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Autore: SanjitaSwan    06/09/2013    2 recensioni
Questo è il mio primo esperimento sulla mia coppia preferita, ovvero lo ZoSan. Ambientato nell'epoca moderna, Sanji è un ragazzo timido e chiuso, senza amici e la cui vita sembra dipendere dalla fidanzata Nami. Un giorno incontra Zoro, un tipo violento e odioso, tormentato da un trauma legato al passato. Seppur diversissimi tra loro, nascerà un sentimento speciale che va al di là della loro immaginazione. Spero di avervi stuzzicato un po' la curiosità! Buona lettura ;)
Note: il Rating della fic potrebbe cambiare col proseguimento
Un grazie a Mizori11 per avermi aiutato
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino, quando Sanji aprì gli occhi, si ritrovò Nami di fianco, con indosso tutti i vestiti.
La sera prima, infatti, dopo una certa ora le era venuto sonno e non aveva voglia di tornare a casa, così aveva passato la notte lì.
Il biondo si sedette sul letto sbadigliando.
Il primo pensiero che lo colpì fu Zoro, la serata passata nel pub e quei pochi secondi di smarrimento che avevano passato con le labbra di uno a un centimetro da quelle dell’altro.
Infine guardò Nami di fianco a lui, e gli vennero ancora in mente le parole del verde.
“La tua ragazza ti tiene stretto al guinzaglio”
Rimase a rifletterci per qualche attimo, poi decise di lasciar perdere e guardò l’orologio.
Le 9.05.
“OH MERDA!” esclamò ad alta voce balzando in piedi e correndo in bagno.
Non aveva suonato la sveglia, e ora era in ritardo clamoroso.
Fantastico, ora ci mancava anche la ramanzina di Zef!!! Il miglior modo per iniziare la giornata, decisamente!
Riuscì, stupendosi lui stesso della sua velocità, a farsi la doccia in due minuti e quindici secondi, asciugarsi in ventiquattro secondi e vestirsi in tre minuti e sette secondi, mentre si lavava i denti.
Afferrò chiavi, portafoglio e cellulare, uscì di casa che stava ancora allacciandosi le scarpe, e saltò in macchina… che però non partiva.
Imprecando più volte, Sanji cercò disperatamente di mettere in moto più volte, ma niente.
Poi si accorse che, assorto nei suoi pensieri su Zoro, la sera prima si era dimenticato di spegnere i fanali, e ora la batteria era a terra.
“Vaffanculo!”
Scese dalla macchina sbattendo la portiera e corse alla fermata dell’autobus, riuscendo a prenderlo al volo prima che le portiere si chiudessero.
Arrivò al bar di Zef alle 9.45, dove il suo capo lo stava aspettando sulla porta con le braccia conserte e l’aria davvero, davvero arrabbiata.
“Ma mi spieghi dove diavolo sei stato?! Ti rendi conto di che ore sono?!”
“Lo so, mi dispiace, non è stata colpa mia… adesso mi metto subito a lavorare…”
“No, non disturbarti. Sei licenziato!” sentenziò Zef, guardandolo con disprezzo.
Sanji sbiancò, e rimase lì immobile a fissarlo con gli occhi spalancati.
Oh no.
Non poteva perdere il lavoro, non per uno stupido ritardo. Non ne aveva mai fatti in vita sua, non era giusto!
“Ehi, non ci senti per caso? Ho detto di alzare i tacchi e andartene, moccioso” ribatté Zef, alzando la voce.
Il biondo gli lanciò lo sguardo più sprezzante che gli riusciva, e proferì sottovoce le seguenti parole:
“Io… non sono un moccioso, vecchio bastardo”
Zef diventò rosso, e iniziò a tremare. Sembrava che dovesse esplodere da un momento all’altro.
“Prova a ripetere, se ne hai il coraggio…”
“Se lo faccia ripetere da tutti i suoi dipendenti” disse Sanji girandosi e andandosene, lasciandosi alle spalle uno Zef furibondo.
Si avviò a passi spediti e furenti lontano da quel maledetto vecchio, da quel maledetto bar, così, senza una meta.
Giunse così in un vialetto dove non passava nessuno, dove trovò una panchina e ci si sedette, mettedosi la testa tra le mani.
E adesso?
Cosa avrebbe fatto? L’unico lavoro che era riuscito a trovare dopo tanti mesi di fatica l’aveva appena perso. Non sapeva come fare, e come se non bastasse l’affitto dell’appartamento stava per scadere. Grandioso.
