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Autore: Edward    10/03/2008    11 recensioni
[Rabi - Un po' tutti] Bookman Jr. è Bookman Jr. Scrive e conta, inchiostro e numeri. Ma "Rabi"...?
Un mondo stile Wonderland, uno Stregatto sghignazzante e un Cappellaio sempre al servizio degli altri.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rabi/Lavi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Toying around

Titolo: Toying Around

Serie: D.Gray-man

Personaggi: Rabi – Un po’ tutti

Rating: Arancione

Note: One-shot – Alternative Universe (AU)

*Importante* Secondo alcune fonti letterarie giapponesi, esiste la credenza che una specie di Farfalle Nere (Ageha Nera) abbiano il compito di condurre le anime dei morti nell’aldilà.

 

 

 

 Toying around

 

«Sia un granello di sabbia che una roccia,

nell’acqua affondano allo stesso modo.»

 

.Old Boy.

 

 

 

Era una bella giornata. Dalla finestra aperta entrava un vento caldo e piacevole, che gli solleticava invitante la pelle. Poco più in là, sul ramo che sfiorava il muro della casa, qualche uccello cinguettava concitatamente. Più in là ancora, sulla strada di ciottoli grigi, un gruppo di ragazzini correva e strepitava, ridendo per qualcosa che lui di sicuro avrebbe voluto vedere.

Là fuori era tutto bellissimo, caldo, invitante e divertente. Quindi, che diavolo, perché lui doveva starsene chiuso dentro una stanza piena di libri e muffa? Era giovane, giovane!, doveva godersi la vita!

La muffa faceva parte della sua immaginazione, certo, ma non si sarebbe stupito più di tanto se ad un certo punto il vecchio Panda gli avesse detto che se l’erano portata appresso, “sai, da’ aria di casa”.

Quindi, di nuovo, non trovava una buona motivazione per restarsene tappato come un vecchio dentro casa.

Poi una vocina dentro la sua testa cominciò a belare qualcosa del tipo: “i tuoooii doveeeriiii” e “seeeeiii iiil futuuuroo Bookmaaaan”, ma lui la ignorò con decisione. Quasi quasi avrebbe preferito il Grillo Parlante. Quello, almeno, avrebbe potuto schiacciarlo.

Un attimo dopo Bookman Jr. era saltato fuori dalla finestra, aggrappandosi con una mano al ramo più vicino – gli uccelli cinguettarono spaventati e volarono via – atterrando con maestria sulla strada.  

«Et voilà!» posò le mani sui fianchi e sorrise soddisfatto. «Niente di più facile!» Si guardò intorno, indeciso da dove cominciare.

Poi inspirò a fondo l’aria mattutina, rilassandosi.

Aaah, libertà…

Aprì gli occhi e fece un passo avanti.

«Onii-san, onii-san!» Ma una voce infantile ed eccitata lo bloccò prima che potesse muoverne un altro.

«Mh?» Rabi abbassò lo sguardo su uno dei ragazzini che poco prima correvano in strada. Un secondo dopo lo raggiunsero anche gli altri, e si ritrovò praticamente circondato. Avevano tutti gli occhi sbiriluccicanti e colmi di ammirazione, forse addirittura commossi.

«Onii-san!» riprese il ragazzino «Lo rifai, lo rifai?» cominciò addirittura a saltellare sui piedi, e aggrappandosi alla sua maglia «Rifai quel salto pazzesco, onii-san?»

Anche gli altri lo imitarono, saltellando e schiamazzando, e Rabi, dopo un attimo di smarrimento, rivolse a quello che gli stava tirando la maglia un sorriso smagliante. Aveva degli occhiali spropositati che poggiavano sul naso piccolo e a punta, i capelli castano pallido raccolti in un ciuffo riccio che gli solleticava la nuca e un paio di cuffie poggiate sul capo che facevano pandan con i capelli. Praticamente uno scienziato in miniatura.

«A che giocate, ragazzi?»

«Noi?» si sentì una risata di scherno in mezzo al gruppo, da cui improvvisamente emerse un bambino moro e dai tratti asiatici. «Noi siamo la Sezione Scientifica! E io sono il Supervisore!»

«No, no, non è giusto!» si lamentò un altro. «Se tu sei il Supervisore io sono il Caposezione!» continuò quello, agitando le braccia per farsi ascoltare.

Rabi si portò una mano davanti alla bocca per nascondere una risatina.

Un battito di ciglia, una farfalla Nera.

«Un…Dio della Morte?»

«Uh?»

