riprova di quanto poco fossero state efficaci quelle separazioni.

Quindi sappi che, dovunque andrò a finire, io ti amerò per sempre.
« Oh, a proposito. Scusami per il livido. Non era mia intenzione farti sbattere contro il tavolo. »
« Tu chi sei? Cosa ne hai fatto del mio uomo dello spazio? »
Michael ti sorride e tu, come quando eravate al liceo, pensi ancora che sia la cosa più bella che ti sia mai capitato di vedere.
E anche se è complicato e lo è sempre stato dall'inizio, non avresti voluto niente di diverso.
L'azzurro fluorescente della scritta sul muro resta presto l'unica luce nel salotto, quando infine le candele si spengono senza cera da bruciare, e brilla più intensamente mentre i vestiti di entrambi cadono a terra in silenzio.

Siamo un casino. Ti amo.



Ho visto una puntata di Roswell in tv che avevo, credo, tredici anni.
Me ne sono subito innamorata follemente e da allora ho rivisto le repliche ogni anno, senza mai perdermene una.
Ad oggi, ancora mi riguardo gli episodi quando sono giù di morale. Micheal e Maria sono il mio OTP sacro, la storia d'amore che vorrei per me stessa e che augurerei ad ogni amica a cui sono particolarmente affezionata.
Scrivere di loro per me è come profanare una specie di Bibbia e mai avrei pensato di riuscire a mettere per iscritto anche una sola parola.
Ma poi questa storia ha preso corpo da sola e ne sono così fiera che, anche se non si fosse classificata prima (<3_<3) al contest a cui ha partecipato, non potrei non amarla.
Ringrazio col cuore la Giudicia Postergirl84 (che ama M&M quanto me) per aver indetto il contest "La fiera degli OTP" ed avermi dato lo sprono per cimentarmi in quest'ennesima follia.
Ringrazio anche tutte coloro che recensiranno, piaceranno e preferiranno <3
Un abbraccio forte.

Strange
   
 
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