E Nami? Come l’avrebbe presa? Sicuramente gli avrebbe fatto una testa cubica, se non peggio. Magari l’avrebbe addirittura lasciato.
Tutto per colpa di uno stupidissimo ritardo.
Tirò un calcio a un sasso innocente davanti a lui, mandando tutto a quel paese.
“Che stai facendo qui?”
Una voce di fianco a lui gli fece alzare lo sguardo, e per poco non gli prese un infarto.
Era Zoro!
Ne era certo, stava iniziando a perseguitarlo, quel dannato!
“Lasciami in pace” rispose Sanji, tornando a fissare l’asfalto sottostante.
“Non me lo dire… hai perso il lavoro” disse Zoro, con tono calmo e pacato.
Sanji aggrottò le sopracciglia. Ma cos’era, un sensitivo? O l’aveva spiato per tutto il tempo?
Non gli volle dare la soddisfazione di essersi stupito, così gli rispose semplicemente, senza guardarlo in faccia: “Proprio così”
Senza che il biondo dicesse nulla, Zoro sedette accanto a lui.
“Mi dispiace”
Sanji sbuffò. Quel tipo era sempre più strano, non riusciva mai a capire cosa gli passasse per la testa.
Un attimo era gentile, l’attimo dopo incazzato nero, quello dopo ancora sembrava che volesse riempirti di botte.
Sollevò la testa e iniziò a giocherellare con una ciocca bionda.
“Tranquillo. Tanto non ci tenevo a lavorare in quel postaccio. Finalmente oggi ho mandato a quel paese il mio capo dopo quattro anni che desideravo farlo”.
Dicendo ciò gli sfuggì un mezzo sorriso, ripensando alla faccia rossa di Zef. Si era proprio tolto un grosso peso!
“Capisco…” fu il commento di Zoro. “E ora che hai intenzione di fare?”
“Mah… questo non lo so. Dovrò cercarmi un nuovo lavoro, sperando che mi prendano. Il vero problema sarà…”
“…Dirlo alla tua padrona”
Zoro concluse la frase per lui.
Sanji si girò verso di lui. Ancora con quel discorso?
“Ma che dici! Siamo fidanzati da due anni, è sempre stata così con tutti, lasciala perdere…”
“Due anni che la sopporti. Al posto tuo io l’avrei già mandata a fare in culo da parecchio tempo, sai?”
Sanji lo guardò con la bocca aperta. Ma che stronzate andava dicendo? Perché era così convinto che Nami lo teneva sotto ispezione?
“Tu non la conosci” fu quello che riuscì a dire.
“Sarà… ma quella ragazza non mi piace. Detto spassionatamente, faresti meglio a lasciarla”
“Ma smettila! Io non la voglio lasciare. E comunque, anche se volessi, non potrei. Non saprei da che parte cominciare, che cosa dirle…”
“Se vuoi te li do io un paio di buoni motivi che potresti darle”
Sanji decise di lasciar perdere. Non ne voleva più parlare. Già che doveva dirle che aveva perso il lavoro sarebbe anche stato più che sufficiente.
“Tu sei fidanzato?” chiese, per cambiare argomento.
A questa domanda, Zoro si irrigidì, come la sera prima quando Usopp aveva toccato l’argomento ‘incidente’, che non aveva ancora capito cosa fosse successo, poi, sinceramente.
Sanji capì al volo di aver toccato un argomento sbagliato. Evidentemente era appena stato lasciato, magari dopo una storia importante. Meglio non infierire. Non voleva scatenare una nuova rissa, conveneva tenerselo buono.
“No” rispose Zoro, col tono di uno che vuole chiudere la discussione.
Sanji ammutolì, tornando a guardare la strada davanti a lui.
Dopo qualche secondo di imbarazzato silenzio, Zoro chiese:
“Andiamo a pranzare, che ne dici?”
“Ma… sono appena le dieci e un quarto…” disse Sanji guardando l’orologio. “E poi tu non lavori?”
“Oggi è la mia giornata libera” rispose Zoro. “E comunque, non avevo certo intenzione di pranzare adesso”
“Ah… quindi… è da considerarsi una specie di invito?” azzardò Sanji.
“Mmh, chiamalo come vuoi. Se vuoi venire, troviamoci qui tra due ore. Usopp cucina i migliori ramen della città”
Sanji aspettò un paio di secondi a rispondere.
Ma sì, era stata una dura mattinata, un pranzo era quello che ci voleva. Era felice di rivedere Usopp, e, che fosse quello un invito o meno, ci sarebbe andato volentieri.
“Va bene. Ci vediamo dopo, allora”
   
 
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