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Autore: SaraRocker    04/09/2013    4 recensioni
Ciao a tutti! Sono tornata a scrivere in questa sezione, già, e... Nuovamente sulla PIN X YANO! ♥
Yano e Pin finiscono intrappolati dentro lo stanzino degli attrezzi... Come passerà il tempo tra i due?
Estratto-
_"Dannazione!" imprecò facendo cadere a terra le mazze che era riucito ad afferrare.
Mi voltai immediatamente, vedendolo di fronte alla porta con il volto d'improvviso divenuto pallido, mentre gesticolava frettolosamente con le mani.
"Che succede?" chiesi dunque iniziando a preoccuparmi vedendolo in quelle condizioni.
"L-La porta... Non si apre" mormorò in risposta in un sussurro._
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayane Yano
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Obbligo o...
Verità


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'Tutti vorremmo essere, al mattino, 
il primo pensiero di qualcuno.'

cit.
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"Dannazione, Dobbiamo fare qualcosa..." esordì dopo almeno mezz'ora di completo silenzio, alzando le mani al cielo ed iniziando ad attraversare lo stanzino con palese esasperazione. Si massaggiava la fronte con una mano, portandosi i capelli all'indietro, mentre poggiava l'altra su un fianco.
Io invece, rimanevo seduta a terra, con la schiena poggiata alla parete in legno, annoiata, cercando di ragionare al meglio su come evadere al più presto da quell'orribile situazione.

Si stava avvicinando, anche quell'anno, il festival dello sport, e tutti erano sin troppo eccitati a quell'idea. Infondo chi mai ripudierebbe un temporaneo arresto delle lezioni sostituendolo con un paio di partite in ambito sportivo?
Io avrei partecipato, con palese passività, ai mach di pallavolo, mentre Chizu e Sawako avrebbero preso parte alle partite di calcio europeo.

Quella mattina dovevamo sistemare le varie attrezzature per l'inizio del festival, e perciò non ci sarebbero state le lezioni, a patto che collaborassimo tutti utilmente.
Avevo pensato di rimanere a casa quel giorno, dicendo a mia madre di essere malata e dimostrandoglielo con un paio di trucchi, ma Chizu mi aveva dissuasa dal farlo.
Lei era totalmente euforica all'idea dell'inizio di quella celebrazione, e voleva che ognuno di noi collaborasse.

"Devi esserci Yano! Ti prego! Io vengo pure a tutti quegli stupidi test..." mugugnò lei incrociando le braccia sul petto e storcendo le labbra fingendosi offesa, mentre io non potevo evitare di riderle in faccia.
"Quegli stupidi test, come il chiami tu, ti servono per evitare la bocciatura! E lo sai!" le risposi dunque affiancandola in corridoio.
Lei sbuffò, lanciando uno sguardo al soffitto, per poi calpestare rumorosamente il pavimento, come una bambina di cinque anni a cui viene negato il proprio giocattolo preferito.
"Per favore! Per me è importante! Il festival dello sport è la sola cosa che mi piace della scuola... E tu me lo rovini così?"
"Non ho detto che non verrò... Ma che, semplicemente, starò a casa domani, durante il giorno per organizzare le attrezzature... Durante il festival sarò presente tutti i giorni." risposi io, ormai arrivata al mio armadietto, afferrando le scarpe al suo interno.
Era ormai giunta la fine delle lezioni e ci stavamo apprestando a tornare verso casa.
"Ma Yano, ti prego, fallo per me! Sawako viene!" esclamò Chizuru indicando la nostra amica, che a pochi passi da noi, sfoderava uno dei suoi splendidi, quanto rari, sorrisi.
"Chizu..." la avvisai io, cercando di mostrarmi irremovibile e severa, pur essendo sul punto di cedere. Cosa che lei probabilmente capì.
"Per favore... Fallo per me!"

E così ero venuta.


