Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Splendente come il sole    06/09/2013    2 recensioni
Seicento, Francia. Una ragazza decide di lasciare la famiglia in miseria e tenta una vita migliore fuori, nelle stradine francesi.
Ma fuori le cose non sono mai come sembrano e presto Elora si troverà coinvolta in questioni molto più grandi di lei.
^Questa è una storia di genere picaresco^ Quindi se vi piace il genere...
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Maman !” esclamò la bambina dai lunghi capelli castano dorati, correndo verso di lei veloce come un fulmine.
Elora la osservò mentre si avvicinava, in preda ad un tumulto di emozioni.
Sorrise, e la prese in braccio.
“Bene, bene … Che guaio abbiamo combinato stavolta ?” chiese fingendosi indignata.
La piccola arrossì, abbassando a terra i luminosi occhi verdi.
“Peter si è fatto male. Ma non è stata colpa mia stavolta!” .
Elora impallidì, posò a terra la figlia minore e corse a cercare il suo primogenito.

“Quante volte dovrò ripeterti di non immischiarti in faccende che non ti riguardano, Peter ?” borbottò Elora medicando pazientemente il figlio di sette anni appena, mentre erano comodamente seduti nel modesto ma caldo e accogliente salotto di casa, su un divano di finta pelliccia marrone scuro.
Il ragazzino fece una smorfia di dolore. “Scusa, madre. Ma dovevo aiutarlo … è il mio migliore amico !” protestò.
Elora fece un sospiro rassegnato. “Va bene … hai ragione tu.”
Gli accarezzò i morbidi capelli neri, fissando ammirata quegli splendidi occhi viola, identici ai suoi. “Come sei coraggioso, amor mio.”
Peter sorrise imbarazzato.
La piccola Valerie, di quasi cinque anni, si mise tra i due, e salì in braccio alla madre.
Elora scoppiò a ridere, e la strinse a sé.

Quando scese la sera, Elora cenò con i bambini, preparando un’elaborata minestra di verdure, pane caldo, formaggio e frutta fresca.
Dopo aver sposato un orafo, aveva iniziato a mangiare decisamente meglio.
La giovane donna fissò l’orologio appeso al muro, in preda all’inquietudine.
Di solito suo marito tornava a casa nel tardo pomeriggio … Sperò che non si arrabbiasse del fatto che avevano cenato senza di lui, ma soprattutto che non gli fosse accaduto nulla di male.
Mise a letto Valerie, già assonnata, e le diede un tenero bacio sulla fronte.
“Sogni d’oro, piccolo angelo.” Ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Tornò in cucina, in cerca del figlio maggiore.
Non vedendolo, uscì fuori.
“Peter !” lo chiamò, vedendolo nel buio, lì sulla strada.
“Ci avrei scommesso” pensò con un sorriso.
Suo figlio amava sin troppo stare all’aria aperta … senz’altro aveva pensato di farsi una passeggiata, mentre lei era distratta.
Velocemente tornò da lei, con un sorrisetto timido, e rientrarono in casa.
“Forse è il caso che anche tu vada a letto, tesoro.”
“No …” mormorò Peter.
Cogliendo lo sguardo interrogativo della madre, il bambino aggiunse : “Voglio aspettare mio padre con te.”
“Come vuoi … “ mormorò Elora dubbiosa.