Il rosso alzò il viso, distratto da qualcosa. I bambini continuarono a strepitare, senza rendersene conto, qualcuno tirandogli la maglia, qualcun altro cercando di attirare la sua attenzione. Lui abbassò lo sguardo, un po’ sorpreso, sorridendo.

«Devi sempre essere gentile e amichevole, ricordatelo.»

Ancora una volta, Rabi alzò gli occhi. Chi è che lo diceva?

Non ricordava il nome…

Semplicemente perché non c’era nome da ricordare.

«Ci…ci vediamo dopo, ragazzi.»

Diede un buffetto distratto al bambino vestito da fantasmino e uscì, non senza una certa fatica, dal gruppetto e prese a camminare, inseguendo la farfalla nera che volava veloce tra la folla.

Ben presto si ritrovò a correre, tenendosi con una mano la fascia nera per non farla cadere.

«Aspetta!»

Una coppia di innamorati si girò a guardarlo, e lui ricambiò con un fugace sorriso di scuse al pallido uomo col ciuffo bianco, e uno più invitante alla bionda dal nero vestito attillato.

«Aspetta!» ripetè, ma a voce più bassa, quasi in un sibilo. Non sapeva neanche perché la stesse seguendo. Quella si portò in alto con paio di battiti d’ala, e lui si ritrovò ad alzare lo sguardo al cielo per non perderla di vista.

Anche se non era scritto nella guida del Bravo Bookman, avrebbe dovuto rendersi conto che non era una buona idea correre in una via affollata con il naso per aria, senza curarsi degli altri passanti.

Quindi, visto che la matematica non è un’opinione, inciampò dopo pochi minuti, andando a sbattere contro qualcosa e trascinandosela appresso nella caduta.

«Ahi ahi…» 

«Ahia!» un altro lamento si unì al suo.

Rabi era ancora per terra, con entrambe le mani premute sullo stomaco, ma si guardò comunque intorno alla ricerca della Macchia Nera.

Niente, l’aveva persa.

Quindi strinse la presa sul ventre dolorante, tornando a problemi più materiali.

«…tu! Razza di idiota!»

«Posso vomitare un attimo? Credo di aver preso un colpo allo stomaco…» biascicò un attimo dopo, ignorando la voce acuta e quasi metallica che lo stava – giustamente – insultando.

Poi se ne aggiunse un’altra, preoccupata e frettolosa. «Four! Four, tutto okay?»

«Certo che sto bene, cosa credi? E’ questo idiota che tra poco starà veramente male!»

Sentendo la velata minaccia rivolta alla propria persona, il rosso si decise a dedicare un minimo di attenzione alle due figure che incombevano su di lui. Una ragazzina dall’aria truce e i capelli color arancio – Rabi cercò (invano) di non soffermarsi sul suo abbigliamento decisamente succinto – e un giovane biondo poco più alto di lei che cercava (invano) di tranquillizzarla.

«Fouuur, sta calma!»

«Ma lui…lui…!!! Diavolo Bak, mi ha fatto male!»

Rabi si alzò in piedi, tastandosi ancora lo stomaco. Sorrise colpevole, non sapendo bene cosa dire, se non uno «Scusa» un po’ forzato.

«Dai Four, basta, ha chiesto scusa…» il ragazzo congiunse le mani in segno di supplica «Faremo tardi…»

«…mpf!» lei, dopo aver lanciato un’occhiataccia al rosso – il quale allargò il sorriso per essere più convincente - fece un gesto di stizza con le labbra e riprese a camminare, superando i due ragazzi a grandi falcate. Il biondo si portò una mano al petto e sospirò, probabilmente grato ad un qualsiasi Dio per essersela cavata con così poco.

«Scusa» disse poi prima di correre dietro alla ragazza.

Un battito di ciglia, una farfalla Nera.

«Io…l’ho già vista, no?»

E qualcosa che gli strattonava la maglia.

«Ehi! E che diavolo!»

Rabi si voltò di scatto, corrucciato. Ma non vide assolutamente niente.

«Questa è Tease.»

La folla continuava a scorrere, a volte spintonandolo, qualcuno che blaterava scuse senza senso.

«E’ un Golem Cannibale.»

Si guardò attorno, perplesso. Era sicuro di essere stato…

« Più esseri umani divora, più si riproduce.»

…morso?

«Quindi cerca di fare attenzione, ok

 

«Merda.»

Sollevò lo sguardo talmente veloce che sentì un osso scricchiolare. Ed eccola lì, la farfalla, ad appena un centimetro dal suo naso. Quella sembrò sorridergli, rivelando i mostruosi denti appuntiti.