"Stupida Chizu... E' tutta colpa tua se sono finita qui." mi feci sfuggire dalle labbra, distraendo il moto -ormai perpetuo- dell'uomo, che mi guardò confuso qualche istante, per poi tornare a sè.
Io portai le ginocchia poggiate sul mio petto, per poi afferrarmi le gambe, in un abbraccio, decisamente stanca.

Dovevo prendere dalla sala degli attrezzi sportivi dei palloni da pallavolo, così da poterli sistemare immediatamente nella palestra, semplificando il lavoro per il giorno seguente, mi diressi dunque verso il giardino dove si ergeva la piccola casetta in legno che conteneva le varie attrezzature.

"Ayane! Che ci fai qui?" mi domandò l'uomo vivacemente cogliendomi di sorpresa, così da farmi sussultare.
Avevo appena poggiato il palmo della mano sul pomello della costruzione in legno, intenta ad aprirlo ed entrarci, così da finire al più presto il lavoro assegnatomi.
"Pin..." mormorai seccata non appena lo ebbi riconosciuto, già incredibilmente infastidita dalla sua presenza.
"Devo prendere un paio di cose" risposi poi, capendo di non potere essere più di tanto sgarbata. Per lo meno non mentre eravano a scuola.

Lui era pur sempre un professore.

"Anche io. Mi servono undici mazze da baseball e-" "Non te l'ho chiesto, mi pare..." lo interruppi subito aprendo la porta ed entrando, seguita dall'altro che imitava il mio labbiale con un espressione infastidita in volto.
Finsi di non notarlo.
Iniziammo a cercare ciò che ci serviva. Io notai, con sollievo, che i palloni erano semplicemente in una scatola, ed oltretutto già gonfiati e che, dunque, non avrei dovuto fare altro che prenderli e portarli in palestra.
Mi avvicinai  ad una cassa in legno che ne conteneva a decine, già pronta a liberarmi  del mio breve compito, quando un rumore mi distrasse.

Riflettei un momento, concludendo che Pin fosse uscito, per poi avvertire la sua voce profondamente impanicata "Dannazione!" imprecò facendo cadere a terra le mazze che era riucito ad afferrare.
Mi voltai immediatamente, vedendolo di fronte alla porta con il volto d'improvviso divenuto pallido, mentre gesticolava frettolosamente con le mani.
"Che succede?" chiesi dunque iniziando a preoccuparmi vedendolo in quelle condizioni.
"L-La porta... Non si apre" mormorò in risposta in un sussurro.


Da quel momento eravamo rimasti in silenzio per interi minuti, certi che sarebbero accorsi in breve tempo a prenderci, ma dopo mezz'ora ancora nulla.
Pin continuava a camminare come un folle avanti e indietro per lo stanzino, ed avrei potuto giurare che stesse scavando un solco nel pavimento, vista l'assillazione che lo aveva colpito.
Io invece, cercavo di riflettere con quanta più calma mi fosse concessa.
"Ecco! Sono un genio!" si auto-acclamò dopo qualche istante sorridendomi spavaldamente.
Io sollevai un sopracciglio non capendo, per poi domandare "Di che si tratta?"
"Cellulare, no? E' ovvio!" rispose vittorioso, ostentando una sicurezza decisamente non degna di lui.
A quelle sue reazioni non potei fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata, per poi vederlo estrarre dai suoi tipici pantaloni da ginnastica -lo avevo visto senza solo fuori da scuola, per pura casualità- un telefonino. Lanciò una breve occhiata sullo schermo illuminato, per poi tornare a me, facendomi preoccupare.
Il suo indelebile sorriso era sparito.
"Che succede?" domandai improvvisamente colta dal panico.
"Non c'è campo"