Madre e figlio decisero di ammazzare il tempo giocando a cavagnola*.
Andò avanti così quasi fino alla mezzanotte, poi il giovane orafo rientrò in casa, quasi spaventandoli.
Peter balzò in piedi, fissandolo, Elora si alzò con più calma, lisciandosi con una mano le morbide pieghe dell’abito rosa pallido.
L’uomo si sfiorò il cappello. “Buonasera a voi.” E con fare allegro prese in braccio il figlio, che scoppiò a ridere.
“Henry, ma dove sei stato fino a quest’ora ?” gli chiese la moglie, titubante.
“Prima sarà meglio che questo giovanotto vada a letto.” E rimise il bambino a terra.
“Ma voglio saperlo anch’io !” protestò vivacemente quest’ultimo.
“Domani ti racconterò tutto, d’accordo ? Ora forza, va’ in camera tua.”
Peter mise il broncio ma rinunciò a protestare ancora e filò in camera sua per dormire, terribilmente stanco suo malgrado.
“Buonanotte, tesoro !” urlò Elora prima di concentrarsi sul marito.
Il giovane, con soli due anni in più di lei, era uno degli uomini più belli e intelligente che avesse mai conosciuto in venticinque anni di vita.
L’aveva conosciuto un anno dopo la sua fuga avventata da casa, quando ormai aveva finalmente cominciato a lavorare, già da più di quattro mesi.
Alla fine aveva trovato impiego presso una famiglia di ricchi borghesi, come domestica.
Quando la prese tra le braccia e si chinò per baciarla con passione, non fece la minima resistenza, malgrado desiderasse, in quel momento, solo delle risposte.
Alla fine, Henry si staccò da lei e fu lui il primo a parlare. “Ma che è successo al ragazzo ? Cos’è quell’occhio nero e quei graffi lungo la guancia e il collo ?” mormorò preoccupato.
Elora sospirò, mentre il senso di colpa per non essere stata lì con lui e aver tentato di proteggerlo riaffiorava.
“Era con quel suo amichetto, Claude … sai, il figlio del soldato, e …” La voce le si spezzò.
“Certo, è chiaro” mormorò Henry dopo qualche istante.
Poi, si affrettò a posare mantello e cappello, e si sedette a capotavola.
“Preferirei che nostro figlio non lo frequentasse più, a questo punto” disse infine con sguardo torvo.
Elora preferì non rispondere. Invece disse : “E’ così tardi, e … non hai ancora mangiato ?” .
“Purtroppo no. E dato che, come ben sai, il mio ultimo pasto è stato poco dopo mezzogiorno, mi auguro che ci sia qualcosa da mangiare anche per me …”
“Oh, ma certo !” esclamò Elora con un sorrisetto, e si affrettò a servirgli pane e formaggio.
“Ho preparato una minestra di verdure, ma dopo tutto questo tempo è ormai gelata, te la riscaldo ?” chiese voltandosi verso di lui, la pentola in mano.
“Sì. Grazie, cara.” E addentò avidamente ciò che intanto la moglie gli aveva servito.
Elora gli sorrise, e si mise al lavoro.

