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Autore: HisLovelyVoice    05/09/2013    10 recensioni
- In famiglia siamo quattro. - Dissi, mostrandole quattro dita, come mi aveva insegnato la mamma. - Siamo io, mamma, papà e mia sorellina di due anni. Mamma e papà mi vogliono molto bene e mi hanno regalato un cane. Si chiama Fido, anche lui fa parte della mia famiglia. - la maestra mi sorrise, pensando che la mia fosse una famiglia molto felice. Non immaginava che in realtà mio padre picchiava me e la mamma. Non immaginava che io, a soli sei anni, dovessi difendere la mia sorellina. Non immaginava che il cane era stato comprato per infliggermi alcune punizioni. No, non poteva immaginarlo.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Sogni e speranze
 
A pranzo Hope venne da me come le avevo promesso la mattina. Mia madre ne fu molto felice, continuava a ripetere che Hope era per me una benedizione. E aveva ragione, lo era davvero.
Dopo aver mangiato andammo in camera mia e ci allungammo sul letto, tenendoci per mano. Feci dei cerchi sul dorso della sua mano con il mio pollice, sentendomi, nonostante tutto, il ragazzo più fortunato del mondo. Avevo lei, cosa potevo chiedere di più?
- Sai, ci ho pensato tutta questa mattina. - disse sollevandosi su un gomito. Feci la stessa cosa anch'io guardandola. Dio, quant'era bella in quel momento, con i capelli che le ricadevano delicatamente sulle spalle. Stava dicendo qualcosa, ma non riuscivo a concentrarmi su nulla se non sul suo volto. Avvicinai una mano al suo viso e spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, potendo così guardare meglio i suoi occhi. Lei sbuffò subito dopo. - Non mi stai ascoltando. - si lamentò riducendo gli occhi a due fessure.
Ritirai immediatamente la mano e le sorrisi. - Perdonami, mi ero incantato. Stavi dicendo?
- Stavo dicendo che adesso, invece di rimanere qui in casa potresti venire da me. - propose. - Non sei mai venuto, e vorrei presentarti i miei genitori.
Rimasi spiazzato dalla sua proposta, ad essere sincero non ci avevo mai pensato. Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non ne uscì nemmeno un suono.
- Non ti va? - chiese lei.
Scossi immediatamente la testa. - Sì che mi va, solo che non mi aspettavo che me lo che me lo chiedessi oggi. Certe cose vanno dette con un po' di anticipo. - risposi sincero, ma lei non mi credette.
- Non ti va.
Si riallungò sul letto incrociando le braccia al petto e guardando dall'altra parte.
Posai una mano sulla sua. - Hope, guardami. - lei lentamente spostò su di me il suo sguardo. - Sarei onorato di conoscere la tua famiglia, davvero, ma preferirei un altro giorno. Ho bisogno di prepararmi psicologicamente.
- Oh, andiamo! Addirittura? - disse meravigliata.
Annuii. - Sei la mia prima ragazza, e poi non ho mai conosciuto nemmeno i genitori dei miei amici. - ammisi.
Lei annuì comprensiva e il suo sguardo si intenerì. - Va bene. Allora facciamo che quando ti senti pronto me lo dici.
- Perfetto.
Mi allungai di nuovo a mia volta e lei si accoccolò al mio petto. - Vorrei rimanere così per sempre. - sospirò. Passai un braccio intorno alle sue spalle attirandola ancora di più a me e le diedi un bacio tra i capelli.
- Anch'io. - mormorai. - Anch'io.
Chiusi gli occhi ed iniziai ad immaginare. Immaginai una vita lontano da lì con Hope. Immaginai mia madre e Annabelle sorridenti in cucina intente a preparare da mangiare anche per me e Hope appena tornati da una passeggiata in montagna. Immaginai lunghe giornate passate uno vicino all'altra, con solo i nostri respiri sincronizzati a riempire il silenzio.
Sospirai. Chissà quando saremmo riusciti a stare davvero così insieme.
Girai il volto e notai che mi stava osservando.
- Cosa c'è? - chiesi sorridendo.
Scrollò le spalle. - Sei perfetto. - mormorò dandomi poi un leggero bacio.
Scossi la testa. - Non è vero. Ho tanti di quei difetti...
- E allora? Tutti ne abbiamo. Per me tu sei perfetto così come sei. - disse sorridendo, e notai che era leggermente arrossita.
- Sei bellissima quando arrossisci. - dissi sfregando il mio naso contro il suo. - Anzi, sei bellissima sempre.
Arrossì ancora di più a quel complimento, facendo aumentare i battiti del mio cuore ancora e ancora.
- Ti va di andare in un posto? - chiesi poco dopo. - Voglio farti vedere una cosa.
- Dove?
- È una sorpresa.
- Amo le sospese.
- Lo so.
- Perfetto.
Mi alzai dal letto seguito da lei e, mano nella mano, scendemmo giù.
- Mamma, noi usciamo! - urlai per farmi sentire.
- Va bene, fate attenzione! - si raccomandò dalla cucina.
Sorrisi, salutai Annabelle che sul divano stava guardando la tivù e uscimmo.
- Non mi dai nemmeno un indizio? - chiese curiosa.
Scossi la testa. - Spero solo ti piaccia.
Ci incamminammo così verso il posto per me più importante della città.
Tenevo sempre la mano di Hope, e lei faceva dei cerchi con il pollice sul mio dorso. Ogni tanto mi indicava qualcosa, come una strada, una casa, o anche una semplice panchina, raccontandomi alcuni aneddoti divertenti della sua vita, molti dei quali non aveva mai raccontato a nessuno. L'ascoltavo ammaliato, la sua voce era così dolce da farmi perdere la testa. Volevo ricordarmi tutto di quello che mi diceva, volevo ricordarmeli e poter pensare che solo io li conoscevo, sentendomi ancora più fortunato.
