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Autore: Desperate Housewriter    03/09/2013    6 recensioni
Fannie Crownden era in ansia quella mattina. Finalmente le era arrivata la lettera, quella lettera.
[...] Chissà che cosa si era inventato George quella volta considerato che ci avevo messo tempo per pensarci. Quel loro gioco era iniziato da quando avevano sei anni. [...] Costinteva nel lanciare sfide a vicenda, uno alla volta. Chi rinunciava veniva considerato un fifone. Ma non era mai successo. [...]
[...] Ma l'ultimo lancio dei dadi non era stato ancora tracciato. Il bello doveva ancora arrivare.
[...] L'ultima volta Fannie aveva sfidato George di prendere la patente di barca a motore e a vela. [...] Chissà, forse in questa sfida si era proprio vendicato.
Fannie, impaziente, aprì la busta.
Alice Williams
Alex Rose McKagan
Alexandra Johansson Smith
Alicia Spinnet
Alison Sincler
Beverly Rose
Caroline Marie Smith
Daisy Pearl
Dianna Scarlett
Elizabeth Darcy
Evelyn Wright
Felicia Lennox
Hannah Baker
Jackie Poe
Kimberly D Crystal
Lana Grafe
Mary Black
Maya Riddle
Michelle Saint Claire
Roxy D Portuguese
Roberta Salvatore
Shelly Webster
Scarlett Waldorf
Trova che cos'hanno in comune e facci una storia.

E ora vi chiederete, chi saranno queste venti persone?
Beh, sono delle persone vere, persone provenienti dal popolo di EFP.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO NOVE- Son le ventitrè per tutte


Casa Wright ore 23:00
Los Angeles

Evelyn Wright lesse il messaggio qualche secondo dopo che Fannie premette il tasto "INVIO". Non voleva risponderle subito per due principali motivi.
Il primo era perchè non erano le tredici e cinquantasei e lei era stata chiara con Fannie sull'orario d'incontro in chat. Rispondere sarebbe stato come approvare le undici come nuova ora di ritrovo. Il secondo perchè non aveva idea di che cosa risponderle. Era arrabbiata con Ellery per aver rivelato alla sua intervistatrice qualcosa di estremamente delicato che a parer suo sarebbe stato trattato da Fannie con troppa goffaggine, che avrebbe portato il tutto a rompersi e a ricostruirsi di nuovo più dolorosamente. Poi, l'idea che avrebbe dovuto incontrare una persona ancora più estranea di Fannie... Non poteva somigliarle, nessuno le somigliava. Nessuno provava quello che aveva provato lei e che forse provava ancora. Sapeva di essere una persona molto fragile e una casa con quattro mura era esattamente l'ideale per dimostrare il contrario, rigidità, schivamento e freddezza.
Evelyn andò nella stanza degli armadi, come la chiamava sua madre perchè ogni facciata era ricoperta da scaffali o mobili, e si guardò al lungo specchio che aveva davanti.
Rabbrividiva al vedere il suo corpo. Era una brutta grassona.
Guarda il doppio mento, guarda le gambe corte e troppo sformate, guarda gli occhi ormai non più azzurri, guarda le cosce bucherellate, guarda quanto è grassa Evelyn.
Sei una brutta grassona! Sei una brutta grassona! Sei una brutta grassona! Sei una brutta grassona! Sei una brutta grassona! Sei una brutta grassona!
Evelyn si coprì gli orecchi con entrambe le mani, basta! Urlò quasi piangendo e si strusciò su un armadio continuando a dargli pugni e calci, basta! Non fece in tempo neanche a rendersene conto che ad un tratto il suo corpo si fece sempre più debole, si sentì le gambe non reggere più neanche la sua persona, il suo carattere, la sua anima. Gli occhi si chiudevano da soli, le braccia allentarono la forte presa della rabbia appena provata e cascò a terra. Lei era lì in quella stanza e nessuno lo sapeva. Solo qualcuno poteva saperlo ma non l'avrebbe di certo aiutata, lui era un suo grande nemico, come poteva?
Era il suo specchio, lui aveva visto tutto.

