È
il dovere di un
fratello
Nonostante
Goku fosse stato affidato a Konzen, molto spesso capitava che il
bambino
desiderasse semplicemente restare in compagnia del più malleabile
Kenren.
Diverse volte, infatti, il Generale se l'era ritrovato seduto davanti
alla
porta della propria stanza nel dormitorio dell'Armata, mentre giocava
distrattamente con le pesanti catene che ancora portava ai polsi e alle
caviglie.
Poi, nell'avvertire la presenza dell'altro, il piccolo sollevava lo
sguardo, che
si illuminava quando le sue iridi dorate incontravano quelle blu
dell'adulto.
Kenren non poteva fare a meno di sorridere appena e, chinandosi al suo
fianco,
gli rivolgeva un'occhiata carica di intesa fanciullesca.
"Sentiamo... hai fatto ancora arrabbiare il paparino?"
Il dio sapeva bene che la pazienza del custode di Goku fosse piuttosto
limitata
— e tuttavia aveva fatto enormi progressi —, quindi non si sorprendeva
quando
il bambino gli rispondeva con un'espressione satura di tristezza.
"Gli ho messo di nuovo in disordine i documenti. Non fa altro che
starsene
seduto alla scrivania a timbrare e timbrare... mi
annoio."
Kenren si lasciava sfuggire una risata a quella confessione, poi, gli
scompigliava i capelli e sollevava lo sguardo pensieroso.
"Anche io, Goku; e non immagini quanto."
Solitamente, si rifugiavano nello studio di Tenpou, perché la camera di
Kenren
era decisamente troppo piccola per ospitare entrambe quelle pesti, e lì
trascorrevano le giornate fra le stramberie dell'altro Generale.
In quei momenti, Kenren tendeva ad essere un po' più attento a ciò che
Goku
osservava o prendeva tra le mani, in quanto lui stesso a stento sapeva
cosa
avrebbero potuto trovare fra la roba ammassata in quello studio...
Una volta, furono addirittura costretti a dare la caccia ad un dannato
cobra di
quasi quattro metri, che poi avevano ritrovato qualche ora dopo
schiacciato dai
grossi tomi scivolati giù da chissà quale libreria.
Kenren rimproverò a lungo Tenpou per la sua irresponsabilità, mentre
Goku
punzecchiava il cadavere del povero rettile e il superiore ammetteva le
proprie
colpe senza neanche prestare particolare attenzione alle parole del
sottoposto.
Erano momenti in cui il bambino si sentiva davvero
felice, perché quasi si instaurava in lui la consapevolezza
d'appartenere a
qualcosa e a qualcuno.
E quando Konzen entrava nella stanza per riprenderlo con sé, allora era
come se
il suo cuore venisse circondato dal calore di quelle tre anime che gli
erano
vicine: avvertiva le loro vite al suo fianco, pulsanti ed apparentemente inestinguibili.
Quindi, Goku sorrideva, forse in maniera incomprensibile anche per se
stesso...
La prima volta che il bambino temette per la precarietà di quella
fiamma che
gli riscaldava il petto, fu quando vide Kenren tornare stanco e ferito
verso la
propria camera.
Goku già non ricordava quasi più il motivo per cui aveva litigato con
Konzen, e
nel momento stesso in cui notò l'incedere sfinito del Generale e le
bende
sfumate appena di rosso che gli avvolgevano il torace, lo colse uno
strano
senso di soffocamento: non riusciva a muoversi come desiderava, una
sensazione
viscida, un brivido gli scivolarono
lungo la schiena e il bambino sperimentò la paura.
Quando Kenren lo vide davanti alla sua porta, come pietrificato,
l'espressione
del Generale si addolcì appena e, con il passo rallentato dalla fatica,
si
avvicinò al piccoletto che non gli staccava gli occhi di dosso.
"Ehi, si può sapere che hai?"
La divinità gli aveva poggiato una mano sulla testa, però quella volta
non gli
arruffò i lunghi i capelli.
Fu un tocco lieve, ma deciso.
Una rassicurazione — «Sono
qui, mi vedi?».
Non c'era alcun broncio buffo ad incurvare le labbra di Goku, solo
un'espressione così disperata — e smarrita —, che il cuore dell'altro
per un
attimo si fermò.
"Cosa ti è successo?"
Kenren non rispose subito, soprattutto perché non si aspettava la nota
di
tristezza che si perse nelle parole della creatura dagli occhi dorati.
In realtà, aveva già ricevuto una sonora ramanzina da Tenpou — e lui, a
differenza dell'altro, ascoltava davvero tutte
quelle sue lamentele che suonavano come velate minacce —; quindi, si
disse che
ricevere un rimprovero anche dal bambino lì di fronte non sarebbe stata
poi la
fine del mondo.
Goku non lo guardava negli occhi, ma teneva lo sguardo fisso sulle
fasce
attorno al suo petto con fare ostile, come se avesse voluto che quelle
ferite
sparissero al solo volerle mandar via, cancellandole per sempre.
"Una missione sulla Terra che non è filata liscia come credevo."
Ammise il Generale, scrollando le spalle con un mezzo sorriso, e si era
già
avvicinato alla porta della camera per aprirla, quando Goku, rimasto
immobile,
parlò ancora.