Quando vidi il vicolo che dovevamo imboccare mi stava raccontando di quando, passeggiando con un paio di cuffiette e tenendo lo sguardo basso era andata a sbattere contro un palo. Scoppiai a ridere, non riuscendo a trattenermi.
- Ti fa tanto ridere, eh? - disse ridendo a sua volta. Annuii con le lacrime agli occhi. - Sono solo un po’ sbadata.
- Sei la sbadata più bella del mondo. - dissi baciandola. - Vieni. - aggiunsi poi incamminandomi verso la stradina continuando a ridere.
- Sicuro che sia la strada giusta? - chiese spaventata. Dovevo ammettere che non era la strada più rassicurante del mondo, ma era l'unica che potevamo usare per raggiungere il luogo desiderato.
- Stai tranquilla, non è lunga. - la rassicurai. Infatti, dopo nemmeno un paio di minuti eravamo fuori. Le mormorai all'orecchio di chiudere gli occhi e di non sbirciare, e lei lo fece.
La portai così molto lentamente in un luogo che per me significava molto.
- Apri gli occhi.
Quando tolse le mani la sua espressione era perplessa. Sicuramente non si aspettava di trovarsi dentro un parco abbandonato con solo un altalena nella struttura che ne poteva ospitare due, per di più cigolante, uno scivolo con alcuni gradini rotti e una sorta di capanna degli indiani.
- Ethan, cosa...? - provò a chiedere, ma la interruppi.
- Vieni. - Le ripresi la mano e andai verso la capanna di legno. Mi sedetti dentro e le feci cenno di fare lo stesso. Quando fu dentro mi allungai e anche lei lo fece, ma era un po' titubante.
- Questo parco, quando ero piccolo, era sempre pieno di bambini. Sai, mio padre era ancora buono con me, e mi ci portava ogni volta che ne aveva tempo. Ci allungavamo qui dentro, a volte in silenzio, a volte parlando di quello che avevo fatto a scuola. Era così buono con me! Rideva, mi abbracciava, mi voleva bene. A volte mi capita di tornare qui e di allungarmi qua sotto, sperando di vederlo arrivare come se il tempo si fosse solo fermato per un po', come se potessi tornare a dodici anni fa. So che è stupido e infantile, ma è tutto ciò che mi rimane di lui. - mormorai con la voce sempre più rotta. I miei occhi erano diventati lucidi, e sapevo che presto sarei crollato. - Non l'ho mai detto a nessuno, ma volevo tu lo sapessi. Questo è il mio più grande sogno, vederlo cambiare.
- Oh, Ethan. - sospirò Hope abbracciandomi. - Mi dispiace così tanto, vorrei poter fare davvero qualcosa.
- Fai già tanto rimanendo con me. - mormorai, mentre ormai le lacrime avevano cominciato a scendere. Non ce la facevo ad essere forte. Continuavo a ripetermi che dovevo esserlo, ma non mi era possibile.
Hope si allontanò leggermente e con i polpastrelli asciugò le mie lacrime. Poi baciò delicatamente i punti dove aveva passato le dita, fino ad arrivare alle mie labbra.
- Andrà tutto bene. - mormorò. - Te lo prometto. Tuo padre tornerà quello di prima.
Scossi la testa. - Non promettermelo se non puoi esserne sicura.
- Ma io ne sono sicura. - disse decisa.
- Come fai ad esserlo? Io non lo sono più di nulla ormai! - esclamai.
- Credo nei miracoli. E so che uno accadrà.
- È già avvenuto quando ti ho incontrato. Non penso ce ne sarà un altro. - mormorai chiudendo gli occhi.
-  Allora ci crederò anche per te. - rispose semplicemente allungandosi di nuovo.
Mi prese la mano e  io la strinsi forte, ringraziandola.
Passammo il resto del pomeriggio sotto la capanna. Lì mi sentivo al sicuro, pensavo che tutto si sarebbe davvero risolto presto. Forse Hope aveva ragione. Forse un giorno mio padre sarebbe cambiato. Forse mi avrebbe di nuovo voluto bene. Forse sarebbe stato fiero di me per qualche motivo. Mi sarebbe tanto piaciuto sentirmi dire quelle cose, più di ogni altra cosa al mondo. Ne avevo bisogno. Non mi bastava sentirmelo dire da mia madre, o da Annabelle, o da Hope. Avevo davvero bisogno di lui, nonostante tutto quello che mi aveva fatto passare. A volte dicevo di odiarlo con tutto me stesso, ma una piccola parte di mi gli voleva ancora bene. Lo stesso bene che un giorno speravo potesse darmi di nuovo.
- Ti accompagno a casa. - mi offrii quando fu ora di andare alzandomi in piedi. Volevo stare ancora con lei.
- Okay.
Ci incamminammo così verso casa sua, sempre mano nella mano.
- Allora, qual è il tuo sogno più grande? - chiesi per interrompere il silenzio, anche se non era uno di quelli pesanti. - Tu sai il mio, e volevo sapere il tuo.
Hope ci pensò un po’ prima di rispondere. - Vorrei andare in Germania. - mi rivelò sorridendo.
- Davvero?
Annuì. - Mi piacerebbe tanto visitare Berlino. Sarebbe fantastico visitarla d’inverno con la neve, non potrei chiedere di meglio. Ma anche d’estate dev’essere un bello spettacolo.
- Se ne avrò la possibilità ci andremo insieme un giorno. - le promisi. - Anche se probabilmente ci sarai già andata.
- Mi piacerebbe tanto. - disse stringendomi la mano. - Forse i miei genitori mi regaleranno il viaggio per il compleanno.
Solo in quel momento realizzai che ai suoi diciassette anni mancavano solo sette giorni e io non le avevo ancora regalato nulla. Cosa si regalava ad una ragazza? Non mi ero mai trovato in una situazione del genere, era per me una cosa completamente nuova.
- Sarebbe fantastico. - dissi mentre il mio cervello si metteva in moto pensando a cosa poterle regalare.
- Già, davvero fantastico.