Lui sgranò gli occhi, trattenendo il respiro. Ad ogni battito quelle piccole e nere ali-

Non era forse cresciuta,

dall’ultima volta?

-salivano e scendevano, sfiorandogli a tratti le guance.

Era completamente preso da quella… cosa. Perché, in fondo, non era effettivamente una farfalla. Le Butterflies non hanno denti aguzzi e coroncine sulla testa, no? Beh, non hanno neanche una testa, se si vuole essere pignoli… e Rabi ultimamente lo era molto.

Era talmente preso che ignorò il ragazzo corrucciato che gli andò a sbattere contro, sentendo a malapena il suo «Tsk» di disapprovo, probabilmente riferito ai continui richiami di una – strike! – graziosa ragazza che lo raggiunse un attimo dopo.

«Aspetta Yusuke!» sembrava abituata a quel genere di corse, ma pareva comunque scocciata. «Yuu!» disse infine, afferrando il ragazzo per i capelli.

Rabi non vide nessuna di quelle cose. Strabuzzò gli occhi un paio di volte e piegò la schiena all’indietro quando il Golem cercò di mordergli il naso, ma a parte quello non fece altro. Cominciava a fargli male il collo, a dirla tutta…

 

Un battito di ciglia, una farfalla Nera.

E una risata spezzata a metà.

 

Cristallina.

Un po’ forzata, come un ansito.

E Tease scomparve.

Emise un verso stridulo, come di unghie sul vetro, e volò via.

Troppo tardi il ragazzo protese il braccio per afferrarla, aprendo la bocca in un silenzioso richiamo.

Rabi abbassò lentamente la mano, un po’ deluso. Avrebbe voluto avere davanti quella strana farfalla ancora per un po’. Era sul punto di arrivare a qualcosa, se lo sentiva. Forse gli sarebbe bastato un attimo e avrebbe capito perché aveva quella spiacevole sensazione che gli faceva attorcigliare le budella.

Poi, improvvisamente il mondo gli si riversò nella testa, riscuotendolo. Le voci dei bambini, il brusio dei passanti e qualche urla di commercianti che sovrastava il tutto.

«Lo spettacolo dell’orrore del teatro Pieter, “La Zucca e la Strega”, si terrà oggi!» gridava qualcuno. Altri due bambini muniti di pattini gli sfrecciarono affianco, unendosi alla folla.

Di nuovo, una sensazione di gelo.

Si voltò di scatto, inquadrando quasi all’istante un uomo che correva in mezzo alla strada, verso di lui. Istintivamente, quando quello gli passò affianco, mosse veloce la mano – fischiettò indifferente nel farlo - ma l’uomo non si accorse di nulla, e continuò a scappare.

Intanto, poco lontano, una donna si guardava attorno, disperata.

«Buona a nulla»

Rabi sospiro di sollievo, scuotendo la testa. La raggiunse un attimo dopo, chinandosi per porgerle un borsello, visto che si era accasciata a terra. Piangeva, forse?

«Tieni»

Lei sollevò lo sguardo.

Forse, per quel giorno, non sarebbe stata licenziata.

«Miranda! Miranda! La iettatrice Miranda!

Nessuno ti vuole, sei triste e tonta!

Anche oggi vai a cercare lavoro?

Tanto ti licenziano di nuovo subitooo!»

   «Smettetela. E’…crudele»

«Su, su, non è niente»

La donna piangeva.

Gli si era aggrappata ai pantaloni, piangendo. Riconoscente, volle sperare.

Ma Bookman non era un paladino della giustizia.

Quindi, dopo un ultimo (neanche tanto) falso sorriso, il ragazzo si liberò dalla presa della donna, quasi scongiurandola di lasciarlo.

Doveva andare, le disse. Doveva ritrovare la Farfalla Nera.

E così la lasciò, con un inchino che la fece sorridere e un occhiolino che la fece arrossire.

 

 

* * *

 

 

La folla si era diradata. A poco a poco, tutti i passanti avevano lasciato i negozi e le bancarelle per tornare alle proprie case. Alle proprie famiglie.

Il cielo si era fatto di un arancione cupo, spruzzato qua e la di azzurro pallido. Bianco, ogni tanto.

Si stava facendo sera.

Non era forse mattina,

poco prima?

Rabi sospirò.

Alla fine era ancora dietro a quella farfalla. Voleva…vederla, ancora una volta. Si sentiva trascinare, come da una mano invisibile, come se la Macchia lo stesse portando da qualche parte.

Da Qualcuno.