Ero preoccupata, inutile negarlo.
Ero affamata e non riuscivo a capire per quale ragione, nessuno fosse ancora entrato. In teoria, infondo, decine e decine di studenti sarebbero dovuti essere già venuti: chi per cercare attrezzature e chi...
Avvampai rendendomene conto.
La porta probabilmente era chiusa anche dall'altro lato, ma con estrema certezza, nessuno studente sarebbe andato a chiedere le chiavi in sala insegnanti, sapendo come venisse frequentemente utilizzata quella casetta in un angolo del giardino.
Pin notò il mio sguardo, fermandosi di colpo dal porprio moto, osservandomi confuso.
"Che succede, Ayane?" mi domandò dunque lui, non spostandosi però dalla propria posizione. Era in piedi di fronte a me.
"Q-Questo..." mi fermai, sempre più in imbarazzo, sentendo improvvisamente il caldo investirmi.
"Questo stanzino... V-Viene usato dagli... Studenti... P-Per... D-Degli... Incontri" sputai senza fiato, non potendo fare a meno di pensare che io e Pin eravamo insieme in quel  luogo, ma soprattutto soli.
Lui mi squardò, prima di impallidire  anch'egli, con ogni probabilità, riflettendo al mio stesso modo.
"Se uno studente trova questo posto chiuso, sa che significa." feci poi allusiva, cercando di parire quanto più distaccata mi fosse possibile, e tentando di respirare lentamente, con falsa tranquillità malamente ostentata.
"Non va a chiedere le chiavi per aprirlo..." conclusi infine abbandonandomi a terra, sdraiata e preoccupata, mentre Pin si sedeva contro la parete opposta a quella dove ero io, trovandosi di fronte a me.

Potevano solo sperare che un insegnante ci trovasse entro quel giorno, o altrimenti avremmo dovuto attendere la mattina seguente con l'arrivo del bidello in servizio.



"Ho fame..." esordì il professore dopo almeno un'ora, facendomi sussultare dalla sorpresa. Ormai la scuola era finita ed il vocio all'esterno non c'era più, facendo posto ad un rilassante silenzio.
Lui era seduto su una vecchia cassa su cui era impresso il logo, ormai sbiadito, di una celebre marca sportiva, mentre io ero ancora sdraiata, seppur leggermente indolenzita.
"Pensi che io non abbia fame?" feci io osservando il cielo attraverso il piccolo lucernario che era sul tetto, cercando di capire se fosse davvero possibile passare da quella minuscola finestrella.
No, sarebbe stato inutile.
"Beh... Non hai qualcosa?" domandò lui curioso, come non avvertisse il nervosismo nella mia voce.
Io mi rotolai di lato, trovandomi a pancia in giù sul pavimento, per poi poggiare il meno sugli avambracci, così da potergli mostrare la mia espressione infastidita.
"E dove pensi potrei mettere del cibo, nella divisa di educazione fisica? In questi dannati pantaloncini non c'è nemmeno una tasca..." mi lamentai mentre lui corrucciava lo sguardo asserendo con il capo.
Si accarezzò il mento come stesse riflettendo, e per un attimo pensai avesse un metodo per evadere da quella minuscola casa in rovina che era divenuta come una prigione per noi, ma invece, ciò che disse, non fece altro che seccarmi ulteriormente.
"Mi annoio"
Sbuffai infastidita tornando a rigirarmi a pancia in sù, non volendolo degnare nemmeno di una parola, tanto era immaturo quell'uomo.

Come poteva piacermi?

Era un ragazzino in un corpo di un adulto, eppure quell'uomo mi affascinava drasticamente. Era simpatico, divertente, carino e non gli interessavano i pareri altrui. Ogni volta che ero con lui mi imbarazzavo, e faticavo più del solito nel trovare argomenti di cui discutere. Era come perdessi fiato e voce.
Il mio cuore iniziava a battere all'impazzata, per poi fermarsi drasticamente nel momento esatto in cui incontravo i suoi occhi, come se il mondo si fosse fermato d'improvviso e solo lui avesse senso in esso.
Eppure, non potevo ammettere di fronte a nessuno quelle mie sensazioni e quei miei sentimenti, tenendoli relegati dentro il mio cuore stantio e in frantumi ormai da tempo.