****
 
Arrivato anch’io a casa mi precipitai da mia madre. Si trovava in cucina intenta a tagliare delle zucchine.
- Mamma, cosa si regala ad una ragazza? - domandai sedendomi vicino a lei.
Lei smise di tagliare le verdure e mi guardò. - A una ragazza o alla tua ragazza?
Sorrisi. - Alla mia ragazza.
- Per il compleanno? - si informò riprendendo ad usare il coltello.
Annuii. - Non so assolutamente cosa regalarle.
Aspettò un po’ prima di rispondere, finendo così di tagliare le zucchine. Poi si alzò in piedi e le mise in una padella sul fuoco. Accese il gas e si voltò.
- Domani è giornata di spesa. Vieni con me e Annabelle, così ne approfittiamo per cercare il regalo per Hope. - disse infine.
Sorrisi. - Grazie mille. - dissi abbracciandola. Certo, l’idea di andare a fare la spesa non mi entusiasmava, ma fare il regalo ad Hope si. Volevo trovarle qualcosa di veramente bello, che potesse portare sempre con se. Qualcosa che le potesse ricordare ogni giorno quanto l'amavo.



HEI!!
perdonate questo ritardo, sono davvero desolata...
allora, questo capitolo può sembrare inutile ma non lo è affatto.
ricordatevi bene quello che Ethan vorrebbe da parte di suo padre, il fatto che tra un po' è il compleanno di Hope e la Germania.
non ho nient'altro da dire, spero solo che il capitolo vi sia piaciuto
ringrazio tutti i lettori, coloro che recensiscono e coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate
ancora scusa per il ritardo
alla prossma.
un bacio
Giulia xxx
  
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