Perchè ogni tanto quella appariva, sfiorandogli a tratti la maglia, la sciarpa, certe volte cercando addirittura di afferrarlo per la benda. Quindi lui la seguiva, con un sorriso perplesso sulle labbra.

«Ora puoi anche smettere, sai?»

La folla si era diradata. Era rimasto solo.

Cammina cammina, era arrivato quasi fuori città. Gli sarebbe bastato attraversare il ponte di pietra che gli stava davanti e sarebbe arrivato al bosco.

C’era solo un piccolo problema.

«Piccola, non è che hai visto una Farfalla Nera volare da queste parti?»

Oltre il ponte c’erano tre sentieri. E lui aveva perso di vista Tease. Non aveva certo intenzione di percorrerli tutti e tre.

Una bambina scese dal muretto con un saltello, rivolgendogli un sorriso sicuro. «Certo»

«E dov’è andata?»

«Chi?»

«…la farfalla.» rispose perplesso lui.

«Farfalla? Quale farfalla?» e si guardò attorno, come se sperasse di vederla.

«Ma…ma hai detto…» il ragazzo, non capendo, piegò la testa di lato.

Lei fece altrettanto. «L’ho detto?»

Rabi aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse un attimo dopo.

«Di là!» urlò un attimo dopo la bambina, indicando velocemente alla propria destra e guardando a sinistra.

«…sicura?»

Lo guardò con la coda dell’occhio, arricciando le labbra. «Dipende»

Lui sospirò, e per poco non si lasciò sfuggire una risata. «Da cosa?»

«Da cosa vuoi fare» e con un saltello si sedette sull’ombrello. Quello la sorresse senza fatica e si librò in aria.

Il rosso, ancora una volta, ci mise un po’ a rispondere. «Voglio sapere dove andare» disse infine.

Lei sorrise in risposta, incrociando le mani dietro la schiena. Ma non rispose.

«Allora, che strada devo prendere?»

«Dammi il tuo occhio e te lo dirò»

Il sorriso di lui si incrinò leggermente.«…scusa?»

«Il tuo occhio» e lo indicò con un ditino impertinente. «Se me lo dai ti dico dove andare»

«Ma non posso. E’ l’unico che ho, vedi?» e si batté piano l’indice sulla benda nera.

«Beh, io non ho neanche quello» si impuntò lei.

«Non posso» ripetè il rosso scuotendo la testa.

«Allora è di là!» esclamò improvvisamente la bambina, allargando entrambe le braccia.

«Ehi! Non mandarmi dalla parte sbagliata solo perché non ti do il mio occhio!»

«Dai?»

«No!»

«Uffa…»

Lui sorrise. Forse per davvero. «Non c’è nient’altro che possa darti?»

«Mhh…» sembrò pensarci, ciondolando la testa ed evitando il suo sguardo. Poi scese dall’ombrello e gli picchiettò il petto con decisione. «Che ne dici di questo?»

Il sorriso del ragazzo svanì del tutto. Fissò corrucciato la bambina, ma per un attimo solo. Poi sospirò, rilassando i muscoli con un sospiro plateale «Vuoi il mio amore?»

Il petto di lei si alzò e abbassò in un attimo a causa della risata, come uno spasmo. E di nuovo, e ancora, finchè la ragazzina non si aggrappò alla sua maglia con una mano per non cadere.

«Il tuo cuore» disse infine, terminando con una risata meno sfacciata e più trattenuta. «Non ti serve, giusto?»

 

«A Bookman non serve un cuore»

 

«Hn…» il rosso cercò di indietreggiare, ma la stretta di lei si fece più forte. La stretta allo stomaco si fece sentire ancora una volta, più forte, più fastidiosa. Qualcosa dentro ribolliva.

«Che ne dici di questo?»

Improvvisamente le mani della bambina si staccarono dal suo petto, cadendo più sotto e indietreggiando di scatto.

«Cosa…?»

«Ma si, questo, questo!» e gli agitò un lecca-lecca rosa davanti agli occhi.

…glielo aveva tirato fuori dalle tasche?

«Di là!» disse ancora una volta la bambina, indicando il sentiero centrale alle proprie spalle. Sembrò quasi slogarsi una spalla nel tendere il braccio in quel modo. Allo sguardo serio, perplesso e diffidente del rosso, sorrise. «Dico davvero. Non stavi seguendo una Farfalla Nera, tu?»

Rabi fece un respiro profondo, scuotendo la testa. «Già. Pensa che stupido…»

Lei prese a leccare il lecca-lecca, guardandolo di sottecchi. Dopo un po’ si fece da parte, lasciando il passaggio libero. Continuava a sorridere.