Nessun ragazzo era mai stato adatto a me, e nel momento esatto in cui capii ciò che provavo per Pin, compresi anche che il mio cuore ed il suo non sarebbero mai potuti essere uniti.

Io gli apparivo solo come una bambina infondo, no?


"Mi annoio, mi annoio, mi annoio, mi annoio..." era passatoa un'altra mezz'ora buona ed ora lui si era messo ad ripetere quella frase ad una velocità tale da parermi uno sciogli-lingua. Il tutto solo per farmi parlare in quanto ero rimasta muta tutto il tempo.
Sbuffai infastidita, per poi alzarmi in piedi, incontrando il suo sguardo vittorioso.
Era comodamente seduto sulla cavallina e poggiava la schiena ad un materasso da ginnastica artistica posizionato contro la parete verticalmente.
Mi stirai, completamente indolenzina a causa del pavimento duro che avevo avuto per più di un'ora sotto la schiena, per poi iniziare a togliermi le scarpe, seguite dai calzini e dalla felpa.
Pin corrucciò lo sguardo, per poi voltarsi verso il muro agitato.
"C-Certo mi annoio, Ayane! Ma non credo sia il caso di fare una cosa simile!" esclamò poi frettolosamente gesticolando con le mani tese di fronte a sè, e facendomi subito ridere divertita dal suo fraintendimento.
"Che cavolo hai capito?! Voglio solo sdraiarmi su qualcosa di più comodo." feci io in risposta, arrotolando la felpa a terra formando una sorta di cuscino, per poi tornare a sdraiarmi ancora con un sorriso a contornarmi il volto, che presto lui ricambiò.
"Ti ho fatta ridere..." mormorò poi fiero, fingendo un breve inchino.

Lui mi faceva sempre ridere...


Passammo poi altri infiniti momenti, nei quali venni coinvolta in altre nuove risate e discussioni.
Pin criticò sin troppo spesso il fatto che mi truccassi eccessivamente e che, anche senza tutta quella 'roba', come la chiamava lui, sarei comunque parsa perfetta, facendomi drasticamente cadere in un imbarazzo malcelato.
Si era poi lamentato del fatto che Kazehaya non si concentrasse sufficientemente sul baseball, ma che nonostante ciò, era comunque molto promettente, ed era infine passato al fatto che amasse la propria casa, e la strada dove essa si trovava, perchè ospitava un supermercato, che diveniva così decisamente semplice da raggiungere, ed aveva deciso di chiedermi un parere siccome sapeva che anche io vivevo nella sua medesima via.

Già, fisicamente eravamo davvero vicini.


"Sai, vero, che fino a domani saremo chiusi qui?" esordii io, questa volta, dopo che furono passati un'altra ventina di minuti dall'ultima discussione.
Dal piccolo lucernario sopra la mia testa potevo vedere il cielo leggermente tinto di rosso, deducendo così fosse ormai giunto il tramonto.
Lui annuì semplicemente, ormai rassegnato a tale prospettiva che ci era parsa palese ormai da tempo, ma della quale non avevamo ancora parlato.
"Pensavo che Chizu e Sawako sarebbero venute e cercarmi..." mormorai infine, ancora sdraiata a terra, alzando una gamba fendendo l'aria con un calcio, per poi riabbassarla colta da un'improvvisa noia.
"Probabilmente hanno pensato fosti occupata. Magari avevi detto loro qualcosa" si intromise Pin stringedosi le spalle ammettendo la propria ignoranza in questione, e lasciandomi riflettere a riguardo.
"Sawako pensa sempre di disturbare... Quindi non chiama mai." giustificai una con calma.
"E Chizu..." continuai con il riflettere "E' a studiare da Ryu!" realizzai sollevando il busto e rendendomi conto che quello era proprio il giorno peggiore per finire intrappolata in un maledettissimo stanzino.
Con Pin oltretutto.
"Visto!" incalzò immediatamente Pin in un sorriso, raggiungendomi e sedendosi al mio fianco con calma e non ostentando nulla, a differenza di me, che cercavo con tutta me stessa di controllare il rossore che mi avrebbe a breve colta, sperando di essere completamente ricoperta di fondotinta.


