Shikamaru alzò stancamente gli occhi verso il
semaforo, ancora rosso, e si grattò placidamente l’orecchio, gelido a causa del
consueto vento freddo che soffiava in città da una settimana.
La mascella quasi gli cadde mentre sbadigliava,
assonnato dalla lunga nottata insonne passata davanti al computer a creare un
database per il suo capo. L’esperienza sgradevole dell’insonnia fu la causa
scatenante della promessa di non arrivare mai
più la sera prima della consegna a progettare un programma. Mai più. Nonostante fosse stato un
lavoro semplice – era pur sempre un genio – era stato veramente stancante.
Lavorare non faceva per lui, preferiva passare ore
appollaiato sul prato della tenuta di campagna dei genitori, schiaffeggiato dal
sole.
Masticò cercando di deglutire anche il sonno, e
osservò distrattamente l’orologio: era in discreto ritardo per l’appuntamento
dal dentista programmatogli dal suo segretario e migliore amico, Chouji.
Il solo pensiero del trapano e di quegli strani
aggeggi che gli perlustravano la cavità orale, come a decine di persone prima
di lui, lo fece tremare impercettibilmente. Non avrebbe dovuto ascoltare il
racconto terrorizzato di Ino sui dentisti in terza elementare. Lo avevano
traumatizzato, seppur avesse ostentato indifferenza, come al solito. Per questo
– e perché non ne aveva mai avuto la ben che minima voglia – aveva rinviato
sino all’età di ventisette anni suonati.
Rialzando gli occhi scuri li spalancò,
accorgendosi che il semaforo si era fatto arancione.
“Maledizione!” imprecò ad alta voce, scattando
veloce verso la sponda della strada poco trafficata.
Il piede stava per toccare il marciapiede, quando
un clacson alle sue spalle lo fece sussultare spaventandolo.
Impietrito, osservò il cofano fumante di una
Corolla a meno di un metro dalle sue gambe, e deglutì ringraziando la fortuna
che, dopo anni, tornava a fargli
visita più che gradita.
La donna bionda e cieca per una volta aveva usato
il suo buon influsso su di lui, e in qualche modo irrazionale – dettato
probabilmente dalla fifa provata, ragionò – si sentì riconoscente verso tutte
le bionde del globo, che aveva catalogato ante-tempo come ‘superficiali’, per
via della traumatica vita adolescenziale passata con Ino Yamanaka.
“Ma che t’è passato per la testa, imbecille?!”
Un paio di lunghe gambe fasciate da una gonna d’un
color pastello erano spuntate dalla portiera della Corolla, reggendo il busto e
il viso di una ragazza bionda, con
una particolare capigliatura a stella, che definì etnica.
“Perché diavolo mi sei sbucato davanti
all’improvviso?! Sei scemo?!”
Decisamente le bionde tornarono sotto la
denominazione ‘esseri da evitare’.
Shikamaru inarcò un sopracciglio scuro, avvertendo
una profonda antipatia per la guidatrice che per poco non lo ammazzava e che, invece
di scusarsi, lo stava insultando.
Che seccatura terribile.
“Era ancora arancione.”
Rispose pacato, nascondendo l’irritazione che gli bruciava nelle vene. Cosa che
non fece di contrasto la bionda.
“E il mio semaforo era verde. Lo sai in che grane sarei andata se ti avessi ammazzato!?”
“Quelle che si merita una che preme troppo
sull’acceleratore.”
“Io non andavo veloce.”
“E allora perché hai faticato a frenare?”
“Sono in ritardo.” Ammise quella, con una piccola
smorfia sulle labbra scure; Shikamaru provò un’istantanea soddisfazione. “Ma la
colpa è tua! Sei daltonico per caso?
Non sai che l’arancione – anche se secondo me sei passato col rosso – non è verde?”
Shikamaru strinse la mandibola, seccato. Perché
quell’aggressione verbale lo faceva sentire uno stupido?
“Certo che lo so.”
La bionda battè le
lunghe ciglia scure, mani sui fianchi e schiena leggermente inclinata verso di
lui, mostrandogli una generosa veduta del decolté fornito.
“E allora usa quegli occhi da pesce lesso!”
Shikamaru indietreggiò, preso alla sprovvista da quell’insinuazione.