Amava i suoi due figli più di ogni altra cosa al mondo, certamente più di quanto potesse amare se stessa e la sua vita.
E amava anche suo marito. Era un brav’uomo, era sempre stato fedele, paziente e affettuoso con lei, e amava i bambini.
Quando l’aveva conosciuto, pensava ancora a Damien.
L’ultima volta che l’aveva visto era stata la notte in cui aveva abbandonato per sempre la sua unica sorella, Eleà, e il bordello di madame Isabelle Bècu.
La notte in cui aveva ucciso quel vecchio suo compare.
Portava ancora il segno, sulla gamba destra, di quel colpo di frusta …
Quando, sei mesi dopo essersi conosciuti, aveva fatto l’amore con Henry per la prima volta, lui aveva naturalmente notato la cicatrice e l’aveva percorsa lentamente con le dita … Lei gli aveva raccontato tutto.
Aveva già accennato della sua fuga da casa, dalla sua famiglia … Quella notte, gli aveva detto il resto.
Lui le aveva baciato un fianco e aveva detto : “Sei davvero coraggiosa.”
“Io non mi sono mai sentita coraggiosa” aveva ribattuto lei con voce assente.
“Solo stupida.” E aveva distolto lo sguardo da lui.
“Forse solo giovane e ingenua.”
Poi aveva ripreso a baciarla e a quel punto si era preso la sua verginità.
Meno di due mesi dopo si erano sposati, ed Elora era andata a vivere in casa con lui.
Quando, un anno e mezzo dopo, il padre di Henry, Cesaire, era morto, lui, essendo l’erede maschio, aveva preso il controllo della bottega di famiglia.
Ad aiutarlo erano ancora la madre, Julie, e le sorelle maggiori, Roxanne e Suzette.
Anche lei, grazie a loro, aveva imparato il mestiere, e per i primi anni era stata d’aiuto, in bottega, ma dopo la nascita di Valerie, la loro secondogenita, suo marito aveva preteso che lei si occupasse solo dei bambini, oltre che della casa, cosa che non le era mai dispiaciuta.
Tutto il resto, col tempo, non aveva più avuto valore, per lei … il giovane e misterioso Damien, di cui aveva sempre provato una leggera attrazione, ma che non poteva certamente aver amato, come invece per un breve periodo aveva sospettato … e lo stesso era valso per sua sorella, sua madre, la sua città natale, la sua casa … la sua vita passata, la miseria sopportata, la fuga insensata …
Ma adesso … Adesso non voleva più lasciar perdere … Doveva tornare, una volta per tutte.
Immersa in questi cupi pensieri, servì suo marito, e si sedette accanto a lui.
Improvvisamente, le tornò in mente qualcos’altro.
“Allora … vuoi dirmi cos’hai fatto in queste ultime ore, Henry ?” chiese titubante.
Suo marito la fissò con i suoi luminosi occhi verdi, presenti anche sul volto della piccola Valerie.
Si scostò i capelli biondo ramato dal viso, evitando il suo sguardo. “Affari” rispose solo.
“Ah. Proficui ?” insistette la moglie.
“Senza dubbio.”
L’uomo tirò fuori un sacchettino di monete e glielo porse.
Elora lo aprì e versò i soldi sul tavolo un po’ consumato.
“Senza dubbio” ripeté a sua volta la donna.
Poi fece un sospiro profondo e lo guardò dritto negli occhi. “Sono lieta che ci stiamo risollevando sempre più, caro, dato che … “ Si bloccò e si portò una mano al ventre, respirando profondamente, in preda all’ansia.
Henry seguì il suo movimento con gli occhi e capì.
Tuttavia, la incalzò comunque : “Dato che ?” . “Aspetto un altro bambino” concluse lei, la voce rotta dall’emozione.

Appena nove mesi dopo, dopo un parto molto più breve e facile di com’erano stati quelli di Valerie, e, soprattutto, di Peter, nacque la piccola Lucie.
Elora, esausta ma felice, la prese in braccio il più delicatamente possibile e la osservò. “Oh, tesoro mio … sei stupenda.” Come lei e Peter, anche la nuova arrivata aveva grandi e splendidi occhi viola.
E, al contrario di Valerie, era il ritratto di sua madre.
La donna si aprì la vestaglia di seta color crema, e se la portò al florido seno.
Lucie si attaccò al capezzolo con avidità, reclamando con un espressione intensissima quello che le spettava, e si mise a succhiare con forza, decisa e calma.
La cosa più strana, fu il fatto che non le staccò mai gli occhi dal volto.
E Elora si saziò della sua immagine fino a quando le palpebre non le calarono pesantemente sugli occhi in un inevitabile, ma dolcissimo, assopimento, mentre suo marito ancora le parlava, accarezzandole i capelli.
“Dunque avevi già deciso il nome ...”

