06/09/2013
4 recensioniL'introduzione potrebbe essere più lunga della FF in sè, ma pazienza :P.
Questa flashfic l'ho scritta nel 2009, è stata la prima storia sugli SHINee che abbia mai scritto ed era originariamente in Inglese (dovevo stressare anche le poverette straniere, comprendetemi) e mi è venuta in mente ascoltando "No, I don't remember" di Anna Ternheim. E' stata usata come colonna sonora per un episodio di Dollhouse e mi sembrava parecchio adatta a Kibum/Key.
Questa flashfic l'ho scritta nel 2009, è stata la prima storia sugli SHINee che abbia mai scritto ed era originariamente in Inglese (dovevo stressare anche le poverette straniere, comprendetemi) e mi è venuta in mente ascoltando "No, I don't remember" di Anna Ternheim. E' stata usata come colonna sonora per un episodio di Dollhouse e mi sembrava parecchio adatta a Kibum/Key.
“Credo di non riconoscermi più. Sto impazzendo hyung.”
“Che vuoi dire?”
“A volte, quando penso, ho la sensazione di essere una persona differente. Non trovo me.”
Jonghyun ti sta guardando con occhi pieni di preoccupazione; sta giocando con alcune ciocche dei tuoi capelli, arricciandole attorno alle sue dita. E’ una bella sensazione quella, qualcosa che ti fa sentire al sicuro anche quando pensi di non esserlo. Quando senti di non esserlo.
Lui non capisce però, riesci a vederlo nei suoi bellissimi e profondi occhi, dietro alla preoccupazione c’è pura sorpresa: un’espressione sbalordita ha fatto capolino sul volto del più grande.
“Nella mia mente, non credo ci sia più Kibum.”
“Stai avendo di nuovo degli incubi?”
“Non capisci, vero?”
Perchè non capisci, Jonghyun? Sei il mio migliore amico, maledizione!
Vorresti gridargli quelle esatte parole, vorresti dirgli che la sua disattenzione è una delle ragioni per cui non ti senti più te stesso.
Ti senti depresso e perso perché il tuo migliore amico, quello stupido dinosauro, sembra non essere più amorevole come una volta nei tuoi confronti.
E’ tutto così confuso, tutto sbagliato e tu non sei più Kibum ma solo… Key.
E’ quello il pensiero che ti circola continuamente nella testa, è quel tuo non essere più te che ti spaventa e ti porta a fare cose stupide. Cose che nessuno capisce.
“Kibum.”
“Cosa?”
“No, no, tu sei Kibum.”
“Jjong…”
E alla fine gli sorridi: ha capito.
Ha capito cosa intendevi dirgli col fatto di non essere più te stesso, di sentire la tua esistenza come Kibum scivolare via per lasciare spazio solamente a Key.
“Qui… qui c’è Kibum, non Key.”
Jonghyun prende la tua mano gentilmente, muove il polpastrello in piccoli cerchi sulla tua pelle e l’unica cosa che riesci a fare è arrossire leggermente.
Ti piace quando fa l’affettuoso con te, solo che la maggior parte delle volte non riesci a esprimere bene quanto piacere provi per quelle sue carezze, per le sue parole di consolazione, e tutto perché diventi timido e senti il volto praticamente andare a fuoco. Per quelle azioni non riesci mai a proferire parola e ti fermi davanti a lui cercando un modo per evitare di fare la figura dell’idiota.
Kim Jonghyun ti tratta maledettamente bene, perché a lui importa di Kibum e non di quello che sei diventato il giorno in cui avete debuttato.
Quando lui ti tocca o ti parla, o ti abbraccia e poi bacia la punta del tuo naso, il tuo cuore inizia a battere più forte e la tua mente diventa così caotica che non riesci a trovare un capo ai tuoi pensieri.
Non noti la tua mano sul suo cuore, la sua mano più grande e venata sopra di essa, perché sei troppo impegnato nei tuoi pensieri confusi; ma quando senti, percepisci, il battito del cuore dell’altro contro il palmo della tua mano tutto si fa più chiaro, capisci cosa intendeva dire con il suo “Tu sei Kibum”.
“Sei uno stupido, Jjong. Non dimenticherò più il posto a cui appartengo.”