Casa Diamonds Crystal ore 23:00
Santa Barbara

- Dianna Scarlett, ladra. - stava digitando Kimberly sul computer troppo vecchio, era capace di perdere i file anche dopo averli salvati un milione di volte - Alice Williams, apprendista stilista. Felicia Lennox, batterista di una band senza successo. Mary Black, sceneggiatrice. Evelyn Wright, traduttrice che non esce di casa da anni. -

Kimberly finì di scrivere soddisfatta, più per l'ordine e per essere riuscita a scrivere qualcosa senza che il computer si spegnesse, che per il contenuto. Il fatto che anche lei fosse nella lista l'aveva di certo spiazzata, ma aveva deciso comunque di proseguire. Magari avrebbe tralasciato sè stessa. Kimberly non voleva pensarci ed infatti non ci aveva mai pensato, ma anche lei un segreto ce l'aveva. Forse più d'uno, slacciandoli tutti dai collegamenti.

- Mamma, mamma! - urlò entrando senza bussare la porta Jeremy - i muffin sono pronti! -

- Jeremy, quante volte ti ho detto che non mi devi disturbare mentre lavoro? - - Non stai lavorando, sei sul desktop. -

- Come fai a sapere che questo si chiama desktop? -

- Io so tante cose, sono grande ormai! - Jeremy non era grande ma era molto furbo e intelligente per la sua età.

- Va' là sciocchino! - rispose Kimberly sorridendo - Arrivo tra cinque minuti! -

- Mamma ma non hai capito? Se non vieni finiranno bruciati! - urlò Jeremy, quasi come se in quel forno ci stessero persone viventi al posto di muffin.

- Allora corriamo! - stette al gioco Kimberly portandolo in spalle mentre scendevano le scale.

- Mamma finalmente sei aivvata! - affermò Michelle senza smettere di guardare dentro il forno - Sai stanca di stae davanti a computte! Dai, appi il fonno! -

- Va bene Miss Comando Io! - rispose Michelle aprendo il forno, i muffin non sembravano aver un bell'aspetto, erano sformati e si sbriciolavano facilmente, ma nessuno dei quattro se n'era accorto. L'importante per tutti era un venerdì sera passato armonosiamente insieme e a loro sarebbe andato bene anche un'atmosfera difettosa.

- Voglio che prima assaggi il mio. - disse Webster, il più timido dei tre al di fuori di casa, ma non per questo superbio e vendicativo.

- No, il mio! - gli urlò contro Michelle e il suo caratterino.

- Dai, Webster, assaggio prima quello di Michelle, dato che è la più giovane e dopo la signorina dovrebbe andare a nanna. - affermò strizzando gli occhi guardando l'orologio - cavolo, sono già le ventitrè passate! -

- Io a nanna non si vado! - disse Michelle, buttandosi a terra.

- Mangio il tuo per primo e gli altri li mangiamo domani mattina perchè ora ci dobbiamo filare, a letto! -

- Neanche pessogno! - soffermò Michelle incrociando le braccia.

- Devi mangiare prima il mio, mamma! - disse Webster cercando di attirare l'attenzione.

- Dai, Jeremy, lo mangio per secondo. Lascia stare tua sorella, che poi non va più a dormire. -

Webster, molto permalosamente, corse di sopra, probabilmente accasciandosi al letto piangendo come al suo solito. Kimberly ci avrebbe pensato più tardi.

- Mangiamo questo muffin, Michelle! - disse Kimberly prendendolo e spezzandone un pezzo per mangiarlo.

- Mmmh... Che buono! - mentì la mamma, ingoiandolo a forza. - Ora ci andiamo, a letto? -

- No e poi no! Io te lo ho zsa detto, a letto non si vado neanche nei sogni! - affermò nuovamente decisa la bambina, non c'era niente da fare.

- Allora io e Jeremy ti lasciamo qui, così il lupo stanotte ti porta via e noi non verremo neanche a cercarti! -

- Tanto non si credo. -

- Fa come vuoi, Michelle, fa come vuoi. Andiamo Jeremy? - chiese la mamma facendogli l'occhiolino, lui sembrò capire e la raggiunse salendo le scale.

Kimberly andò con Jeremy nella stanza di Webster e, prima di entrare gli disse - Mi aiuti a consolarlo? -

Jeremy aprì la porta e...