Lucie piangeva.
Peter era sparito chissà dove, con chissà chi …
Valerie si era punta con l’ago e si lamentava, seduta a terra e col vestitino nuovo sporco e spiegazzato.
Suo marito era al lavoro, in bottega.
Elora emise un profondo sospiro, cercando di stare calma il più possibile.
Non erano i bambini il problema, né tantomeno Henry.
Prese in braccio la piccola Lucie, si sedette sul divano del piccolo, modesto salotto e la allattò.
“Valerie, ehi, vieni, siediti accanto a noi.”
La bambina la raggiunse subito, si sedette ma non smise di piagnucolare.
“Oh, suvvia, dai che non è niente.” Lasciò la neonata con una mano e afferrò il polso della figlia più grande, osservando la piccola ferita sanguinante.
Anche il vestito di raso color pesca, il più costoso che suo marito avesse mai comprato alla figlia, si era macchiato di sangue, notò.
“Te l’avevo detto di non toccare i miei attrezzi da cucito, non puoi dire che non te l’avevo detto” borbottò, e il suo tentativo di mostrarsi calma e serena fallì.
“Dai, va’ a medicarlo. Non c’è bisogno di aspettare me, dai che ce la fai.”
“D’accordo” rispose la bambina, visibilmente contrariata, e sparì diretta in cucina.
Elora sospirò ancora una volta, e poco dopo si staccò Lucie dal seno e le pulì distrattamente il labbro.
Poco dopo la piccola si addormentò e lei poté metterla al letto. Probabilmente non si sarebbe svegliata per qualche ora, fino al prossimo pasto … Lo sperava, perché quel giorno con la mente non c’era neppure per i suoi figli.
Raccomandò a Valerie di sorvegliare la sorellina, e di non uscire di casa per nessun motivo, ma di aspettarla lì, con Lucie, poi uscì a cercare il figlio maggiore.
Dopo tanto girare per le povere strade di Parigi (la zona a cui apparteneva, piuttosto povera) alla fine si recò nella bottega del marito.
Appena entrata, fatto tintinnare il campanello appeso sulla porta, lo vide, seduto dietro al bancone accanto a sua nonna Julie.
La donna aveva da poco superato i cinquant’anni, e malgrado l’età era di aspetto molto piacente, proprio come il figlio maschio. L’accolse con un sorriso gentile, mentre Peter balzava in piedi. “Maman !”.
Elora lo osservò per un istante, ma prima si rivolse alla suocera.
“Buongiorno, Julie.” E si avvicinò per baciarla su una guancia.
“Buongiorno anche a te, Elora.”
La donna si voltò verso il figlio. “Ma si può sapere perché non mi hai detto che venivi qui ? Cosa ti è passato per la testa ? Ed io sono stata costretta a lasciare le tue sorelle a casa da sole per venirti a cercare !”urlò indignata.
Il bambino chinò il capo, pentito e tremò leggermente di fronte all’ira della madre.
Si affrettò a scusarsi e a spiegarsi, dolorosamente consapevole dello sguardo della nonna, oltre che di quello della madre : “Perdonami, madre. Volevo solo venire ad aiutare la nonna e mio padre … E non ti ho avvertito perché tu eri così occupata con Lucie … e pensavo di tornare presto … Ma è stato stupido. Per favore, scusami.”
Aveva tenuto gli occhi bassi per tutto il tempo.
In quel momento entrò una giovane cliente, riccamente vestita, seguita da un distinto gentiluomo.
Elora si voltò verso la porta dell’altra stanza, dove suo marito era intento a lavorare, e sospirò.
“Intanto torniamo a casa. Ne riparliamo lì” disse con voce severa, fissando il figlio maggiore, poi fece un cenno di saluto alla suocera ed uscì seguita dal bambino.
Peter avrebbe compiuto otto anni il mese seguente, a novembre, ma già ne dimostrava dieci, e aveva ereditato tutta la bellezza della madre, dai folti e spettinati capelli corvini all’incarnato diafano ma tendente ad avvampare, dagli intensi e singolari occhi del colore dell’ametista alle labbra piene, morbide e rosse come le migliori ciliegie.
“E mi sa che non mi somiglia tanto solo nell’aspetto esteriore” pensò con rammarico.

