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Autore: AsanoLight    05/09/2013    1 recensioni
Una raccolta di Drabbles e Short-Fic, alcune basate sulla pairing HiratoxAkari.
Vari inserti con Tokitatsu, Gareki e Yogi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akari, Altri, Hirato, Tokitatsu, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '♣ Karneval Parade'
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Ci siamo! L'ultimo giorno di Karneval è qui! Mi dispiace davvero, sono volati proprio xD
Spero vi siano piaciuti, sto pensando di pubblicare presto un'altra raccolta.
Fatemi sapere pure cosa ne pensate, sia se avete letto l'intera raccolta o anche alcuni capitoli sparsi! ;)
Io come sempre ringrazio tutti coloro che l'hanno seguiti di giorno in giorno e soprattutto te, che in questo momento la stai leggendo.

AsanoLight~


 
***




 
Yogi sedeva sulla panchina, dondolando annoiato i piedi avanti ed indietro, come farebbe un bambino sull’altalena per salire sempre più in alto, fino a toccare l’azzurro cielo e le sue nuvole e guardava scuro e malinconico le foglie di un castagno cadere a terra ed accumularsi sul prato formando tumuli sempre più alti.
 
«Gareki-kun...», mormorò improvvisamente attirando l’attenzione del burbero ragazzo dai corvini capelli, che scrutava a braccia conserte il cumulo di foglie  a terra, disinteressato ed a sua volta tediato da una miriade di pensieri, ricordi che lo portavano lontano a tempi in cui la castagna era un sinonimo di famiglia e di unione, un pretesto per passare del tempo assieme, davanti ad un caldo focolare, «Pensi che gli alberi soffrano quando cadono le foglie?».
Gareki si destò, riportato alla realtà da quelle parole.
«Che domande fai?», rispose freddo, chinando leggermente la testa irritato, nella bocca un sapore amaro e nel petto una ferita, che lentamente cominciava a bruciargli.
Non che fosse scontento del suo presente ma nei recenti tempi, quando guardava addietro, al suo passato, pensava che avrebbe potuto fare di più, e si faceva improvvisamente bigio in volto.
 
«Pensaci anche solo per un istante...! Povere foglie, tutte a terra, sole e morte. E nessuno che le onora nemmeno con un funerale... Dev’essere triste la vita quando sei una foglia...»
«Dimmi che non ci stai serio...»
«Gareki-kun non ha proprio tatto per queste cose...», mormorò triste Yogi, «Pensa a quelle povere foglie, tristi e sole...».
 
Sì, probabilmente quell’idiota aveva ragione. Lui non aveva tatto per ‘quelle cose’, per tutto ciò che concerneva l’amore e la famiglia. Si era abituato a tutto, alla solitudine, al vivere senza pensare al domani. La morte era l’ultimo dei suoi problemi. Non sarebbe mai riuscito ad intendersi con un ragazzo che lotta per gli altri, che mette a repentaglio la propria vita per salvare quella di sconosciuti.
Lui, un egoista, non sarebbe mai riuscito a capire il cuore di un altruista.
 
Sospirò.
Yogi era un raro esemplare.
Alla sua morte avrebbe insistito per far devolvere il suo corpo alla scienza.
Ma fino a quel giorno avrebbe fatto di tutto perché fosse stato sbattuto in un manicomio.
Si sarebbe occupato lui stesso di gettare via la chiave della sua stanza.
 
«Tu faresti un funerale per ogni capello che ti cade?», gli chiese aggrottando le sopracciglia con tono risentito.
Il biondino negò con il capo in una risposta che non giunse inaspettata a Gareki.
«E allora smettila di fare domande idiote»
 

«Che toni rudi, Gareki...»
 

«Hirato-san!», esclamò Yogi allegro, balzando in piedi dalla panchina e muovendo le braccia come per farsi notare. Smontò tuttavia il suo entusiasmo quando lo vide seguito da Akari e Tsukitachi: «C-Cosa ci fate qui?».
«Akari deve fare la campionatura del terreno e delle forme di vita delle zone circostanti e dato che la sua equipe è rimasta nei dintorni della Prima Nave ha avuto la brillante idea di utilizzare noi come suoi sostituti, per oggi», spiegò Hirato in un sorriso soddisfatto.
Il dottore gli passò un paio di guanti in lattice, in uno sguardo accigliato e risentito –si potrebbe quasi dire usuale, invitandolo a cambiarli con quelli di pelle che portava di solito a bordo della Nave.
«Non farmi perdere altro tempo. Ti ho già detto che per questo lavoro servono i guanti in lattice».

«Ah, il dottor Akari è sempre così premuroso nei confronti di Hirato-san!», esclamò con occhi straboccanti di ammirazione il biondino, congiungendo entrambe le mani e sprizzando gioia da ogni poro.

