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Autore: Dominil    06/09/2013    3 recensioni
Aveva sopportato tutto: i lampi di genio, le sbronze, le fughe lontano da casa, le luci accese e la tavoletta del water sempre alzata, i conati di vomito e il volume troppo alto della tv, tutto, ma forse non c'era più spazio neanche per un respiro, nella sua pazienza.
“Perché?”
|Jimmy/Johnny|
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Johnny Christ, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vicenda qui di seguito narrata non è mai accaduta, gli Avenged Sevenfold non mi appartengono e l'opera non ha fini commerciali e di lucro.
Nessun diritto si ritiene leso o violato.



Stringimi forte
Non si vomita sull'album di foto









Una mano lunga ed affusolata era aggrappata al bordo del water mentre il riflesso opaco sulla ceramica bianca cercava se stesso all'interno di quegli occhi blu; rughe di espressione segnavano la fronte imperlata di sudore e l'eyeliner non era che rimasugli scure sulle guance, anche le lacrime brillavano di nero.
Dei passi alle sue spalle si fecero sempre più vicini, avrebbe voluto voltarsi ma il conato di vomito che stava per sconquassargli l'esofago lo costrinse a guardare all'interno del cesso.
Quei passi si trasformarono in mani e quelle mani in dita che lo afferrarono per la collottola tentando di trascinarlo su  ma inciampò sui suoi stessi passi – cadeva da una vita, ormai – e rabbrividì quando il suo viso incontrò le mattonelle umidicce di sudore e vomito. Nonostante si stesse sforzando per sibilare anche solo un grazie, dalla sua bocca uscirono solo grugniti sconnessi e interposti da sospiri gravi e bisognosi d'ossigeno.
Il palmo di una mano gli si posò su una guancia e la attraversò lentamente, avvertì un brivido di freddo quando si scostò dalla sua pelle arrossata.

Fottuta sabbia negli occhi.”
Dovrebbero darti un premio per Miglior distruttore di momenti romantici dell'anno.”
La sua risata si perse in quello stesso cielo di cui i loro occhi si dissetavano, la mano intrecciata a quella dell'altro scivolò velocemente sugli occhi per poi tornare al suo posto.
Ehi, è fastidiosa.”

Quando avvertì di nuovo il sapore nauseabondo della pizza che aveva mangiato un paio di ore prima sulla lingua, tentò di mettersi a carponi per non vomitare di nuovo sul pavimento, ma la velocità con cui quella pappetta schifosa gli si riversò in bocca non gli diede il tempo di racimolare le forze necessarie e si ritrovò a tossicchiare pezzi di impasto e birra mentre rivoli di saliva gli bagnavano le labbra.
“Vieni qui.”
La delicatezza con cui gli prese il mento lo fece sorridere e tentò di ringraziarlo di nuovo quando gli passò della carta igienica appallottolata per pulirlo. Cercò di trasmettere tutta la sua gratitudine con uno sguardo e, dal modo in cui rispose all'occhiata, si rese conto che aveva per fortuna capito.
Johnny non diceva mai niente quando lo ritrovava disteso su uno dei tanti pavimenti – di un hotel, di un ristorante o della sua abitazione, poco importava – si limitava a rimetterlo in sesto senza chiedergli nulla, la premura con cui si prendeva cura di lui sembrava a momenti disarmante.

Mi piacerebbe davvero tanto che venissi a vivere con me.” Gli occhi del bassista, nonostante lo stupore, si illuminarono all'istante. Il viso di Jimmy era attraversato dalle ombre della cuccetta e la sua espressione pareva quasi grottesca, ma il tono di voce che usò non nascose neanche un frammento del casino che albergava all'interno del suo corpo.“Devo interpretare la tua reticenza come un no?”
A quel punto Johnny, con un movimento repentino, lo baciò e lo strinse forte a sé.

Aveva sopportato tutto: i lampi di genio, le sbronze, le fughe lontano da casa, le luci accese e la tavoletta del water sempre alzata, i conati di vomito e il volume troppo alto della tv, tutto, ma forse non c'era più spazio neanche per un respiro, nella sua pazienza.
“Perché?”
In quella domanda alloggiavano decine di migliaia di quesiti, nonostante l'alcol ancora in circolo Jimmy li vedeva distintamente saltellare in quelle pupille
in quel momento così scure e si chiese quante volte Johnny avrebbe voluto rivolgergli quella parola senza però trovare mai il coraggio per farlo.
E il batterista non aveva la più pallida idea di cosa rispondere, i contorni della stanza erano avvolti dalla nebbia e la bocca era troppo impastata per decidere cosa farne.