Durante il tragitto a piedi, nonostante avesse Peter quasi attaccato ad un fianco, Elora era completamente immersa nei suoi pensieri.
La notte prima, dopo aver dato e ricevuto piacere da suo marito per più di un’ora, a differenza di lui non era riuscita ad addormentarsi, malgrado il torpore che ancora l’avvolgeva e la stanchezza.
Non riusciva più a non pensare al passato, ai suoi antichi affetti.
Ma per tornare dalla vecchia famiglia avrebbe forse dovuto lasciare la nuova ? Ciò era fuori discussione.
Se ne avesse parlato con Henry, lui avrebbe forse lasciato la bottega a sua madre e alle sue sorelle maggiori, e l’avrebbe accompagnata insieme ai bambini ? Così sua madre ed Eleà, oltre che rivedere lei, avrebbero anche potuto conoscere il suo sposo ed i suoi figli …
“Devo tentare” si disse mentre varcava la soglia di casa.

“Elora sono passati quasi undici anni ormai ! Cosa ti fa credere che tua madre sia ancora viva ? Dopo tanto tempo … e tu hai detto che era persino malata ! La tua scomparsa può averla sconvolta … può essere …” Henry si bloccò, cogliendo l’espressione avvilita sul volto della moglie.
Sospirò ; si passo una mano tra i capelli.
“Mi dispiace” mormorò infine.
La fece sedere sul letto, e le prese una mano tra le sue. “D’accordo, Elora. Io ed i bambini ti accompagneremo ad Avignone, fino alla tua casa. Forse ci troveremo tua madre, forse solo tua sorella minore … Spero per te che siano entrambe ancora vive … e che possano accoglierti.”
Detto questo, la baciò in fronte e fece per uscire dalla stanza da letto.
“Henry !” lo bloccò immediatamente la moglie, e lui si voltò, lo sguardo interrogativo.
“Grazie” mormorò la giovane, gli occhi d’ametista fissi nei suoi, smeraldini, e lui sorrise.

“E se non mi riconoscessero più ?”mormorò la donna, affranta, stringendo la mano del giovane marito mentre saliva sul calesse, preceduta da Peter e Valerie.
Si sedette con in grembo la piccola Lucie, dormiente.
Quel giorno aveva deciso di vestirsi da cavallerizza : giacca blu con elaborate decorazioni bianche, ricami rossi e bottoni d’argento, un’ampia gonna rossa e lucidi stivali neri.
Henry si mise alla guida, e fece partire il calesse. Alla fine rispose : “Non credo proprio che ti abbiano dimenticata, Elora, malgrado il tempo. E’ quasi impossibile dimenticare davvero qualcuno, tantomeno una figlia o una sorella. E per quel che riguarda il tuo aspetto … Oh, cara, ti ho conosciuto che avevi sedici anni, e da quel tempo ad ora ti assicuro che sei cambiata davvero poco. Anche se …”, fece una pausa, e voltò leggermente la testa verso il retro del calesse, “gli anni sono stati davvero gentili con te, moglie. La splendida fanciulla che conoscevo si è trasformata in una bellissima giovane donna.”
Elora sorrise, grata.