Tsukitachi portò sereno le braccia al collo di entrambi, trascinando e stringendo tanto Akari che Hirato in un affettuoso abbraccio, «Akari è molto molto premuroso nei confronti di Hirato! Dice di odiarlo ma in fondo in fondo gli vuole un mondo di bene!».

Gareki inorridì, un brivido gli percorse rapido l’intera colonna vertebrale, dall’osso sacro fino all’ultima vertebra, gli si accapponò la pelle al ricordo dei succhiotti che spesso aveva notato sulla pelle del dottore, ricordo stesso che lo spinse a grattarsi nervosamente la nuca, ostentando disinteresse.

«Di’ un’altra parola e ti ammazzo con le mie stesse mani, Tsukitachi», sibilò il dottore incenerendolo con lo sguardo e liberandosi violentemente della sua presa, come un animale quando riconquista la libertà.
«Piuttosto», disse dunque rivolendosi ai due ragazzi, «Voi non dovreste essere alla Nave? Non vi dovreste muovere troppo da soli. Il rischio di essere attaccati è sempre in agguato. E’ meglio non azzardare».
Yogi si irrigidì all’udire le parole severe del dottore e si imbronciò in volto con aria rassegnata ma al contempo dispiaciuta, come un bambino che prende consapevolezza di aver infranto una regola.
«Mi dispiace dottor Akari. Avevamo cominciato a passeggiare nei dintorni e a furia di camminare siamo arrivati qua. Si stava così bene che abbiamo deciso di restare un po’-».
«Una passeggiata sotto un viale alberato come una tenera coppietta!», esordì Tsukitachi sereno, portandosi colpito una mano al cuore in un gesto assai istrionico, mentre alzava gli occhi verso l’azzurro cielo, sognante e pieno di ricordi, «Che cosa romantica! Compatirsi tra scapoli! Quando la pietà diventa amore!».
 
«Co-»
Gareki avrebbe voluto interromperlo tuttavia il comandante della Prima Nave era già partito e l’impresa si rivelò perfino più impossibile del fermare un treno in partenza.
Ciò che maggiormente lo stupì fu il fatto che da parte di nessuno dei presenti venne la bella idea di frenare il rosso davanti a quella chiara manifestazione di completa deficienza di buonsenso.
 
«Beati voi che potete! La mia occasione è svanita secoli fa...! E chissà quando ricapiterà il prossimo treno! Lei era bellissima, una stupenda ragazza, con lo sguardo accattivante, lo stesso di una tigre, ed il sorriso di una Fata! Aveva la voce di una Musa ed incedeva come una Dèa! Non la dimenticherò mai, anche dopo tutto questo tempo...».
 
Yogi aprì la bocca meravigliato.
«Tsukitachi-san... da quanto non la vedi?»
 
«Tre giorni», precisò freddo Hirato, in un composto sorriso che, paragonato all’umore del suo compagno ed alla sua enfasi, aveva tutti i requisiti per essere inteso come canzonatorio, «Ed è la sessantasettesima donna che non dimenticherà mai nell’arco dell’ultimo anno. E’ ora che cominci a prendere nota. La lista potrebbe diventare più lunga del previsto nei prossimi vent’anni».
«Tu ancora gli dai retta?», chiese Akari in un tono piuttosto scettico, «Piuttosto, non mi hai sentito prima? Ti ho detto di metterti i guanti non di ascoltare quel cafone ciarlare».
«Temo mi si sia impigliato da qualche parte il bottone del guanto di pel-»
«Aspetta», bofonchiò il dottore prendendogli diligentemente il polso e lasciando scivolare lentamente il bottone del guanto fuori dalla propria asola, suscitando il sorriso del comandante.
 
Notando il silenzio dei presenti e lo sguardo smaliziato del comandante della Prima Nave, digrignò i denti irritato riprendendolo in uno dei suoi soliti burberi toni.
 
«Tsukitachi, smetti di fare quella faccia da ebete e muoviti!»
 
Il comandante restò tuttavia per qualche istante immobile sorridendo felice ed osservando i due compagni allontanarsi, inoltrandosi tra i meandri della foresta. Sentì il cuore scaldarglisi in petto ed improvvisamente gli venne restituito il buon umore.
 
Guardò Gareki e gli rifilò un sereno sorriso mentre gli dava una pacca sulla spalla.
 
«Si vede lontano un miglio, ragazzo, che tu sai quanto io so’»
 
«Ma non invidi neanche un po’ la loro felicità?», mormorò prendendolo sotto braccio, la voce si fece d’un tratto più tagliente ed insidiosa, «Ricordati, puoi ingannare chiunque ma non te stesso. E se ora come ora ti stai chiedendo come faccia a sapere certe cose...».
 
Sorrise.
Si inchinò rispettoso davanti ai due e fece per allontanarsi salutandoli con la mano.
 
«Hirato! Akari-chan! Aspettatemi, non andate da soli! Piccioncini~!».
 
Gareki non chiese altro.
Poteva immaginarsela da sé la risposta.
 
 
“E’ un segreto”
   
 
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