Semichiuse le palpebre e strinse i pugni, pieno d’ira.
“Beh, i tuoi non mi sembrano messi meglio, strega.”
Lei aprì gli occhi – d’un color verde-acqua scuro,
particolare quando i lineamenti del viso e i capelli color del grano –, stupita
dalla sua reazione. Ma subito cambiò posizione stringendo le labbra e
lanciandogli un’occhiata di fuoco, che gli fece sperare di non aver provocato
quell’essere, rancoroso e femminile.
Le donne
sono una seccatura, Shika, soleva
ripetergli il padre. E aveva ragione: peccato che se ne ricordasse nei momenti
meno opportuni.
“Tu, come – ” borbottii e clacson si susseguivano,
vivace protesta delle macchine ferme dietro la Corolla, interrompendo la furia
bionda; Shikamaru stava per rilassarsi, sollevato, ma tremò quando la ragazza
si girò frettolosamente urlando un “Statevi zitti, coglioni!” che raggelò
l’atmosfera.
Quando gli occhi acquamarina tornarono ardenti su
di lui, Shikamaru si accorse di sudare freddo.
La bionda sbuffò,
rinfilando una gamba nella vettura. “Ma che faccio qui a perdere tempo
quando devo andare a lavorare?! Abbassa la cresta, femminuccia.”
Si trattenne a stento dal rispondere, ferito
nell’orgoglio, ma certamente non aveva intenzione di rischiare un nuovo scontro… e in più era in ritardo mostruoso: Chouji lo
avrebbe ammazzato, dopo tutte le pressioni che aveva dovuto fare per avere un
appuntamento quel lunedì, quando era libero.
Sperò solo che la Fortuna gli riservasse un’altra
sorpresa, come ad esempio qualcosa da distruggere per calmare la rabbia che
ancora ribolliva.
La fortuna non guardava nessuno se non bei ragazzi
facoltosi e avvenenti. Doveva avere gli stessi gusti petulanti di Ino.
Era piuttosto palese che lui non entrasse in
questa categoria: venti minuti di ritardo e un’ora d’attesa e di conseguenza
tanta, tanta noia.
Shikamaru sbadigliò, gli occhi inumiditi dal
sonno, appoggiandosi malamente al muro, il viso imbronciato poggiato sul palmo
della mano.
Osservò un bambino distruggere la costruzione di Lego
di una sua coetanea, che si mise a piangere, subito consolata dalla madre,
truccata e con tanto di lifting, cellulare in mano.
Manco le
mamme sanno fare le donne d’oggi,
pensò contrito, acchiappando il primo quotidiano che gli capitò sottomano.
Enigmistica, ottimo. Qualcosa di interessante.
1 Verticale: Denti
che servono per triturare il cibo.
Uh…
forse Neji Hyuuga non aveva tutti i torti quando arrivava nelle giornate più
nere imprecando contro il destino.
“Il signor Nara?”
Shikamaru espirò aria, appoggiando distratto il
giornale sul tavolino, e si alzò dirigendosi verso l’assistente del dentista.
Bionda. Con quegli strani quattro codini a stella.
E il viso imperturbabile e serio.
Shikamaru deglutì nervoso, ma tentò di non far
trasparire l’agitazione.
“Eccomi.” Rispose incolore, ficcandosi le mani nei
pantaloni beige, la sudorazione già a mille. Stupido corpo. Stupido.
Passò accanto alla figura formosa della bionda,
irrigidendosi appena in attesa di una valanga di insulti o di un attacco.
Nulla.
Shikamaru si rilassò, sospirando e ringraziando
gli dei per non essere stato riconosciuto: non aveva voglia di altre assurde
scenate come era già successo.
“Prego, di qua. Si accomodi.”
Seguì più sereno la donna, azzardandosi a
controllare se non avesse preso un abbaglio. Però sembrava proprio lei, stessa
gonna color sabbia, coperta da un camice bianco, stessa pettinatura strana; l’unica
differenza era il viso era serio e professionale, dissimile da quello irritato
che lo aveva fatto tremare.
Le donne:
oltre ad essere pericolose erano anche imprevedibili.