- Santo cielo Webster scendi giù di lì! -

Webster era fuori dalla stanza nel terrazzo, era salito da una sedia nel muretto in cui ci si appoggiava ed era pronto a buttarsi. Era ovvio che il bambino non aveva nessuna intenzione di morire, ma cercava di ottenere un modo per catturare tutta l'attenzione su di lui e, in effetti, c'era proprio riuscito. Ma questo l'aveva intuito solo Jeremy, la madre era impegnata nel farlo scendere.

- Dai... Forza, vieni dalla mamma. - cercó di dire Kimberly nel modo più tranquillo possibile, era terrorizzata, in caso fosse caduto avrebbe rischiato la morte. Ma Kimberly cercò di non pensarci.

- No che non ci vengo, devi assaggiare il mio muffin prima! -

- Allora scendiamo e lo assaggiamo. -

- No, devi portarlo qui e mangiarlo, allora scendo. -

- Webster vieni! - allungò le braccia la madre tremando avvicinandosi a lui.

Lui la schivò e nel farlo appoggiò un piede nel vuoto. La madre cercò di prenderlo in tempo ma non ci riuscì. E cadde. E il rumore della sua caduta fu l'unico suono che Kimberly sentì per settimane, giorno e notte.

Trouble Park ore 23:00
Los Angeles

- Credi che riusciremo mai ad essere felici, un giorno? -

- No. -

- Come sarebbe a dire no? -

- La felicità e il dolore non esistono, Grace. -

- Non è vero. -

- Si è felici solo perchè si pensa che in futuro si sarà felici. Si è tristi solo perchè si crede che in futuro si sarà tristi. -

- Aaron, ma dai! -

- Quando un bambino riceve un cavallino come regalo è felice solo perchè pensa che in futuro, mentre ci giocherà, sarà felice. Questa non è felicità pura. -

- E se ti morisse un parente? -

- Sarei triste perchè penso che in futuro sarò triste perchè sentirò la sua mancanza. La felicità e la tristezza sono solo illusioni ottiche, tutto qui. -

- E se morissi io? -

- Allora soffrirei veramente. -

- E... STOP! - urlò Stu soddisfatto e facendo un leggero applauso - Questa era perfetta, ragazzi! Cinque minuti di pausa. -

- Come perfetta? - chiese Mary un po' irritata, cercando comunque di mantenersi composta.

L'attore che interpretava Aaron File aveva recitato veramente male, non aveva soddisfatto per niente le soddisfazioni di Mary. I due attori avevano una candela a testa, le stelle erano troppe e troppo luccicanti, i grilli erano troppi mentre cantavano. Rendevano il tutto troppo combaciato romanticamente appositamente e Mary non voleva questo. Mary adorava la pura semplicità, il realismo della vita vera, non qualcosa di pensato che poteva accadere solo nello schermo del televisore. Una coppia mentre guardava la sua trasmissione doveva dire "guarda, quei due potremmo essere noi".

- Oh Mary, scusami! Rex non gliel'hai detto? - rispose Stu con un tono di voce troppo indaffarato, anche se in realtà non lo era per niente. - Cielo che caldo con queste luci sempre puntate, Rex portami qualcosa da bere! -

Mary tossì appropositamente, non poteva tenerselo stretto per parlarci neanche per un secondo che si era già dimenticato di lei.

- Abbiamo dovuto fare una stretta del copione. Era carino quel "allora illudiamoci otticamente insieme" e tutto il resto ma serve qualcosa di più... -

Mary sapeva già che parola lui stesse per usare, quella battuta ormai era diventata da copione. Magico. Anche se per lei, la parola più adatta da usare era irreale.

- Magico? -

- Già... Incredibile, sai sempre quello che sto per dire. -

- Ma... -

- Stu, Stu Brost? - la interruppe un uomo con un cappellino molto allegramente, non troppo giovane, se Mary non sbagliava, aveva superato la cinquantina.

- Sì. Tu sei? - chiese nel suo solito modo da sbruffone.

- Mike Tomphson, giornalista della rivista mensile del "May Day", mi ha convocato la vostra compagnia. Devo sentirmi onorato nel fare i miei più cari complimenti al regista di questa serie eccezionale! Che temi e che classe con cui li trattate! -

- Oh, ti ringrazio Mike. Ma il merito non è solo mio, c'è tutto un lavoro sotto che non avrei potuto far da solo senza l'aiuto dei miei operatori. -

- Suvvia, Stu, non perdiamoci in ciance! Tu sei l'ideatore e il mio articolo sarà dedicato solamente a te! -

Mary era abituata a questo, era sempre la solita ramanzina.