Il ragazzo fece una smorfia, ancora non del tutto convinto.

«Va bene, va bene» sospirò poi, alzando le braccia in segno di resa. Si incamminò per superare il ponte, e, quando passò accanto alla bambina, le poggiò distrattamente una mano sulla testa, scompigliandole i capelli.«Ci vediamo, Road»

«Ci vediamo!» chiocciò lei in risposta.

 

* * *

 

 

Il ponte era…scomparso. Puff, svanito in mezzo alla nebbia in un attimo, cancellato come se non fosse mai esistito. Ora c’era solo il fiume.

E il cielo si era fatto cupo. Blu scuro, senza stelle, quasi opprimente sopra di lui. Nero.

La bambina era scomparsa con tutto il resto, svanendo in uno sbuffo di colori mentre la manina ancora si agitava e l’ombrello strepitava.

C’era qualcun’altro, invece, ad attenderlo.

«Yo, Rabi!»

E qualcosa dentro di lui cominciò a scricchiolare.

Rabi rallentò il passo non appena lo vide, fermandosi a pochi passi da lui, senza sorridere. Non ostile. Semplicemente, non sorrise. Non riuscì a capire il perché, ma sentì la propria mascella rifiutarsi categoricamente di sorridere a quell’individuo.

«Yo» rispose, guardandosi attorno. «Hai per caso visto…?»

Un battito di ciglia, una farfalla Nera.

«…Tease?»

Il giovane aprì la mancina.

Ed eccola lì.

La piccola Macchia.

Svolazzava pigramente tra le sue dita, stridendo di tanto in tanto quando veniva sfiorata.

Il ragazzo ispirò a fondo, sollevato. L’aveva trovata.

Poi rimase in silenzio ad osservarla, rapito ancora una volta da quei movimenti così dannatamente lenti e ipnotici.

«E’ tua?» chiese dopo un po’ all’altro.

Quello fece un mezzo sorriso, alzando la mano per seguire il volo del Golem. Si girò a guardarlo.«Qualche volta»  

«Ah»

Rabi rimase per un attimo colpito da quello sguardo. Da quegli occhi.

Che erano dorati.

«Ma dimmi» il ragazzo mosse un passo in avanti verso di lui. «Come mai seguivi Tease? Non mi sembri tanto morto»

«Non…non lo sono, infatti.» Rabi si strinse nelle spalle.

«Oh. Quindi pensi di morire entro breve?»

«Neanche» indietreggiò impercettibilmente.

L’altro invece avanzò ancora di un passo. «Sicuro?»

«…sicurissimo» Tease era scomparsa.

Il giovane si fermò a neanche mezzo metro da lui. Piegò la schiena in avanti e si ficcò le mani in tasca, curvando gli angoli delle labbra in un sorriso enigmatico.

«Vedremo.»

Il rosso deglutì a vuoto.

«Sir Tyki Mikk, al vostro servizio»

«Morirai…anche tu?»

 

* * *

 

 

Rabi fece, ancora una volta, un passo indietro.

Tyki Mikk invece si raddrizzò sulla schiena, fissandolo divertito.«Andiamo a fare due passi, ti va?» e senza attendere risposta si incamminò verso il bosco.

«Io…» se fosse indietreggiato ancora un po’ sarebbe finito dritto con i piedi nel torrente. Quindi decise di fare un paio di passi di lato. Sempre meglio che niente.

«Su, muoviti.» lo incitò l’altro.

«Ehm…io…io dovrei…» il rosso indicò dietro di se, gesticolando senza motivo «Avrei…avrei delle cose da fare, sai…libri da leggere…cose da scrivere…»

«…muffa da scrostare dai libri…muoviti dai» con un cenno del capo lo invitò di nuovo a seguirlo.

Quindi Rabi non potè far altro che sospirare e seguirlo.

 

 

«Vuoi?» gli chiese dopo un po’ il portoghese, porgendogli un pacchetto di sigarette mezzo accartocciato stretto nella mano guantata.

Lui, dopo un attimo di indecisione, scosse il capo, facendo ondeggiare in modo buffo i capelli che erano ricaduti davanti agli occhi. Se li portò indietro subito dopo, in un riflesso condizionato. E poi non voleva perdere di vista il Noah neanche per un istante.

«Ok» quello scrollò le spalle e lasciò cadere il pacchetto per terra, senza fermarsi «Come vuoi»

Continuarono a camminare. Anche se erano passati pochi minuti da quando avevano lasciato la riva del fiume, quello già non si sentiva più, ogni rumore assorbito da quello del bosco e dai loro passi.