"Credo di aver avuto paura, quando ti ho visto."
Kenren si bloccò nell'atto di tirar fuori la chiave.
Per un attimo, ebbe la tentazione di fare una battuta sul fatto che gli
sembrasse assolutamente impossibile che si fosse ridotto tanto
male da aver persino perso il proprio fascino, poi, però, il
tremore dei pugni di Goku lo fece desistere.
"Senti, allora ti faccio una promessa."
Il dio gli poggiò una mano sulla spalla e lo costrinse a voltarsi; quindi,
si
chinò alla sua altezza — ignorò ogni dolore e fitta, non badò alla
macchia
rossa che lentamente si allargava sulla fasciatura candida e ancor meno
prestò
attenzione al vago odore di sangue
che gli stuzzicò le narici.
Goku, però, si allarmò.
Avvertì chiaramente quell'aroma
infettare con violenza ogni angolo del corridoio, e per un attimo le
lacrime
pizzicarono agli angoli dei suoi grandi occhi.
"Ascoltami. Non permetterò più
che in mia presenza tu sia spaventato, d'accordo? È il dovere di un fratello, no? La paura esiste solo sei
abbastanza sciocco da credere d'essere stato abbandonato: allora, tutto
potrebbe
apparire più terribile di quanto in realtà non sia... ma per adesso non
hai
nulla da temere." Prese una pausa, mentre l'eco delle sue ultime parole
risuonava nel silenzio tutt'attorno. L'altro parve calmarsi: non c'era
più
alcun fremito a scuoterlo.
"Allora, che ne dici di entrare? Sai, Tenpou non è l'unico che
colleziona manufatti
dal mondo terrestr--..!"
Però, quella frase gli morì in gola, quando Goku lo abbracciò di colpo.
Kenren rise, reprimendo in un angolo della propria mente il dolore che era
esploso
a quel tocco, e ricambiò esitante il gesto, stringendo a sé il bambino
con un
sorriso accennato.
Quella volta, Goku assaporò ogni sfumatura del profumo del Generale:
nicotina,
alcool e odore di erba bagnata, legno e fiori che si imporporavano nel
sentore
del sangue.
"Ehi, scimmia! Svegliati!"
Il ragazzo si alzò di scatto, quasi sbattendo la testa contro la fronte
del
mezzo demone chino su di lui.
Gojyo si scansò giusto in tempo e, dopo aver masticato fra sé qualche
insulto,
tornò al proprio letto dove, fissando l'altro giovane di sottecchi, si
accese
una sigaretta — l'alba era prossima, e probabilmente non sarebbe
riuscito a
riaddormentarsi.
Da parte sua, Goku si portò una mano al volto, confuso, e nel
riacquistare ogni
coscienza del proprio corpo, lo avvertì scosso dai brividi e coperto da
una
sottile patina di sudore.
"Diamine, non si può neanche dormire tranquilli con te. Ma che razza di
incubo hai fatto?"
Gojyo mugugnò quella frase con la sigaretta fra le labbra, senza però
ricevere
alcuna risposta dal giovane il quale, col respiro ancora affannoso, si
limitò a
fissarlo con una luce di inconsapevole paura
nelle iridi dorate.
Però fu un attimo.
Gli bastò guardare dritto negli occhi cremisi del compagno, ed il
battito del
suo cuore si calmò di conseguenza.
C'era un bel calore, ora, ed un profumo indistinto che si perdeva fra
il fumo
della sigaretta di Gojyo.
"Io... non lo so." Ammise esitante, mentre l'espressione del mezzo
demone si incupiva.
L'uomo, nonostante fosse restio ad ammetterlo, era rimasto piuttosto
scosso
dall'angoscia che si era dipinta sul viso del ragazzo in quel
frangente;
quindi, lo aveva vegliato per un po', prima di decidersi a tirarlo
fuori da
quella che gli era sembrata una dannata tortura.
Era stato come rispondere ad un irrazionale dovere.
Sbuffò, massaggiandosi la fronte con la mano che ancora reggeva la
sigaretta.
"Senti un po'..." Iniziò, ma venne interrotto quasi subito.
"Grazie."
Goku lo spiazzò, senza dargli alcuna possibilità di finire la frase, e
Gojyo sbatté
le palpebre un paio di volte, prima di cogliere l'effettivo significato
di tale
parola; quindi, sorrise, e anche se in quell'attimo non ne comprese in
pieno il
motivo, per un istante, un senso di calda familiarità pulsò assieme al
suo
cuore:
"Aah,
fgurati. Una
scimmia spaventata è forse più inutile di una scimmia stupida."
*Owari*
Dopo secoli,
ritorno
in questo fandom. °3°
In realtà, mi sarebbe piaciuto farlo con una BanriGojyo che ho in
cantiere da
un po', ma il mio odiato cervello
proprio non vuole lavorare su quel fronte e mi distrae dai miei
effettivi
progetti... *sigh*
However, questa one-shot è stata
scritta un po' di getto e un po' perché avevo voglia di mettere giù
qualcosa
sul rapporto Goku-Kenren e Goku-Gojyo.
Sono come due fratelli pestiferi e li trovo adorabili! XD
Well, spero davvero che la lettura sia risultata piacevole! =)
Un bacio, e grazie infinite per essere arrivati fin qui!
Iria.