- Un bicchiare di The fresco al Limone va bene? - chiese Rex sperando di aver accontentato il capo.

- Sì certo, dammi qui. - rispose Stu non badante.

- Comunque hai ragione, Mark... -

- Mike. -

- Scusami, stavo dicendo... Ah, sì! Senza di me tutto questo non potrebbe essere in vita, non mi ci avevi mai fatto pensare! -

Mike guardò il bicchiere di the fresco di Stu desiderandone anche lui uno, con tutto quel caldo afoso artificiale, ma il regista sembrò non essersene accorto.

- Allora lo vedi che ho ragione! -

- Che dirai nell'ar... - Stu fu interrotto da un colpo di tosse che fu seguito da un altro e poi da altri ancora. Sentì una sensazione di vuoto arrivargli in gola, non riusciva più a percepire le persone che gli stavano attorno, tutto ormai gli era diventato indifferente. Per un attimo, il mondo non girava intorno alla sua radiosità, ma al suo soffocamento. Stu Brost cadde a terra quella stessa sera alle ventitrè e ventisei. Chissà se avesse considerato anche quell'avvenimento un tocco magico nella sua vita.

Casa Lennox ore 23:00
Santa Barbara

- E uno, e due, e un due tre vai! -

Quando il bar è chiuso perchè è Natale
e fuori non si trova un cane nè un maiale,
allora vengo a casa tua e ci metto un po' di sale,
a tutta questa musica che hai tutta commerciale.

Se tu non mi paghi
io ti spacco il culo
Se tu non mi droghi
io ti tiro un mulo
Se tu non mi streghi
ti dico "vaffanculo"!

Quando tu ti strucchi per andare a letto,
io ci metto un po' a guardarti e rimango piatto,
forse sono tutto fatto,
o forse mi ha morso il dito un ratto!

Se tu non mi paghi
io ti spacco il culo,
se tu non mi droghi
io ti tiro un mulo,
se tu non mi streghi
io dico "vaffanculo!"

- Dico è perfetta, ragazzi! -

Yako andò a battere il cinque a tutti, Felicia tentò di sorridere e gioire insieme a loro. Quella canzone non era quello che voleva lei, non rappresentava il suo essere e sapeva che neanche ai ragazzi non piacevano quelle parole, quei testi assurdi, quella musica che faceva solo baccano. Stavano correndo tutti troppo, correndo per salvare un amico.

- Non possiamo un po'... Rimodellare il testo? - chiese Felicia tentando di sembrare innocente, senza peli sulla lingua.

- Domani suoniamo, Fely... E noi vogliamo salvare Shono... Dobbiamo avere abbastanza soldi per... -

- Pagargli le cure, lo so. -

Lo sguardo di Felicia e quello di Shono si incontrarono. Lei sapeva che i suoi occhi stavano rifiutando l'aiuto che gli era stato regalato, la troppa premura. Si sentiva un ostacolo per i suoi fratelli e anche verso Felicia, che prima aveva una vita felice e serena, ma che era stata costretta a mettere in condivisione la casa con loro. Non poteva andare all'ospedale perchè non aveva, come tutti gli altri componenti della band, il permesso di soggiorno. Felicia lo sapeva bene, al contrario dei suoi fratelli aveva un gran cuore e, ormai, si considerava parte della loro famiglia. Dovevano salvarlo, al costo di pagare qualsiasi medicinale.

- Stai bene, Shono? - gli chiese Felicia, sapendo già che lui avrebbe mentito. Yako, intanto, stava parlando con Stujo, il genio del computer, per gli effetti speciali durante la futura gran serata.

- Sì, tu tranquilla. -

- Vedrai che domani spaccheremo. -

- Non pensare sempre a me. Tu hai famiglia, casa, tu troppo buona. Tu non essere razzista. Tu accettare me come fratelo. Tu fai il possibile per me, io lo so. Vorei essere al posto dei tuoi frateli, perchè loro non sanno quanto sei speciale, io sì.

- Tu sei mio fratello. -

- E tu sei mia sorella. -

A Felicia scappò una lacrima dal viso, ma non ebbe per la prima volta l'impulso di coprirla.