«Di’ un po’, Tyki…»

Il giovane si girò distrattamente, affilando le labbra in un sorriso speranzoso. «Si? Cambiato idea?»

Al rosso scappò uno strano sbuffo dal naso che sapeva di risata. «Spiacente, no.»

«Ah.» l’altro tornò a guardare avanti. «Cosa, allora?»

«Stiamo andando da qualche parte in particolare o…?» lasciò in sospeso la frase, invitandolo a rispondere.

«Non so» ancora un volta, Tyki Mikk scrollò le spalle con noncuranza «Magari troviamo qualcosa di interessante, che dici?»

«Oh si certo» replicò il rosso.«Cosa potremmo mai…»

Rabi si guardò attorno, rallentando quasi fino a fermarsi.

«…trovare...?»

Non era più nella foresta. Non era più circondato da spessi e robusti alberi come querce e pioppi. Continuò a muoversi, lentamente, girando su se stesso per poter guardare anche dietro di se.

«…Tyki?»

Era circondato da una foresta di bambù, i quali salivano alti e imponenti sulle loro teste. Il sole, spezzato a metà all’orizzonte, scheggiava alcuni arbusti di rosso e arancio.

«Mh? Oh!» la voce del portoghese lo raggiunse immediatamente, proprio nell’attimo in cui sbattè le caviglie contro qualcosa. «Sta attento…»

Rabi si girò di scatto, sorpreso.

L’altro lo afferrò per un braccio, sorreggendolo nel caso fosse caduto. Ma non ce ne fu bisogno.

Rabi incrociò lo sguardo della cosa che stava per farlo cadere e sospirò di sollievo, dandosi mentalmente dello sciocco.

Era solo un cadavere.

«Visto?» la voce sottile di Tyki Mikk sembrò insinuarsi direttamente nel cervello. «Te l’avevo detto che avremmo trovato qualcosa d’interessante!» esclamò entusiasta un attimo dopo avergli lasciato il braccio.

Rabi invece osservò con aria vagamente annoiata il corpo steso a terra. Era poco più di un ragazzino. Poveretto.

«Questo non è interessante. E’ macabro»

«Dipende dai punti di vista» replicò l’altro, facendo schioccare la lingua in segno di disapprovo alla sua mancata reazione.

Ancora una volta, il rosso sospirò. Non c’era nulla di interessante in un morto. Solo altro inchiostro da impregnare su carta. Semplicemente, qualcun altro aveva smesso di far parte della storia.

«Vado a chiamare qualcuno» dichiarò dopo un po’. Sospirò. 

Eppure…

 

Quella sensazione allo stomaco…

 

Deglutì a vuoto.

Si portò una mano alla gola, stringendola appena. Sentì la salivazione aumentare. Ansia? Dolore?

Perché la gola gli faceva così male?

«Vado a chiamare qualcuno» ripetè. Il Noah gli rivolse uno sguardo sfuggente, come se stesse analizzando le sue reazioni. Sorrideva, forse?

«…d’accordo. Va’ pure»

Rabi mosse un passo indietro. Un altro. E un altro ancora.

Senza staccare gli occhi da quel ragazzo steso a terra. Morto.

Si sentiva fottutamente male, come se qualcuno gli avesse appena scavato dentro al petto con un cucchiaio. Aveva voglia di vomitare. E questa volta non aveva preso nessun colpo allo stomaco.

Si girò e corse via. Non voleva vederlo più.

Non voleva restare un attimo di più in quel posto. Non in quel modo.

Sentì una risata isterica premergli sulla gola.

Non con quel ragazzino morto davanti agli occhi.

Sfrecciò veloce fra gli alberi, seguendo un sentiero immaginario che non poteva sapere. I colori spenti e rossi degli alberi si mischiavano quasi in un unico colore biancastro.

Andava veloce. Troppo.

Chiuse gli occhi, li aprì.

Non correva più. Sotto di lui, stretto con troppo forza dalle sue mani tremanti, qualcosa di rosso e nero lo sosteneva nella sua corsa verso-

 

«Cosa, Esorcista?»

-il nulla.

 

Qualcosa, dentro la sua testa, sbatteva o mordeva. Voci che si affollavano.

Una scena, una sola, una mano che trapassa.

«Basta!»

L’aria gli colpiva il viso talmente velocemente da sembrare bagnata. Il respiro forzato, tanto veloce da sembrare inutile.