*** Se la vita era stata senza dubbio generosa con Elora, lo stesso non si poteva certo dire per Eleà.
Vedova a soli ventitré anni, senza figli e con una madre vecchia e malata da accudire, vivendo nella miseria più totale.
Lavorava come cucitrice per mantenere sé stessa e la madre, ma riuscivano a malapena a comprare pane e patate, le medicine erano un lusso che potevano permettersi sempre più di rado.
“Madre, sta’ calma. Adesso ti riprendi” mormorò Eleà, ma in cuor suo sapeva che quella povera creatura era ormai prossima alla morte.
“Eleà … Sei tu, figliola ?” mormorò la vecchia morente.
La giovane le strinse una mano con forza prima di rispondere. “Sì, cara Maman. Sta’ tranquilla. Sono qui con te, e non me ne vado per nulla al mondo.”
Improvvisamente, le tornò in mente Elora, quella sua unica sorella fuggita, e che poi aveva ritrovato e perso nuovamente. E che non vedeva da dieci anni ormai, e non sperava più di rivedere.
Col tempo si era indurita sempre più, e aveva cominciato a giudicare sua sorella, ritenendola una ragazza stupida, e allo stesso tempo egoista e crudele, oltre che una figlia ingrata.
Quella notte di tanto tempo fa, André era riuscito a convincerla a lasciarla perdere, ed insieme erano tornati nella loro città natale, a casa.
Si erano fidanzati ufficialmente, lui aveva giurato più volte di amarla, e pochi mesi dopo si erano sposati.
In cinque anni di matrimonio non erano stranamente riusciti ad avere figli.
Intanto lui era diventato sempre più brusco e strano, aveva preso a frequentare brutte compagnie e con quelle i bordelli … E l’aveva tradita centinaia di volte.
E centinaia di volte l’aveva picchiata e messa in ridicolo davanti ai suoi amici. Eleà era sempre stata tremendamente infelice, passato neanche il primo anno di matrimonio, tuttavia non era mai scappata di casa, come invece avrebbe certamente fatto Elora.
Alla fine, poco dopo il suo diciottesimo compleanno, era miracolosamente diventata vedova.
André era morto, ucciso per mano dei suoi amici, senza ragione apparente.
Eleà si era sentita per la prima volta dopo anni di buio un essere libero e indipendente, era tornata a vivere davvero, ma non era mai più tornata quella di un tempo. Ciò era impossibile.
Era tornata a casa della madre, e da allora non l’aveva mai più lasciata, né aveva più avuto uomini.
Tiravano avanti come potevano, senza più la minima speranza per il futuro.

Quando Elora bussò alla sua porta, il cuore di Eleà quasi si fermò.
E lo stesso fu per la sorella maggiore.

*** Una volta giunti ad Avignone, si erano sistemati e fermati a riposare in una modesta locanda, poi, il mattino seguente, avevano cominciato le ricerche.
Elora era felice e quasi commossa nel vedere suo marito così coinvolto … Stava facendo tutto questo solo per lei.
Peter e Valerie, da parte loro, non smettevano di fare domande, solo che quelle di Peter erano un tantino più sensate e per questo era più difficile rispondere.
Elora non ricordava più dove si trovasse la sua casa, dopo quasi undici anni, ma ben presto la trovarono ugualmente.

*** “Tu …” sussurrò Eleà, sconvolta, senza riuscire a credere ai suoi occhi.
“Tu cosa ci fai qua ?” . La sua voce si era fatta improvvisamente dura, gli occhi castani chiari erano gelidi. L’incredulità era finita.
Per anni aveva sognato quella scena, piangendo disperata, ma adesso tutto ciò che sentiva era una furia gelida.
Elora tremava violentemente. Suo marito le posò una mano sulla spalla, ma si rivolse alla cognata che finalmente poteva conoscere : “Bonjour, madame. Il vostro nome è Eleà, se posso chiedere ?” chiese con voce pacata, sperando di riuscire, come per miracolo, a sciogliere il ghiaccio …
Eleà lo fissò, lo sguardo ancora gelido. “Sì, sono io. E voi chi siete, se posso chiedere ?”.
Henry drizzò le spalle, e le parlò con lo stesso tono : “Sono il marito della vostra qui presente sorella, Henry, e questi sono i nostri figli.”
Posò una mano sulla spalla del figlio, l’altra su quella della figlia, in piedi accanto a lui. “Peter e Valerie.”
Elora ritrovò improvvisamente la voce e le avvicinò la più piccola, addormentata tra le sue braccia. “E questa è la nostra piccola Lucie, la terzogenita.”
La fissò attentamente, ma davvero non riusciva a credere che la donna che aveva davanti, adulta, ossuta, smunta, rigida e con occhiaie scure attorno agli occhi gelidi e pieni di rabbia allo stesso tempo, fosse la ragazzina dolce, ingenua e vivace con cui aveva passato l’infanzia e quella breve, dura adolescenza.
Ma alla fine anche Eleà cedette, e li fece accomodare in casa.
“Sedete” disse con tono autoritario, e gli altri obbedirono.
Lei si sedette a sua volta, di fronte a Elora, che porse la figlia neonata al marito, e ricambiò il suo sguardo.
“Cosa ci fai qui ?” ripeté per la seconda volta in pochi minuti.
Stavolta Elora, dopo aver fatto una respiro profondo, rispose : “Mi dispiace, sorella, per tutto quello che è accaduto quasi undici anni fa. Mi dispiace tremendamente, credimi.”
Eleà scosse il capo, facendo ondeggiare i pochi capelli neri che le erano rimasti, e scoppiò in una risata fredda e derisoria.
Elora tremò.
“Ah sì, sorella ? Sai, non credo proprio che le cose stiano così …”. “E invece sì !” urlò Elora, avvilita.
Eleà tacque.
Elora si voltò verso il marito ed i bambini. “Henry … credo sia meglio che voi torniate alla locanda, adesso. Devo discutere con mia sorella da sola.”
Henry la fissò contrariato. “Elora …” cominciò, ma la donna lo interruppe.
“No, Henry … Per favore.”
Alla fine, l’uomo rinunciò a protestare, fece un cenno ai figli più grandi, ed uscirono dalla casa.
Ma restarono a portata d’orecchie.