- Quando io moio, tu non deve essere triste. È normale nela vita. Tutti prima o dopo moiono. A me è toccato prima. Tu deve ascoltare tui frateli, tu devi continuare per tua strada, perchè tu sei speciale, sei persona più speciale che io conosco. -

Alla prima lacrima versata di Felicia, fecero compagnia altre due, e poi tre, quattro, cinque. Sempre di più, disfandole il trucco e rigandole il viso di mascara.

- Tu non morirai, Shono. -

- E devi prometermi che pubblicherei quelo che mi hai fato legere, devi mostrare qualcuno più importante de me. -

- Uno, tu sei importante. Due, tu non morirai. -

- Prometemi. -

- Shono, devi ascoltarmi, non... -

- Prometemi. - le ripetè Shono di nuovo, con lo stesso tono di voce.

- Te lo prometto. - sussurrò Felicia pizzicandogli il naso, era un gesto che gli faceva sempre.

- Sei stanco? - gli chiese vedendo Shono un po' teso, con gli occhi gonfi e un po' paurosi. Era più che stanchezza, era paura. Lei non era a conoscenza di quello che Shono stava per affrontare, nessuno ne era.

- Sì. - rispose lui, alzandosi e dirigendosi verso la sua stanza. Ce n'erano solo due, di stanze, Shono la divideva con lei.

- Faccio piano quando arrivo, non sentirai volare una mosca. -

Come risposta sorrise e sussurrò ai ragazzi - Posso darvi un bacio di buonanotte? -

- Ma certo! - sussurrarono loro ben felici di accettare.

-'Notte a tutti, vi voglio tanto tanto bene. - disse perlustrando gli occhi dei tre per poi lasciarsi tutto alle spalle e girarsi.

- Anche noi. - risposero all'unisono gli altri, ma era troppo tardi.

- Che ha detto a te? - le chiese Yako.

- Mi è sembrato molto strano... -

- Come mai? -

- Non saprei, in realtà. Crede di essere un peso. -

- Non lo è. - disse Stujo, parlandole per la prima volta in tutta quella sera.

- È quello che gli ho detto, ma non lo vuole proprio capire. -

- Comunque domani bisognamo guadagnare, per il bene di Shono. -

- Dobbiamo andare all'ospedale. - suggerì Stujo.

- E come portiamo lui, a forza? -

- Uhm... -

- C'è qualcos'altro, da preparare? - chiese Felicia.

- No, anzi meglio che tu controli lui e fai compagnia, noi facciamo le ultime cose. -

Felicia non si oppose, preferiva passare il suo tempo con Shono che parlare del discorso "Low Budget". Camminò piano per il corridoio cercando di non svegliarlo in caso dormisse e aprì dolcemente la porta.
Non accese le luci, ormai conosceva quella casa a memoria.

- Shono, stai bene? - Nessuna risposta, probabilmente si era già addormentato.

A tastoni andò verso il suo letto, voleva rimboccargli le coperte essendo a consapevolezza del fatto che durante la notte gli cadevano sempre fuori. Ma, appena rimesse a posto, non sentì il corpo di Shono.
Accese la luce e si sentì mancare appena vide scritto in matita sul muro: "Non ciamate l ospedale, soteratemi e nessuno se ne acorgera. Vi volio bene e ho lashato sul tavolo una busta per ogniuno. "

Felicia non badò agli errori grammaticali sul muro o alle buste sul tavolo, per un attimo si dimenticò di tutte le superficialità imposte da una società troppo presente nelle vite umane, in quel momento erano sparite dal suo cervello, erano diventati insignificanti, invisibili. Si mise a cercarlo da tutte le parti, nella speranza che tutto fosse uno scherzo ed in preda al panico urló disperata - Ragazzi venite qui! -