Aprendo un braccio, la ragazza lo invitò ad
entrare nello studio dentistico e Shikamaru si accomodò sulla poltrona morbida,
senza però sdraiarvisi. Nonostante la sua indole naturale reclamasse i comodi
cuscinetti neri dove distendersi, non si distrasse da quegli occhi da gatta che
scivolavano su una cartelletta, seguendo il ritmo veloce della penna.
“Lei è la dentista?” domandò teso, tentando di
verificare se potesse effettivamente abbassare la guardia.
La ragazza gli rivolse a malapena un’occhiata,
stringendo le labbra come per sopprimere una risata. “Se lo fossi, avrei già
cominciato a ispezionarti la cavità orale, non credi?”
C’era qualcosa di strano, nel modo in cui lo aveva
deriso. Aveva soffiato appena, come un gatto, lo sguardo indecifrabile sotto le
lunghe ciglia scure.
Shikamaru era sempre stato un ottimo osservatore,
anche se più volte era stato accusato di tenere gli occhi chiusi per troppo
tempo, e diventava tremendamente nervoso quando qualcosa gli sfuggiva, e in
quel momento aveva una strana sensazione addosso, a metà tra allerta e
curiosità.
“E quando arriva il medico?”
“Appena ha finito con la paziente nell’altra
stanza. Che c’è, fretta di cancellare quell’orrenda patina giallastra dai denti?”
Il sopracciglio di Shikamaru guizzò in alto, preso
in contropiede.
“Come scusi?” domandò incredulo, osservando la
ragazza sogghignare divertita e appoggiare cartelletta e penna accanto a lui.
“Ho detto,” riprese con calma la bionda, flettendo
appena il busto in avanti verso di lui. “che hai i denti gialli, suicida. Fumi per
caso?”
Suicida. Ergo uno che vorrebbe farsi uccidere. Evidente
riferimento all’incidente d’auto.
Merda.
Doveva avere un’espressione parecchio sconvolta
per provocare la risata allegra e appena gutturale della ragazza.
“Allora? Fumi o no?”
“Uh… sì…”
borbottò infine, fissandola ancora sorpreso da quel comportamento quasi amichevole. E la belva, dov’era?
“Un altro motivo a favore della mia tesi sui tuoi
nascosti istinti omicidi.”
Shikamaru si accigliò. “Non ne ho, a parte quando
vado a fare shopping.” La battuta la fece sorridere, e si sentì soddisfatto
della piega amichevole che stava prendendo quella conversazione. “Shikamaru
Nara.” Si presentò, porgendo in avanti la mano.
La ragazza la accettò, continuando a sorridergli
canzonatoria. “Temari Sabaku.”
“Come mai non mi sei saltata addosso?” le domandò
perplesso dalla tranquillità della ragazza.
L’angolo delle carnose labbra di Temari si alzò
verso l’alto, e si formò una piccola fossetta sulla guancia morbida.
“Addosso ad uno come te? Ti piacerebbe!”
Rendendosi conto del possibile fraintendimento,
Shikamaru avvertì un lieve bruciore sulle gote. Temari lo osservava, rapita,
con uno sguardo giocoso.
“Oh, arrossisci! Che tenero!” cinguettò
teatralmente, apposta per prenderlo in giro.
Lui sbuffò, voltando appena il capo, imbronciato.
“Strega.”
Borbottò, causando un sorriso da parte dell’altra.
“Non sei l’unico ad avermi definita così, sai?”
“Non en dubitavo.” La rassicurò, con un piccolo
ghigno. “Chissà quanti altri ragazzi hai rischiato di uccidere con la tua guida
spericolata!”
Temari schioccò la lingua sul palato. “Mai fatto
un incidente in vita mia.”
“Davvero? Pensavo che la tua capigliatura fosse
frutto di uno shock elettrico… devo essermi sbagliato…”
“Aha. Spiritoso.” Bisbigliò
tagliente lei, afferrando uno degli strumenti posti su un vassoio sopra la
poltrona. Shikamaru non distolse gli occhi per un attimo dal coltellino
scintillante che brillava tra le lunghe dita della ragazza. “Non provocarmi,
femminuccia: potresti pentirtene.” Il tono zuccheroso non nascondeva affatto la
minaccia.
Shikamaru sbuffò e si sdraiò inconsciamente più a
suo agio sulla morbida sdraio.