“C’hai abbandonate ! Sapevi che avevamo bisogno di te, che nostra madre aveva bisogno di te e c’hai abbandonate ! Sei sempre stata egoista, ma col tempo non hai fatto che peggiorare !”.
“Questo non puoi dirlo !” urlò Elora, indignata e ferita. “Sei ingiusta ! Quando stavo qui con voi non ero egoista, ero solo me stessa, ma non pensavo di fare del male a qualcuno solo per questo ! E quel giorno maledetto feci una scelta, che forse per me è stata la migliore, dato che ora sto benissimo, ma per voi …”
“Per noi cosa ? Cosa ? Hai una vaga idea di quanto abbiamo sofferto per te ? Ed io che sono anche venuta a cercarti con quel maledetto di André !”. Eleà si coprì il volto con una mano, e scoppiò a piangere, mentre un’antica disperazione la travolgeva, straziandole anima e corpo.
Elora si portò una mano al cuore. “Cosa ti ha fatto ? Cos’è successo dopo ?”.
Eleà fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. “Quel bastardo … mi ha rovinato la vita … Mi ha distrutta … nel corpo ma soprattutto nello spirito … e mi ha impedito di avere i figli che tanto desideravo e che tu hai ottenuto con tanta facilità ! Tu ! Cos’hai fatto tu per meritarti ciò che hai, Elora ? Anche tu mi hai rovinato la vita ! E soprattutto hai rovinato quella di nostra madre ! Vattene, Elora !”. Eleà si avviò verso la porta e la spalancò, ritrovandosi davanti il cognato ed i nipoti. Si voltò verso la sorella. “Fuori da casa mia.”
Elora piangeva disperatamente. “Non puoi buttarmi fuori così … devo vedere mia madre …” .
Allungò una mano verso di lei, camminando a tentoni. “Eleà …”sussurrò in tono di supplica.
“No ! Te ne devi solo andare !”. Fece un respiro profondo, e con voce più calma e ancora più terribile aggiunse : “Lasciaci in pace una volta per tutte.”

Elora singhiozzava disperatamente contro il cuscino, nella camera da letto che occupavano alla locanda.
Peter e Valerie erano giù che mangiavano, mentre la piccola Lucie era lì tra le braccia di suo padre, che, però, in quel momento era concentrato solo sulla moglie disperata.
“Non sapevo cosa aspettarmi da lei …” sussurrò la giovane quando infine ritrovò la forza di parlare. Henry scosse da testa, desolato.
“Non mi aspettavo certo che, oramai, mi accogliesse a braccia aperte come di certo avrebbe fatto anni fa, ma … Speravo almeno … che prima o poi potesse perdonarmi, accettarmi di nuovo in quanto sorella, ma … temo proprio che ciò non sia più possibile !” Riappoggiò la testa al cuscino e pianse tutte le sue lacrime, seguita dalla figlia minore, che però fu subito portata fuori dal padre.