Intanto guardò sotto il letto, in bagno, nell'altra stanza...
I due coreani arrivarono in un balzo percependo il dramma della vicenda. Lei si limitò nel parlare ma lasciò che loro scoprissero che cosa fosse accaduto. Entrambi, senza dire una parola, si misero a cercare.
Felicia non sapeva come si sentivano, non avevano espresso alcuna parola. Forse perchè non volevano mollare l'osso, speravano di trovarlo e non volevano sprecare il tempo regalato. La speranza che aveva Felicia la stava avvelenando, non vedeva più quello che stava facendo, tutto intorno a sè le girava, non capiva nulla. Si stava muovendo a caso, tanto per far qualcosa, per cercare di essere di aiuto, un aiuto invisibile. Si sentiva invisibile.
Fu Stujo ad indirizzarla verso la finestra urlando - Yako, chiama l'ambulanza, subito! - Felicia guardò in basso cercando di abbattere il pensiero di quello che si aspettava di scoprire, non voleva vedere quello che le si presentava davanti. Ma, purtroppo, quel desiderio non si avveró. Shono era accasciato a terra pieno di lividi e coperto dal suo stesso sangue, aveva fatto un volo dal quinto piano.
A nessuno era sfiorato il pensiero del permesso di soggiorno, delle loro sorti. Tutti e tre sarebbero stati pronti anche a morire, pur di salvarlo.
Felicia, per un attimo, desiderò di fare la stessa fine dell'amico.
Voleva accompagnarlo. Non le rimaneva che sperare, pregare e sperare. Ma non riusciva a pensare ad altro oltre al fatto che Shono sarebbbe stato intrappolato da un sogno dal quale non si sarebbe mai più risvegliato.




'Mattina a tutte, ragazze.
Questo capitolo, tra tutti, è quello che preferisco.
Non è che io abbia molta autostima, anzi, tutto quello che scrivo mi fa letteralmente schifo, ma chi scrive come me avrà sicuramente questo mio problema, magari non lo ammette.
Quindi, mentre agli altri il mio voto per loro avrebbe raggiunto per poco la sufficienza (se di buon umore della sottoscritta), con questo sono buona e do un bel sette e mezzo a me stessa! ;) Allora, in questo ho molte domande da farvi, vorrei sapere la vostra opinione.
Prendetevi tutto il tempo che volete per rispondermi, rilassatevi comode...
Non importa se sei una dei personaggi oppure no, una tua opinione mi farà saltare di gioia, la leggerò e la leggerò in continuazione, fino a non ricordarla a memoria. Mi basta una frase, due, per farmi sorridere. E non dico che debbano essere positive, anzi! Se hai qualcosa da criticare fatti subito avanti e ti accoglierò a braccia aperte, non prendo niente come offesa ma come uno stimolo a migliorare.
E dopo questa mia predica in ginocchio scritta apparentemente da una disperata passiamo alle domande, che è meglio, va'!
Intanto, vi piace questa mia idea di farvi spiare dalla tenda della finestra dei nostri quattro personaggi? Vi disorientate senza Fannie, oppure vi piace questa novità? Cosa pensate di tutto questo, degli eventi simili che sono capitati alle nostre donne verso le undici? Chi sarà morto? Chi invece sarà riuscito a sopravvivere?
Analizzo con voi ben bene personaggio per personaggio, un po' per schematizzare le mie domande.

Miss Wright- guarda com'è grassa Evelyn La parte più breve, più corta, è stata la prima, quella con la nostra Evelyn. Vi ho accennato un altro suo lato, ma ho lasciato in sospeso qualcosa. Che cosa è successo ad Evelyn nello specchio? E cosa succederà?

Mrs. Diamonds Crystal- scendi giù di lì
Bene, nella seconda scena, in sospeso ho lasciato due cose.
Che stava facendo esattamente Kimberly nel suo computer? E che ne sarà del piccolo Webster?
Miss Black- il tocco magico di Stu Brost
Con Mary ho cercato di mettere a prova come la descrive Rozanne, avete percepito in lei qualcosa che diceva la sua agente? E cosa è successo a Stu? Tutto questo non vi puzza?

Felicia Lennox- prometemi
Devo ammettere che per un po' di tempo non avevo fatto più apparire Felicia in scena, un po' ped la mancanza di idee e di interessamento. Ma ora... Mi interessa di più e onestamente tra tutte è quella che mi incuriosisce maggiormente. Come la vedete con Shono? Uguale o diversa? E con Shono? Cosa è successo? Si salverà? E Felicia, che farà? Che le capiterà?

Tra tutti, leggendo i miei schemi, chi vi incuriosisce di più? Chi meno? Mi fate una classifica? E, se tra di questi c'è il vostro personaggio, che ne pensate finora? In che vi identificate? In che, invece, non ve' somiglia pe' niente (pronunciata alla Johnny Stecchino ;)?
Fatemi sapere tutti i dettagli, mi raccomando!
Baci,
Desperate
  
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