“Che scocciatura…”
“Questo dovrei farlo io: ho davanti un noioso uomo
che non sa cogliere l’occasione di corteggiare una bella ragazza.”
Fece finta di non cogliere l’allusione sottile. “Non
ne vedo nessuna.” Fischiettò, deliziato dalla leggera stizza sul volto di
Temari.
Lei appoggiò le mani sul suo busto, fissandolo da
sotto le lunghe ciglia nere, indecifrabile. D’istinto Shikamaru si tese,
avvertendo il calore delle dita di lei scottare sotto la camicia bianca, appena
sbottonata, e l’aria diventare più calda.
“Ma sei davvero una femminuccia?” domandò lei, perplessa, sedendo accanto a lui in
modo che la gonna gli sfiorasse la gamba.
Shikamaru prese un respiro profondo, resistendo
alla tentazione di abbassare gli occhi sull’incavo morbido dei seni, a poche
spanne dal suo naso.
“E tu sei sicura di essere la scaricatrice di
porto di stamattina?”
Lei gli sorrise maliziosa. “Stai evitando di
rispondere alla mia domanda… mi dispiacerebbe
scoprire che sei gay…”
“Prova a scoprirlo.” La invitò lui con un
sogghigno che la colse impreparata. Temari inarcò le sopracciglia chiare e
ampliò il sorriso, alzandosi dalla sdraio e prendendo cartelletta e penna.
Prima che Shikamaru potesse aggiungere qualsiasi
altra cosa, entrò un uomo alto e pelato, che lo salutò presentandosi come il
dentista principale dello studio. Temari scappò via.
Temari stava battendo un paio di appuntamenti,
sorseggiando distratta un bicchiere di the.
Il lavoro come segretaria part-time, che svolgeva mentre
aspettava i risultati di un concorso di studi, le toglieva tempo, ma oltre a
guadagnare qualche cosa, le permetteva talvolta degli incontri interessanti.
“Posso fissare un appuntamento?”
Alzò appena gli occhi, rispondendo al sorriso divertito
di Shikamaru Nara, appoggiato con un gomito al bancone dello studio, inclinato
appena verso di lei.
“Che genere?” rispose maliziosamente, appoggiando
la schiena alla sedia e incrociando le gambe lunghe, curiosa della risposta.
“Il dottore dice che mi vuole rivedere.”
“Ah.” Si sorprese un po’ indispettita; controllò
rapidamente la tabella elettronica e propose freddamente: “Lunedì 16 va bene?”
“Sì.”
Temari si morse un labbro, sdegnata e delusa dal
comportamento indifferente di quel ragazzo. Prese uno dei tesseri dello studio
e vi segnò la data e l’ora, consegnandola svogliatamente al ragazzo, fingendosi
distaccata.
Con la coda nell’occhio lo osservò fissare
perplesso il cartoncino.
“Che c’è? Non ti va bene?” sbottò senza contenere
l’irritazione.
“In effetti, vorrei che mi segnasse una cosa…”
“Cosa?!”
Shikamaru ghignò, allungandole di nuovo il
talloncino. “Un numero per rintracciarti? Dovrai pur scoprire se sono o no una femminuccia…”
Stavolta fu lei quella ad arrossire appena, causando
l’ilarità del ragazzo.
*
Uh, come non mi piace! .__.
Sono OOC, ed è terribile. Non so nemmeno cosa la
pubblico a fare: decisamente non sono capace di muovere Temari e Shikamaru insieme.
Ma dovevo provarci, non potevo che creare qualcosa
su questi due, con un enorme sforzo, per bambi88, ergo la mia DiaRòlik, la Mosca Nera per eccellenza con la quale discuto
di sfumature grigiastre! XD
Auguri di
buon compleanno Rò! Mi scuso per
la qualità della fic, giuro che ci ho provato! Apprezza
l’impegno! é.è Ti meriti molto di meglio, è un regalo
mediocre… ma cosa potevo creare se non qualcosa con i
tuoi adorati? E hai notato: Ino è come piace a te, cioè indifferente a
Shikamaru! XD *si dà una testata*
Ti voglio bene.
Un abbraccio, un bacio e i migliori auguri per un
anno NERO! Tanto so che per te è un complimento! XD
Leti