“Madre ?” sussurrò Eleà.
L’anziana donna la fissò. “Figlia …” .
Eleà le accarezzò una mano, grande, pallida e rugosa, poi gliela strinse. “Ti voglio bene, cara Maman.”
Una lacrima silenziosa le scese lungo la guancia.

Un’ora dopo, si presentò alla locanda dove alloggiavano dalla sera prima sua sorella con la sua nuova famiglia.
Quando entrò, vide suo cognato seduto ad un tavolo con i due bambini più grandi accanto e la piccola tra le braccia, intenti a gustare una piramide di leggerissimi bignè pieni di panna montata.
Non c’era traccia di Elora.
Fece un respiro profondo, e si diresse verso il tavolo del cognato e dei nipoti, fissando Henry, e qualche istante dopo ne incontrò lo sguardo.

“Elora ?” la chiamò Henry da fuori la porta, bussando tre volte.
La giovane scese rapidamente dal letto, si sistemò alla meglio la veste di seta color crema adorna di sottili nastri verde mela ed i capelli tutti scompigliati e schiacciati dal cuscino, ed aprì la porta.

Quando Eleà incontrò quegli occhi tanto arrossati dal pianto quanto luminosi per averla vista, qualcosa dentro di lei si spezzò.
Elora si portò una mano alla bocca. “Oh, mio Dio, sei tu !”.





Angolo Autrice
Ciao a tutti/e.
Alla fine, dopo circa nove mesi, eccoci arrivati alla fine di questa storia.
Mi rendo conto che molti capitoli sono stati davvero corti, e anche gli altri, “lunghi” sempre molto relativamente.
Ma come avrete ben visto, questo epilogo è davvero lungo, e spero che vi sia piaciuto.
Non sono certo una scrittrice, né intendo diventarlo, ma sono solo una ragazza che ama molto leggere, sia i romanzi fantasy sia quelli storici, come anche i libri di poesia che nutrono la mia anima. E, capirete, ho sempre sentito il bisogno di mettere a frutto anche delle idee MIE.
Ebbene, questa è la conclusione della storia. Che ne dite ? E’ “adeguata” ?
Ve l’aspettavate ?
La vita è forse stata TROPPO generosa con Elora ? Dite che non se lo meritava ?
E’ maturata, col tempo ? La ragazzina un po’ egoista, immatura e a volte persino sciocca si è infine trasformata in una donna ?
Approvate o no la sua fuga iniziale, il cuore di tutta la storia ? E’ stata la scelta migliore, per lei ? E’ stata egoista e crudele nei confronti della madre e della sorella minore ?
Cos’altro vi aspettavate da lei ? E da Eleà ? Come pensavate avrebbe reagito al ritorno della sorella perduta, tanto amata e MAI davvero odiata ?
Quelli che seguono questa storia, vi prego, è l’ultimo capitolo, è l’epilogo, vi prego, commentate tutti … Ditemi cosa ne pensate, di questo, del finale, dell’intera storia, dei personaggi (Elora, Eleà, la madre delle due sorelle, Cèline, Damien, il vecchio inglese, Walter Thomas Avery, Angelique, Alfred, Aglaè, Isabelle Bècu, André, Henry, Peter, Valerie, Lucie … ditemi se ne dimentico qualcuno … c’è quello secondario di Julie, la suocera di Elora, ma appare solo per pochissimo. :P)
Ringrazio tantissimo Diana924 che ha commentato quasi tutti i capitoli da che ha scoperto questa storia, e, ovviamente, Amelia Malory, che pian piano arriverà a questo. Grazie per il vostro PREZIOSO aiuto.
Ringrazio anche CathCarey, Marii, e Shi-Chan, e spero che vi farete sentire ! Ho bisogno anche di voi, ragazze !
E, naturalmente, la mia richiesta va anche a tutti i lettori che finora sono stati SILENZIOSI. Vi pregooooooooooooooo. :P
Un bacio e alla prossima
Alera di Hytanica



   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Splendente come il sole