Il cuscino al suo fianco era vuoto, Jimmy se ne era andato.
Lo aveva visto uscire dalla porta della loro camera con una borsa sulla spalla, la borsa che gli aveva regalato il giorno del suo compleanno e la camicia che odiava, ma che indossava spesso solo perché Johnny l'aveva sempre trovata carina.
Nonostante il più piccolo si fosse reso conto subito di cosa stava accadendo, dal modo in cui Jimmy respirava, era rimasto sotto le coperte, in silenzio, a contare i secondi.
D'altronde non era la prima volta che accadeva, che la borsa e la camicia uscivano da quella camera insieme al suo ragazzo; poteva solo sperare che anche quella volta sarebbe tornato da lui con degli hamburger del McDonald's, un dvd e tante scuse.
Sono stato da Brian.” avrebbe detto. “Avevo bisogno di pensare”, e Johnny avrebbe aperto la porta rossa – rossa perché Jimmy aveva insistito così tanto per quel colore!- invitandolo ad entrare.
Non fa niente.” avrebbe sussurrato, dopo aver esalato un sospiro di sollievo.
Era ancora sotto le coperte, assaporava il momento del ritorno del più grande con ingordigia mentre, dalle unghie torturate dai denti, usciva sangue.

“Perché lo fai?”
Questa volta glielo aveva chiesto scuotendolo, sul suo viso la rassegnazione aveva lasciato il posto alla rabbia, cieca e furente.
Con fatica Jimmy riuscì a mettersi a sedere e la manica della maglietta si sporcò di vomito; dopo che la schiena aderì al muro, però, cercò la forza per parlare. Johnny continuava a mantenere lo sguardo basso, non aveva mai avuto il coraggio di guardarlo negli occhi, quando era in quello stato.
“Non siamo che un ammasso di cellule stanche di andare avanti.” sussurrò, tossicchiando. “Non siamo che materia organica spaventata, tu non hai paura Johnny? E meritiamo di decomporci insieme ai vermi.”
Le sue parole quasi rimbombarono all'interno del piccolo bagno, sulla mensola c'erano tutti i loro prodotti da barba, persino il profumo buono, di quelli che si usano per le occasioni speciali come gli anniversari o i compleanni.

Quando Johnny passeggiava per il palco con il suo basso in spalla, non poteva fare a meno di rivolgere leggere occhiate al ragazzo dietro la batteria; chiunque avrebbe dovuto avere la possibilità di osservare il suo sguardo serio e concentrato, i suoi piedi battere veloci e il sudore scivolare lungo il petto nudo.
Aveva voglia di fumare una sigaretta con lui dopo il concerto, da soli, aveva voglia di dirgli un po' di sé e di scoprire cosa si nascondeva sotto tutti quei sorrisi di cristallo, così belli quanto fragili.

“N-Non sai che casino ho in testa.” La sua voce si era trasformata in un leggero lamento e le braccia si erano strette intorno al suo torace come se, abbracciandosi da solo, si fosse sentito meglio. “Ci sono tutte queste... cose che mi tormentano, mi dicono che tu te ne andrai, che devo scappare da te.”
A quel punto Johnny andò a sedersi al suo fianco, l'odore nella stanza era ormai insopportabile ma lui prese comunque un bel respiro quando gli passò un braccio intorno alle spalle.
“Hai paura.” disse, ma non era una risposta, solo una constatazione che si perse nell'aria stanca fino a depositarsi sulla vernice del soffitto. Il bassista lo abbracciò, forte, lo baciò delicatamente tra i capelli sperando di farlo sentire meglio: d'altronde era quello il suo compito, aiutare Jimmy a stare meglio.
E anche quando i demoni sarebbero andati a infestare i suoi sonni, gli avrebbe dato il suo pezzo di coperta, quando la sua mente era troppo piena per tenere gli occhi aperti, gliene avrebbe offerta un po' della sua così da alleggerire il peso che quel genio si portava dietro.

A cosa stai pensando?”
Spero solo di poterti abbracciare e baciare così anche tra dieci o perché no, vent'anni. Spero di non vederti mai uscire da quella porta.”
Non lo farò. Ti guardo le spalle, Jimbo.”


"I keep a journal of memories
I'm feeling lonely, I can't breathe
I fall to pieces, I'm falling
Fell to pieces and I'm still falling."





Era da un po' che non navigavo nell'angst, perciò eccomi qui con questa piccola Jimmy/Johnny anche un po' nonsense, mi sa.
Sono stata ispirata dal video di Fall To Pieces dei Velvet Revolver (da cui è tratta la strofa a fine one-shot) più che dal testo, ma alla fine ci stava bene anche quello.  
Ai posteri l'ardua sentenza perciò vi saluto e vi ringrazio per aver letto questo piccolo concentrato di ansia e dolore.

Anantamukhi.
   
 
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