Eravamo seduti affiancati, contro la parete, ed osservavamo stancamente la porta di fronte a noi, sperando che qualcosa l'aprisse.
"Mi ann-" "Non dirlo" lo ammonii prima che continuasse, facendomi innervosire ulteriormente, poi un lampo mi attraversò: un'idea che pur essendo semplice, poteva aiutare entrambi a passare il tempo.
"Obbligo o verità!" esclamai io d'improvviso, spezzando il silenzio che si era formato tra noi, facendolo sussultare un istante.
"Cosa?" mi domandò lui corrucciando il volto, facendomi ridere un istante prima che gli rispondessi.
"E' un gioco. Almeno passiamo il tempo" spiegai io sistemandomi di fronte a lui. Pin annuì, per poi domandarmi come esso funzionasse.
"E' semplice. A turno ci facciamo una domanda a vicenda, che è scegliere tra obbligo o verità, e a seconda di cosa esso risponde, dovremmo fargli compiere un obbligo o dire una verità" dissi gesticolando leggermente, indicando prima me, poi lui, il quale, non appena ebbi concluso di spiegare, accettò di giocare.

"Obbligo" rispose Pin guardandomi con aria di sfida. Eravamo ormai al quinto o sesto turno di gioco, e lui si divertiva particolarmente nel intraprendere nuove sfide che io cominciavo a faticare nell'inventare.
Mi guardai attorno, sino a che non notai la cavallina infondo allo stanzino.
"Devi saltare la cavallina buttandoti nella cassa dei palloni!" esclamai. Lui si alzò annuendo, dirigendosi verso i vari attrezzi che gli servivano, sistemandoli, per poi prendere la rincorsa -seppur tentennando- e saltare.
Con un rumore sordo atterrò tra i vari paloni, sgonfi o meno, che riempivano la cassa che gli avevo indicato.
Applaudii divertita mentre lui, leggermente indolenzito, usciva da essa tornando ad affiancarmi, soddisfatto che fosse il proprio turno "Obbligo o verità?"
"Mhh... Verità" asserii io dopo avere riflettuto un istante, non azzardanomi più di tanto nel cimentarmi in un obbligo pensato da quell'insegnante stupido.
"Benissimo, signorina Ayane..." scherzò sorridendomi.
"Dimmi chi ti piace! E' Shouta, vero?" mi domandò indicandomi spavaldo e vivace, mentre io arrossivo immediatamente, colta sul vivo.

Tu, mi piaci tu! Dannazione...

Abbassai lo sguardo, confusa e preoccupata, incerta su come proseguire, improvvisamente non più tanto spaventata dai possibili obblighi a cui quell'uomo poteva sottopormi, quanto alle verità scomode che mi domandava.
Non sapevo mentire, ne ero certa. Chiunque, anche uno sconosciuto, vedendomi dire una bugia, avrebbe capito che era tale.

"O-Obbligo" balbettai dunque, sperando di potere evitare di rispondergli.
"No! Non si può cambiare!" esclamò Pin, guardandomi storto e negando scuotendo il capo, mentre il mio cuore iniziava a tamburellare pesantemente. Tanto che avevo paura potesse sentirlo.
"Invece sì! Obbligo, per favore!" incalzai dunque, facendolo finalmente cedere alle mie suppliche speranzose.
"Bene, Obbligo" asserì lui, facendomi tirare un sospiro di completo sollievo contornato da un lieve sorriso, che però svanì presto.
"Devi darmi un bacio" concluse poi sfidandomi nuovamente, senza però capire quanto fosse ingiusto ciò che mi faceva.
Sussultai visibilmente, tanto da farlo sorridere, mentre riflettevo sul da farsi.

Baciarlo era fuori discussione, come anche rivelargli i miei sentimenti.