E quella stretta, allo stomaco, così inutile, così insensata, così fastidiosa e inspiegabile.

Non lo conosceva. Non lo conosceva, dannazione!

Non erano neanche compagni!

Solo al pensiero strinse la presa sull’Innocence.

Stava diventando tutto uno stramaledettissimo incubo. Era cominciato bene. Sole. Una finestra aperta. Un mucchio di ragazzini strepitanti.

Una Farfalla che l’aveva portato alla Morte.

Non la sua, certo, ma – faceva male, male da impazzire – quel ragazzino…era così…piccolo.

Aria. Aveva bisogno di aria.

Un lampo di luce gli ferì gli occhi.

Li chiuse.

Li riaprì.

Di nuovo, correva. Si faceva strada a forza con la mani tra gli arbusti, le piante crepitanti, inciampando per colpa delle radici degli alberi che spuntavano fuori dal terreno.

Smise quasi di respirare, premendo il viso contro la piega del braccio. C’era un odore dolciastro in giro, troppo forte, intenso, nauseante.

Poi rallentò fino a fermarsi.

Aveva voglia di staccare la spina e smettere di pensare.

«Ripeto Sir, sempre al vostro servizio»

 

Un’altra scena.

Un braccio che si staccava, svaniva in polvere, un urlo e una supplica.

Più vivida, più vicina. Poteva quasi sentirne l’odore.

Aveva la sensazione che se avesse allungato un braccio avrebbe potuto toccarlo.

Più forte, più vicino.

Avrebbe potuto salvarlo.

Se solo…

Avrebbe potuto salvarlo.

L’odore sparì.

Un rumore, costante e tenue, ne prese il posto. Un fiume. Un fiume ed un ponte.

Alzò il viso.

«Road.»

Alzò il viso e la vide, ancora lì a ciondolare sul muretto di pietra.

Il ragazzino. Morto. Gli occhi bianchi e le pupille dilatate. Morto.

«Road!» si alzò in piedi e corse verso di lei.

Meglio, si sentiva decisamente meglio. Non era solo. Non stava impazzendo.

Diavolo, per un attimo aveva creduto di esserlo.

«Road!» ripetè con più forza, sebbene l’avesse raggiunta. Quella si girò con un sorriso cordiale e incrociò le mani dietro le schiena.

«Siii?»

Lui sospirò, inspirando a fondo. Era lucido. Andava tutto bene. «C’è un cadavere nel bosco.»

«Due» lo rimbeccò.

«Cosa?»

«Cosa?» gli fece il verso lei.

Il rosso si passò una mano davanti al viso, stancamente.«E’ una cosa seria. C’è un cadavere nel bosco»

«No che non c’è. Solo metà di un pezzo e tu nemmeno l’hai visto»

«Che cosa? E non farmi il verso

La bambina chiuse la bocca di scatto, quasi senza rendersene conto. Poi sorrise.

«E com’era questo cadavere?»

«Hn» lui storse il naso. «Parecchio morto, direi»

«Magari era per terra a faccia in giù?»

Il ricordo venne a galla come un pallone di plastica, schizzando tutto attorno piccoli dettagli che prima non aveva notato. Registrato ma non analizzato.«In su»

«E gli occhi? Com’erano gli occhi?»

Fissi su di lui. Accusatori. Distorti dal dolore. Sorpresi, forse?

«Bianchi» Sentì un groppo alla gola. Ingoiò a fatica e fissò per terra, ma poi la sentì prendere fiato per parlare e la fissò quasi supplicante. «Però Road, adesso…»

«E il sangue? Magari c’era un sacco di sangue» la vocetta infantile di lei si fece più bassa.

«…smettila…»

Quasi un sussurro.

«Magari il corpo era quello di un ragazzino!»

«…non è…»

Si insinuava direttamente fra i suoi pensieri.

«Magari come quello?»

La piccola Noah indicò dietro di lui.

La risata isterica di poco prima si perse in un fremito.

«…oddio.»

Sentì qualcosa dentro di lui spezzarsi. Qualcos’altro riprendere a mordere. Qualcos’altro, ancora, ebbe paura.

«Andiamo, andiamo a vedere!» saltellò allegra la bambina, prendendo una mano rigida del rosso tra le sue piccole e calde e trascinandolo nel punto indicato.

Rabi chiuse gli occhi ancora prima di girarsi.

«Basta» sussurrò.

Se non l’avesse visto non sarebbe stato male. Se non l’avesse visto non avrebbe ricordato. Era convinto che se avesse chiuso gli occhi abbastanza a lungo e sperato abbastanza intensamente, tutto sarebbe sparito.

Fece un respiro profondo e li riaprì.

«Ahh, per questo qui non c’è niente da fare. E’ proprio morto.»

Il ragazzino era lì, immobile e freddo come lo ricordava.

Era morto davvero.

Se solo…

Tanto era morto, inutile pensarci. Avrebbe scritto qualcosa di doloroso e molto toccante a tal proposito, ma sarebbe finita lì.

«Oddio…oddio oddio oddio…»

Sentì la bambina inginocchiarsi affianco a lui. Le ginocchia avevano ceduto ed era finito per terra.

«Fallo smettere» sibilò, prendendosi la testa fra le mani.«Fallo smettere»

«Povero Esorcista, ti hanno lasciato solo?»

«Qualsiasi cosa sia…» la sua voce diventò un sussurro forzato.

«E’ colpa tua, lo sai vero?»

«…ti prego…» avrebbe potuto spezzarsi in qualsiasi momento.

«Se solo non lo avessi lasciato andare…»

«…ti prego fallo smettere!!!»

«Allora che ne dici di farlo tornare in vita?»

«…cosa?»

Il vuoto dentro di lui si fece ancora più profondo.

Alzò gli occhi davanti a se. La bambina non era più al suo fianco. Svolazzava pigramente dietro la schiena di qualcuno che prima non c’era.

«…il…Conte?»

Si sentì una risata, ma nessuno aprì bocca.

«Esatto! »

Istintivamente Rabi si portò una mano al fianco, sicuro di trovarvi qualcosa che invece non c’era. Ma cosa?

«Allora, lo facciamo resuscitare o no?»

Lui fissò l’uomo che aveva davanti. Il suo sorriso impassibile. Il corpo steso a terra dietro di lui che lo fissava, lo fissava come se fosse colpa sua, supplicandolo di aiutarlo.

Fissò Road. La propria mano al fianco ancora alla ricerca di qualcosa.

Sentì qualcosa dentro di lui rompersi.

Urlò.

«Aaaah!!!»

Era tutto sbagliato. Lui non era lì. Lui non stava facendo quelle cose. Lui «Aaaah!!!Aaah!!!» era in camera sua a copiare e a «Aaaah!!!» scrivere.

Lenalee gli avrebbe sorriso.

Kanda avrebbe cercato di picchiarlo.

Il vecchio Panda si sarebbe arrabbiato per il rumore.

«Aaaah!!!»

Ma lui era lì, il ragazzino – Dio, Dio, il nome! Non ricordava il nome! – era morto, e invece non doveva.

Di nuovo, desiderò morire.

«Allora? Cosa rispondi?»

Fissò una mano bianca davanti al proprio viso. Attaccata al un braccio. Ad una spalla e poi ad un collo e ed un viso.

Tyki Mikk, con un gesto veloce della mano mosse le dita ed estrasse dal nulla una carta da gioco.

Un asso di picche.

«Allora?»

Un altro gesto, un altro numero di magia. A lui sarebbe piaciuto di certo.

E un pezzo d’argento graffiato si sovrappose alla carta.

Inciso, un nome.

Allen Walker

«Devi solo chiamarlo»

Al resto pensiamo noi.

Rabi chiuse gli occhi.

Pregò.

Non credeva in niente, ma pregò.

 

 

Lenalee gli avrebbe sorriso.

Kanda avrebbe cercato di picchiarlo.

E il vecchio Panda si sarebbe arrabbiato per il rumore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«…voglio andare a casa…»

 

 

 

 

 

 

 

«…Allen-kun…»

 

 

 

 

 

                                                                                            «Happy Birthday to you…»

 

 

 

 

THE END

[…maybe ♥]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Note fine capitolo*

Bene. Bene bene bene. Questa fiction mi ha completamente svuotato. Ci ho messo una settimana a finirla, kso. All’inizio era una storia completamente diversa, avrebbe dovuto esserci la yaoi…ma poi una certa persona (cercava di prendermi in giro, e io invece l’ho ascoltata) mi ha detto che Rabi e Tyki avrebbero potuto trovare un cadavere…e il resto lo sapete.

Ho deciso di scrivere Rabi invece di Lavi perché nonostante siano simili, danno due impressioni totalmente diverse, e quella che si avvicinava di più allo spirito della fic era Rabi.

Se ci sono…cose, citazioni o pezzi che non capite chiedete pure, e io risponderò alle recensioni qui sotto un attimo dopo averle lette. Promise.

*E, per il Dio della Nutella, commentate*

 

 

   
 
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