Odio questo stupido gioco.

Non potevo dirgli che lui mi piaceva, che erano mesi che non facevo altro che sperare che ci fosse anche solo l'ombra sbiadita di una speranza per il nostro futuro, mentre in realtà era profondamente palese il contrario.
Una studentessa ed un insegnante non potevano condividere nulla, se non l'aula di studio, e perciò io per Pin non potevo rappresentare niente.
Magari credeva fossi carina, e allora?
Mi vedeva come una bambina viziata, sgarbata e carina... Magra consolazione.
Con quelle prospettive, con che coraggio, ma soprattutto, con che dignità, potevo dichiararmi all'uomo che ora, di fronte a me, cercava risposte oltre il mio sguardo. Avrei voluto avere il coraggio di dargliele, oppure che lui fosse in grado di comprenderle, così da non avere avuto l'ardore di chiedermi nulla di simile.

Non potevo mentire, non ne ero in grado, e non potevo nemmeno fuggire, intrappolata in quella dannatissima casetta in legno con il ragazzo che mi piaceva, ma del quale non sapevo ancora quasi nulla.
Nei miei sogni glielo urlavo che mi piaceva, e lui sorrideva abbracciandomi e, più di ogni altra cosa, ricambiandomi. Ma nella realtà, come avrebbe reagito quell'uomo?
Potevo parlargli in qualsiasi istante dei miei sentimenti, e sempre con la medesima reazione, la solita risposta. Probabilmente mi avrebbe guardata severo, per la prima volta nascondendo quella sua immaturità da eterno ragazzino, per poi dirmi che tra noi, non c'era nulla se non una mia sporadica cotta adolescenziale.

Un bacio, invece... Era decisamente impossibile.
Quello non glielo avrei mai dato di sana pianta. Un bacio non era una dichiarazione, ma ahimè, una magia nata da essa.
La palese realtà era che lui, mai, avrebbe accettato una mia dichiarazione con accondiscendenza, ergo, non lo avrei mai potuto baciare.

Perciò mi sembra superfluo dire quale scelta feci.

Mi avvicinai a lui lentamente, mantenendo lo sguardo basso mentre il cuore pompava nelle vene come mai in passato aveva fatto. Potevo avvertire il battito continuo impregnarmi il sangue, opprimendomi le orecchie.
Poi gli fui tanto vicina da sentire il suo respiro, e decisi di alzare il viso, trovandomi nei suoi occhi che, confusi, mi osservavano. Quindi andai a guardare le sue labbra, chiuse, seppur non amaramente e mi spinsi più avanti, sino a sfiorarle con le mie.
Poi, qualcosa che mi sorprese.
Le aprì, facendomi entrare, ricambiando il mio bacio, che ero certa sarebbe stato solo che falsa speranza, e mi sentii avvampare in risposta.
Lentamente, con gentilezza a me nuova, portò le proprie mani, una sulla mia schiena e l'altra tra i miei capelli, lunghi e scompigliati, mentre io mi attaccavo con eccessivo bisogno ai suoi ispidi e tirati all'insù.
A quel mio gesto, si staccò un momento, sorridendo, per poi tornare a baciarmi.
Era qualcosa di dolce, bellissimo ed infino, e mi parve di morirci dentro un centinaio di volte.

Ci staccamo l'uno dall'altra solo quando entrambi rimanemmo senza fiato.
Mi guardò confuso, mentre io mi avvicinavo al suo orecchio sino a poterlo sfiorare con il labbro.
"A me piaci tu" mormorai.




----> Angolo dell'autrice :')
allora! Sai.. Sono felice di avere ricevuto il tuo commento Eru, altrimenti chissà-quando avrei pubblicato questa OS (che purtroppo è bruttina D:) o scritto di questa bellissima coppia ♥
beh, comunque spero ti piaccia, visto che te la dedico ;) era sepolta nei meandri del mio pc da un paio di mesi e con un paio di correzioni... ECCOLA hahahaha :'D

 
  
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